lunedì 6 luglio 2009

"PERCHE' LE DONNE VELATE SONO UN INSULTO ALL' ISLAM" di Tahar Ben Jelloun

Nell’Islam, si parlava di zahir e di batin. Il visibile e il nascosto, ciò che è evidente e ciò che è nei recessi dell’intimità, come un segreto o la relazione personale con Allah, ciò che è disponibile alla vista e ciò che è nel cuore. Non c’è gerarchia, non ci sono preti, non ci sono intermediari fra il credente e Dio.
Solo il profeta Maometto è autorizzato da Dio a intercedere presso di lui per chi si fosse pentito. Dunque, niente papato, niente rabbinato, soltanto credenti fedeli alla parola di Dio e del suo messaggero. Ovviamente esistono persone che hanno studiato, che sono diventate esperte in materia religiosa. Questi hanno acquisito “la scienza”, perchè Dio dice nel suo libro santo che “l’essere deve cercare il sapere ovunque può”. Analogamente, ci sono persone che presiedono alla preghiera e che fanno discorsi pubblici, prediche.
Ma non hanno alcuna superiorità rispetto ai semplici cittadini, condividendo la stessa fede. Dio dice che ciò che differenzia gli uni rispetto agli altri è il sapere e la forza della fede. Fra i nomi sublimi di Allah, figurano il Visibile e l’Invisibile o, più precisamente, ciò che è all’interno, perché Dio, in virtù della sua potenza e della sua onnipotenza, è dappertutto. Ma può manifestarsi all’interno (nell’anima), cosi come può essere evidente al credente che prega e che invoca il suo aiuto e il suo sostegno. L’emozione vissuta è dell’ordine del visibile.
Ma ciò che la motiva può essere pienamente nascosto, intimo ma presente. Dell’ordine dell’incredibile. Le parole non sono sufficienti, o comunque non saranno mai abbastanza adeguate a descrivere ciò che succede dentro l’anima. Cos’è lo zahir? È il visibile. L’evidente, l’apparente. Niente di più. Sapendo che dietro ciò che appare esiste un’altra dimensione importante che è dell’ordine della mistica, nella Tariqa, il cammino verso l’Assoluto, verso l’amore di Dio e dello spirito, non si spiega tutto, non si traducono in parole i sentimenti, le emozioni, lo spirito.
Si è sottoposti alla tranquilla passione di Dio. Soprattutto, niente agitazioni, niente inquietudini, niente rumori. È il regno del silenzio e della serenità. C’è il mondo degli oggetti e delle cose e poi c’è il mondo del pensiero e della spiritualità. Nell’islam, come nelle altre due religioni monoteiste, i beni materiali sono un mezzo, non un fine in sé. Colui che insegue il denaro, per esempio, fa confusione fra l’apparente e l’invisibile. È sintomatico che il musulmano, quando muore e raggiunge la terra, sia avvolto in un semplice lenzuolo, uno scampolo di telo bianco direttamente in terra.
La spoliazione del corpo è un richiamo all’esigenza dell’anima di presentarsi davanti al creatore nudo, senza velo, senza orpelli. Al momento di seppellire il corpo, un uomo religioso, urla: “funerali di un uomo”. Vuol significare che il corpo è quello di un semplice essere, mendicante o re che sia, povero o potente, ricco o modesto. Alla sepoltura del re Hassan II, questo grido fu diffuso ovunque. La morte nell’Islam è la prova dell’uguaglianza degli esseri, di tutti gli esseri davanti al creatore. Quando un essere si acceca e rifiuta di vedere l’evidenza, Dio gli ricorda: “non sono gli occhi che si accecano ma il cuore, che è nella gabbia toracica che non vede più”.
Vedere col cuore è una costante dei mistici che hanno rinunciato a tutto in questo basso mondo e dirigono la loro vita verso l’amore assoluto ed eterno del loro creatore. Spogliato, rinnegato, il corpo è solo un involucro appena visibile perché ciò che conta di più è l’anima nel suo desiderio di elevazione e nella sua passione per l’amore puro. È questo che segnò il destino del più grande mistico musulmano Al Hallaj, arrestato, incolpato, giudicato e condannato a morte dalla corte di Bagdad nel 910 per aver confuso il suo essere con quello di Dio, proclamando “Io sono la verità”. Al Hallaj, oltrepassato dal suo amore, commette l’errore fatale: confondere la sua passione per Dio con Dio stesso.
L’Invisibile invade allora il Visibile e per questo la giustizia dell’epoca fu crudele con questo poeta, che accettò con saggezza la sentenza. Fu crocifisso, evirato ed esposto al sole per più giorni. Ma quando venne a sapere della sua condanna, non c’era già più, era altrove, nel cammino che conduce all’Amato. Disse “Il mio sangue è lecito”. Aveva già rinunciato all’involucro dell’anima e aveva lasciato il mondo visibile dei suoi giudici. Dio è “colui che ha elevato i cieli senza visibili colonne”, essendo le montagne a sostenere le volte celesti. Ha poi soffiato lo Spirito nell’uomo per renderlo vivo.
Quando si ha una fede autentica, profondamente intima e che appartiene al libero arbitrio dell’individuo, condivisa solo con il suo creatore, l’uomo accetta l’invisibile, ovvero tutto ciò che non comprende e che non vede perché riguarda lo spirito e non la materia. In questo senso l’intelligenza è l’incomprensione del mondo ( Henri Bergson). I credenti che hanno interpretato il messaggio divino in modo semplicistico e letterale non hanno capito nulla dello Spirito e si accaniscono nella gestione delle apparenze. È sintomatico assistere oggi ad appassionati dibattiti su un particolare tipo di visibile/invisibile. Penso all’invocazione del velo integrale per la donna, che sia con un burqa afghano o con un nikab (pakistano). In entrambi i casi la donna è coperta di nero dalla testa ai piedi, come un fantasma.
In questi casi, l’uomo rivela i suoi problemi intimi con la sessualità: nascondendo la propria moglie, la propria figlia o la sorella, pensa di allontanare ogni desiderio o attrazione sessuale negli uomini della strada. Questo comportamento, che è etnico e non religioso (non è infatti assolutamente musulmano) è la prova della paura della donna. La si rende invisibile per impedirle di esistere socialmente e sessualmente. È anche prova di grande ignoranza; l’Islam è più di una religione, è una cultura e Allah ha dato all’uomo non solo il suo libero arbitrio ma lo ha reso responsabile delle sue azioni.
Cosi, il marito che rende sua moglie un fantasma nel nome dell’Islam è un ignorante che offende la parola di Dio. Pensa, coprendo sua moglie, di essere devoto all’Islam. Errore, è devoto al visibile, all’apparenza, che fa della donna una schiava del suo desiderio; uccide in lei ogni libertà, cosa che Dio non gli perdonerà. (Fonte: Arabiyya )

