venerdì 31 ottobre 2008

TUNISINA MUSULMANA SI SPOGLIA "PER DARE UN SEGNALE FORTE ALLE DONNE"













Leggete anche Un sito per anime gemelle musulmane , Turchia: fatwa permette a donne di reagire a mariti violenti , Turchia: stupro' 14enne, liberato , Pakistan, fermate nozze fra bimbi e permalink .

"Mi spoglio contro il maschilismo". Singolare protesta di una musulmana.

"Mi spoglio per dare un segnale forte alle donne musulmane. Vorrei che avessero il coraggio di ribellarsi ai padri che le trattano come oggetti. La nostra femminilità non può essere repressa. Molte sognano di scappare. In poche hanno il coraggio di farlo". Ha appena 26 anni, ma le idee chiare, Hanane Zemali. E’ nata a Tunisi da una famiglia marocchina. Oggi vive in Italia e ha deciso di posare senza veli. Il perché lo spiega in esclusiva a Tgcom.Un gesto audace il suo, di sfida aperta ai costumi e alle tradizioni della religione musulmana e della sua sua terra. Quella terra da cui è scappata, sei mesi fa. E che non ha nessuna intenzione di rivedere. Almeno per ora."Sono cresciuta in un ambiente asfittico – racconta Hanane – mio padre e mio fratello, il maggiore di tutti i sei figli, non mi permettevano di uscire di casa. Potevo solo fermarmi a parlare con le mie cugine e quando uscivo lo facevo indossando il velo". La svolta arriva proprio durante una delle rare uscite. E’ il 2002 e Hanane ha compiuto da poco 20 anni. Mentre sta acquistando il pane in un negozio del suo quartiere incontra Massimo, italiano, 54 anni ben portati. E’ amore al primo sguardo. "Indossavo il velo e lui ha visto solo i miei occhi. Ci siamo guardati e, quando sono uscita dal negozio, lui mi ha fermata e mi ha chiesto il numero del cellulare. Non ne avevo e ho dovuto dargli quello di mia sorella" continua.Da allora per lei ha inizio un vero calvario. ("Liberali per Israele")

L' Italia la conosce bene: ogni sera guarda i programmi Rai in tv. Sogna di ballare come le nostre showgirl, vuole conoscere il mondo e la storia come i concorrenti dei quiz: ha dovuto interrompere gli studi per la gelosia del padre. Massimo per lei rappresenta la via di fuga.
Sognavo di scappare dalla Tunisia – continua Hanane – Non sono l’unica. Le mie amiche vogliono lavorare e realizzarsi, ci siamo stancate di essere solo madri di famiglia. Siamo rinchiuse in una gabbia, senza avere nemmeno la possibilità di esprimerci e in poche osano sfidare le leggi e le convezioni sociali". Massimo, l’italiano, la cerca al telefono della sorella, lei è costretta vederlo di nascosto. I suoi vengono a saperlo e la minacciano. Hanane scappa di casa e, solo grazie all’intervento di una zia, ha la possibilità di fidanzarsi con il suo uomo. Il quale, nel frattempo, è diventato musulmano per chiederla in moglie. Si sposano a marzo di quest’anno e subito dopo vengono ad abitare a Nettuno, in provincia di Roma."Quando, da fidanzati, mi vedevano insieme a Massimo, per strada, mi davano della prostituta. Hanno cercato di ostacolare in ogni modo il mio matrimonio con un occidentale. Ma sono riuscita a sposarmi e a fuggire in Italia. Qui sto imparando che significa essere una donna. E la mia battaglia per i diritti delle donne è appena iniziata". La battaglia di Hanane comincia con un servizio senza veli realizzato da Alberto Magliozzi, che lei stessa contatta."Conoscevo tramite mio marito le foto di Magliozzi, lo abbiamo cercato e gli ho spiegato i motivi della mia protesta. So che queste fotografie non saranno prese bene dai miei familiari, né dai miei connazionali. Ma per molte donne rappresenteranno uno squarcio in un mondo di omertà" sottolinea. Poi conclude sicura: "Sono religiosa, non rinnego la mia fede musulmana, prego ogni giorno. La sottomissione delle ragazze però non c’entra nulla con la dottrina di Maometto. Non faccio male a nessuno con i miei scatti, chiedo solo uguaglianza di diritti e possibilità di parola. Se ci fosse, tante cose anche nella mia terra andrebbero meglio".
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COME SI E' PASSATI DA UNA CULTURA EDONISTA AL FONDAMENTALISMO?

Ma dove sono finiti, s'interroga il settimanale marocchino TelQuel in un vecchio numero di qualche anno fa, tutti quei saggi e giuristi che nei primi secoli dell'Islam parlavano "del diritto del marito di contemplare l'intimità della moglie prima del coito?".
Come si è passati da una cultura edonista al fondamentalismo? Il cambiamento è ancora più sorprendente, dice l'antropologo Malek Chebel, se si pensa che al suo avvento la religione musulmana – contrariamente al cristianesimo e all'ebraismo – ha incoraggiato e liberato dal senso di colpa la vita sessuale. È vero che l'islam ha messo un limite alle pratiche libertine preesistenti, esaltando la sessualità all'interno del matrimonio. Il Profeta Muhammad, inoltre, ha ribadito l'importanza di garantire alla donna il piacere.
Nei secoli successivi alla sua morte sono stati scritti importanti trattati sull'eros, culminati nel sedicesimo secolo con l'opera del tunisino Cheikh Mohamed Nefzaoui.
Da allora censura, repressione e silenzio hanno avuto la meglio a causa dei fondamentalisti, che hanno voluto trasformare l'islam in una religione loro in cui prevale la sessuofobia. (Fonte: "Arabi Democratici Liberali", 29/10) Leggi tutto ...

PRIMO PASSO AFRICANO PER ELIMINARE LA SCHIAVITU'

