mercoledì 28 aprile 2010

"PICCHIARE LE DONNE E' UN DIRITTO". FRASE CHOC DEL LEADER ISLAMICO SCUOTE LA SVIZZERA


Zurigo, 24 apr. (Adnkronos) - Invitato a un dibattito politico alla tv svizzera DRS, il presidente del Consiglio centrale islamico Nicolas Blancho (foto), ha sostenuto che "picchiare una donna fa parte dei diritti dell'uomo", suscitando un vespaio di polemiche riportate oggi dai media elvetici.
La frase di Blancho, in particolare, ha fatto sbiancare in viso l'altro ospite presente in studio, il consigliere nazionale Oskar Freysinger. E un altro consigliere seduto tra il pubblico, Gerhard Pfister, ha invitato Blancho a scusarsi pubblicamente e a prendere le distanze da quanto dichiarato poco prima, in quanto in contrasto con i valori del diritto svizzero. "Prenda le distanze dalla lapidazione e dalla circoncisione degli organi sessuali delle donne, e da altre cose simili" urlavano i due politici contro il presidente del Consiglio centrale islamico svizzero.
Blancho, riportano i media locali, e' stato zitto per un po', era visibilmente in imbarazzo e se n'e' uscito con la frase "Picchiare le donne fa parte della liberta' religiosa". "Non devo fornire nessuna giustificazione - ha detto - perche' non ho commesso nessun reato. Ognuno e' libero di credere a quello che vuole, purche' si rispetti la legge".
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martedì 27 aprile 2010

SENEGAL, TAXI GIALLO-ROSA

«Cercasi dieci candidate dai 25 ai 40 anni per lanciare un nuovo sistema di taxi al femminile». Con questo sorprendente annuncio, due anni fa, il ministero della Famiglia del Senegal lanciava un progetto di promozione dell’imprenditorialità femminile alquanto originale. E, stando al tasso di risposta, molto ben accolto dalle donne senegalesi. Ben mille, infatti, hanno presentato la propria candidatura. Oggi non è difficile avvistare nel traffico congestionato di Dakar i minitaxi gialli con la scritta «Taxi Sister». «Far condurre i taxi a delle donne è stata una sfida enorme in un Paese musulmano», sottolinea Awa Paye Gueye, responsabile del Fondo nazionale di promozione dell’imprenditoria femminile, che ha anticipato i soldi per l’acquisto delle piccole Chery cinesi. La concorrenza e forse il sospetto dei colleghi uomini non sono ancora del tutto superati. Anche perché - accusano - le Taxi Sister si sono tutte sistemate davanti agli hotel di lusso. Ad ogni modo, c’è già chi sta pensando di esportare il progetto in altre parti del Paese. E persino in Mali e Costa d’Avorio. Insomma, anche se il pregiudizio nei confronti delle donne al volante è duro a morire, qualche passo avanti lo si sta facendo. Persino in Africa! (Fonte: http://www.missioneonline.org , 1/2)
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I TALEBANI INTOSSICANO 80 BAMBINE COL GAS IN UNA SCUOLA


Gas velenoso nelle aule scolastiche delle scuole femminili per impedire alle bambine afghane di studiare. E' successo nella provincia di Kunduz, nel nord dell'Afghanistan, dove circa ottanta bambine sono rimaste intossicate dal gas che si è sprigionato in seguito a un attacco dei talebani. "Ero in classe quando ho sentito l'odore come di un fiore", ha raccontato Sumaila, 12 anni. "Ho visto le compagne e il professore svenire e quando o riaperto gli occhi ero in ospedale". (Fonte: http://www.esteri.liquida.it/ , 26/4) Leggi tutto ...