Sperando nella sincerità di Tahar Ben Jelloun, la sua mi sembra un'analisi "macchinosa", ma interessante.

E da PENSIERIMADYUR : LA STORIA DI BAHIA BAKARI , LA BAMBINA SOPRAVVISSUTA ALLO SCHIANTO DELL’AEREO NELLE ISOLE COMORE .

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Alessandra, Tahar ben Jellun è un sofista, un intellettuale che applica la taqyya e il jihad tramite la penna...mai una volta che l'ho sentito critico verso l'islam..è uno di que musulmani moderati che sono la peggiore cosa, dato che hanno gli occhi chiusi e non vedono il problema, ma scaricano tutte le colpe su Israele e contro il capitalismo....un radical chic di sinistra...e dire che ho adorato i suoi primi libri...ma da quando leggo i suoi commenti "politici"...lo evito come la peste ;-)

islaminitsownwords.blogspot.com

Anonimo ha detto...

A me inquieta l'esempio del mistico evirato e crocefisso, citato come fosse un esempio di saggezza e cultura religiosa.
SW

Alessandra ha detto...

Bibi, infatti ero incerta se postare qualcosa di Tahar Ben Jelloun. L'ho fatto per il titolo e per quello che si decide a dire alla fine:"Penso all’invocazione del velo integrale per la donna, che sia con un burqa afghano o con un nikab (pakistano). In entrambi i casi la donna è coperta di nero dalla testa ai piedi, come un fantasma.
In questi casi, l’uomo rivela i suoi problemi intimi con la sessualità: nascondendo la propria moglie, la propria figlia o la sorella, pensa di allontanare ogni desiderio o attrazione sessuale negli uomini della strada. Questo comportamento, che è etnico e non religioso (non è infatti assolutamente musulmano) è la prova della paura della donna. La si rende invisibile per impedirle di esistere socialmente e sessualmente. È anche prova di grande ignoranza; l’Islam è più di una religione, è una cultura e Allah ha dato all’uomo non solo il suo libero arbitrio ma lo ha reso responsabile delle sue azioni.
Cosi, il marito che rende sua moglie un fantasma nel nome dell’Islam è un ignorante che offende la parola di Dio. Pensa, coprendo sua moglie, di essere devoto all’Islam. Errore, è devoto al visibile, all’apparenza, che fa della donna una schiava del suo desiderio; uccide in lei ogni libertà, cosa che Dio non gli perdonerà".

SW: anche a me inquieta quello che dice sul mistico musulmano Al Hallaj. Infatti ho messo in grassetto il modo barbaro in cui è stato ucciso. Però, anche se dice che ha sbagliato a confondere il suo essere con quello di Dio, proclamando “Io sono la verità”, ho capito che abbia elogiato il modo in cui è andato incontro alla morte... . No?

Alessandra ha detto...

Per quanto riguarda il terrorismo sì, è ambiguo.