Dunque, tanto tuonò che piovve.La Corte di giustizia delle ECOWAS, nel corso della sua seconda sessione svoltasi martedì scorso, 28 ottobre, nella sede in Niamey, ha sentenziato sul caso Hadijatou Mani Koraou, condannando “implicitamente” il Niger. Di cosa parliamo? Di Adidjatou Mani Koraou (e ne abbiamo appena parlato anche noi, ndr.), ovviamente. Venduta come schiava nel 1996, all’età di 12 anni, per 240.000 franchi CFA (circa 366 euro) da parte di un Tuareg (proprietario della madre), per essere destinata concubina (l’islam non permette la quinta moglie) di El Hadj Narou Souleymane, nel centro-sud del Niger. Questo il suo ruolo per nove anni. Nel frattempo la donna ha dal 63enne uomo-padrone 3 figli, perché il proprietario avrà pure il sacrosanto diritto di disporre della sua schiava (a dire il vero, di schiave ne ha ben sette). Questa la quotidianità.Per l’extra occorre aspettare il 2005, anno nel quale il Niger approva una legge che vieta la schiavitù. Adidjatou la interpreta come un certificato di liberazione e fugge. Sbaglia, perché rientra nella "wahiya matrimoniale", che gli conferisce lo status di concubina.Una volta fuggita, Adidjatou sposa un altro uomo, ma l’ex proprietario la pensa diversamente. E la tradizione religiosa locale, in assenza di giurisprudenza specifica, lo asseconda.Tutti i ricorsi da parte della donna di disporre della propria libertà falliscono.In breve, a causa dell’opposizione presentata dal suo ex-padrone, Adidjatou finisce addirittura carcerata per due mesi con l’accusa di bigamia (atroce nèmesi per una donna per anni moglie plurima).Sostenuta dalle ONG Timidria e Anti-Slavery International, insiste. Fino alla sentenza in questione.Esaminando l’impianto del verdetto espresso a Niamey, rileviamo che la Corte ha concluso che: "Hadijatou Mani Koraou è stata una vittima della schiavitù e la Repubblica del Niger è responsabile per l'inerzia della sua autorità amministrativa e giudiziaria”. Leggiamo tra le righe, per favore.Rileviamo indiscussi aspetti positivi.Al di la dei 10 milioni di franchi CFA (circa 15.000 euro) disposti a favore della donna, resterebbe una sentenza vincolante per gli Stati africani aderenti (Benin, Burkina Faso, Capo Verde, Costa D'Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia, Mali, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone e Togo). Nella sua decisione la Corte di giustizia rammenta la sacra inalienabilità dei diritti umani, attira l'attenzione del legislatore nigerino sul suo dovere di normare con attenzione, riempiendo quei vuoti legislativi pregiudizievoli per i diritti dei cittadini.
Ma, a fare i pignoli, potremmo parlare di bicchiere riempito a metà. Perché la Corte di giustizia, volendo proprio sottilizzare, non ha calcato la mano.Lo Stato nigerino non è stato ritenuto responsabile per la discriminazione che Adidjatou ha sofferto per nove anni, ritenendo che queste tribolazioni fossero attribuibili al suo ex padrone. (Fonte: "Giustizia Giusta")

Sul blog di Kritikon, altro episodio di violenza in Francia ai danni di una ragazzina nordafricana da parte dei genitori e di uno dei fratelli, per aver instaurato una stretta amizia con un "adolescente non musulmano". permalink
La sentenza ha evitato alla Repubblica del Niger l’umiliante menzione di Stato schiavista, distraendo diplomaticamente la causa “sull’inerzia delle strutture amministrative e giudiziarie” e, quindi, indicando laddove è necessario riformare.E’ chiaro che il Niger, che pure ha abolito la schiavitù pochi anni fa, nulla ha fatto per condannare o punire il malvezzo tipico del paese, conosciuto sotto lo status di "wahaya".Inoltre, ricordiamolo, la Corte di Giustizia non si è esplicitamente riferita alla Dichiarazione Universale dei diritti del 1948, restando piuttosto sul generico. Il che non è molto promettente, considerando che gli Stati islamici di dichiarazione in materia di diritti ne hanno una ad hoc, che fa riferimento all’islam ed è, manco a dirlo, non poco restrittiva.Un'organizzazione che si batte contro la schiavitù in Niger sostiene siano oltre 40.000 gli schiavi nel Paese.Altre fonti, d’altronde, lo fanno stare in eccellente compagnia, visto che accreditano (diciamo così…) la Mauritania, altro Stato islamico, di qualcosa come 60.000 schiavi. E stavolta l’Occidente c’entra davvero poco… .

