mercoledì 29 dicembre 2010

IRAK, LA RAGAZZA CHE SFIDA L'ISLAM CON LO SMALTO E LA MODA "EMO"


Unghie e vestiti neri ma niente velo. Ban, 15 anni, combatte gli ayatollah con la moda occidentale "emo".

Mostra con orgoglio, appeso al collo, uno scheletro in argento che suona la chitarra. Le unghie sono laccate di nero o verde, forse per prendere in giro il colore dell'Islam. L'abbigliamento è quello scuro e cupo degli «emo» la generazione di giovani pessimisti e decadenti, che si innamorano del rap di Eminem e perdono la testa per Twilight, la storia del vampiro che ama un'adolescente.
Non siamo in qualche capitale occidentale dove i ragazzi che mettono al centro le «emo»zioni sono la nuova generazione nichilista. La ragazza conciata da emo e fotografata da un giornalista del Los Angeles Times, senza farsi vedere in faccia, vive a Najaf, città santa degli sciiti. La prima adepta della generazione emo in Irak si chiama Ban (il cognome non viene rivelato per evitare ritorsioni) e ha solo 15 anni.
La sua storia sembra incredibile, ma Ban ha già un seguito fra le compagne adolescenti sui banchi di scuola. Non solo: l'abbigliamento, i guanti a rete, gli anelli, i bracciali e la moda emo serve per contrastare il grigiore del velo islamico o della tunica nera che le donne sciite indossano.
Ban ha aperto gli occhi con l'invasione americana dell'Irak. Suo padre, medico, è caduto in un'imboscata. Si è salvato, ma nel tritacarne della guerra fra sette l'avevano messo sulla lista nera delle esecuzioni. Allora ha dovuto fuggire nella città santa degli sciiti, Najaf, perchè i sunniti lo volevano morto.
Ban si è sentita morire senza più amici, abituata solo ai funerali delle vittime del conflitto e sempre più oppressa dai costumi islamici. Lei che indossava jeans e girava a capo scoperto nella capitale doveva piegarsi al velo, anche integrale. «Gli ayatollah sono andati oltre - spiega la ragazzina al Los Angeles Times -. Tutto è diventato haram (proibito), dalle unghie laccate al trucco. Qualsiasi cosa è no, no, no».
La ragazzina sprofonda nella depressione e si aggrappa a internet, dove viene attratta da Evanescence, una banda musicale fondata dalla texana Amy Lee, che ama vestirsi di nero, in contrasto al rossetto color fuoco. Ban impara a memoria strofe come «la paura è solo nella tua mente (...) povera, dolce, innocente ragazza asciuga le tue lacrime».
Durante un viaggio di ritorno a Bagdad scopre che suo cugino e altri amici sono attratti dalla generazione emo. Ban si trasforma con ciondoli a forma di teschio e guanti in lattice. Li nasconde sotto il velo integrale, ma a scuola comincia a farsi vedere. All'inizio la prendono per matta. Porta sandali e non scarpe chiuse. Su una calzatura disegna un teschio e sull'altra un angelo. Sui banchi di scuola recluta altre emo, che creano un clan. Al gruppo si contrappongono le ragazze apparentemente rigorose, che gli "angeli" di Ban chiamano Hakimus, un nomignolo derivato dagli Hakim, potente famiglia religiosa e politica sciita.
Le ragazze emo scaricano da internet la musica rap di Eminem e guardano assieme film come Twilight. «È così romantico», sospira Ban, ma la sua rivolta generazionale non è fatta solo di emozioni. Sui banchi di scuola le emo irachene disegnano graffiti sulla lotta degli "angeli" mettendo in allarme i professori. Ban ha addirittura osato presentarsi in classe con il ciondolo dello scheletro che suona la chitarra sopra il velo integrale. (Fonte: http://www.ilgiornale.it/ , 21/12)

E dopo una raffica di lunghi post, vi saluto per qualche giorno! Buon Anno !
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DONNE, MATRIMONI ED IMMIGRAZIONE

IMMIGRAZIONE, FALSI MATRIMONI: SEI ARRESTI NEL SALERNITANO

http://lacittadisalerno.gelocal.it/dettaglio/immigrazione-falsi-matrimoni:-sei-arresti-nel-salernitano/2775852

MAROCCHINO ACCOLTELLA LA FIGLIA PER RELAZIONE CON UOMO SPOSATO

http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/lombardia/2010/12/25/visualizza_new.html_1646707793.html Leggi tutto ...

"VOLEVA FARE LA KAMIKAZE". E IL PADRE LA UCCIDE

La tragedia in un villaggio rurale al confine con l'Iran, luogo di scontro tra sciiti e sunniti.

Il gesto considerato "eroico" in Iraq. Ma la polizia teme anche il delitto d'onore.

Eroe o assassino? La polizia irachena sta investigando i motivi che hanno spinto il piccolo commerciante di polli e pecore Najim al-Anbaky a strozzare e poi sgozzare sua figlia, la 19enne Shahlaa, circa tre settimane fa nella loro casa alla periferia del villaggio di Mandali. «Il caso è aperto. Se fosse confermata la versione del padre, secondo il quale avrebbe fermato la ragazza che era stata reclutata da al Qaeda per compiere un attentato suicida contro i pellegrini sciiti in arrivo dall'Iran, questi sarebbe immediatamente scarcerato e con il massimo del rispetto. Ma non è escluso si tratti dell'ennesimo delitto d'onore, da perseguitare con severità», sostengono gli agenti intervistati dai media locali.

LE DONNE IN IRAQ - Quella che emerge dal dramma di Shahlaa è in ogni caso un'altra prova delle complicate condizioni di vita per le donne nel profondo Iraq rurale. Mandali è un villaggetto della regione di Diala, un centinaio di chilometri a nord est da Bagdad, poco lontano dal confine con l'Iran. Luogo di scontro frontale tra sciiti e sunniti, dove i kamikaze di al Qaeda hanno causato migliaia di vittime tra le masse di pellegrini iraniani che annualmente transitano in bus da queste parti per raggiungere le città sante di Najaf e Karbala. Negli ultimi giorni la tensione è alle stelle. Sta infatti terminando il mese santo di Moharram, quando i pellegrinaggi sono più frequenti. Al Qaeda sta rialzando la testa.

I PRECEDENTI - Già nel passato ha utilizzato donne per gli attacchi sucidi. È più difficile controllarle ai posti di blocco. Mancano poliziotte. E loro possono nascondere le bombe sotto la «baja», il vestito lungo. Si calcola che dalla guerra del 2003 al Qaeda abbia reclutato oltre 180 donne «martiri» a Diala. Ci sono vedove, ragazzine inesperte, orfane, persino minorate. «Sapevamo che Shahlaa al-Anbaky era in contatto con al Qaeda. Per questo ci eravamo recati a perquisire la casa del padre», ammette il portavoce della polizia locale, maggiore Ghalib al-Karkhi. Come irrompono nell'abitazione però l'uomo li anticipa veloce. «Ho ucciso mia figlia. Stava per farsi saltare in aria. Il suo corpo è nascosto presso il nostro giardino». Se così fosse, avrebbe ben poco da temere dalla legge. Altre fonti nella polizia sottolineano però che già nel 1984 Najim aveva pugnalato a morte una sorella per difendere il buon nome della famiglia. Uno delle centinaia di delitti d'onore che insanguinano annualmente il mondo musulmano. La figlia potrebbe avere avuto una relazione senza essere sposata, forse con un militante di al Qaeda. Sin dalla crescita degli attentati nel 2005 è emerso che uno dei trucchi utilizzati dagli estremisti islamici è avere rapporti sessuali completi con le fidanzate, che così si mettono automaticamente in rotta con le famiglie e nelle mani dei loro reclutatori. (fonte: http://www.corriere.it/ , 27/12)

Intanto Pakistan si è fatta esplodere la prima donna kamikaze:

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Pakistan-la-prima-donne-kamikaze-fa-una-strage-46-morti-e-100-feriti-a-Khar_311458363767.html Leggi tutto ...

IO, MARTIRE DI AL QAEDA


Storia della studentessa modello che dopo centinaia di sermoni ascoltati su You Tube ha cercato di assassinare un parlamentare laburista in maggio.
Arrestata e condannata al carcere a vita per aver cercato di ammazzare a colpi di coltello il parlamentare laburista Stephen Timms, la studentessa Roshonara Choudhry, ventuno anni, un curriculum scolastico di altissimo livello, iscritta al King's College di Londra, ha spiegato alla polizia che è stato You Tube a spingerla verso il tentato omicidio.
Un lavaggio del cervello durato centinaia di ore. Giorni, settimane, mesi, passati ad ascoltare i sermoni del predicatore radicale saudita Anwar al Awlaki, uno degli ispiratori di Al Qaeda nello Yemen accusato in queste ore di essere l'ideatore del fallito "complotto dell'inchiostro", il piano per far saltare in aria due cargo diretti a Chicago utilizzando dell'esplosivo nascosto nella cartuccia del toner di due stampanti trasformate in bombe. La colpa di Timms? "Ha votato a favore dell'intervento militare in Iraq", dirà la studentessa.
L'interrogatorio di Roshonara Choudhry pubblicato dal Guardian è uno straordinario e in qualche modo sconvolgente viaggio nella testa di una ragazazza estremamente dotata decisa a diventare una martire. "So che ho rovinato la mia vita, ma ne valeva la pena. Penso che il mio gesto abbia un valore per i milioni di iracheni che stanno soffrendo a causa della guerra". Che cosa ha cambiato la sua coscienza?
Roshonara, che da qualche mese ha scoperto casualmente le prediche di Anwar al Awlaki sul web ma che non è mai entrata in contatto con organizzazioni radicali, il 27 aprile decide di abbandonare il College, colpevole tra l'altro secondo lei di avere assegnato un premio a Shimon Peres. Taglia i ponti con i compagni, si isola e lentamente si forma l'idea di dovere agire. Il messaggio che arriva da internet è chiarissimo. Martellante. Ineludibile. Non si confronta con nessuno, non ha mediazioni. Agisce da sola. Il 14 maggio, velata, aspetta Timms nel suo collegio a est di Londra e lo colpisce due volte. Non riesce a finirlo perché fermata da una guardia del corpo del parlamentare. Quattro ore più tardi è seduta in ufficio della polizia. Ed è lì che racconta.
"Negli ultimi mesi ho imparato molto sull'Islam. Ho ascoltato le prediche di Anwar al Awlaki. Parlava della jihad".