lunedì 26 aprile 2010

UNA LETTERA DI SOFFERENZA DI BAHAREH MAGHAMI, VITTIMA DI STUPRO IN PRIGIONE

Il mio nome è Bahar (il significato di Bahar è primavera in persiano). E 'primavera e ti scrivo di fiori, ma con petali di fiori sparsi. Vi scrivo dei germogli verdi, ma i germogli schiacciati che sono stati calpestati dall’odio, un odio da traditori verso la bellezza e coloro che cercano giustizia. Vi scrivo di coloro che non sono veri uomini. Il mio nome è Bahareh Maghami e ho 28 anni. Non c'è più nulla che resti di me, quindi non ho più motivo di nascondere la mia identità. Ho perso tutte le persone importanti per me. Ho perso parenti, amici, vicini, compagni, colleghi. Ho perso tutto. Coloro che pretendono di essere uomini mi hanno rubato tutto ingiustamente. Hanno rubato la mia vita. Ora che ho lasciato il paese, voglio condividere il mio dolore con qualcuno, anche se solo una volta. Vorrei chiedere agli altri amici che hanno avuto un simile doloroso destino di scrivere anche su di esso. Essi devono scrivere quello che è successo a loro. Anche se temono la loro vita o la perdita della loro dignità, allora dovrebbero utilizzare pseudonimi. Devono scrivere in modo che la storia sia a conoscenza di quello che è successo alla nostra generazione, l’addolorata generazione. Devono scrivere in modo che la prossima generazione che vivrà in un Iran libero comprenda il prezzo pagato per la loro libertà, in modo che sia a conoscenza di quante vite sono state distrutte e quante speranze sono svanite. Devono sapere di schiene schiena rotte e ginocchia piegate. Quando mio padre lo scoprì, la sua schiena si ruppe e lui fu frantumato in pezzi. Mia madre è arrivata a un centinaio di anni un giorno all'altro. Io ancora non sono stata in grado di guardare negli occhi mio fratello e lui non mi guarda neanche. Lui non vuole che io soffra più di quanto ho già fatto. Quando l'ha scoperto è stato come se avessero portato via la sua virilità. Quando ha scoperto che ci sono persone che fingono di essere uomini, ha cominciato ad odiare la propria virilità. Per gli uomini [falsi], la dignità, la nobiltà e la castità non hanno alcun significato. Ero un’insegnante di prima elementare. Insegnavo ai bambini del nostro paese come leggere e scrivere. Stavo insegnando loro [come si scrive] "Papà portato l'acqua", "L’uomo viene", "L'uomo porta il pane." Per me l'immagine di un uomo era il gentile capofamiglia. Io aspettavo che arrivasse. E ora che l'immagine è cambiata. Lui è arrabbiato e accecato dal suo desiderio. Io non riesco a liberarmi del suo odore di sudore infetto. Ho sempre paura che lui torni. Salto giù dal letto nel cuore della notte, temendo le sue orme. Tutto il mio corpo trema con il più piccolo suono e il mio cuore inizia a battere più veloce perché temo il suo arrivo. Io sono sempre pronta a fuggire. Lascio le luci accese durante la notte e passo le giornate con lacrime e dolore. La nostra casa era a Kargar Shomali Street. Ero alla moschea Ghoba con mio fratello, quando sono stato arrestata. Mi hanno picchiata, mi hanno portato via e poi mi hanno distrutta. Come il nostro antico poeta Hafez ha detto: "Hanno fatto quello che ha fatto i mongoli!" [Riferendosi all'invasione mongola dell'Iran] Alcuni avevano le braccia rotte, alcuni avevano le gambe rotte, e alcuni avevano schiena rotta. Ad altri come me si sono rotti gli spiriti, come se tutta l'umanità fosse stata strappata da me. Ero abituata ad essere la Primavera, e ora sono morta. Sono un grano di papavero schiacciato. Vorrei chiedere a coloro che leggono questa lettera e che conoscono qualcuno che è una vittima di stupro di mostrare maggiore gentilezza e simpatia verso di loro. Il problema è che nella nostra cultura, lo stupro non è solo un colpo ad una persona, è un duro colpo per tutta la famiglia. Una vittima di stupro non è mai guarita con il passare del tempo. Con ogni sguardo dato da un padre, le ferite si aprono di nuovo. Il suo cuore si spezza di nuovo con ogni goccia di lacrime di sua madre. Parenti, amici, vicini e chiunque altro taglia i rapporti con loro. La mia famiglia è stata costretta a vendere la nostra casa molto al di sotto dei prezzi di mercato e passare a Karaj (un sobborgo di Teheran), ma non è durata neanche lì. Gli agenti hanno trovato il nostro nuovo indirizzo in modo rapido e ci hanno controllati. Si sono fermati in un angolo della nostra strada e hanno fatto un sorrisetto a mio padre ogni volta che passava di lì. Abbiamo lasciato tutto alle spalle e siamo immigrati [in Germania]. Alla loro età, i miei genitori sono diventati rifugiati in un campo. Posso facilmente dire che le ferite culturali sono stati molto più difficili da trattare rispetto a quelle fisiche. Molte persone sorridono quando sentono parlare di stupro. Giuro che non c'è nulla di divertente nello stupro. Si tratta della sofferenza di una famiglia semplice. Si tratta di una giovane ragazza o ragazzo che perde la sua dignità. Rompere la dignità dell'amore non è divertente. Quelli che mi ha violentata hanno riso. Erano in tre. Tutti e tre erano sporchi e ciascuno di loro aveva la barba. Avevano un linguaggio terribile e bocche oscene. Le loro parole erano dirette alla maledizione di tutta la mia famiglia. Anche se hanno visto ero vergine, mi hanno accusato di essere una puttana e mi ha costretto a firmare una dichiarazione di essere una prostituta. Non mi vergogno più a dirlo. Non solo non mi vergogno, sono anche orgoglioso di dirlo: mi hanno chiamato puttana. Hanno detto: "Firma questa, puttana!" Ho detto loro che ero un insegnante e non avrei firmato. Hanno detto che avevano tre testimoni che mi avevano visto dormire con tre persone una notte. Ho detto loro che avevano 30 testimoni che possono confermare che io ero un’ insegnante, e che se mi succede qualcosa [in] carcere, sarebbe stata colpa loro. Hanno riso e detto: "Beh, non è così male per te. Il tuo stipendio oggi è cresciuto! "La privacy e la dignità delle persone è senza valore per loro. Parole come modestia e castità sono vuoti per loro. Essi non hanno mai visto queste virtù. Tutte le donne sono puttane per loro. Ma non solo le donne. Hanno fatto lo stesso per gli uomini. Non erano esseri umani. Hanno sofferto di auto-subordinazione. Si sono trasformati in animali perversi che non sapeva nulla, se non come distruggere la bellezza. A volte vedo persone maledire le madri e le sorelle di queste persone [i violentatori]. Mi dispiace per coloro che devono convivere con questi animali rabbiosi per tutta la vita. I miei denti davanti sono rotti e la mia spalla esposta; la mia femminilità è stata distrutta. So che non sarò mai in grado di amare un uomo o di avvicinarmi a lui e fidarmi di lui. Mi rendo conto che la mia terra ha tanti uomini coraggiosi che hanno anche sofferto, ma per me, i veri uomini e gli uomini falsi sono gli stessi. La mia vita come donna ha raggiunto la fine e ricordo uno zombie, ma continuo a scrivere. Scrivo per riconquistare la mia sopravvivenza. Ho scritto che ero una maestra che si è trasformata in una prostituta, e che è una scrittrice adesso. Ho scritto che ero Primavera, e anche se mi sono trasformata in Autunno, ora sono più bella. Sono una puttana bellissima che si è trasformata nell’emarginata del quartiere. Mi sono trasformata in un’insegnante, senza una classe. Sono diventata il oggetto di scherno, che è stato condannato alla solitudine e immersa nelle ingiustizie degli oppressori. Per la Repubblica Islamica, io sono la donna con un braccio rotto e il volto insanguinato. Sono orgogliosa di essere una puttana per la libertà. So che non sono sola. Con il mio corpo senza vita che giaceva sul pavimento della mia cella, ho spesso sentito le loro voci nelle celle vicine che mostravano loro fottuta virilità. Chiedo a tutte le persone che hanno sofferto come me di scrivere. Hanno bisogno di esprimere la loro sofferenza in ogni modo possibile perché questi sono gli stessi dolori che Sadegh Hedayat (scrittore contemporaneo) ha definito "dolori che masticano l'anima di una persona." Lasciate che tutto venga fuori. Fate sapere a tutti. Dovete capire che non siete soli. Ci sono molti come me e voi. Noi tutti condividiamo questo dolore. Questa lettera di sofferenza dovrebbe essere molto più lunga, ma vorrei concludere con unico ultimo messaggio a Khamenei [la Guida Suprema dell'Iran]: Ti consideri il padre di questa nazione. Ero una figlia di Iran. I tuoi figli mi hanno violentata. Chi pagherà per la perdita della mia dignità?

Bahareh Maghami, Aprile 2010, Germania.

(Fonte: ADDI, Associazione Donne Democratiche Iraniane in Italia)


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martedì 20 aprile 2010

QUELLE MEMORIE CON IL VELO. LE DONNE IRANIANE SI RACCONTANO


Due mostre celebrano le donne artiste dell'Iran. "Memorie Velate" a Ferrara e "Iranian Glances" a Casoria. Tra videoarte, fotografie, installazioni e performance, sfila la condizione della donna nella cultura islamica raccontata da artiste esuli.