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giovedì 30 ottobre 2008

"ISLAM EUROPEO... O ISLAM IN EUROPA?", di Dounia Ettaib


Da oramai più di dieci anni assistiamo al fenomeno di una crescita della presenza musulmana in Europa: la crescita di tale presenza è dovuta soprattutto all’immigrazione: moltissimi cittadini di paesi a maggioranza musulmana si trasferiscono in Europa per studio o alla ricerca di un lavoro che permetta loro di migliorare la loro condizione economica. Ciò ha portato a far si che la religione musulmana mettesse le radici in luoghi ove prima non aveva fedeli. In paesi dal passato coloniale, come la Francia o la Gran Bretagna, i musulmani sono già alla seconda o alla terza generazioni, in paesi come l’Italia il fenomeno è più recente. Inutile nasconderselo: questo fenomeno ha portato a diversi problemi: una certa diffidenza, che talvolta sfocia in aperta xenofobia, da parte di gran parte della popolazione europea, e dall’altro la difficoltà di integrazione da parte degli immigrati musulmani, i quali molto spesso faticano ad accettare le regole del paese ospitante. In questi anni si discute molto su ‘’islam europeo’’: ma la domanda che ci poniamo è proprio questa: islam europeo o islam in Europa? Fino adesso abbiamo avuto solo la percezione di un ‘’islam in Europa’’ : perché l’islam è percepito, sia da molti europei come da molti immigrati, come un qualcosa di etnico, e non di spirituale: l’islam non è percepito come ‘’europeo’’ perché è percepito come qualcosa di prevalentemente ‘’arabo’’. Questo è stato per secoli, e non solo oggi, un grave danno all’universalità del messaggio musulmano: ancora nella prima metà del XX secolo il più importante fra i poeti indiani musulmani, Sir Muhammad Iqbal, che fu di indubbia e fervida fede, si lamentava del fatto che l’islam indiano era ancora troppo ‘’arabizzato’’ e aveva mantenuto pochi elementi indiani: lo stesso si può dire oggi per la drammatica questione dei berberi algerini o dei musulmani del Darfur ai quali si vuole strappare la cultura d’origine anche con la violenza in quanto erroneamente si crede che un buon musulmano possa essere solo arabo o fortemente arabizzato. Ma se nel caso dei berberi o dei sudanesi questo sciovinismo arabo ha un forte sapore colonialista, nel caso europeo può invece portare una percezione dell’islam come quella di un ‘’corpo estraneo’’ qualcosa di strano e di esotico, ma in definitiva di ‘’straniero’’. Questo non può portare nulla di buono ai musulmani in Europa: essi verranno sempre visti come qualcosa di diverso, con diffidenza o al massimo con quella curiosità ‘’etnica’’ che sa molto di moda e non giova certo all’autentica comprensione della cultura musulmana. Questo ci porta diritto alla questione dei ghetti: non vi sarà mai un vero islam europeo finchè i ghetti non saranno scomparsi. Molto spesso i ghetti però non sono opera di una discriminazione europea, ma proprio agli stessi musulmani che si autoghettizzano . Sappiamo come in ogni città europea vi siano quartieri musulmani: ma questi ghetti si creano anche a causa di una sorta di rifiuto di molti musulmani di mescolarsi con la cultura europea: molti studiosi musulmani rifiutano la civiltà europea, la sua cultura, e questo si vede anche nel piccolo, con le lotte per le varie scuole islamiche che, in definitiva, sono ‘’madrasse’’ trapiantate in Europa. Questo è il primo passo verso i ghetti: il separare i figli dei musulmani dai figli degli europei porterà a far si che le due comunità siano divise tra loro: ciò porterà a conseguenze negative innanzitutto sul piano culturale, e impedirà che nasca un autentico ‘islam europeo’ ma vi sarà solo un ‘’islam in Europa’’, un corpo estraneo in Europa. E’ un problema innanzitutto pratico: mettiamo che si conceda la cittadinanza di una nazione europea solo in base al numero di anni di permanenza (cinque o dieci) e non in base ad un’effettiva conoscenza della lingua e della cultura del luogo: sappiamo che l’immigrazione non è solo arabofona, ma vi sono diversi slavi, o albanesi o latinoamericani: questo porterebbe solo ad una babele di ghetti di persone che non si capiscono tra di loro e che spesso hanno valori tradizionali talmente contrastanti da portarli a vere guerre interetniche: vediamo in grande come molti stati multietnici sono andati verso la guerra civile, e in Europa in piccolo avremo quartieri-ghetto di minoranze etniche (direi che la religione c'entra poco) che si odiano tra loro e odiano gli autoctoni: gli attentati alle metropolitane londinesi del 7 luglio 2005 furono opera di cittadini britannici. Ma questo accettare la lingua e la cultura del paese ospitante non porterà un danno alla religione musulmana? Non credo, anzi: ci si ostina a confondere ‘’islam’’ con ‘’arabità’’ e lo sciovinismo arabo ha, come ho detto in precedenza, nuociuto all’universalità dell’islam: si può essere benissimo musulmani europei, ascoltare Bach, ammirare la Pietà di Michelangelo o più semplicemente parlare italiano, inglese o francese ed essere musulmani. Essere musulmani vuol dire credere in Dio e nella missione profetica di Muhammad (pace e benedizioni su di Lui) non per forza parlare arabo o indossare la galabya o rifiutare la cultura europea in toto. Innanzitutto le maggiori conquiste dell’età dell’oro della civiltà islamica avvennero proprio ad opera di musulmani che non vollero restare un corpo separato dalle civiltà con cui vennero a contatto, ma vollero arricchire il proprio pensiero proprio con uno scambio con altre culture: dalla mescolanza di pensiero musulmano e pensiero greco nacquero i grandi Avicenna e Averroè: al Kuwarizmi venuto a contatto con le grandi scoperte dei matematici hindu, in particolare lo zero e sistema a numerazione decimale, li perfezionò ed arrivò all’algoritmo. La conoscenza della cultura europea, anche cristiana, non è un pericolo per l’islam in Europa: anzi, è un occasione per confrontarsi, arricchirsi e far si che le nuove generazioni portino i musulmani a guardare verso il futuro. Questo rispecchia perfettamente quell’ahadith in cui il Profeta Muhammad ( Pace e Benedizioni su di Lui) ha detto ‘’cercate la conoscenza, foss’anche in Cina’’. Ma, mi si obietterà, i musulmani in Europa non rischiano di sentirsi sradicati? Signori miei, per ottenere la cittadinanza di una nazione, da che mondo è mondo, bisogna conoscerne lingua e costumi: ripeto, questo non intacca certo l’essere musulmani. La religione non è un fatto etnico: devono per forza i musulmani parlare solo in arabo o con termini arabi, vestirsi all’araba? Cosa c’entra tutto ciò con la spiritualità? Il Cristianesimo ha compreso molto bene questo: San Paolo capì che il Cristianesimo, per farsi universale, non doveva parlare aramaico, ma greco e latino: Matteo Ricci, missionario gesuita in Cina, mutò il suo nome nel cinese Li Madou, imparò il cinese mandarino, armonizzò le indicazioni pratico-politiche di Confucio con l’etica cristiana:perché i musulmani, che oltre all’esempio di Avicenna, Averroè e al Kuwarizmi hanno anche l’ahadit che esorta a cercare la sapienza anche in Cina, paiono oggi rigettare il solo pensiero di entrare in contatto con la cultura occidentale, che può portare solo arricchimento? E’ forse una paura di alcuni uomini di potere che temono che i musulmani possano cominciare a pensare? Potere, questa è una parola chiave: perché una delle questioni più spinose del problema dell’islam europeo è un preteso conflitto giuridico tra leggi europee e pretese leggi religiose musulmane: questo è un nodo cruciale che l’islam in Europa deve affrontare se vuole divenire islam europeo: è ovvio che due legislazioni differenti non possono sussistere in unico stato: la legge deve essere eguale per tutti. Altrimenti si ripresenta il problema di ‘’ghetti’’, anzi un problema ancora più grave di ‘’stati nello stato’’. Ora, davvero la legge musulmana è incompatibile con l’Europa? Innanzitutto chiariamo che molto di ciò che è percepito come ‘’legge musulmana’’ non ha in realtà alcun fondamento religioso: spesso si tratta di tradizioni, anche retrograde: nel Corano non troverete alcun accenno alla lapidazione delle adultere, né tantomeno al ‘’velo’’, ma solo a coprirsi le parti intime ( an nur 31) o a mantelli ( al azhab 59) che solo a partire da ibn Taimyya, il giurista cui si ispira il pensiero di bin Laden, venne inteso nel senso che intendiamo noi oggi. Le mogli del Profeta furono donne importanti come le donne europee di oggi: Khadija fu un’imprenditrice di successo, Aisha un capo politico: perché invece nel mondo islamico attuale le donne vengono considerate delle eterne minorenni?. Avrebbe il Profeta tollerato un atto barbaro come il delitto d’onore compiuto dal padre di Hina? No, quella non è religione. E’tradizione. E quando la tradizione cozza contro i diritti umani, come nel caso del delitto d’onore, delle percosse e della reclusione delle donne, dell’infibulazione, dell’accettazione della pena di morte, del ritenere giusto che si possano uccidere donne a sassate, cose che sono tradizioni e non religione, ebbene lo Stato ha il dovere di punire severamente chi mette in pratica tali tradizioni. Nel mondo occidentale chi abbandona la religione cristiana non è condannato, mentre nel mondo islamico spesso si sentenzia la morte contro l ‘’apostata’’: ma il Corano dice ‘’la fakhr fi-din’’, non vi sia costrizione nella Fede ( al baqara 256). Quindi non solo uno stato laico occidentale non può, anzi non deve tollerare che alcuni sedicenti imam scaglino al proprio interno fatwe contro cosiddetti apostati, ma è pure contrario allo spirito coranico. Vi è, presso molte famiglie musulmane in Occidente, la barbara tradizione del matrimonio combinato. Anche questa è tradizione, non religione. E non può essere messa limitazione alla libertà degli uomini e delle donne nello scegliersi i compagni di vita. Molti tradizionalisti musulmani negano la parità dei sessi, ritenendo che l’uomo musulmano possa sposare una non musulmana, ma che sia proibito ad una musulmana il matrimonio con un non musulmano. Anche questo cozza con le leggi europee, che parlano di parità dei sessi e non pongono certo limiti o confessionali al matrimonio: ma anche qui si tratta di tradizione: molti teologi musulmani ammettono che la donna musulmana posa sposare il non musulmano: fra essi M.M. Taha, Abdullahi an-Na’im, Gamal al Banna; recentemente persino un estremista come Hassan al Turabi ha ammesso la possibilità per la donna musulmana di sposare il non musulmano. Ma vi sono anche altre parti del Corano che paiono cozzare contro la legislazione attuale: uno degli esempi più eclatanti è il fatto che la poligamia venga permessa (ma la monogamia è preferibile: an-nisa, 3): la poligamia è severamente condannata dalla legislazione europea: Ora, bisogna contestualizzare nell’epoca in cui il Corano è stato rivelato: Dio ha dovuto parlare in un contesto in cui gli uomini non potevano ancora comprendere la parità dei sessi, ad esempio. Infatti una donna restando sola coi figli poteva essere condannata ad una vita di stenti ( la poligamia è raccomandata per far si che gli orfani non restino privi di sostentamento). Oggi questa misura non avrebbe più senso, anzi sarebbe gravemente discriminante nei confronti della donna. Alcune misure drastiche prese dal Profeta lo furono solo perché il Messaggio non si sarebbe affermato. Riprendo il grande teologo sudanese Mohammed Mahmud Taha e il suo fondamentale ‘’il secondo messaggio dell’islam’’: il Messaggio eterno del Corano è l’Unicità di Dio e l’importanza dell’Uomo e il rispetto per la sua vita: il messaggio meccano: il messaggio medinese fu riguarda la prima comunità, nata in tempi e luoghi molto diversi da nostro, e in tempi molto più duri: questo argomenta il grande Taha: questa è l’unica via che può portare alla nascita di un islam europeo e non di un ‘’islam in Europa’’: molti musulmani non riescono a rigettare la pena di morte, mentre l’Europa la rigetta: c’è un contrasto? Può forse accettare la morte di un uomo un Dio il quale ha fatto inchinare addirittura gli angeli davanti all’Uomo e che ha rivelato che "chiunque uccide un uomo è come se avesse ucciso l’intera umanità’’ ( al Maida 32)? Certo, ci sono passi duri, ma ricordiamo in quale contesto ha parlato Dio. Il messaggio di fondo non è in contrasto certamente.Questo concetto è ripreso dal teologo egiziano Nasr Hamid abu Zayd, che vede un messaggio eterno e un messaggio contingente nel Corano. Giustamente abu Zayd nota che Dio ha usato l’arabo solo per farsi comprendere da un arabo, ma che una lettura letterale del testo senza contestualizzazione porta gravi rischi all’islam. Il problema che qui spendiamo molte belle parole, ma l’islam europeo stenta a decollare: perché alcuni sedicenti imam, che si sono attribuiti un’importanza che non hanno essendo semplici guide della preghiera e non avendo certo una funzione paragonabile a quella dei sacerdoti cattolici, usano l’islam come ‘’instrumentum regni’’ come arma di potere: brandiscono il Corano, mirano a creare uno stato nello stato con loro a capo, impediscono ai musulmani di dividere la politica dalla religione: eppure, e qui la civiltà europea ci potrebbe dare una grossa lezione perché ha già fatto questo errore, a cosa porta la teocrazia se non miseria, ignoranza o terrore? A cosa può giovare la teocrazia? E’ solo un danno alla religione, infatti il potere temporale dei Papi danneggiò il Cristianesimo, come certe teocrazie musulmane stanno danneggiando l’islam. (Fonte: "Islam Liberale)