E' per questo che hai agito?

"Sì. Ho pensato che fosse un fatto di lealtà nei confronti dei fratelli e delle sorelle in Palestina. Ho pensato di lasciare il College. E ora credo semplicemente di avere fatto quello che dovevo fare. Non possiamo rimanere seduti a guardare mentre i nostri fratelli e le nostre sorelle stanno soffrendo. Sapevo che per il gesto che ho fatto sarei stata uccisa o arrestata. Ero consapevole che non sarei tornata a casa". Nella sua testa ribalzava una parola sola: combattere. Ora il computer è spento. E anche la sua possibilità di vivere nel mondo. (Fonte: http://www.lastampa.it/ , 4/11)

A proposito del velo:

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2010/11/26/visualizza_new.html_1677120557.html Leggi tutto ...

venerdì 24 dicembre 2010

NON C'ENTRA NIENTE DI NIENTE CON ISLAM E DINTORNI, MA... . :-)

BUONE FESTE A TUTTI !!!!!!!

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giovedì 23 dicembre 2010

ARRIVA FATIMA, L'ANTI-BARBIE ISLAMICA CON IL TURBANTE

L’azienda iraniana FAM sta preparando il terreno per il lancio della loro nuovissima bambola musulmana, destinata a diventare il nuovo emblema per tutte le giovanissime del Medio Oriente. Fatima è il nome scelto per fare breccia nei cuori delle bambine, che si troveranno a giocare con una bambola dalle fattezze caratteristiche del popolo islamico, non ultimo quindi un vistoso turbante e velo per coprire il viso.
Ovviamente in una sorta di provocazione, Fatima si pone come sul commercio come l’anti-Barbie tentando di contrastarne il dominio assoluto, traendo diretto spunto dalle tradizioni della cultura mediorientale: la Barbie occidentale e senza veli non è infatti adatta ai costumi islamici e per questo motivo sarebbe opportuno sostituirla con una decisamente più adatta.
Ma non è il primo tentativo, nel passato altre due bambole Sarah e Dara hanno provato a sfondare i confini del mercato nazionale, ma non riuscirono nell’impresa; complice il look troppo strettamente legato al popolo iraniano (o alla Repubblica Islamica Iraniana?) (Fonte: http://www.notiziae.com/ , 20/11) Leggi tutto ...

SUDAN, RAGAZZA INDOSSA I PANTALONI: FRUSTATA IN PUBBLICO

http://www.ilquotidianoitaliano.it/gallerie/2010/12/news/sudan-16enne-frustata-in-pubblico-ha-indossato-dei-pantaloni-video-43403.html



LA RIBELLIONE DELLE DONNE DEL SUDAN

http://www.ilpost.it/2010/12/16/la-ribellione-delle-donne-del-sudan/

e per finire:

SUDAN, SFILATA DI MODA INDECENTE: 8 UOMINI E UNA DONNA CONDANNATI A 40 FRUSTATE

http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-mondo/sudan-sfilata-moda-indecente-condannati-40-frustate-671433/ Leggi tutto ...

martedì 21 dicembre 2010

IMMIGRATI: ITALIANA SPOSA CLANDESTINO IN CHIESA AD ALBENGA, ATTO REGISTRATO IN COMUNE

Genova, 4 dic. - (Adnkronos) - ''E' stata applicata la legge''. Cosi' il sindaco di Albenga, Rosy Guarnieri (Lega Nord), commenta con l'ADNKRONOS il caso del matrimonio celebrato in chiesa tra una trentanovenne cittadina di Albenga e un ventottenne marocchino non in regola con il permesso di soggiorno.
''L'uomo - spiega il sindaco - lavorava in Italia con un regolare permesso di soggiorno. Quando i due hanno deciso di sposarsi lui non era in possesso del rinnovo del permesso, non so per quale motivo. Quindi l'ufficiale di stato civile non ha accettato la trascrizione della richiesta di matrimonio. Un provvedimento introdotto di recente dal ministro Maroni prevede infatti che per la pratica matrimoniale entrambi gli aspiranti coniugi siano in regola con le norme sulla cittadinanza e sul soggiorno in Italia".
"I due - continua il Sindaco - si sono rivolti alla Chiesa, che non richiede questo adempimento. Hanno seguito l'iter richiesto, corso prematrimoniale e altre pratiche, e sono stati sposati. E' avvenuto nei primi giorni di aprile, poco dopo il mio insediamento. Il matrimonio, naturalmente, in base alla legge, e' valido anche per lo Stato italiano. A questo punto l'ufficiale di stato civile ha registrato l'atto". "Se e' un modo per aggirare la legge Bossi-Fini non lo so - dice ancora il sindaco - non conosco la coppia''.
Chi conosce i due sposi e' don Berto Musso, arciprete della cattedrale, che ha celebrato il matrimonio. ''In queste cose - spiega - andiamo con i piedi di piombo. Personalmente e' il primo matrimonio del genere che ho celebrato, in passato abbiamo avuto altre richieste di questo tipo e non le abbiamo accettate''.
''Quando i due - riferisce il sindaco- ci hanno chiesto il matrimonio in chiesa, subito abbiamo risposto di no. Poi sono tornati una seconda e una terza volta, li abbiamo conosciuti e abbiamo capito che non si trattava di un espediente per ottenere la cittadinanza italiana e si e' deciso di celebrare il matrimonio. Sono due brave persone, spero che lui trovi presto un lavoro''. Leggi tutto ...

ISLAM: FIRENZE, A REGGELLO RAGAZZA TORNA A LEZIONE DI MUSICA SENZA CUFFIE

Firenze, 15 dic. - (Adnkronos) - Dopo giorni di roventi polemiche politiche, sembra avviarsi a una soluzione la vicenda della ragazza di 13 anni cui il padre (un marocchino di fede islamica) aveva imposto di non frequentare le lezioni di musica perche' 'da infedeli', obbligandola poi a mettere le cuffie in classe, in una scuola media di Reggello (Firenze). Oggi per la studentessa e' stato il primo giorno di lezione senza cuffie isolanti.
Lunedi' c'e' stata infatti una riunione tra la preside dell'istituto, i professori e il padre che, alla fine, ha concesso alla figlia di seguire le lezioni di musica. ''Non condivido, ma mi adeguo - avrebbe detto l'uomo al termine della riunione - se la legge italiana obbliga ad ascoltare la musica in classe, non posso far altro che rispettare le regole''. Sulla vicenda erano state presentate anche interrogazioni parlamentari. Leggi tutto ...

martedì 14 dicembre 2010

MUSICA VIETATA IN CLASSE. A FIRENZE UN ALTRO BIMBO VITTIMA DEL PAPA' ISLAMICO

... E DEL "BUONISMO ALL' ITALIANA" !

La bambina con le cuffie di Reggello non è l’unica. Lei che viene costretta dal padre a mettere dei tappi nelle orecchie per non ascoltare la lezione di musica non è sola. Le note un po’ stonate di un flauto dolce che diventa musica da infedeli, da maledire, da vietare, sono già state un problema. Questa volta la soluzione è stato tappare le orecchie alla bimba, quattro anni fa un alunno di Pian di Scò, a pochi chilometri da Firenze, veniva fatto uscire dall’aula: esiliato dall’ora di musica perché per lui era materia impura.
Complice - allora come oggi - la scuola. Dall’altra parte un uomo che non fa sconti, che non vuole sentire ragioni. «O così o niente. O così o mia figlia a scuola non ci viene più», ha detto il padre di Reggello. Frasi identiche dell’altro genitore: «O trovate una soluzione oppure a scuola il mio bambino non lo mando più».
Hanno vinto loro, i padri padroni, i fanatici, quelli che non mediano perché tanto sanno che alla fine la spuntano loro. E infatti le insegnanti hanno ceduto. Con i tappi alle orecchie una volta, con l’esonero l’altra. Bambini esiliati, fatti sentire diversi. Ogni volta che si presenta l’insegnante di musica uno corre via, l’altra si mette la cuffia. Allontanati e isolati dal resto dei compagni. «Le istituzioni sono state sconfitte», ripete il consigliere Costantino Ciari. «Ma noi non ci arrendiamo, andiamo avanti, vogliamo combattere questa mentalità, questo buonismo all’italiana che ci fa male, che danneggia anche questi bambini che a scuola invece vorrebbero andare come tutti gli altri». Eppure Ciari sembra solo. Perché neppure in quel caso nessuno si oppose? Perché il preside della scuola non riuscì a difendere il diritto all’istruzione per quel ragazzino?
L’ora di musica non è come l’ora di religione
, è una materia obbligatoria prevista dal programma. Non si può evitare. «Non può passare questo concetto. Chiudere un occhio significa far vincere l’integralismo, e non dobbiamo permettere - dice la parlamentare Souad Sbai. Questo è razzismo, possibile che non se ne sia accorto nessuno? Ma che fine faranno questi ragazzi che crescono nell’integralismo più cupo? Che futuro avrà la bambina in quella famiglia?». Eppure i genitori davanti alla scuola media di Reggello restano imperturbabili. «Ma come, se ne parla ancora?», dice una mamma. «Facevo parte del consiglio d’Istituto - spiega un’altra- e la soluzione di tapparle le orecchie proposta dalla preside fu votata all’unanimità. Sembrava un ottimo compromesso: lei era isolata e tutti erano contenti». Questi sono solo due casi, ma quanti ce ne sono in Italia? Leggi tutto ...

venerdì 10 dicembre 2010

CUFFIA ISLAMICA NELL'ORA DI MUSICA

La figlia va a scuola con la cuffia nelle orecchie perché il padre non vuole che ascolti la lezione di musica: «roba da infedeli». Succede alla scuola media di Reggello.