Cittadine di "seconda classe", ripiegate a forza sui gradini più bassi della scala sociale, in balia di un'atavica cultura discriminante e spasmi di rinnovamento, in un delicato equilibrio tra smania di modernità e composta affezione ad un'identità religiosa. Le donne iraniane diventano l'orizzonte di riflessione di altrettante donne artiste dell'Iran, dal passato difficile consumato tra la rivoluzione islamica del 1979 e la guerra Iran-Iraq (1980-'88), e con un presente di scelte radicali, tra chi ha deciso di rimanere nel paese d'origine e chi ha scelto la via dell'esilio, una nuova vita "condannata" dal nomadismo geografico. Le raccontano due mostre, "Memorie velate. Arte contemporanea dall'Iran" che dal 18 aprile al 13 giugno si apre al Padiglione d'Arte contemporanea di Ferrara, nell'ambito della XIV Biennale Donna, e "CamMovie/Glances" dal 17 aprile al 30 maggio al Contemporary Art Museum di Casoria (in provincia di Napoli).
Entrambe appaiono come l'occasione di un viaggio della memoria nell'universo femminile di un paese difficile, dove la creatività sposa il linguaggio forte della provocazione, della denuncia, della speranza, della passione, ma anche di un accorata nostalgia verso le bellezze sane del mondo islamico. Protagoniste a Ferrara, sotto la cura di Silvia Cirelli, sono le memorie sei artiste contemporanee iraniane già affermate a livello internazionale. La giovane Shirin Fakhim che porta per la prima volta in Italia sculture a grandezza naturale che un coraggio senza remore indaga il fenomeno del grande aumento di prostitute a Teheran, frutto, come indica la curatrice, del ripudio, degli abusi domestici o della vedovanza subiti da donne che perdono la propria dignità come previsto da regole religioso-sociali.
Ghazel propone in esclusiva italiana la complessa video-installazione che vuole restituire al pubblico un intimo diario quotidiano di stampo autobiografico dove sfilano gesti, atteggiamenti e capitoli di vita di una donna dalla multipla identità. Prendendo spunto dai fatti di cronaca in cui i manichini femminili nelle vetrine dei negozi di Teheran diventano oggetto di accese tanto da mutilarne le forme femminili, la giovane giornalista Firouzeh Khosrovani racconta in un documentario la concezione del corpo femminile dalla Rivoluzione Islamica fino ad oggi. Splendide le fotografie di Shadi Ghadirian sulla femminilità trasfigurata da chador floreali che al posto del volto mostrano utensili da cucina. Mandana Moghaddam colpisce con le sue creature di cemento, capelli veri e specchi. Chiude, Parastou Forouhar, con i suoi inni concettuali e brutali alla lotta per i diritti delle donne. Un'arte dolorante e impietosa che nasce dalla sua personale storia, quando i genitori furono uccisi perché oppositori politici in Iran. Di natura tutta video-concettuale la rassegna del Cam, che indaga da vicino il linguaggio visivo e multimediale dell'arte contemporanea iraniana. Nella prima edizione di "CamMovie", manifestazione-contenitore annuale articolata in quattro sezioni (Glances, Censured, Magmart, Video Loop), spicca proprio il focus sulla video arte persiana a cura di Antonio Manfredi che propone ventidue opere, alcune già viste a grandi expo occidentali, come Documenta 11, altre realizzate da artisti dissidenti costretti a fuggire in Europa. Iranian glances, gli sguardi iraniani diventano metafore al vetriolo, messaggi caustici rivestiti di poesia e visionarietà che insinuano una personale protesta contro il potere oppressivo del governo. La riflessione sulla società iraniana non può che essere il fil rouge, a partire dalla condizione subalterna della donna. Protagonista d'eccezione, Rokhshad Nourdeh, artista iraniana che vive a Parigi. Durante la mattinata del 17 aprile, l'artista camminerà per le strade di Napoli distribuendo volantini con testi da lei prodotti, portando successivamente sul Vesuvio una bandiera colorata, simbolo dell'unità. Il camminare di Rokhshad Nourdeh è come riproporre in un altro luogo l'incedere della fiumana di persone che ha popolato le strade dell'Iran negli ultimi mesi. Tra le particolarità in mostra, spicca l'installazione dedicata a Neda Agha Soltan, una delle ragazze uccise durante gli scontri a Teheran contro il governo iraniano, la cui immagine ha fatto il giro del mondo divenendo simbolo dell'onda verde persiana. Faranno da cornice ironica le sagaci vignette di Simona Bassano di Tufillo che rivelano le difficoltà delle donne che indossano il burqua. Nella sezione "censured" il Cam regala i film vietati in Iran di Jafar Panahi, regista arrestato il primo marzo 2010 per la sua attività di opposizione al regime iraniano. (Fonte: http://www.repubblica.it/ , 16/4)

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MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI

Un video drammaticamente interessante:


http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/157726/trincia-infibulazione.html Leggi tutto ...

domenica 18 aprile 2010

VENEZIA. MUSULMANO CON DUE MOGLI: LA SECONDA E' GELOSA E LUI LA MASSACRA

Arrestato per lesioni aggravate, La donna, di 26 anni, presaa calci e pugni da marito dopo una lite: prognosi di 45 giorni.

VENEZIA (17 aprile) - Ha massacrato di botte la giovane moglie. Calci e pugni di una violenza inaudita. Ora la donna è ricoverata all’ospedale di Mirano: ha numerose contusioni su tutto il corpo. Ne avrà per almeno quarantacinque giorni, ammesso che non vi siano complicazioni. A salvare la donna da un epilogo che poteva essere ancor più tragico l’intervento dei carabinieri chiamati dai vicini che hanno sentito le sue urla strazianti. Quando i militari sono intervenuti la donna era una maschera di sangue. Sul posto è giunta un’ambulanza che l’ha trasportata d’urgenza all’ospedale di Mirano. Mentre l’uomo è stato arrestato per lesioni aggravate.La seconda moglie gelosa della prima. La violenta lite tra marito e moglie è successa ieri notte a Santa Maria di Sala. Lui senegalese di 42 anni, con un regolare permesso di soggiorno. La moglie, pure lei senegalese, di anni ne ha 26. Sono entrambi musulmani e la ventiseienne sarebbe la seconda moglie. Come la loro religione prevede l’uomo avrebbe infatti due mogli. E pare che sia stata un scenata di gelosia della giovane donna nei confronti della prima moglie a scaturire la lite. Prima solo parole e insulti. Poi spinte e botte, tante botte. Quando le forze dell’ordine sono giunte nell’abitazione della frazione di Santa Maria di Sala la donna era ricoperta di sangue e piangeva per il dolore e la paura. Immediato il trasporto in ospedale. La donna non guarirà prima di 45 giorni, sperando che non sopraggiungano complicazioni. L’uomo, che è regolare sul nostro territorio e lavora in un noto albergo di Venezia, è stato arrestato. Ha qualche precedente con le forze dell’ordine per reati contro il patrimonio. Ora, dopo il pestaggio alla moglie, è stato arrestato e dovrà rispondere di lesioni aggravate. (Fonte: http://www.ilgazzettino.it )

E a proposito "Poligami d'Italia", su "Repubblica" del il 27 novembre: http://www.tuttostranieri.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=18302 .
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ALGERIA, LA BATTAGLIA DEL TRANS RANDA: OGNI GIORNO UNA MINACCIA DI MORTE

Pioniera dei diritti di omosessuali e transessuali in terra islamica, la 38enne è stata costretta a fuggire in Libano.