Questo è un articolo kilometrico, ma merita veramente! Che dire? Magari tutti i musulmani, inclusi i convertiti, fossero così... !
Il problema che qui spendiamo molte belle parole, ma l’islam europeo stenta a decollare: perché alcuni sedicenti imam, che si sono attribuiti un’importanza che non hanno essendo semplici guide della preghiera e non avendo certo una funzione paragonabile a quella dei sacerdoti cattolici, usano l’islam come ‘’instrumentum regni’’ come arma di potere: brandiscono il Corano, mirano a creare uno stato nello stato con loro a capo, impediscono ai musulmani di dividere la politica dalla religione: eppure, e qui la civiltà europea ci potrebbe dare una grossa lezione perché ha già fatto questo errore, a cosa porta la teocrazia se non miseria, ignoranza o terrore? A cosa può giovare la teocrazia? E’ solo un danno alla religione, infatti il potere temporale dei Papi danneggiò il Cristianesimo, come certe teocrazie musulmane stanno danneggiando l’islam. I
nostri figli e le nostre figlie non potranno e non vorranno essi per primi essere un corpo diviso dal resto della società in cui vivono, si sentiranno disadattati. Il rifiuto totale della cultura europea e cristiana non renderà più forte l’islam, anzi, lo impoverirà e gli precluderà una visione più globale sulle cose. Chi impedisce questo ha paura. Ma questa paura sarà un danno perché prima o poi porterà alla rivolta contro gli imam e forse porterà molti musulmani ad accusare di queste cose l’islam in se. Quale giovamento può portare? Quale giovamento può portare una chiusura che alla fine è dettata solo da sciovinismo arabo e non da autentica spiritualità? Se non ci apriremo alla cultura europea resteremo sempre ‘’islam in Europa’’ e mai nascerà l ‘’islam europeo’’: sarà sempre un corpo estraneo: si può essere dei buoni musulmani anche vestendo con abiti moderni, parlando lingue moderne, sposandosi con europei: si è buoni musulmani crescendo i propri figli nella libera scelta e non nell’obbligo ( la fakhr fi din). Non esiste una comunità musulmana divisa dal resto del mondo, rimasta ferma a Medina nel VII secolo: la carta vincente è quella di quei musulmani che, come Averroè, si aprirono ad altri modi di pensare senza per questo abbandonare la propria Fede: di chi ragiona sul testo coranico e non lo recita semplicemente a memoria, e cerca di armonizzarlo con i diritti che razionalmente sono da estendere ad ogni uomo, come la parità dei sessi o il ripudio della pena di morte, come hanno fatto i grandi teologi Mohammed Mahmud Taha, Nasr Hamid abu Zayd o Abdullahi an-Na’im: non divisione dalla cultura occidentale, ma arricchimento reciproco.Cercate la sapienza foss’anche in Cina, disse il Profeta: ma per comprendere questa sapienza dovrete per forza imparare il cinese e prendere ciò che di buono nella saggezza cinese: e questo valga per l’islam europeo.