REGGELLO (FIRENZE) — Da oltre un anno, una quindicenne segue le lezioni di musica con i tappi alle orecchie. Così ha voluto suo padre, Omar, marocchino di fede islamica che considera la musica impura, una «roba da infedeli». Succede alla scuola media statale di Reggello, dove il padre della ragazzina e gli insegnanti hanno escogitato questa originale strategia per permetterle di rimanere in classe durante le lezioni di educazione musicale. E così, mentre i suoi compagni di terza media suonano, cantano o solfeggiano, lei si estranea con un paio di cuffie isolanti. Osserva i compagni col flauto, ma non li sente. Vede muovere le loro dita, ma è totalmente sorda ai suoni che emettono gli strumenti. E invece che esercitarsi con la pratica, studia la teoria musicale su un libro. Accade tutte le settimane, non appena la campanella annuncia la lezione di musica. Ormai il meccanismo è collaudato, ma fino all’anno scorso, tra la famiglia marocchina e la dirigenza scolastica erano scintille. Quando c’erano le esercitazioni musicali, la ragazza non andava a scuola, spesso perdendo intere giornate di lezione. E a causa delle troppe assenze, la studentessa venne bocciata. La preside segnalò il caso al sindaco e ai carabinieri.
Partì una denuncia e si aprì un processo, tutt’ora in corso, nei confronti del padre, colpevole per aver costretto la figlia a rinunciare, almeno in parte, alla scuola dell’obbligo. Nonostante la denuncia, i genitori furono irremovibili: «Niente musica per nostra figlia. Altrimenti, niente scuola». Così si arrivò alla soluzione concordata, quella attuale. Un lieto fine, almeno per genitori e insegnanti, ma chissà se è così anche per la ragazza. Su questo il padre non ha dubbi: «Mia figlia è felice di seguire le regole del Corano. La nostra religione ci obbliga a non studiare la musica, è scritto nei testi sacri. Non mi sento un fanatico, ma un fedele alle credenze musulmane. Credo di essere il primo in Italia ad aver sollevato questo problema, ma sono contento e lo rifarei». Il protagonista della vicenda, Omar R. è uno dei rappresentanti della comunità islamica di Reggello. Il caso da lui sollevato ha suscitato critiche e perplessità in tutto il paese. «Rispettiamo le tradizioni religiose di tutti i nostri cittadini — ha commentato il vicesindaco e assessore all’istruzione Cristiano Benucci— ma ritengo che si debba fare tutto il possibile affinché ogni materia scolastica venga insegnata agli studenti. Tra queste, anche la musica, che a Reggello ha una grande tradizione storica e dovrebbe essere appresa da tutti i bambini. È difficile capire le motivazioni che spingono un genitore a negare l’ascolto della musica alla propria figlia». Sulla stessa lunghezza d’onda l’assessore alle politiche sociali Daniele Bruschetini: «La nostra scuola accoglie tutti, ma gli islamici dovrebbero adeguarsi alla cultura del Paese che li ospita».
Più moderata la preside dell’istituto scolastico, Vilma Natali: «È stata trovata una soluzione condivisa, che accontenta sia gli insegnanti che i genitori. La vicenda non va enfatizzata». In ogni caso, precisa la dirigente scolastica, «credo che la ragazzina, attraverso questo metodo educativo, non otterrà grandi risultati». Scelta comprensibile, invece, secondo l’imam di Firenze Izzedin Elzir (UCOII, ndr) : «Il mondo islamico interpreta la musica in due modi. Può essere qualcosa di illecito e immorale, oppure uno strumento artistico positivo». Elzir, pur condividendo quest’ultima interpretazione, ritiene che «tutto deve essere correlato alla scelta educativa della singola famiglia». Inoltre, aggiunge l’imam, «è necessario lavorare alla coesione della nostra società rispettando le credenze di ognuno ed evitando di creare allarmismi mediatici».
Francesco Rutelli, con una interrogazione urgente al ministro Gelmini, chiede un intervento immediato sul caso. «Tali restrizioni - argomenta Rutelli - avrebbero portato la giovane, di famiglia musulmana, a doversi assentare dalla scuola, e poi addirittura a dover presenziare alle lezioni di musica con le orecchie tappate con una cuffia isolante, a causa di un’interpretazione demenziale del genitore, secondo cui l’ascolto della musica sarebbe illecito, o addirittura immorale. Se tali fatti venissero confermati - prosegue il leader di Alleanza per l’Italia - ci troveremmo di fronte a un caso di palese violazione della nostra Costituzione, e dei diritti umani fondamentali di questa giovane studentessa; a una equivoca interpretazione dei principi di tolleranza e dei valori di accoglienza; a una rinuncia intollerabile dei doveri di educazione che spettano alla scuola italiana». «Il pluralismo è a fondamento della cultura italiana, e in nessun modo lo si può intendere come divieto ad accedere alla cultura, o alla musica, o alle arti» osserva Rutelli che nella sua interrogazione chiede al ministro Gelmini «quali provvedimenti intenda assumere per porre fine a tale situazione di fondamentalismo anti-educativo, incompatibile con la democrazia» e «quali misure intenda prendere rispetto alla prolungata accettazione da parte delle strutture scolastiche territoriali di una simile paradossale, incivile e illecita situazione». (Fonte: http://www.corrierefiorentino.corriere.it/ , 9/12) Leggi tutto ...

YARA GAMBIRASIO: LA SOLIDARIETA' DEGLI IMMIGRATI: "POTREBBE ESSERE NOSTRA FIGLIA"


Proseguono le ricerche per Yara Gambirasio, scomparsa nel nulla il 26 novembre. Un gruppo di immigrati ha inviato alla famiglia Gambirasio una lettera di solidarietà, “Potrebbe essere nostra figlia”, si legge.
Giunti dal Veneto e dalla Lombardia, sottolineano che Brembate di Sopra, il comune di Bergamo dove la ragazza viveva con la famiglia, non si è mai mostrato razzista, contrariamente all’ira provocata dall’arresto, poi rivelatosi senza presupposti, di Mohamed Fikri, ventunenne marocchino.
Qui, parte della lettera che la famiglia Gambirasio ha accettato di ricevere:

Siamo un gruppo di immigrati di varie nazionalità, che hanno scelto l'Italia come loro seconda patria e proprio per questo ci sentiamo parte della comunità italiana e non possiamo restare indifferenti davanti a tutto ciò che in questa Patria adottiva accade.
In questo giorno speciale per gli italiani e i cristiani, giorno nel quale si ricorda e si celebra una grande Madre, la Madonna in uno dei momenti più dolci della sua vita, noi sentiamo che Yara è anche un po' nostra figlia e voi siete parte della nostra famiglia, del nostro cuore e dei nostri pensieri quotidiani e non possiamo restare indifferenti davanti a quello che è certamente per voi fonte di profonda angoscia, e di una sofferenza che non vorremmo mai dover provare e non auguriamo a nessun uomo di dover far fronte a una prova così devastante e dolorosa.
Noi oggi siamo partiti da Padova in rappresentanza della comunità di immigrati veneti e lombardi, per testimoniare la nostra vicinanza al vostro dolore e alla vostra angoscia, ma anche la nostra speranza, che ancora non vuole cedere davanti a quella che è una delle peggiori disgrazie che possa accadere a una madre, a un padre, a una famiglia e a tutta la comunità umana: la perdita di un suo membro.
Ci e vi auguriamo che possiate trovare la forza di andare avanti, mantenendo viva la speranza che Yara possa tornare e che tutto si concluda con quello che è il giusto percorso di una vita che è così bella e giovane come quella di Yara: il ritorno in mezzo a noi e tutti fin da ora ci stringiamo in un grande abbraccio che vuole significare solidarietà, affetto e stima, perché ci avete mostrato il volto raro e prezioso di una famiglia italiana: la dignità. (Fonte: http://www.newnotizie.it/ , 8/12)
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DALL'IRAN

SMENTITA LA LIBERAZIONE DI SAKINEH (ma tanto si sa...)


http://www.corriere.it/esteri/10_dicembre_10/sakineh-smentita-liberazione_cc42f158-0425-11e0-b06d-00144f02aabc.shtml

ESEGUITA LA CONDANNA A MORTE DI SHAHLA JAHED


http://www.amnesty.it/Iran-impiccata-Shahla-Jahed Leggi tutto ...

sabato 4 dicembre 2010

ISLAM BOLOGNA. IL CONSIGLIO DEGLI STRANIERI: LE DONNE NON SI COPRANO IL VOLTO

Indossare il velo deve essere una libera scelta.