MILANO - Randa Lamri riceveva quasi giornalmente telefonate e lettere di minaccia nella sua casa ad Algeri. «Ti uccideremo», diceva uno dei messaggi. Transessuale, pioniera del movimento per i diritti dei gay e dei transessuali in Algeria, la 38enne Randa è fuggita in Libano lo scorso aprile. Non sa con certezza chi l'abbia presa di mira: pensa che possa trattarsi degli islamisti ma teme anche un coinvolgimento a livello statale.
MINACCIA PER LA MORALE - «Le minacce si basavano su due diverse argomentazioni - dice al Corriere -. La prima: che c'è un grosso file di immagini e documenti contro di me, per cui potrei finire in prigione. La seconda: che sono una minaccia per la morale musulmana in Algeria e che mi avrebbero tagliato la gola». La casa editrice Dar Al-Saqi ha appena pubblicato la sua biografia, «Memorie del Trans Randa», scritta insieme al giornalista libanese Hazem Saghyieh. Ciò che le dispiace è che difficilmente raggiungerà le librerie della sua Algeria, dove essere gay o trans è illegale e si rischiano fino a tre anni di carcere. Il suo scopo è di far capire che i transessuali sono esseri umani come gli altri, non oggetti sessualiun pregiudizio, spiega, che li perseguita anche nell'assai più liberale e cosmopolita Beirut.
ALLO SCOPERTO - «A 5 anni ho capito che ero una femmina», racconta Randa. Lo disse alla madre, che però insisteva nel ripeterle il contrario. I compagni di classe la prendevano in giro per il suo aspetto femminile. Cambiò scuola cinque o sei volte. I genitori le tagliavano i capelli corti per assicurarsi che sembrasse un maschio. La situazione per lei è peggiorata a partire dal 2006, quando Randa ha fondato uno dei primi gruppi di supporto per gay e trans in Algeria. L'iniziativa, dice, ha avuto risultati positivi: «La creazione di una comunità i cui membri si aiutano a vicenda e l'apparizione dell'ambasciatore d’Algeria davanti all’Alto commissariato dei diritti dell'uomo di Ginevra per la questione dei diritti LGBTQI" (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali). «Ora la società è consapevole che le persone LGBTQI esistono anche in Algeria e che non si tratta di un fenomeno importato dall’Europa», aggiunge. Ma consapevolezza non significa automaticamente tolleranza. Randa era stata invitata al Cairo da una tv egiziana, ma arrivata in aeroporto ad Algeri le dissero che il suo biglietto era stato cancellato. Quando chiamò la tv, le risposero che anche il programma era stato annullato.
IL LAVORO IMPOSSIBILE - Randa è un’infermiera diplomata. Ma in Libano non è riuscita a trovare lavoro: le è stato detto che la ragione è il suo orientamento sessuale. I transessuali lavorano nei night-club, spiega, non negli ospedali. Qualcuno le ha suggerito di prostituirsi. «Bisogna cambiare le leggi – dice da Beirut -, perché noi trans non abbiamo nessuna protezione in questi Paesi. I pregiudizi sono favoriti sia dai governi dei Paesi arabi che dalla società fortemente patriarcale. In Europa, ad esempio, la situazione è totalmente diversa, socialmente e legalmente. La "trans-fobia" c’è lo stesso e i trans subiscono lo stesso violenze da parte di certa gente, ma almeno la legge è dalla loro parte». Randa sta pensando di lasciare la regione, per rifugiarsi in Europa. «Qui non c'è nulla che ci protegga. Non possiamo nemmeno lamentarci quando subiamo un'aggressione perché veniamo maltrattati anche dalle forze dell'ordine». (Fonte: Arabiyya )
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mercoledì 14 aprile 2010

UN PO' DI MUSICA

"DIAMO LA COLPA ALL'ESTATE", DAL SECONDO ALBUM DI KARIMA USCITO IERI. TESTO E MUSICA DEL CANTAUTORE ROMAGNOLO MARCELLO PIERI.