Per concludere, vorrei riportare l’argomento dal campo teorico ad un campo pratico. Questa è la testimonianza di una ragazza marocchina di 19 anni ‘’sono in Italia da dieci anni, tutto andava bene finchè ho cominciato ad uscire con un ragazzo della mia età che non è musulmano. Da allora mio padre vuole che porti il velo, non mi fa più uscire, mi prende a pugni e calci. Vi giuro, non ho più lacrime da asciugare. Conosco tante amiche che si trovano nella mia situazione e sono finite segregate in luoghi da cui non possono fare nemmeno una telefonata. Non voglio fare questa fine, vi prego, aiutatemi’’. Questo caso è affine a quello di Hina, e questi sono solo la punta di un iceberg. Ma come si può parlare di un islam europeo con molti, troppi casi come questo? Questo è apartheid, e dei peggiori, solo che ad imporlo non sono gli europei. E queste violenze non sono contrarie solo all’islam o al Cristianesimo, ma allo stesso spirito dell’Uomo. Leggi tutto ...

"LA BARBARIE CHE IL MONDO DEVE PUNIRE" , di Ayaan Hirsi Ali

I ribelli islamici, di ispirazione wahhabita e associati all'Unione delle corti islamiche, già scacciati da Mogadiscio nel 2006 dalle forze governative somale ed etiopi — con la benedizione degli Stati Uniti — oggi hanno il controllo della città di Chisimaio. Come primo atto di governo, hanno imposto la Sharia. E come sempre, la prima cosa che hanno fatto in nome di questa eccelsa legge tribale è stata quella di cercare una donna da punire. Una giovane di 23 anni, Aisha Ibrahim Dhuhlow, è stata lapidata per adulterio. L'hanno infilata in una buca e ricoperta di terra fino alla testa, per poi colpirla ripetutamente con pietre fino a che non ha esalato l'ultimo respiro. Alcuni in Occidente sostengono che l'Unione delle corti islamiche, che per poco non riuscì a «unificare» la Somalia nel 2006, rappresenta l'unica soluzione per arginare l'anarchia e riportare ordine in questa sventurata nazione, travagliata dalla guerra, dove io sono nata. Ma si tratta di un concetto errato. Lo stesso si era detto dei talebani in Afghanistan, nel caos che travolse quel Paese al ritiro delle truppe sovietiche. Soprattutto da una prospettiva femminile, l'unico ordine che si potrà riportare sarà quello del Medio Evo, non del ventunesimo secolo. Anzi, il mio timore per il prossimo decennio è che il ritiro degli Stati Uniti dall'Iraq e dal Medio Oriente, nel tentativo di affrancarsi dalla dipendenza energetica, non farà altro che infervorare ancor più i jihadisti e abbandonerà l'intera regione — la Somalia — nelle mani dei fondamentalisti islamici. È una prospettiva spaventosa. L'Occidente, in particolare, non deve trattare con leggerezza questa lapidazione e altri crimini dello stesso genere. I responsabili di questa barbarie contro i diritti umani dovrebbero essere incriminati, catturati e processati dal tribunale internazionale dell'Aia, come lo fu Slobodan Milosevic. (Fonte: "Corsera")

Sul blog di Deborah Fait, l' indignazione di due parlamentari somali, un uomo e una donna, Muna Ibrahim Abikar, per la lapidazione di Asha. permalink

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GRAN BRETAGNA: PRIMA DONNA IN EUROPA A GUIDARE PREGHIERA ISLAMICA DEL VENERDI'


Per la prima volta in Europa, una donna guida la preghiera islamica del venerdì: accade ad Oxford, con un sermone tenuto da Amina Wadud nell’ambito di una conferenza su islam e femminismo organizzata dal Muslim Educational Centre Oxford, di fronte ad un pubblico di donne e uomini. Wadud tre anni fa ci aveva provato a New York, ospitata da una chiesa anglicana, e aveva ricevuto pesanti minacce di morte dai piu' tradizionalisti. L'iniziativa non è ancora stata ripresa dai media arabi ed islamici, ma certamente sarà oggetto di severe critiche e attacchi da parte dei tradizionalisti. Anche se non è espressamente menzionato nel Corano, per le maggiori scuole musulmane, a guidare la preghiera degli uomini deve essere tassativamente un uomo. "Lo scopo della preghiera è un rapporto con Dio, ed è stato politicizzato da persone che lo vedono come un potere dinamico", ha detto la Wadud dopo il servizio. "È importante che le donne britanniche si sentono in grado di assumere un ruolo guida nella preghiera".
Mokhtar Badri,vice presidente della "Muslim Association of Great Britain" ha detto: "Per quanto ne sappiamo - in tutti i nostri scritti, in tutte le nostre moschee, in tutti i diversi continenti dove esistono i musulmani, le donne non conducono la preghiera".
A difendere la Wadud ci pensa Hargey (Taj Hargey è a capo dell' organizzazione che ha promosso l' evento, ndr.) : "Vi è stato un esempio specifico durante la vita del Profeta stesso dove ha lasciato condurre ad una donna una preghiera di congregazione mista. La signora era Umm Waraqah. E 'stata anche una delle prime donne che ha memorizzato l'intero Corano.Certamente era una donna che era istruita, erudita nella religione e una devota. Il Profeta Muhammad ha permesso che lei conducesse le preghiere nel suo quartiere." (Fonte: Islam Liberale")
Amina Wadud è un'afroamericana convertitasi all' islam negli anni 70. Oggi è una delle figure preminenti del femminismo musulmano.
Professore di studi islamici all'università del Commonwealth della Virginia, ha fatto scalpore nel marzo 2005 quando, richiamandosi alla figura coranica di Umm Waraqah, ha guidato la preghiera del venerdi' in una chiesa anglicana di New York di fronte ad un'assemblea mista di fedeli: ad oggi, infatti, è normalmente consentito ad una donna di guidare la preghiera di altre donne, ma non di gruppi misti o tantomeno maschili.
Il suo esempio è stato seguito, dopo qualche mese, anche da Asra Nomani, giornalista e scrittrice indiana naturalizzata statunitense, musulmana, femminista e nota attivista dei movimenti liberali nell' islam e del femminismo islamico. Nomani nel sermone che tenne sempre negli Stati Uniti, da una piazza pubblica, esordì così:"Stiamo affermando i nostri diritti come donne nell' islam. Non accetteremo più le porte di servizio o l'ombra alla fine della giornata, noi saremo guide del Mondo islamico. Noi stiamo guidando l' islam nel XXI secolo e reclamiamo il diritto a parlare che il Profeta ci riconobbe 1400 anni fa".
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mercoledì 29 ottobre 2008

PAKISTAN, ANCORA UN "DELITTO D'ONORE": MASSACRATA UNA RAGAZZA DI 17 ANNI

La giovane, accusata di relazione extraconiugale, è stata sbranata dai cani e finite a colpi di pistola dallo zio, che gode della protezione della corte tribale della zona. Alla base del gesto una disputa sui terreni. Condanna unanime del mondo politico, le associazioni per i diritti umani invocano giustizia.