Il Consiglio provinciale degli stranieri di Bologna "invita le cittadine straniere ed italiane di fede islamica a non indossare indumenti che ostacolano la loro identificazione".
E' uno dei passaggi contenuto nell'ordine del giorno che il 'parlamentino' istituito a Palazzo Malvezzi ha approvato ieri (con tre voti contrari e tre astensioni), affrontando cosi' l'impegnativo nodo rappresentato dall'uso di burqa, niqab e khimar (in particolare nella provincia di Bologna, si legge nel documento, "pochissime" donne portano il primo velo, "qualcuna" il secondo e "molte" l'ultimo tipo, che lascia scoperto il viso).
Nel testo, presentato dal presidente del Consiglio, Bouchaib Khaline, si spiega che i tre indumenti "non sono obbligatori per le donne che professano l'Islam" e che "la sopraffazione sulla donna ed il maschilismo non sono dettati islamici", precisando poi che il burqa e' "un abito tradizionale afghano e non ha a che vedere con la religione". Detto questo, nell'odg si rileva che "la copertura del volto comporta problemi di identificazione della persona e provoca sensazioni di paura nelle persone", con un ampio richiamo alla legge del 1975 che in materia di ordine pubblico vieta di rendere difficoltoso il proprio riconoscimento in pubblico senza un giustificato motivo. Il Consiglio, dunque, ritiene che "dovrebbe essere consentito l'uso di qualunque indumento religioso purche' liberamente scelto e portato lasciando il volto scoperto", invitando le istituzioni a vigilare sul fatto che indossare uno dei tre veli "sia una scelta presa autonomamente dalla donna".
Nell'odg, quindi, si chiede alla Camera di "portare a termine l'iter di discussione delle proposte di legge sul tema evitando di ricorrere a sanzioni penali mantenendo quelle amministrative" e di esprimersi sull'applicabilita' della legge del 1975, in seguito ad alcune sentenze che inseriscono il velo integrale come "pratica devozionale" nella possibilita' del "giustificato motivo". Al Parlamento, in sostanza, si chiede di "rendere la legge piu' applicabile per tutti i cittadini, introducendo modifiche necessarie per chiarirne la bonta' senza riferimento alla religione islamica". Proseguendo, alla Provincia di Bologna il Consiglio degli stranieri chiede di impegnarsi sul terreno dell'accoglienza, di respingere "tutte le iniziative demagogiche e strumentali" e allo stesso tempo di "pronunciarsi contro chi, attraverso la religione, vuole sopraffare le donne imponendo un certo modello di vita contrario ai principi costituzionali dell'Italia".
Infine, il 'parlamentino' degli stranieri invita "le cittadine straniere ed italiane di fede islamica a non indossare indumenti che ostacolano la loro identificazione" e le istituzioni locali "ad evitare ordinanze comunali in tal senso", aspettando il chiarimento della legge del 1975. L'ultimo invito e' rivolto a tutte le forze politiche, alle quali si chiede di "abbassare i toni su questi temi, per evitare ulteriori conflitti sociali che si aggiungono ad altri gia' esistenti a causa della crisi e ad evitare di confondere la religione con la cittadinanza".
L'approvazione del documento, pero', al contrario di come spesso avviene nel Consiglio degli stranieri non e' stata unanime: a fronte di 15 voti favorevoli, infatti, si sono registrate anche tre astensioni ed i voti contrari di Hamidi Mohammed Arezki, Zulfiqar Khan e Luzviminda Cucio. Si e' approvato un odg "svuotato di senso", dichiara Arezki, perche' la questione "e' ridotta ad un problema di indumenti" e non da' sufficientemente peso ai diritti ed alla dignita' della donna: "Ci mette contro le rivendicazioni delle associazioni delle donne", sottolinea il consigliere. "L'Islam non obbliga nessuno a fare qualcosa" e nel Corano "non c'e' scritto di coprire il volto", rimarca Khan, aggiungendo che "neanche un terrorista su 1.000 ha usato burqa e niqab" per compiere un attentato.
Dell'approvazione dell'ordine del giorno, in ogni caso, e' "molto soddisfatto" il presidente Khaline: "Questo non e' un consiglio episcopale sull'Islam - replica ai colleghi non convinti - e' un Consiglio provinciale che esprime la propria opinione", mettendo in primo piano l'aspetto dell'ordine pubblico. Khaline, a questo punto, intende discutere del tema con il Consiglio provinciale di Bologna "e magari arrivare ad un ordine del giorno comune". (Fonte: http://www.oggibologna.it/ )

Il pezzo è di qualche giorno fa... .
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ASIA BIBI, UNA TAGLIA PER UCCIDERLA. PAKISTAN, OFFERTA FATTA DA UN IMAM

Cinquecentomila rupie, ovvero seimila dollari, a chiunque uccida Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per blasfemia. A offrire la macabra ricompensa è stato Maulana Yousuf Qureshi, imam della storica moschea di Mohabat Khan a Peshawar, nel nord ovest del Pakistan. Durante il sermone del venerdì, il religioso ha precisato che i soldi per pagare il killer saranno presi dai fondi della moschea.
In merito al dibattito che si è aperto sulla legge sulla blasfemia in Pakistan, che prevede la pena capitale per chi commette il reato, Qureshi ha detto che "resisteremo con forza a qualsiasi tentativo di abrogare la legge che protegge la santita' del profeta Maometto". Noto per avere emesso fatwe controverse in passato, la voce di Qureshi non è la sola che si è espressa contro la grazia per la donna cristiana.
La maggiore alleanza sunnita pakistana, infatti, ha annunciato una protesta nazionale nel caso in cui Asia Bibi venisse graziata dal presidente Asif Ali Zardari, come chiesto dal ministro delle Minoranze Shahbaz Bhatti che l'ha giudicata "innocente". Gli stessi Talebani si sono espressi contro il perdono alla donna, condannata a morte per impiccagione da un tribunale di Lahore.
L'indagine condotta da Bhatti ha portato alla conclusione che la donna, accusa di aver offeso Maometto da alcune musulmane, è stata in realtà vittima di "inimicizie personali". L'Alta Corte di Lahore, tuttavia, ha accolto la petizione che impedisce a Zardari o a un altro rappresentante di governo di concedere la grazia ad Asia Bibi. Il marito della donna, 45 anni e 5 figli, ha presentato appello al tribunale contro la sentenza capitale nei suoi confronti.
Per salvare la donna si è mobilitata l'intera comunità internazionale e anche Papa Benedetto XVI ha chiesto che fosse liberata. La Bibi e' stata condannata a morte da un giudice del distretto pakistano di Nankana, nella provincia centrale del Punjab. L'episodio che ha portato alla condanna risale al giugno del 2009, quando la donna e' stata denunciata con l'accusa di aver offeso il profeta Maometto durante una discussione con alcune musulmane.
Sinora in Pakistan non è stata eseguita alcuna sentenza capitale di imputati accusati di blasfemia. La Bibi è stata la prima donna pakistana a essere condannata a morte in base alla legge sulla blasfemia in vigore nel Paese, dove i cristiani sono meno del cinque per cento della popolazione. (Fonte: http://www.tgcom.mediaset.it/ , 3/12) Leggi tutto ...

martedì 30 novembre 2010

GAMILA ISMAIL, SINGLE E SENZA VELO, IN LOTTA CONTRO MUBARAK


PARLAMENTARI. QUOTE ROSA CON 64 SEGGI PER LE DONNE. "MA IL PAESE RESTA MACHISTA E CORROTTO"

La sfida della star tv Gamila al regime egiziano. Brogli e un morto negli scontri Per i Fratelli Musulmani la soluzione è l' Islam, per me i giovani.


IL CAIRO - È l' unica cosa già ora sicura sul futuro parlamento egiziano: le elezioni di ieri segnate da brogli, violenze e un morto e dal previsto crollo dei Fratelli Musulmani (di quanto si saprà dopo il ballottaggio del 5 dicembre. Infatti stanno perdendo! ) hanno visto di sicuro l' ingresso in massa delle donne nel «Maglis». Grazie alle quote varate per la prima volta, 64 dei 508 seggi sono riservati a loro, oltre a quelli eventualmente vinti fuori da questo sistema. Salutate da alcuni come una «rivoluzione», per altri (a partire dalle femministe) un' idea umiliante e antidemocratica, le quote cambieranno il Parlamento almeno nell' aspetto, dicono gli scettici: oggi le candidate sono solo otto, tre elette nel 2005 e cinque nominate personalmente dal raìs Hosni Mubarak. «Sono del tutto contraria a questi seggi femminili, è solo un trucco del regime per raccogliere ancora più deputati e farsi bello all' estero. E mi sono candidata come indipendente fuori dalle quote», dice Gamila Ismail, 44 anni, notissima perché volto della tv di Stato per dieci anni, poi per aver guidato nelle presidenziali del 2006 la campagna del (ex) marito Ayman Nour. Nei quattro anni di carcere di Nour (il prezzo pagato per aver sfidato il raìs), Gamila si è battuta con tenacia per far liberare lui e i tanti prigionieri politici. Ora, divisa dal marito (i media ne han parlato per mesi) vuole andare avanti da donna single e dissidente. «Non è facile in un Paese così maschilista e repressivo e il mio avversario nel collegio di Cairo centro è potentissimo, miliardario e del partito di governo Ndp - aggiunge -. Ma devo provare: il mio nemico numero uno è la corruzione. Il mio motto è simile a quello dei Fratelli: loro dicono che la soluzione è l' Islam. Io che lo sono i giovani, a cui chiedo partecipazione politica o per l' Egitto è finita». Anche lei senza hijab nei poster e negli incontri per strada con i suoi potenziali elettori, Mediha Khattab sarà invece certo eletta con le quote. Prima donna rettore della Facoltà di medicina del Cairo, capo della commissione salute del Ndp, è vicinissima alla first lady Suzanne Mubarak e concilia tradizione e modernità. Il suo motto è «costruiamo insieme, uomini e donne» (nell' ordine), il suo obiettivo «migliore istruzione per tutti». Ma pur nel rispetto del regime che in pochi ormai tollerano, Mediha qualcosa probabilmente farà: sotto la guida della potente sorella Moushira, e di madame Suzanne, ha già contribuito a ridurre di molto le mutilazioni genitali femminili, una volta inflitte al 90% e più delle bambine. Interessante anche perché della minoranza cristiana copta pochissimo rappresentata ai vertici politici del Paese, Mona Makram-Ebeid appartiene al Wafd, lo storico partito liberale passato da poco (ufficiosamente) a fianco del raìs. Combattiva e molto «americana» (ha studiato in Usa e insegna scienze politiche all' Università americana del Cairo), chi la conosce è certo che se eletta si farà sentire in Parlamento. E «toste» sono molte altre candidate come la «sorella musulmana» Wafaa Mashhur, una delle 10 in corsa per il movimento islamico o la nasseriana Sowad Abdelhamid, storica femminista dagli anni 70, giornalista e autrice di libri che ora dice «perfino le quote van bene pur di darci una voce». Sempre ammesso, come gran parte dell' opposizione, degli analisti ma anche della gente ormai dubita, che il Parlamento una vera voce ce l' abbia in Egitto. (Fonte: http://www.corriere.it/ , 29/11)
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sabato 27 novembre 2010