www.dada.it/music/karima/diamo-la-colpa-all-estate_4462607m.html

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martedì 13 aprile 2010

"VIETARE IL VELO PER LEGGE PUO' DARE BUONI RISULTATI", di Kaled Fouad Allam

Molti paesi europei si apprestano a legiferare sulla questione del velo islamico; tra questi il Belgio, che ha già votato per il divieto di indossarlo in pubblico. Il governo francese, che è stato il primo a porre il problema del velo integrale (burqa), si è visto rispondere dal Consiglio di stato di affrontare il problema con più prudenza e di non vietarlo totalmente. Il Italia la questione approderà tra poco in Parlamento.La disparità nel trattamento giuridico della questione del velo tra i diversi paesi europei dimostra la complessità e la difficoltà di trovare una soluzione definitiva alla questione. In effetti, il trattamento giuridico del velo - nella sua ipotetica accezione di simbolo religioso dell'islam - pone in contraddizione libertà pubblica e libertà religiosa: come non far apparire il divieto del velo come una legge contro l'islam e le popolazioni musulmane? Sul piano dei protagonisti, il paesaggio è molto diviso: alcuni, come ad esempio Tarek Ramadan, affermano che una legge in proposito sarebbe controproducente, e che la migliore soluzione sia quella di un lavoro sociale e pedagogico presso le popolazioni musulmane. Ma il lavoro pedagogico è lento, richiede tempo, un'organizzazione capillare e la formazione del personale di culto che oggi è quasi inesistente in Europa; mentre la questione è urgente, perché si assiste alla crescita esponenziale dell'uso del burqa nelle grandi agglomerazioni urbane europee.
Il velo suscita dunque una grande questione per l'Europa, perché pone il problema della riformulazione dell'assetto democratico; ed è su questa base che si deve ragionare. Perché la democrazia non consiste soltanto nel diritto di voto e nell'alternanza tra i diversi segmenti politici: uno dei fondamenti della democrazia moderna è l'eguaglianza, non limitata alla sfera economica ma estesa ai rapporti di genere. Almeno su questo punto gli esperti sono d'accordo: il velo non è un simbolo religioso. Il corpus dei testi dell'islam - il Corano e la Sunna (tradizione profetica) - non lo menziona mai in tal senso.
Quello del velo è un codice culturale che ho vissuto personalmente: a casa di mio nonno uomini e donne mangiavano in luoghi separati; e quando le donne dovevano uscire, quasi come un riflesso condizionato, indossavano un velo bianco chiamato hayk. Da bambino non capivo il significato di tutto ciò, lo accettavo passivamente perché è proprio di una tradizione culturale il fatto di ripetersi inesorabilmente nel tempo. Solo in seguito, con gli anni, capii che il velo rappresentava una frontiera: non solo una frontiera tra pubblico e privato, ma anche una frontiera che incarnava un rapporto di dominazione, il potere degli uomini sulle donne.
Nella cultura patriarcale, come ci ha insegnato Germaine Tillion nel suo saggio L'harem et les cousins, i rapporti di dominazione si basano sulla paura, e il contatto con il mondo esterno rappresenta la possibilità di perdere il controllo sull'universo femminile. Il controllo sulla sessualità è dunque di primaria importanza: la donna deve nascondersi per non suscitare il desiderio. Mantenere l'uso del velo significa dunque riprodurre la catena perversa di un rapporto di dominazione, un rapporto che spezza il fondamento della democrazia, vale a dire l'eguaglianza tra gli esseri umani al di là del sesso e dell'origine etnica. In alcuni casi il diritto può avere una virtù pedagogica, può aiutare i popoli a cambiare, ad adattarsi alle condizioni socioculturali di un altro luogo: perché la democrazia richiede il vivere insieme, e il diritto è uno strumento per costruire il vivere insieme. Operò in questo senso, oltre cinquant'anni fa, un politico tunisino: nel 1956 l'allora presidente Habib Burghiba, richiamandosi ad un principio e dovere del l'islam - l'igtihad - vietò il matrimonio poligamico promulgando un legge in tal senso. All'epoca egli infranse un tabù, aprendo alle donne del suo paese uno spazio di libertà e una nuova condizione di eguaglianza. (Fonte: http://www.ilsole24ore.it , 7/4)
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GUIDA IL GO-KART, MUORE STRANGOLATA DAL BURQA

I go-kart erano la sua passione, una passione che l'ha uccisa. Una giovane ragazza musulmana è morta infatti mentre guidava il go-kart, strangolata dal suo burqa che era rimasto incastrato tra le ruote. E' accaduto in una pista vicino Sidney, in Australia: la ragazza, subito trasportata al John Hunter Hospital di Newcastle, è morta poco dopo. La polizia ha sequestrato il kart ed ha aperto un'inchiesta sul tragico incidente. (Fonte: http://www.leggo.it/ , 9/4) Leggi tutto ...

venerdì 9 aprile 2010

SPOSE BAMBINE

Yemen, bimba sposa muore tre giorni dopo le nozze .

LA PIAGA DELLE SPOSE-BAMBINE. Bambine tra i nove e i dieci anni obbligate a sposare un uomo più vecchio e sconosciuto. http://www.webalice.it/mscotti/CANE_NERO.html
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DUE MAMME PAKISTANE

NO AL MATRIMONIO DELLA FIGLIA E IL MARITO LA PICCHIA

http://www.video.mediaset.it/video/studioaperto/edizione_servizio/162416/no-al-matrimonio-della-figlia-e-il-marito-la-picchia.html#tc-s1-c1-o1-p11

Bimba morì soffocata. Mamma pachistana accusata d'infanticido: http://archiviostorico.corriere.it/2010/gennaio/16/Bimba_mori_soffocata_Mamma_pachistana_co_7_100116046.shtml


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HISSA HILAL TERZA A "THE MILLION'S POET"

Nei giorni scorsi diversi organi di stampa italiani, e in particolare Repubblica, hanno prestato attenzione alla poetessa saudita Hissa Hilal, impegnata nel talent show The Million’s Poet, in onda su Abu Dhabi TV. Partecipando al programma Hilal ha inteso, dice, esprimere “i sentimenti profondi di molte persone, soprattutto donne”: tra questi, “la rabbia di fronte a chi vuole imporre regole e restrizioni che non sono nel Corano ma vengono spacciate come dettami religiosi”. Ha recitato le sue poesie coperta da un niqab, anche se non le piace portarlo: “è un’imposizione, non una scelta. Ma so che se me lo togliessi non avrei l’ascolto e l’appoggio che ho oggi, da donna velata, dimostrando di rispettare le tradizioni. Quindi lo tengo e vado avanti così: farmi ascoltare e più importante che mostrare la mia faccia”. La poetessa, per avere espresso queste opinioni, ha ricevuto anche minacce di morte. Nella serata finale Hilal è arrivata terza: a sconfiggerla, scrive la BBC è stato il televoto. (Fonte: http://www.uaar.it/ )
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mercoledì 7 aprile 2010

DONNE PALESTINESI, UN PEZZO PIU' INTERESSANTE DELL' ALTRO

Amira Hass : l' associazione Sawa (donne palestinesi )denuncia un fiorente commercio sessuale palestinese, . Interessante, anche perchè Amira Hass è un'israeliana... anti-israeliana!

LA DONNA CHE RINUNCIÒ A FARSI SALTARE IN ARIA . Arin, kamikaze che non vuole morire permalink

MO/ Palestinesi protestano per fiction turca anti-israeliana . Detenute palestinesi: soldati israeliani non ci stuprano.


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martedì 6 aprile 2010

domenica 4 aprile 2010

SUI BLOG DI INCA, VITUCCIO E FRANCESCA

1) Tra gli ultimi interessanti post di Incapervinca sulle donne in Marocco, troviamo per esempio: Barbarie, Medici Senza Frontiere denuncia la violenza sessuale sulle donne migranti

Il governo marocchino e L’Unione Europea devono adottare misure urgenti a tutela delle vittime.

2) Invece tra quelli di Per la pace e l'amicizia tra i popoli :

Gran Bretagna: le nuove direttive del dipartimento della salute tengono conto “della modestia islamica„


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NASCE IL SEXY SHOP A PROVA DI SHARIA


Un sexy shop per musulmani. Quella di Abdelaziz Aouragh è un’offerta che rispetta i dettami della sharia e che quindi si rivolge esclusivamente a coppie sposate. Nei primi quattro giorni settantamila visite.