Islamabad (AsiaNews) – Ancora un delitto d’onore ai danni di una ragazza in Pakistan: l’omicidio è avvenuto nel distretto di Khairpur, nella provincia meridionale di Sindh, e risale al marzo scorso anche se la notizia è filtrata solo negli ultimi giorni. Tasleem Solangi (nella foto), una giovane di 17 anni, è stata accusata senza alcuna prova di “immoralità”: la giovane avrebbe intrattenuto una relazione “extraconiugale” e per questo sarebbe stata punita dai familiari. Dalle prime ricostruzioni, emerge invece che all’origine del brutale assassinio vi fosse una disputa su alcuni terreni. La ragazza è stata uccisa solo per convincere il padre a vendere.
Il 7 marzo del 2008, Tasleem è stata uccisa con brutale efferatezza: prima le hanno scagliato contro un branco di cani che l’hanno più volte morsicata alle gambe, finché la ragazza è caduta a terra. I cani hanno continuato ad azzannarla prima che lo zio, Zameer Solangi, la uccidesse con un colpo di pistola. Spettatore impotente del massacro il padre di Tasleem, che avrebbe dovuto vendere un terreno allo zio e ai suoi complici. A spalleggiare l’omicida vi era anche un giudice tribale della zona, Karim Bux, che ha esercitato pressioni sulle forze dell’ordine perché non aprissero le indagini sull’omicidio. Lo stesso Karim, a maggio, ha composto una jirga – una assemblea tribale – per giudicare il caso, la quale ha “assolto" gli assassini e "garantito loro l’impunità”.
Gul Sher, padre della ragazza, lunedì 27 ottobre ha tenuto una conferenza stampa a Karachi denunciando l’omicidio e chiedendo al contempo giustizia: egli ha confermato che alla base del gesto vi erano problemi legati a “dispute sui terreni”, smentendo comportamenti “immorali” della figlia o eventuali tradimenti. Egli ha inoltre denunciato “false accuse” montate “ad arte” contro la giovane, mentre le forze dell’ordine hanno arrestato il marito, Ibrahim Solangi, che avrebbe confermato l’assassinio. Il ministro federale per lo sviluppo delle donne, Sherry Rehman (che era una collaboratrice di Benazir Buttho ed è stata ferita quando l' ex Premier pakistana è stata uccisa, ndr), condanna il gesto definendolo “un crimine disumano” e promette che il governo farà di tutto per punire i colpevoli. Il ministro conferma che il responsabile è lo zio, il quale ha ucciso la ragazza in seguito a una disputa su alcuni terreni con il padre della giovane. Anche il mondo politico stigmatizza il “delitto d’onore”, una pratica barbara e ancora diffusa in alcune aree del Paese, retaggio della cultura tribale che regna impunita. La Commissione per i diritti umani del Pakistan (Hrcp) e la Commissione asiatica per i diritti umani (Ahrc) invitano il governo a consegnare i responsabili alla giustizia e a difendere con maggiore efficacia i diritti dei più deboli. I genitori della ragazza uccisa hanno lanciato un appello al presidente pakistano Asif Ali Zardari e al Capo della giustizia della provincia del Sindh, Qaim Ali Shah, in cui chiedono “protezione” per possibili nuove violenze e l’arresto dei colpevoli.
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SBAI (PDL): FERMARE L'AVANZATA ESTREMISTA IN SOMALIA


Roma, 29 OTT (Velino) - "Sono esterrefatta di fronte al silenzio della societa' civile italiana riguardo alla lapidazione della ventitreenne somala, Aisha, a Chisimaio nei pressi di Mogadiscio. Si tratta dell'ennesima persecuzione di una donna, simile a quelle che si sono verificate nell'ultimo periodo in India, Iran e Afghanistan". Ad affermarlo e' Souad Sbai, deputata dal Pdl. "Questa tragica esecuzione, oltre a rappresentare la punta dell'iceberg del preoccupante fenomeno delle torture perpetrate ai danni delle donne, e' l'espressione della pericolosa avanzata di una politica fondamentalista a cui l'Europa deve rispondere in modo deciso e vigoroso. Sulla morte di Aisha e di tante altre donne non puo' e non deve cadere l'oblio. Vorrei rivolgere un appello al ministro Frattini - continua Sbai - affinche' il governo italiano esprima una posizione ufficiale, anche alla luce dell'imponente ondata terroristica delle ultime ore che ha colpito la sede Onu ed alcune rappresentanze diplomatiche in Somalia". (Fonte: "Arabyya")
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SOMALIA: LAPIDATA ADULTERA, UN PARENTE LA AIUTA E NEL CONFLITTO A FUOCO MUORE BIMBO


Primo episodio del genere a Chisimaio da quando È tornata nelle mani dei ribelli.
CHISIMAIO (SOMALIA) - Miliziani somali fedeli alle deposte Corti islamiche hanno giustiziato in pubblico una giovane donna accusata di adulterio, ricorrendo all'arcaico e macabro metodo della lapidazione: lo hanno denunciato testimoni oculari, secondo cui l'esecuzione è avvenuta nella tarda serata di lunedì a Chisimaio, città portuale situata circa 520 chilometri a sud-ovest di Mogadiscio, davanti a centinaia di spettatori, molti dei quali costretti ad assistervi, parenti della vittima compresi.
LA VITTIMA - La ragazza si chiamava Asha Ibrahim Dhuhulow e aveva 23 anni; tradizionale velo verde sul capo, il volto coperto da un panno nero, è stata condotta sul luogo del supplizio a bordo di un furgone per poi essere massacrata. Ai presenti è stato detto che lei stessa aveva riconosciuto la propria colpa, e accettato il suo crudele destino: ma, al momento di essere trucidata, si è messa a urlare e a divincolarsi, mentre i carnefici la immobilizzavano legandole mani e piedi. A quel punto un congiunto le è corso incontro, tentando di aiutarla, ma gli integralisti di guardia hanno aperto il fuoco per fermarlo, e hanno ucciso un bambino. Secondo i familiari, Asha non ha ricevuto un processo coranico equo: «L'Islam», ha ricordato uno di loro, «non permette che una donna sia messa a morte per adulterio se non sono presentati pubblicamente l'uomo con cui ha avuto rapporti sessuali e quattro testimoni del fatto». I giudici fondamentalisti si sono però limitati a replicare che puniranno in maniera adeguata la guardia responsabile della morte del bimbo. È il primo episodio del genere di cui si abbia notizia in Somalia da due anni: da prima cioè che, alla fine del 2006, le truppe del governo transitorio di Mogadiscio sconfiggessero le Corti islamiche con il determinante appoggio militare dell'Etiopia. I ribelli hanno però intrapreso una guerriglia difficile da contrastare, e lo scorso agosto si sono reimpadroniti di Chisimaio, reimponendovi leggi ispirate alla più vieta concezione dell'Islam; in città, per esempio, è proibita qualsiasi forma di svago perchè considerata blasfema. (Fonte: "Corsera", foto da "Kritikon")
E su UnpoliticallyCorrect , le "edificanti" considerazioni di una convertita italiana all'islam sulla lapidazione.
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NIGER: EX SCHIAVA VINCE LA CAUSA CONTRO IL GOVERNO

Hadijatu Mani, 24 anni, ex schiava ed ora eroina di migliaia di persone. Potrebbe essere presentata così la giovane Hadijatu Mani che è ruscita in una storica impresa: vincere una causa sulla schiavitù contro il suo governo, quello del Niger.