"I FIORI DI KIRKUK", UN FILM DI FARIBORZ KAMKARI


E’uscito sale il film I Fiori di Kirkuk
presentato in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma 2010

I Fiori di Kirkuk, un romanzo intenso e appassionante, tratto dalla sceneggiatura dell’omonimo film.

Amori proibiti ai tempi di Saddam Hussein

Basato su eventi realmente accaduti, il libro racconta la storia dell’amore impossibile di Najla e Sherko e dell’attrazione, anch’essa fatale, di Mokhtar per Najla.
Una storia ambientata in Iraq negli anni Ottanta, all’epoca del genocidio curdo, rievocato in tutto il suo orrore attraverso la vicenda della dottoressa Najla, figlia di una ricca famiglia araba di Baghdad, di ritorno in Iraq dopo aver studiato Medicina a Roma, alla ricerca del suo amato Sherko, giovane medico curdo. La ragazza, per amore, scoprirà lo sterminio dei curdi e, schierandosi dalla loro parte, attraverserà tutte le tragiche tappe dell’orrore: la lotta, la prigione, la tortura, la fuga, fino a identificarsi nella morte, in una fossa comune, con le vittime.

«A volte si è costretti a scegliere, essere con le vittime o con i carnefici. Io ho preferito essere con le vittime».

«La rosa rappresenta la bellezza… il giglio rappresenta la purezza e l’innocenza… la begonia simbolo dell’amore… l’edera rappresenta l’unione, due corpi che diventano uno, io che ti avvolgo… Questa è la nostra notte di nozze. Quest’acqua è la tavola dei nostri doni e la luna è il nostro testimone».

E a proposito di Iraq: "Ricostruirò la mia Bagdad". La promessa dell'esule Zaha.

http://eddyburg.it/article/articleview/16237/0/388/

E per Asia Bibi è slittata la... grazia: http://www.asianews.it/notizie-it/Slitta-la-grazia-per-Asia-Bibi.-L%E2%80%99appello-deve-andare-prima-all%E2%80%99alta-Corte-20098.html

E ancora una volta in Egitto: Cresce la tensione tra musulmani e copti. Case bruciate e battaglie per una chiesa

http://www.asianews.it/notizie-it/Cresce-la-tensione-fra-musulmani-e-copti.-Case-bruciate,-battaglia-per-una-chiesa-20012.html
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venerdì 26 novembre 2010

COPPIE MISTE CRISTIANO - MUSULMANE

"NON MI SONO CONVERTITA ALL'ISLAM E IL MIO EX HA PORTATO VIA I NOSTRI FIGLI". STORIA DI ANNAMARIA FORNARA

http://www.loccidentale.it/articolo/xxx.0097356

LEI MUSULMANA, LUI CRISTIANO: ORA POSSONO SPOSARSI

http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/trentino/2010/11/13/visualizza_new.html_1701287692.html Leggi tutto ...

domenica 21 novembre 2010

BANGLADESH. DHAKA SUORA SALESIANA SALVA MIGLIAIA DI DONNE DA PERSECUZIONI E TORTURE FISICHE E MENTALI


Suor Zita appartiene all’ordine delle Sorelle salesiane di Maria immacolata. Ha aiutato migliaia di cattolici della tribù Garo, che si spostano a Dhaka per cercare lavoro e spesso subiscono torture e persecuzione da parte dei musulmani. Ha fondato, insieme alla Caritas e alla Chiesa del Bangladesh, il Garo community centre, dove i tribali imparano nuovi mestieri e vengono aiutati a trovare lavoro.

Dhaka (AsiaNews) – Cattolici appartenenti alla tribù Garo raggiungono da tutto il Bangladesh la capitale Dhaka, per cercare lavoro e una vita migliore. Sono migliaia le donne che, al contrario, trovano torture e persecuzione per mano dei datori di lavoro musulmani. Da anni suor Zita (nella foto), appartenente all’ordine delle Sorelle salesiane di Maria immacolata (Ssmi), aiuta e molte volte salva le donne Garo dai pericoli che si trovano ad affrontare.
“Negli ultimi 10 anni - racconta ad AsiaNews suor Zita - ho visto più di 7mila donne tribali Garo venire a Dhaka per cercare un impiego e affrontare numerosi problemi”. Queste lavorano soprattutto come donne delle pulizie o come estetiste. “Molte di loro - continua la salesiana - ricevono torture fisiche e mentali dai datori di lavoro. Si sentono in costante pericolo e noi abbiamo cominciato a muoverci per la giustizia e la pace”.
Suor Zita, ordinata nel 1990, è stata la prima suora del suo villaggio. Dal 1991 al 1994 ha predicato in diversi villaggi della diocesi di Mymensingh, per far crescere i bambini nella fede cattolica. Dopo aver perfezionato i suoi studi, dal 1997 al 2005 ha insegnato alla scuola primaria St Leo, dove si è occupata di bambini di tutte le religioni.
Più di 5mila ragazze sono state aiutate da suor Zita, che dal 2006 lavora per la Commissione episcopale per i giovani. “Una ragazza cattolica di cui non voglio rivelare il nome - racconta - è stata ingannata da un musulmano e stuprata. È quasi diventata matta per questo, noi l’abbiamo aiutata e adesso è tornata ad una vita normale”.
In un altro caso - continua la suora - una ragazza è stata torturata in modo brutale e imprigionata nella casa dove prestava servizio. Non le permettevano neanche di andare alla Messa la domenica. Noi l’abbiamo salvata, facendola tornare a casa dai genitori, dove ora studia e sta meglio”.
Suor Zita, insieme alla Caritas e alla Chiesa del Bangladesh, ha fondato il Garo community centre a Dhaka, dove i tribali che riscontrano problemi possono rifugiarsi e vengono aiutati a trovare lavoro. Al centro vengono insegnati nuovi mestieri, a seconda dei bisogni, e vengono organizzate delle Messe in giorni e orari speciali per le oltre 11mila donne che non hanno tempo per partecipare alla funzione domenicale.
Suor Zita ha anche instaurato un dialogo con molti datori di lavoro, che hanno permesso ai Garo di partecipare alle Messe officiate apposta per loro. “Il motivo per cui faccio tutto questo - ha dichiarato suor Zita - è servire Cristo attraverso le persone sofferenti, amandole e aiutandole”. (Fonte: http://www.asianews.it/ , 4/8)
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PAKISTAN / DONNE CRISTIANE E MUSULMANE SCENDONO IN STRADA INSIEME PER SALVARE ASIA BIBI

C'è stata anche qualche mobilitazione di donne arabe e musulmane, per salvare l'iraniana Sakineh, abbiamo visto da un post, qualche tempo fa... .

La condanna a morte di Asia Bibi per blasfemia unisce le donne cristiane e musulmane del Pakistan che in questi giorni stanno manifestando la loro solidarietà nella speranza di salvarle la vita e di segnalare il problema delle strutture giudiziarie pakistane.