Amsterdam - "Settantamila visite nei primi quattro giorni" di vita sul Web. Questo il risultato record del primo sexy shop online dedicato ai musulmani, come racconta il suo ideatore Abdelaziz Aouragh, 29 anni, cittadino olandese di genitori marocchini. Un’idea rivoluzionaria, quella di creare El Asira, che mira a portare su Internet un’offerta erotica che rispetti i dettami della Sharia, la legge islamica, e che quindi si rivolge esclusivamente a coppie sposate. Un'alternativa a prova di fede Un’alternativa, spiega lui, ai siti che "si focalizzano sulla pornografia e su un’idea stravagante dell’erotismo" e che quindi sono proibiti dall’Islam. Basta andare sull’home page di El Asira (che in arabo significa "società"), per notare la sobrietà dominante: i colori sono quelli del nero e del grigio, con una linea centrale che invita le donne a collegarsi usando un accesso a sinistra e gli uomini a usare quello di destra. Un sito innovativo. Divisi nell’acquisto, le coppie possono quindi scegliere di procedere in olandese, arabo o inglese tra decine di prodotti. Su tutti, ci sono oli per i massaggi, lubrificanti e afrodisiaci sotto forma di pillole. Tutti gli ingredienti, viene precisato, sono halal, ovvero "permessi dall’Islam", spiega Aouragh. Proprio per rispettare la Sharia non viene commercializzato alcun tipo di oggetto pornografico. Inoltre, siccome "abbiamo scelto un approccio di rispetto" come "novità nel mondo islamico", Aouragh sottolinea come sul sito appaiaono solo foto di scatole, pastiglie, tubetti o bottiglie, soprattutto in rosa o in blu. La sede ad Amsterdam.
Nato ad Amsterdam da genitori marocchini, Aouragh è da sempre un musulmano praticante. Come molti altri fedeli dell’Islam, dice, ho sempre visto la sessualità come un tabù fino a quando il suo socio in affari, Stefan Delsink, gli ha proposto di guardare oltre. "Quella della sessualità è davvero un’idea stereotipata sia dentro, sia fuori la comunità musulmana", ammette Aouragh. L’uomo, che è sposato, ha quindi deciso di confrontarsi con i leader religiosi islamici e con alcuni studiosi circa la sua idea di business. "Ho imparato molto circa quello che l’Islam dice a proposito della sessualità, circa quanto sia importante avere una vita sessuale sana", prosegue. Alcuni religiosi musulmani, come l’imam olandese Abdul Jabbar, non vedono nulla di male nel sito di Aouragh. (Fonte: Liberali per Israele , 30/3) Leggi tutto ...

AUGURI A TUTTI !


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sabato 3 aprile 2010

INTERVISTA A NAWAL EL-SAADAWI SUL DIVIETO DEL VELO INTEGRALE IN BELGIO

"Legge sbagliata. Così si minano i diritti individuali".

La scrittrice egiziana: «Non è per via giudiziaria che si rendono più libere le donne musulmane. L’emancipata Europa manda un altro segnale distruttivo a chi punta allo scontro di civiltà».

Non è con i divieti o le imposizioni di legge che si modificano i costumi o si rendono più libere le donne musulmane. Non credo in una “via giudiziaria” all’emancipazione». A sostenerlo è Nawal El Saadawi l'autrice egiziana femminista più conosciuta e premiata. I suoi scritti sono tradotti in più di trenta lingue in tutto il mondo. Per le sue battaglie in difesa dei diritti delle donne e per la democrazia nel mondo arabo, la scrittrice egiziana compare su una lista di condannati a morte emanata da alcune organizzazioni integraliste.

Le donne musulmane non potranno portare nè burqa nè niqab camminando per le strade, nei parchi, in ospedali e scuole, sugli autobus e in tutti i luoghi pubblici. Così ha votato all’unanimità la Commissione affari interni del Parlamento belga. Cosa ne
pensa?

«Vede, in Occidente, nella “libera”ed emancipata Europa, vige la convinzione che una donna musulmana che indossa il burqa, il niqab o lo chador, sia di per sé una donna violata, costretta da una società o comunità o famiglia maschilista, patriarcale, sessuofobica, a nascondere
il proprio corpo o parte di esso. Non nego che vi sia anche questo, ma eviterei di assolutizzare questo dato. Per tornare al Belgio, mi sembra che siamo di fronte ad un provvedimento forzato, che finisce per intaccare profondamente il principio di libertà individuale».

«È un segnale molto forte che inviamo agli islamici», ha detto il liberale francofono Denis Ducarme, «fiero» che il Belgio sia il primo Paese europeo a legiferare su una materia così sensibile.

«Francamente faccio fatico a capire di cosa il signor Ducarme sia fiero. Eancor più mi preoccupa il presunto “segnale forte” che si è inteso mandare “agli islamici”. Ma di quale Islam parla il signor Ducarme? Quello degli integralisti teocratici e sessuofobici, o l’Islam che punta decisamente a coniugare modernità e tradizione, che rivendica libertà ma non per questo ritiene che la libertà significhi, anche nel campo della liberazione femminile, assumere il modello occidentale?
Il segnale è distruttivo e finirà per fornire altro materiale di propaganda a quanti, nel complesso mondo musulmano, teorizzano e praticano lo “scontro di civiltà”».

Lei ha sperimentato personalmente l’odio dei fondamentalisti.

«Questi fanatici che dicono di agire per conto dell’Islam sono in realtà i primi nemici dell’Islam. Ero e resto fermamente convinta che la maggioranza dei musulmani non ritenga che sia impossibile coniugare la fede religiosa e la costruzione di una società sostanzialmente laica, plurale nelle sue espressioni politiche, culturali, di fede. La tolleranza e il rispetto delle diversità non sono affatto estranee alla millenaria cultura islamica. Non bisogna negare i diritti ma garantirli a tutti, a cominciare dalle donne, che per i fondamentalisti, in Afghanistan come in Egitto, in Bangladesh come in Arabia Saudita e in Iran, esistono solo in quanto “figlie di”, “madri di”, “mogli di”E la cosa ancor più allarmante e che in molti dei Paesi che discriminano le donne e perseguitano chiunque si batta per i loro diritti, al potere vi sono regimi sostenuti dal civile edemocratico Occidente. Quel civile e democratico Occidente che in Belgio decide di dare una lezione agli islamici... Ma il problema non riguarda solo il rapporto tra Occidente e mondo islamico. Riguarda un’Europa sempre più multietnica, multireligiosa. Un’Europa che deve integrare e non vietare. Evitando di considerare le comunità islamiche come incubatrici di fondamentalisti e potenziali jihadisti». (Fonte:http://www.archivio2.unita.it/ , 1/4)
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venerdì 2 aprile 2010

LA SFIDA DELLA CASALINGA IN BURQA: "I MIEI VERSI CONTRO IL FANATISMO"


EMIRATI. LA DONNA E' STATA MINACCIATA DI MORTE DAGLI INTEGRALISTI.