Nonostante la schiavitù in tutto il bacino dell'Africa occidentale rappresenti un reato da oramai molto tempo, secondo i dati delle Ong contro la schiavitù, sono oltre 40.000 gli schiavi solo nel territorio del Niger. E fino a poco tempo fa Mani era una di loro. Venduta a dodici anni per 500 dollari, Hadijatu Mani è stata stuprata più volte e costretta a lavori domestici e agricoli per oltre dieci anni. Poi la decisione di denuciare il Governo del proprio paese. Sostenuta dalle Organizzazioni non Governative la ventiquattrenne ha puntato il dito contro lo stato del Niger accusandolo di non averla protetta dalla schiavitù. La richiesta di Hadijatu Mani era di 50 milioni di franchi Cfa, cioè 77.242 euro. La sentenza emessa pochi giorni fa da parte del Ecowas, la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale parla chiaro: Mani è stata riconosciuta "vittima di schiavitù" mentre il governo del Niger è stato condannato come "responsabile dell'inerzia dei suoi servizi amministrativi e giudiziari." Insomma, condannato per essersene stato con le mani in mano.
Il risarcimento che spetterà dunque a Hadijatu Manisarà è "solo" di 10 milioni (15.448 euro) e la sentenza avrà valore vincolante per tutti gli stati membri dell'Ecowas (Benin, Burkina Faso, Capo Verde, Costa d'Avorio, Gambia, Ghana, Libia, Mali, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone e Togo). (Fonte: "Vivere Italia") Leggi tutto ...

martedì 28 ottobre 2008

MASHALLAH!

Chi sono quelli colpiti dal furore di Allah?
Chi sono gli sviati? (Fonte: "Unpoliticallycorrect", da "Comunità araba in Italia")
E poi un interessantissimo articolo su un'indagine Eurispes matrimoni misti: Leggi l'articolo
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lunedì 27 ottobre 2008

A MULHOUSE, FRANCIA, UNA MADRE USTIONA LA FIGLIA CHE VUOLE SPOSARE UN CRISTIANO


Una donna algerina è stata condannata a 6 mesi di prigione, con la condizionale, per avere bruciato la mano della figlia che voleva sposarsi con un ragazzo francese non musulmano.
La ragazza in udienza ha dichiarato: "Mia madre aveva anche incontrato i genitori del mio fidanzato e tutto lasciava intendere che sarebbe stato comunque accettato. Alla fine, invece, lei ha ritenuto che anche se si fosse convertito sarebbe stato sempre un marito con del sangue cristiano nelle vene". (Fonte: "Kritikon")
Dopo aver fatto una verifica disponendo una perizia psichiatrica, il 24 ottobre 2008 il tribunale ha condannato la madre della ragazza a 6 mesi, con pena sospesa ed obbligo del risarcimento danni da quantificare in altra sede.
Com’è diffusa costumanza nelle aule giudiziarie francesi, il giudice ha evitato di comminare l’aggravante religiosa nonostante le dichiarazioni della ragazza. di questa madre di 49 anni.
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DOCUMENTARIO EGIZIANO: LA SPOSERESTI UNA DONNA CHE HA GIA' FATTO SESSO?



Canzone della sexy cantante libanese Haifa Wehbe dal doppio significato, Bous el WaWa, ovvero Bacia la WaWa...che cosa sarà la WaWa? A buon intenditore poche parole... . Il significato proprio di "wawa" è "bua". Grazie a Stefania della spiegazione (ndr).


[Ho perso la mia verginità, ma ho ancora il pacco che la conteneva]

Un documentario egiziano sui delitti d’onore e sesso pre-matrimoniale ha provocato aspre critiche, oltre all’accusa di promuovere l’immoralità.
Il film di 35 minuti, scritto, diretto e prodotto dalla giornalista Amal Fawzi ha richiesto 150 ore per la sua realizzazione e comprende interviste con uomini sulle loro opinioni sul fatto di sposare donne che non sono vergini. Il documentario include anche interviste con donne hanno ingannato i loro mariti nel fargli credere di essere state vergini prima del matrimonio.
La discussione, che è seguita alla presentazione del film, ha provocato un dibattito acceso sull’argomento. La giornalista Nour al-Hoda Zaki ha manifestato apprezzamento per il documentario, per avere trattato il tema della violenza contro le donne e ha denunciato la violazione dei diritti della donna in Egitto. Dal momento che la perdita della verginità rappresenta una vergogna per la famiglia della donna, quest’ultima è spesso vittima di abusi domestici.
Una donna che non è vergine trova difficilmente marito e così le operazioni per riparare l’imene – imenorofia – sono diventate comuni nei paesi del mondo arabo, anche se sono effettuate clandestinamente. Un’altra domanda fatta agli uomini nel film era se si sposerebbero con una donna con la quale avessero dormito prima del matrimonio. La risposta è stata “no”, perché la donna – in questo caso - avrebbe rinunciato al “proprio onore” e perciò sarebbe incapace di mantenere l’onore anche dopo il matrimonio.(Fonte: "Arabi Democratici Liberali") Leggi tutto ...

CORTE COSTITUZIONALE TURCA: NO AL VELO

La Corte ha detto che gli emendamenti fatti dal Parlamento alla Costituzione, voluti dall'AKP che davano il permesso di indossare il velo nelle universita', erano contro i principi della laicità dello Stato.
La Corte Costituzionale tecnicamente ha accolto il ricorso presentato dal Chp, il Partito repubblicano del Popolo e il Dsp, il partito democratico di sinistra, in cui si chiedeva di abolire la contestata legge perché permetteva l'ingresso in università di un simbolo fortemente religioso come il turban, il velo islamico della tradizione turca, e nello stesso tempo rappresentava un potenziale motivo di frattura all'interno del Paese.
La legge sul velo era stata approvata lo scorso 9 febbraio, dopo un'intesa lampo fra l'Akp, il partito islamico-moderato per la giustizia e lo sviluppo in Turchia e il Mhp, il Partito nazionalista. (Fonte: "Arabi Democratici Liberali")
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sabato 25 ottobre 2008