Le donne del Pakistan, cristiane e musulmane, scendono in strada per mostrare sostegno e solidarietà ad Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per blasfemia. Ieri, informano fonti di Fides, a Nankana (la città di Asia Bibi) le donne hanno manifestato in strada davanti ai palazzi delle istituzioni governative per mobilitare l’opinione pubblica e chiedere il rilascio della donna. Fra le associazioni organizzatrici del corteo vi era la “Pakistan Catholic Women Organization” che ha operato in accordo con numerose associazioni musulmane che difendono i diritti delle donne. Le donne pakistane si appellano e sperano nell’autorevole figura di Asma Jahangir, noto avvocato musulmano, divenuta di recente la prima donna a guidare l’Associazione degli Avvocati della Corte Suprema del Pakistan.
Rosemary Noel, coordinatrice nazionale delle donne cattoliche dice a Fides: “Quello di Asia Bibi è un caso che ci preoccupa molto e crea molta sofferenza. Soprattutto per la condanna di una innocente alla pena capitale. Ci appelliamo a tutte le istituzioni per una sua immediata liberazione. Stiamo operando con altre associazioni della società civile in un forum denominato MUMKIN (che in urdu significa “Rendilo possibile”, ndr) e il 22 novembre è fissato un incontro a livello nazionale. Vogliamo trovare tutti i mezzi e i modi per salvare Asia”.
Nel suo caso – spiega a Fides la coordinatrice – è mancata una seria indagine sia della polizia, sia del tribunale: purtroppo è il gioco di potere dei forti che schiaccia i deboli. In Pakistan i potenti hanno forte influenza sugli apparati delle forze di sicurezza e sugli apparti giudiziari, specialmente nei tribunali di primo grado. Ne risultano giudizi non trasparenti o palesemente ingiusti. Inoltre c’è la forza della maggioranza che schiaccia le minoranze: e i cristiani soffrono doppiamente”.
Anche Saman Wazdani, musulmana, attivista per i diritti umani, ribadisce a Fides: “Le donne del Pakistan si stanno mobilitando: il caso di Asia Bibi scuote la nostra coscienza. Vi è l’urgenza di abrogare la legge sulla blasfemia. Ma esiste anche un serio problema nel sistema giudiziario nazionale: i tribunali di primo grado sono abbandonati a se stessi, hanno strutture vecchie, non sono trasparenti, spesso interpretano la legge in modo sbagliato. Urge una riforma complessiva delle strutture giudiziarie, anche se nei successivi gradi di giudizio la situazione è sensibilmente migliore”.
Una speranza, affermano a Fides le donne pakistane, è l’interessamento di Asma Jahangirprima donna a capo dell'Associazione degli avvocati della Corte Suprema del Pakistanche spesso in passato si è pronunciata contro le ordinanze hudud e contro la legge sulla blasfemia. Asmache ha ricevuto istruzione in scuole cattoliche è nota per la difesa dei diritti delle minoranze e per questo impegno ha anche subito minacce di morte. Dal 2004 Asma Jahangir è relatrice speciale delle Nazioni Unite in materia di libertà religiosa, è fra i fondatori della Commissione per i Diritti umani del Pakistan, e nella sua carriera si è sempre battuta contro la discriminazione e la violenza sulle donne. (Fonte: http://www.minareti.it/ , 17/ 11)
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sabato 13 novembre 2010

LIBERA



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venerdì 12 novembre 2010

CRISTIANA PAKISTANA CONDANNATA A MORTE PER BLASFEMIA


Lo studioso musulmano Asghar Ali Engineer accusa come non islamica la legge sulla blasfemia e propone una campagna internazionale. Dito puntato contro il silenzio del governo pakistano e di molti governi nel mondo. L’All Indian Christian Council chiede a New Delhi di presentare il caso alla Commissione Onu per i diritti umani. Fra i messaggi: “Rimanere in silenzio è una seconda condanna a morte” per Asia Bibi.

New Delhi (AsiaNews) – “Occorre salvare la vita” a Asia Bibi, la cristiana pakistana condannata a morte per blasfemia e per questo “è urgente lanciare una campagna sostenuta da leader per i diritti umani e governi… Nessuno deve rimanere in silenzio”: è l’appello che il prof. Asghar Ali Engineer, studioso musulmano indiano fa attraverso AsiaNews. Altri messaggi giunti ad AsiaNews chiedono che la comunità internazionale si muova per Asia Bibi con una campagna simile a quella lanciata per salvare la vita a Sakineh, la donna iraniana che è nel braccio della morte, condannata per adulterio.
Asia è stata condannata a morte lo scorso 7 novembre da un tribunale del Punjab. Era stata arrestata per blasfemia nel giugno 2009, dopo una discussione con alcune sue colleghe in cui ella ha difeso la sua religione. Le altre donne, che con Asia le sue due figlie sono lavoratrici agricole, la spingevano a rinunciare alla fede cristiana e abbracciare l’islam. Asia Bibi ha risposto parlando di come Gesù sia morto sulla croce per i peccati dell’umanità, e ha chiesto alle altre donne che cosa avesse fatto Maometto per loro. Le donne hanno allora picchiato lei e le sue figlie e spinte dall’imam locale e da un gruppo di uomini, l’hanno accusata di blasfemia. La polizia l’ha presa in custodia, salvandola da una folla feroce. Ma dopo un anno e più di prigione è stata condannata a morte.
“In Pakistan, spiega il prof. Asghar, è ormai evidente che le leggi contro la blasfemia sono divenute un comodo strumento nelle mani di coloro che vogliono colpire le minoranze. La legge sulla blasfemia è stata introdotta per dare legittimità al dittatore Zia ul-Haq e non ha alcun rapporto evidente con gli standard dottrinali della legge islamica classica”.
“Questa legge infamante – spiega lo studioso musulmano, direttore del Centro studi per la società e il secolarismo - è usata con impunità contro le minoranze religiose da quelli che sono spinti da inimicizie personali, guadagni monetari, materiali o politici o perfino per rubare terreNon c’è nulla di religioso in tutto questo”.
L’appello di Asghar Ali Engineer avviene quasi in contemporanea con la condanna della sentenza da parte dell’All India Christian Council (Aicc). In una dichiarazione diffusa ieri dal segretario generale, il cattolico John Dayal, l’Aicc domanda al governo indiano di sollevare il caso alla Commissione Onu per i diritti umani e chiede al governo pakistano e alla comunità internazionale di “salvare la vita della donna”.
Anche il prof. Asghar punta il dito contro i governi: “Il governo del Pakistan – dice ad AsiaNews – è responsabile per assicurare la protezione della vita delle minoranze. Noi possiamo solo condannare questi atti crudeli contro l’umanità. Va detto con tristezza: quando i governi di tante rispettabili nazioni rimangono in silenzio, noi possiamo solo condannare questi atti. Per questo è essenziale una campagna internazionale per fermare tutto questo”.
Fra i diversi messaggi giunti nella redazione di AsiaNews ve n’è uno che dice: “Viene spontaneo domandarsi dove siano finiti tutti quelli che fino all’altro giorno si scandalizzavano e gridavano allo scandalo per la sorte Sakineh e che adesso ignorano (o fingono di ignorare) questo ennesimo caso di persecuzione e di ingiustizia nei confronti di una persona di fede cristiana… Il silenzio e l’indifferenza del mondo, tra cui tanti cristiani (abituati ormai alle persecuzioni dei cristiani nel mondo), è una seconda condanna a morte”. (Fonte: http://www.asianews.it/ , 12/11)

CONDANNATA A MORTE PER AVER INSULTATO IL PROFETA MAOMETTO : SARA' IMPICCATA

Mentre le nostre hostess tornano tutte contente dalla visita a Gheddafi in Libia (e una ha pure ricevuto una proposta di matrimonio da un suo nipote !):Gheddafi? Solo datteri e latte di cammello".

http://www.corriere.it/cronache/10_novembre_12/caccia_gheddafi_d70eb326-ee34-11df-8dee-00144f02aabc.shtml
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PAKISTAN, STUPRO COME ARMA CONTRO LE BAMBINE CRISTIANE