La saudita in testa al concorso di poesia islamica.

I riflettori sono puntati su una donna, nell' enorme teatro di Abu Dhabi dove ogni mercoledì si gira il programma televisivo «Il Poeta milionario», un concorso popolarissimo nel Golfo. Quella donna si chiama Hissa Hilal, è una casalinga saudita di Riad, 43 anni, madre di quattro figlie. Il suo corpo, avvolto nel velo integrale, è invisibile. Guarda il mondo da due fessure, e il mondo vede l' ombra dei suoi occhi. Ma non ha avuto paura di dire ciò che vede, in versi da lei composti. «La nostra società è in pericolo». La voce, da ragazzina, a tratti tremava. Ma quando Hissa ha accusato i religiosi islamici per i loro editti che opprimono le donne e spingono la società all' estremismo, il suono era forte e limpido, il tono privo d' esitazione. «Ho visto il male negli occhi delle fatwe, in un tempo in cui ciò che è ammesso viene confuso e distorto per poterlo vietare», ha declamato. «Quando svelo la verità, un mostro emerge dal suo nascondiglio: crudele nel pensiero e nelle azioni, rabbioso e cieco, indossa una veste e una cintura di morte», ha aggiunto alludendo ai kamikaze. Hissa è stata elogiata per il suo coraggio dalla giuria, che l' ha scelta per andare in finale, il 7 aprile. Il cameraman inquadrava le donne tra il pubblico. Molte erano giovani, alcune col velo spinto indietro per far vedere i capelli. Applaudivano contente. Insieme alla fama, però, sono arrivate le minacce di morte. Un utente del sito «Ana Al Muslim», usato anche dai seguaci di Al Qaeda, chiedeva indicazioni per trovare l' abitazione della poetessa. «Allah ti ha maledetto», ha affermato un altro, chiamandola «prostituta». C' è chi non accetta che Hissa appaia in tv: anche se velata, fa sentire la sua voce. C' è chi non tollera che abbia criticato i religiosi. I giornali in Arabia Saudita, dove vige una rigida separazione tra uomini e donne, hanno interpretato la sua poesia come un' accusa contro un religioso saudita, Abdul Rahman Al-Barrak, che ha proclamato di recente che chi incoraggia contatti tra i sessi in ufficio o a scuola merita la morte. Lei ha replicato di riferirsi non a lui in particolare, ma in generale al fanatismo. «Ci sono uomini che non stringono la mano nemmeno alle parenti. Una volta non era così. Ora la gente si chiede se sia haram (proibito) persino dire ciao agli estranei». Non è stato facile per Hissa uscire allo scoperto. Le minacce non le impediranno di andare in finale.«Sono prevedibili - ha osservato - quando parli di certi argomenti». Sin da bambina scrive poesie e per 15 anni le ha pubblicate sotto falso nome per paura della reazione della tribù. «Quando mio padre lo scoprì, si infuriò», ha raccontato. Si placò quando un uomo, commosso dalle poesie, chiese Hissa in moglie. Hanno avuto quattro figlie, una delle quali autistica. Il premio in palio di 5 milioni di dirham (un milione di euro) le farebbe comodo. «Vorrei viziarle, comprare una casa, pagare per la loro istruzione». Ma non è solo una questione personale. «La gente nelle strade è contenta che io abbia parlato così apertamente». In Arabia Saudita, in particolare, tante donne l' hanno incoraggiata su internet. «Voglio far capire che una donna, anche se non viene da una famiglia importante, può farcela». Dice queste cose attraverso la poesia Nabati, un genere beduino recitato nel dialetto nel Golfo, come richiesto dal concorso. Una struttura tradizionale che già nelle passate edizioni ha permesso di veicolare contenuti controversi. «Ma non è una contraddizione presentarsi in burqa?», le hanno chiesto i giornalisti stranieri. Lei ha replicato che vuole proteggere gli uomini che ama. «Viviamo in una società tribale. Se non mi coprissi, mio marito e mio fratello verrebbero criticati dagli altri uomini».

La poesia Nabati È un genere di poesia beduina recitata nel dialetto del Golfo ed è in via d' estinzione. Per valorizzarla è nato il concorso «Il Poeta milionario»

A gennaio dell'anno scorso una storia analoga nello stesso concorso per la poetessa saudita Aydah Al Jahani: EMIRATI ARABI, MINACCE ALLA POETESSA IN TV: "PECCATRICE" . (Fonte: Corriere della Sera , 1/4)
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giovedì 1 aprile 2010

CRONACA. SANAA: RITO ABBREVIATO PER IL PADRE CHE UCCISE LA RAGAZZA

(ANSA) - PORDENONE, 30 MAR - Richiesta di rito abbreviato per il marocchino 46enne che uccise la figlia 18enne Sanaa nel 2009 perche' fidanzata con un italiano. A depositarla, alla segreteria del Gip del Tribunale di Pordenone, i legali di El Ketaoui Dafani. Se accolta, potrebbe consentire all'uomo, con lo sconto di un terzo della pena, di evitare l'ergastolo e l'udienza si terrebbe a porte chiuse a Pordenone. Se l'istanza venisse rigettata, il processo si svolgerebbe invece a Udine dal 27/9 in Corte d'Assise. (Fonte: http://www.sussidiario.net/, 30/3)
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CONQUISTE DELLE DONNE ISLAMICHE POSSIBILI ANCHE CON IL VELO

Avevo deciso di non postare questo articolo, ma ho cambiato idea.


Alcuni giorni fa in Karnataka la popolazione islamica si è rivoltata dopo la pubblicazione di un articolo contro il velo islamico pubblicato dal quotidiano Kannada Prabha e attribuito alla nota scrittrice Taslima Nasreen. La Nasreen per le sue posizioni liberali nei confronti dell’islam e dalla donna vive da 16 anni in esilio. Il bilancio degli scontri è stato di 2 morti e 50 feriti, portando rabbia e paura nella popolazione di religione indù. Asghar Ali Engineer, musulmano e responsabile del centro Studi sulla società e il secolarismo di Mumbai, descrive agli indiani la battaglia delle donne islamiche per i loro diritti. Egli accusa i giornali indiani di dare una visione distorta della realtà, che impedisce una reale riforma dell’islam.