MINORANZA NEL MIRINO

Con due nuovi casi usciti allo scoperto solo grazie all’impegno della Chiesa e di organizzazioni non governative, si allunga ulteriormente l’elenco delle giovani cristiane sottoposte in Pakistan a violenza e sovente uccise perché questa non diventi di pubblico dominio. Una situazione che dimostra ancora una volta, oltre alle difficoltà di coesistenza con la maggioranza musulmana, soprattutto l’impossibilità per la minoranza cristiana di vedere tutelati i propri diritti e anche la propria incolumità.
Lubna Masih, 12enne, nata in una famiglia cristiana di Rawalpindi, città-satellite della capitale Islamabad, il 27 settembre era uscita di casa come ogni mattina alle 6.30 per comperare il latte. Fermata da cinque giovani musulmani e costretta a salire su un auto, la ragazza è stata portata nel cimitero dello stesso quartiere di Dhok Ellahi Baksh, dove è stata violentata e uccisa. Il suo corpo è stato individuato qualche ora dopo e la polizia non ha aperto alcuna indagine. Il padre, Saleem Masih che di professione fa il tassista e con il suo duro lavoro riusciva a pagare gli studi all’unica figlia, non sa darsi pace. Solo dopo alcuni giorni la famiglia ha preso coraggio e ieri, come ha riferito l'agenzia missionaria Fides, ha sporto denuncia alle autorità di polizia. Accogliendo a fatica le pressioni di organizzazioni non governative che hanno promesso protezione, aiuto materiale e assistenza legale, oggi Saleem e Guddi Masih si sono recati alla stazione di polizia di Waris Khan, a Rawalpindi, denunciando la terribile esecuzione della figlia. Le resistenze dei due erano dettate dalla paura: temono di subire ritorsioni, vendette e intimidazioni con il fine di far insabbiare la vicenda. Inoltre, secondo fonti locali di Fides, tramite amicizie influenti gli autori del crimine possono cercare di influenzare il corso della giustizia. Organizzazioni non governative come Life for All e Christian Lawyer Foundation ritengono però necessario portare il caso all'attenzione delle autorità e dell'opinione pubblica, perseguendo i colpevoli per vie legali. «È un passo necessario per combattere l'impunità e difendere i diritti dei cristiani in Pakistan», dice Rizwan Paul, presidente di Life for All. L'Ong sta anche cercando una nuova casa per i genitori di Lubna, garantendo loro protezione e assistenza.
Nell’altro caso, non recente ma emerso in questi giorni, la 13enne cattolica Kiran Nayyaz, domestica presso un latifondista locale, è stata stuprata da un giovane impiegato come autista nella stessa casa. L’episodio è avvenuto lo scorso aprile nel villaggio di Chak Jhumra, a 35 chilometri da Faisalabad, ma è stato tenuto nascosto per paura e per vergogna. Grazie all’intervento della Commissione Giustizia e Pace e alla Commissione per le Donne della diocesi di Faisalabad, il 2 ottobre la famiglia di Kiran, rimasta incinta a causa degli abusi sessuali ripetuti per settimane, ha denunciato formalmente lo stupratore.
«La Chiesa cattolica locale ha assunto le difese della famiglia e ha denunciato il caso alla polizia che attualmente sta svolgendo indagini», ha raccontato padre Khalid Rashid Asi, vicario generale della diocesi di Faisalabad: «La famiglia è traumatizzata e tutta la comunità cattolica teme ritorsioni, ma casi di violenza come questo non sono purtroppo infrequenti». In questa circostanza, poi, allo sgomento per quanto successo e per l’inettitudine della polizia si aggiunge, come sottolinea padre Asi, «il dramma di un’adolescente che darà alla luce un bimbo, frutto della violenza».
Storie come queste, come pure le vicende dolorose di Shazia Bashir, Sumera Pervaiz e Magdalene Ashraf che si sono succedute dall’inizio dell’anno, sono purtroppo la classica punta dell’iceberg.
Secondo il Centro per l’aiuto all’assistenza legale e alla conciliazione (Claas), in Pakistan le violenze sessuali ai danni delle ragazze cristiane e indù sono in crescita. Claas, in prima linea nel fornire un sostegno alle vittime e alle loro famiglie, ricorda altri casi impuniti: quello della cristiana 16enne che lo scorso luglio è stata sequestrata e violentata da tre musulmani a Farooqabad e quello di una 12ennne stuprata da un gruppo di studenti di fede islamica a Gujar Khan, nel distretto di Rawalpindi. A questo si aggiungono gli abusi sovente nascosti sulle giovani cristiane impiegate presso ricche famiglie musulmane e i rapimenti, collegati perlopiù a conversioni o matrimoni forzati. In questi giorni una famiglia cristiana nei pressi di Lahore, capoluogo della provincia del Punjab, non si dà pace per la scomparsa di Samina Ayub, impiegata presso la casa di un ricco musulmano, mentre nella cittadina di Lyari, alla 13enne Poonam, di fede indù, individuata in una moschea dopo essere stata rapita da ignoti una settimana fa,viene impedito il rientro a casa. (Fonte: http://www.avvenire.it , 14/10) Leggi tutto ...

mercoledì 10 novembre 2010

DA UN'AMICA EGIZIANA E MUSULMANA MODERNA

Troppo bella questa foto, Fatma!


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lunedì 8 novembre 2010

mercoledì 3 novembre 2010

DONNE TURCHE

LA CARICA DELLE NEO - OTTOMANE

Gulner Sabanci, per Fortune quinta donna più potente del mondo, dal 2004 a capo di una holding famigliare di settanta società che vanno dalle banche alle auto, dagli pneumatici al cemento, dal tessile all’energia:

58 mila dipendenti.

Zeyrep Fadillioglu,architetta, è oggi nota soprattutto per essere la prima donna a progettare una moschea, la Sakirin a Uskudar, nella parte asiatica di Istanbul.

Songul Oden, attrice, protagonista della soap opera Gumus, che spopola nei Paesi musulmani. Interpreta il ruolo di una donna religiosa ma indipendente, è diventata modello di un islam moderno e moderato.

Ipek Calistar, scrittrice, diventata un’icona con la sua biografia della moglie di Ataturk. Femminista dichiarata e sostenitrice delle quote rosa in Parlamento.

Lale Mansur, era la prima ballerina dell’Opera di Istanbul, poi è diventata attrice di successo, impegnata nei diritti d’espressione insieme a Orhan Pamuk. «Il velo non è la sharia» dice «ci sono molte donne velate più femministe di me. Si organizzano, chiedono diritti e migliori condizioni sociali».

Burcu Esmersoy, popolare giornalista sportiva

TURCHIA NELL' UE: IL PUNTO DI VISTA DI ELIF SHAFAK, AUTRICE DE "LA BASTARDA DI ISTANBUL".

"IL NOSTRO ISLAM PUO' CONVIVERE CON LE DEMOCRAZIE EUROPEE"

http://archiviostorico.corriere.it/2010/settembre/13/nostro_Islam_puo_convivere_con_co_9_100913044.shtml

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martedì 2 novembre 2010

SAKINEH SARA' GIUSTIZIATA DOMANI. TEHERAN HA DATO L'AUTORIZZAZIONE


Il Comitato Internazionale contro la Lapidazione ha fatto sapere che Sakineh Mohammadi Ashtiani, 43 anni, sarà giustiziata domani. A quanto pare le autorità di Teheran hanno dato l'autorizzazione e la condanna a morte dovrebbe essere eseguita nella prigione di Tabriz, dove la donna sconta la condanna.

Intanto rimangono in carcere, fino ad esecuzione avvenuta, Sajjad, il figlio di Sakineh, il suo avvocato, due giornalisti tedeschi che li intervistavano e l'avvocato di questi ultimi.(Fonte: http://www.notizie.tiscali.it/ ) Leggi tutto ...

venerdì 29 ottobre 2010

PRIMO CORSO PER MUFTI' DONNA A DUBAI

Diventeranno guide religiose nella città araba e potranno emanare delle "fatwa" (risposte religiose) come gli uomini.

LE DONNE POTRANNO EMANARE "FATWA" COME GLI UOMINI. Il vice direttore della direzione degli Affari islamici di Dubai, Omar al-Khatib, spiega che "il corso partirà a breve e intendiamo in questo modo preparare cittadine emiratine a poter emanare delle fatwa e a dare giudizi su questioni religiose. Per farlo abbiamo deciso di far venire un'esperta egiziana di diritto islamico (però da Al-Azhar, ndr). La scelta è ancora in corso e verrà effettuata studiando i curriculum di una serie di esperte che sono in grado di formare altre donne emiratine in questo campo".

GUIDE RELIGIOSE. Il corso si incentrerà in particolare sullo studio dei commentari del Corano e dei libri di sharia. La sua durata sarà biennale e sarà in grado di fornire alle donne emiratine che lo vorranno tutti gli strumenti per poter insegnare e guidare le fedeli che vivono nella città su ogni aspetto della religione islamica. Il fatto che ci siano donne tra i futuri mufti del paese non ha destato polemiche negli Emirati Arabi Uniti. Secondo Ahmad Abdelaziz, che dirige il settore delle fatwa nell'amministrazione religiosa cittadina, "noi siamo stati i primi a dire che le donne potevano emanare delle fatwa come gli uomini. La fatwa non è altro che la risposta a una domanda su una questione che riguarda il diritto islamico. Chi risponde deve quindi sapere e questo non trova differenze tra donne e uomini". (Fonte: http://www.tg1.rai.it/ )

Mentre in Italia tiene banco un nuovo scandalo, BERLUSCONI E "RUBY", MINORENNE MAROCCHINA: http://www.newnotizie.it/2010/10/27/berlusconi-e-la-minorenne-marocchina-si-ipotizza-ricatto/ . Leggi tutto ...

PADOVA, VELO E VIOLENZA SULLE DONNE + IMAM ANTI - VELO INTEGRALE

PADOVA, VELO PER COPRIRE LE PERCOSSE: MOGLIE LO DENUNCIA: ARRESTATO TUNISINO

http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo492312.shtml

L'IMAM DI PADOVA: "IL BURQA? UN OSTACOLO ALL'INTEGRAZIONE"

http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.ilgiornale.it%2Fa.pic1%3FID%3D386182&h=669dc
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GAZA E GIORDANIA

ALL' UNIVERSITA' DI GAZA IL VELO PER LE RAGAZZE DIVENTA OBBLIGATORIO
http://falafelcafe.wordpress.com/2010/09/15/alluniversita-di-gaza-il-velo-per-le-ragazze-diventa-obbligatorio/

Studentesse e alcuni docenti hanno protestato, ma Hamas li ha fatti arrestare... .

GIORDANIA, VIOLENTATA VIENE POI UCCISA DA SUO ZIO PER "LAVARE L'ONORE".

La povera ragazza aveva messo al mondo un bambino in seguito ad uno stupro


http://www.unaviaxoriana.it/cgi-bin/uvpo/index.cgi?action=viewnews&id=4677

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martedì 26 ottobre 2010

DONNE PALESTINESI

GAZA. LINA PRIMA CAMIONISTA DONNA

http://www.vip.it/gaza-lina-ibrahim-camionista-donna/

La sua intervista (in arabo) : http://www.youtube.com/watch?v=N0VbZM_LFSQ

C'è solo da augurarsi che non guidi in niqab!!!!

VIDEO-CHOC: IL BALLO DEL SOLDATO ISRAELIANO CHE UMILIA LA PRIGIONIERA PALESTINESE.

NB. IL VIDEO E' STATO RILANCIATO DA UNA TV ISRAELIANA E L'ANP E' SALITA IN CATTEDRA IN DIFESA DEI DIRITTI DELLE DONNE.

http://www.corriere.it/esteri/10_ottobre_05/ballo-soldato-israeliano_730750ea-d07f-11df-9b01-00144f02aabc.shtml Leggi tutto ...

venerdì 22 ottobre 2010

LA PRINCIPESSA PALADINA DELL'ARTE. "OGGETTI SIMBOLO DI CONVIVENZA"


IL PERSONAGGIO. SHEIKHA HUSSAH, SEI FIGLI E UNA PASSIONE NATA CON UNA BOTTIGLIA MAMELUCCA.