Mumbai (AsiaNews, 4/3) – Due morti, 50 feriti, decine di auto ribaltate e negozi distrutti. È questo il bilancio delle proteste di migliaia di musulmani avvenute In questi giorni in Karnataka. Oltre 15mila persone sono scese in strada nella città di Hassan, 1500 invece a Shimoga. A scatenare le violenze la pubblicazione sul quotidiano Kannada Prabha di un articolo della scrittrice dissidente bangladeshi Taslima Nasreen, dove si dice che Maometto era contro il velo islamico. La Nasrenn afferma di non aver mai sostenuto questa tesi e nega qualsiasi rapporto con il giornale. La polizia ha imposto il coprifuoco in quattro località interessate da scontri per evitare tentativi di rappresaglia da parte della popolazione indù, ma afferma che la situazione resta tesa. Atti intimidatori si sono verificati anche a Mangalore dove il 3 marzo scorso ignoti hanno fatto esplodere una bomba molotov nella sede del quotidiano Kannada Prabha e scagliato pietre contro le sedi di altri due quotidiani.
Questi fatti hanno destato preoccupazione nella popolazione di religione indù, nonostante la condanna di alcune organizzazioni islamiche locali. In India i musulmani sono circa 137 milioni (12,1% della popolazione) e in stati come il Karnataka, governati dai nazionalisti del Bharatiya Janata Party (Bjp), la rigida cultura islamica si scontra con il nazionalismo indù. Questo è spesso fonte di incomprensioni che sfociano in violenze e accuse reciproche.
Pubblichiamo di seguito un articolo dal titolo: “Le donne musulmane e il cambiamento” scritto proprio in occasione degli scontri da Asghar Aki Enginneer, musulmano indiano e responsabile del centro Studi sulla società e il secolarismo di Mumbai.
“La maggior parte della gente pensa che le donne musulmane siano costrette con la forza a portare il velo e che siano confinate all’interno delle mura domestiche. Questo avviene perché leggiamo ogni giorno sui giornali che i talebani costringono le donne a portare il velo, incendiano scuole femminili e raffigurano le donne sempre avvolte in scialli scuri che le coprono da capo a piedi. Questa immagine delle donne musulmane è stata anche rinforzata dalla controversia sul burqa avvenuta nelle scorse settimane in Francia.
Questa immagine sarebbe giustificata se tutte le donne musulmane seguissero le severe regole propugnate dai teologi islamici sviluppatesi nel periodo medioevale e da loro utilizzate oggi per giustificare le loro imposizioni. Ma c’è una grande differenza tra ciò che è espresso da progetti teologici e ciò che avviene sul piano reale. Potrei non sbagliarmi se mi azzardassi a dire, che le donne musulmane hanno sfidato le regole da più di un secolo.
E ora un secolo dopo, le donne islamiche stanno andando avanti nella loro affermazione pubblica. È vero che ancora oggi molti teologi islamici discutono se la donna abbia o no un minore capacità di comprensione (rispetto all’uomo n.d.r) , ma molte donne musulmane hanno rimpiazzato gli uomini in molti campi. In Arabia Saudita, dove le donne non possono guidare le macchine, una donna ha ottenuto il brevetto da pilota e guida gli aerei.
Abbiamo notizie dalla Malaysia che Farah al-Habshi, un ingegnere di professione, è stata scelta come sottufficiale per gli armamenti e nella strumentazione elettrica della KD Perak, nuova ed eccellente nave da guerra della marina. Ora lei veste l’uniforme bianca e blu della Marina reale malaysiana. Quello che interessa è che lei indossa anche l’hijab per coprire il capo. Sostiene che l’hijab non l’ha in alcun modo ostacolata nel compiere il suo dovere.
La Malaysia è un Paese islamico e l’ortodossia degli ulema esercita un forte controllo sulla vita delle persone. Di recente il governo malaysiano si è tirato indietro quando gli ulema hanno sostenuto che i cristiani non possono utilizzare la parola Allah nella loro letteratura religiosa e nei loro giornali. Le donne musulmane affrontano molti problemi nel rispettare il diritto familiare in questo Paese in mano a ulema conservatori.
In questo stesso Paese, una donna è stata scelta come sotto ufficiale con mansioni di combattimento. In India le donne non hanno ancora il diritti di avere ruoli di combattimento nella marina e non è permesso loro volare su aerei da guerra o servire nelle unità di combattimento. Esse non hanno nemmeno il permesso di servire come marinai sulle navi da guerra. Inoltre, Farah al- Habshi ha di recente partecipato a Milano a un’ esercitazione realizzata insieme ad altre donne.
Farah è anche molto preparata e ha risposto a tutte le domande che le hanno posto i giornalisti. E questo è solo uno degli esempi. Ci sono altri esempi. Molte donne islamiche eccellono anche nel campo teologico e in modo abbastanza indipendente rispetto ai teologi tradizionali. Esse hanno mostrato coraggio nell’affrontare gli ulema ortodossi. Qui posso fornire l’esempio di Amina Wudud, americana, che insegna Studi Islamici all’Università di Washington.
Essa sostiene che le donne possono guidare nella preghiera congregazioni miste
e guida circa 100 persone tra uomini e donne da circa un anno
, e questo pure il venerdì, giorno della preparazione del khutba (sermone), un fatto praticamente impensabile nel mondo musulmano tradizionale. Questo ha sollevato una forte controversia e anche Yusuf Qaradawi, un teologo moderato dal Qatar, ha scritto un articolo, con il quale si è opposto alla possibilità che una donna guidi gruppi misti nella preghiera.
Alcune donne del Kuwait, elette in parlamento dopo molto difficoltà, hanno rifiutato di indossare l’hijab e hanno combattuto per il loro diritto di andare alle sedute del parlamento senza velo (erano state cacciate) e hanno portato il loro caso fino alla Corte suprema del Kuwait, vincendo. Possono essere citati molti esempi di audacia delle donne musulmane nel battersi per i loro diritti.
Ma i media, che sono interessati solo alle notizie sensazionali, rifiutano di sottolineare le conquiste compiute dalle donne musulmane e continuano a dipingerle come sottomesse alle autorità tradizionali accettando docilmente la loro condizione. Questa immagine deve cambiare, la realtà è molto più complessa e deve essere compresa.
Con questo non si nega che in molti Paesi islamici le donne affrontano difficoltà e problemi e la loro libertà non è qualcosa di scontato. Però, è anche vero che molte di loro combattono e rifiutano di sottomettersi docilmente. Quello che ci dà speranza è la loro continua lotta e sfida delle autorità tradizionali.
Si dovrebbe anche citare qui che molti ulema e giuristi islamici hanno capito che le formule della Shari’ah medievale rispetto alla donna non possono essere forzate ancora di più e alcuni di loro come l’egiziano Muhammad Abduh, l’indiano Maculavi Mumtaz Ali Khan e il pakistano Maulana Umar Ahmed Usmani hanno espresso le loro serie riserve rispetto alla tradizionale concezione della donna. La lotta piena di determinazione da parte delle donne islamiche potrà costringere molti più teologici a rivedere le loro posizioni e considerare alla questione della donna in modo più serio partendo il Corano e dalle regole della teologia medievale”.
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