«Molti erano a casa nostra a rischio bambini: un dovere renderli pubblici» L' abito integralista «Condivido il no dell' Occidente al velo integrale: dobbiamo creare un ponte tra culture, quella invece è una barriera».


Si definisce una «donna normale», come tante altre. «Liceo e università pubblici, un marito, sei figli che accompagnavo ogni giorno a scuola, e per questo non ho potuto continuare gli studi a Oxford. Ora, a 60 anni, ho anche sei nipoti». Hussah Sabah Al Salem Al Sabah non è però quello che molti definirebbero «normale». Figlia dell' 11° emiro del Kuwait, moglie del primogenito dell' attuale sovrano, nonostante il biglietto da visita non lo dica è una «sheikha», titolo che spetta alla famiglia reale ed equivale a principessa. E già negli anni in cui i bambini erano piccoli ha iniziato a creare con il marito quella che oggi è una delle collezioni di arte islamica più importanti del mondo: 30 mila pezzi dal tempo di Maometto al 19° secolo, provenienti da tutte le regioni della civiltà islamica. «È cominciato tutto nel 1975 con l' acquisto del primo oggetto, una bottiglia d' era mamelucca. Poi abbiamo continuato investendo i profitti del business di mio marito, entrambi affascinati non solo dalla bellezza di quei pezzi ma dalla conoscenza che il loro studio ci dava». Una passione privata all' inizio, dice Sheikha Hussah, arrivata a Milano per l' inaugurazione della mostra a Palazzo Reale (fino al 30 gennaio 2011, ndr). «Gli oggetti erano in casa: sulle librerie, sui tavoli, ovunque. Ma i bambini ne hanno rovinati alcuni, abbiamo pensato che non avevamo il diritto di disporne come cose "nostre", appartenevano al mondo». E così, nel 1983 Sheikha Hussah e Sheikh Nasser accettarono la richiesta del governo di esporre la loro collezione al Museo Nazionale. Lei vi si dedica ormai a tempo pieno. Solo durante la drammatica invasione irachena nel 1990, esule a Damasco, assunse la guida del Centro di informazioni kuwaitiano. Poi, recuperata la collezione portata a Bagdad («mancano solo una cinquantina d' oggetti, tra cui tre smeraldi eccezionali che spero non siano stati tagliati per venderli»), è tornata al lavoro come direttore dell' Istituto d' arte islamica del Kuwait. Organizza mostre con parti della collezione in tutto il mondo, tiene conferenze, studia, cataloga, cura mille progetti tra cui il restauro di edifici antichi in vari Paesi. Convinta che far conoscere l' arte «è soprattutto comunicare. Questa mostra a Milano sfata alcuni miti come il divieto assoluto nell' Islam di raffigurare persone o animali, o lo scarso valore scientifico e spirituale della nostra arte. Ci sono vestiti, oggetti comuni come i cucchiai. Opere di artisti musulmani per cristiani e indù, o di ebrei e cristiani commissionati da musulmani. Mostrano quanto ancor prima della globalizzazione la storia delle nostre civiltà fosse condivisa». Sheikha Hussah insiste sulla conoscenza e la comunicazione come «ponti» tra culture e Paesi. «È anche per questo che condivido la sollevazione dell' Occidente contro il velo integrale: non solo come misura di sicurezza ma perché è una barriera, taglia ogni comunicazione a differenza del hijab, che è questione privata». E si dice felicissima che altri Paesi del Golfo stiano dando all' arte importanza: «La prima mostra di arte saudita a Parigi quest' estate è un segno importante, il Paese si sta aprendo. Lo stesso vale per il Louvre di Abu Dhabi». Come il Kuwait, più avanzato di altri con le sue 5 donne in parlamento e nuove leggi già votate o in arrivo sui diritti umani, la regione sta attraversando una «metamorfosi». Che l' Occidente può forse meglio capire, sostiene Sheikha Hussah, grazie anche all' arte. (Fonte: http://www.corriere.it/ , 20/10)

Delle 1.200 opere d' arte islamica del Museo Nazionale del Kuwait se ne salvarono solo 107, in quel momento in tour all' estero. Le altre furono saccheggiate dagli iracheni o distrutte nella prima Guerra del Golfo.
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domenica 17 ottobre 2010

ECCO IL NASO NUOVO DI AISHA, SFIGURATA DAL MARITO TALEBANO


Non è ancora il nuovo naso vero, è una semplice protesi, ma il sorriso smagliante ed entusiasta di Bibi Aisha, 19 anni, racconta dell'inizio di una nuova vita.

Bibi Aisha, 19 anni, è la giovane afghana sfigurata dal marito talebano che le ha mozzato naso ed orecchie: eccola con il naso nuovo di fronte alle telecamere della Abc. A Los Angeles, Aisha ha ricevuto l'Enduring Heart Award, il premio che la fondazione Grossman Burn, quella che finanzia l'operazione al naso, consegna alle donne coraggiose vittime della barbarie umana.
La ragazza era stata promessa in matrimonio a un talebano all'età di 12 anni e consegnata alla famiglia del promesso sposo, dove ha subito abusi di tutti i tipi oltre ad essere stata obbligata a dormire in una stalla con gli animali. (http://www.unionesarda.it/ , 13/10)
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sabato 16 ottobre 2010

SARAH, TERESA E MARICICA


Teresa Buonocore, uccisa a Napoli meno di un mese fa per aver
denunciato le molestie sessuali subite dalla figlia di 8 anni e di una sua amichetta

Maricica Hahaianu, infermiera rumena appena morta a seguito di un pugno sferratole da un giovane italiano, dopo un violento litigio, alla stazione della metropolitana dell'Anagnina di Roma. Oggi avrebbe compiuto 32 anni. Lascia il marito e un figlio di 3 anni.
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martedì 12 ottobre 2010

"VOGLIO LA MAMMA, DOV'E?". NOVI, LA PACHISTANA SI SVEGLIA DAL COMA


Nosheen Butt si è risvegliata. La giovane pachistana ferita a sprangate dal fratello a Novi, nel modenese, per aver rifiutato un matrimonio combinato, dopo quattro giorni è uscita dal coma. Le sue prime parole: “Voglio la mamma. Dov’è la mamma?”. I medici dell’ospedale di Baggiovara non se la sono sentita di dirle la verità. Di raccontarle che mentre lei veniva ricoverata d’urgenza, nel giardino di casa, la madre moriva sotto i colpi del marito, Ahmad Khan.
Nosheen non lo sa ancora, pensa che sia viva, in un ospedale poco distante. E continua a chiedere di lei: “Fatemela vedere. Voglio parlare solo con lei”. Nessuna domanda invece sul padre e sul fratello. Due uomini coalizzati, disposti a tutto per portare avanti il loro disegno. Disposti ad ammazzare chi si opponeva al ruolo di padre - padrone, uniti nella volontà di riaffermare la supremazia dell’uomo sulla donna, a qualunque costo.
E intanto mentre Nosheen Butt in ospedale apre gli occhi le indagini proseguono e consentono di ricostruire la dinamica dell’aggressione e la situazione familiare. Il fratello di Nosheen poco prima di impugnare la spranga aveva detto alla sorella: “Ti devo uccidere”.
Begum Shahnaz non ne poteva più del marito, voleva andarsene da quella casa, per liberarsi dalle percosse e dall’ossessionante gelosia. A complicare i rapporti, l’imposizione dell’uomo di concedere sua figlia Nosheen in sposa al cugino. Un matrimonio combinato che le due donne di casa Butt non hanno mai voluto accettare.
Ahmad Khan, domenica pomeriggio non ci ha più visto : ha gettato la moglie a terra e l’ha colpita con una pietra. Sei volte. Una violenza che ha contagiato Humair, scatenandolo sulla sorella. Non un piano calcolato quello di padre e figlio, ma un’aggressione impetuosa, una forza prevaricatrice, intollerante alle ribellioni. Shahnaz è morta un’ora dopo in ospedale. Nosheen, invece, si è salvata. Adesso è fuori pericolo. Con l’aiuto degli psicologi presto scoprirà tutta la verità su sua madre. Una donna che ha dato la vita per lei, perché a 20 anni possa ancora cercare il riscatto. (Fonte: http://www.ricerca.geolocal.it/gazzettadimantova , 11/10)

E "conosciamo" altri due uomini della famiglia Butt, che sembrano distanti anni luce l'uno dall'altro:

Il cugino "Proteggete Nosheen e la sorellina":

http://gazzettadimodena.gelocal.it/cronaca/2010/10/11/news/il-cugino-proteggete-nosheen-e-la-sorellina-2505629 . Ha denunciato un altro caso di violenza, che sarebbe avvevuto in Pakistan circa 8 anni fa, per mano sempre di Ahmad Khan: avrebbe legato e torturato sua cognata rendendola invalida. Dalla "famija" in Pakistan, dice, gli ordini di ammazzare Nosheen e Begum Shahanaz.

Rischia ora di aggravarsi la posizione dello zio:

http://gazzettadimodena.gelocal.it/cronaca/2010/10/09/news/rischia-ora-di-aggravarsi-la-posizione-dello-zio-2497585 . Per lui, ciò che il cognato e suo nipote stavano facendo a Nosheen e a sua madre (sorella dell'uomo), erano "affari di famija" .
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