INDONESIA, LEADER ISLAMICI DIFENDONO RELIGIOSO CHE HA SPOSATO 12ENNE

Giakarta, 24 ott. (Aki) - In Indonesia alcuni esponenti islamici difendono un leader religioso, proprietario di una scuola islamica, che ha sposato una bambina di 12 anni e si appresta a celebrare il matrimonio con altre due, rispettivamente di 9 e 7 anni. Il protagonista della vicenda è un uomo d’affari 43enne, che gestisce l'istituto Pondok-Pesantren Miftakhul Jannah a Semarang, nell'isola di Giava. E intanto, nel Paese asiatico, nelle ultime settimane manifestanti musulmani sono scesi in piazza per chiedere una legge che definirebbe pornografia anche le immagini di nudi artistici. (Fonte: "Unpoliticallycorrect")
Secondo quanto riporta il quotidiano ‘Kompas’ la dodicenne finita in sposa all'uomo, che ha già una moglie di 26 anni, proviene da una famiglia molto povera, così come le altre due bambine, il cui matrimonio potrebbe essere celebrato in tempi brevi. Il gestore della scuola islamica ha ammesso che “gli piacciono le bambine perché posso educarle e farle diventare delle buone donne”. Il leader religioso ha inoltre aggiunto che l'Islam consente il matrimonio con minorenni come dimostrato dal fatto che il profeta Maometto ha sposato la moglie prediletta Aisha quando questa aveva 7 anni. L'uomo ha in ogni caso assicurato che non avrà rapporti sessuali fino a quando le bambine non "avranno le mestruazioni". Secondo il governo indonesiano, una donna può sposarsi quando raggiunge 16 anni e un uomo quando al compimento dei 19. L’età del consenso sessuale è di 16 anni. Il rito religioso del matrimonio con la dodicenne è noto come 'nikah siri', ma non è riconosciuto dallo Stato. Aries Merdeka Sirait, rappresentante di Komnas Anak, l’ente governativo per la protezione dei bambini, ha detto ad AKI-ADNKRONOS INTERNATIONAL che l'uomo rischia la prigione. L'assistente sociale ha poi invocato l’intervento delle autorità religiose e civili. La notizia non sembra turbare i gruppi radicali. Al contrario, Hilman Rosyad Syihab, vice presidente del Parlamento e uno dei leader della formazione islamica del Partai Keadilan Sejahtera (PKS), ha detto che l'uomo "è giustificato perché segue l’esempio di Maometto". Ma Siti Musdah Mulia, la presidente della ‘Indonesian Conference on Religion and Peace’, ha invece ricordato che Maometto ha riportato Aisha dai genitori dopo averla sposata ed è ritornato a prenderla dopo che è diventata adulta.
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TURCHIA: "PIU' SPOSE BAMBINE E MENO ALCOLICI"

(…) Il governo islamico di Taiyyp Erdogan, con il ministero della giustizia, ha recentemente proposto una modifica della legge che regolamenta i matrimoni, per abbassare l’età minima per le donne da 16 a 14 anni. La proposta, illustrata due settimane fa ad Ankara, dicono i giudici, è giustificata dal fatto che molte giovani donne, di 14 o 15 anni, si presentano ai processi con i figli in braccio. «È la realtà sociale che ci spinge alla modifica normativa obbligandoci a tornare alla vecchia legge che Kemal Ataturk aveva eliminato per modernizzare la Turchia».
L’attuale ordinamento, risalente alla riforma del diritto di famiglia voluto da Kemal Ataturk, vieta in Turchia il matrimonio ai minori di sedici anni. Il ritorno al passato è rafforzato dalla proposta di abolire il reato di stupro nei casi in cui la vittima sia una quindicenne e lo stupratore si impegni a sposarla. Una norma così concepita abolisce sostanzialmente il reato senza preoccuparsi della salute fisica e psichica della donna. La ciliegina sulla torta è la riduzione della pena nei casi di violenza familiare. Il codice in vigore punisce con sette anni di carcere la violenza del marito verso la moglie. La proposta è di ridurre la pena ad appena un anno. Ma nel mirino del governo c’è anche la produzione e distribuzione delle bevande alcoliche nel paese. Anche qui l’ipotesi, contenuta in una proposta di legge, è di porre dei limiti alla pubblicizzazione e all’offerta di questi prodotti negli scaffali dei supermercati. Se la proposta passasse, non sarebbe più possibile fare campagne pubblicitarie o promuovere la sponsorizzazione di eventi da parte delle aziende che producono sostanze alcoliche, anche se in tantissimi quartieri delle grandi città come Istanbul, Ankara, Symrne e Adana, la vendita è già vietata.
(Fonte: "UnpoliticallyCorrect" da EuropaQuotidiano.it)

Su "Unpoliticallycorrect" anche un post su una convertita italiana che sogna "un Principe Scuro... un barbuto wahabita-salafita dai modi delicati e con in tasca un hadith giusto al momento giusto e un po' di datteri" e un post su Afef.
Il governo Erdogan ha già aumentato le tasse sui prodotti alcolici, a partire dalla produzione vinicola, in continua crescita ma sottoposta alla concorrenza del mercato internazionale. Tutti questi cambiamenti stanno trasformando la laica Turchia rendendola sempre più simile all’Iran. Anche Yashar Kemal, uno degli scrittori più conosciuti della Turchia, ha negato la settimana scorsa, in occasione di un incontro svoltosi alla Fiera del libro di Francoforte, il concetto di “Islam moderato”. Kemal si è detto convinto che non esiste l’Islam moderato, ma esiste un solo Islam. L’islam moderato, dice, è un’astrazione inventata dal governo degli Stati Uniti. In Turchia oggi è al potere un governo islamico che sta mettendo in pericolo la libertà e i diritti delle donne, compresi i diritti individuali più elementari. Avviene in forme velate, ma non per questo è meno pericoloso.
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venerdì 24 ottobre 2008

AFGHANISTAN, VERGOGNOSA CONDANNA A GIORNALISTA "BLASFEMO"


“Reporter senza frontiere” ha definito “vergognosa” la condanna a 20 anni di carcere del giovane giornalista afghano, Perwiz Kambakhsh. L’organizzazione che si batte a difesa della liberta’ dei stampa ha duramente criticato la decisione di un tribunale afghano di commutare in una lunga pena detentiva la condanna a morte di Kambakhsh, 23 anni, arrestato a gennaio con l’accusa di blasfemia per aver diffuso un testo tratto da Internet sui diritti delle donne.
Il caso aveva suscitato le reazioni di diversi Paesi occidentali, perche’ il giornalista e studente universitario era stato prima torturato durante la detenzione, poiche’ accusato di aver “insultato l’Islam”, e poi condannato a morte da un tribunale di Mazar-i-Sharif, nel nord dell’Afghanistan, in assenza di un avvocato. (Fonte: "Arabi Democratici Liberali", 22/11)

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IN ITALIA, DUE DONNE MAROCCHINE MALTRATTATE DAI PROPRI COMPAGNI



Cheb Khaled, cantante algerino di musica Rai, canta "Aicha" sui diritti delle donne. "[Aicha dice] voglio i tuoi stessi diritti, del rispetto ogni giorno..."

Primo caso:

Bergamo, 15 Ott - Per Fatima, 19enne marocchina, è stato un anno di percosse, violenze sessuale e droga. Fino a quando, nel dicembre del 2007, si è decisa a denunciare il suo convivente, un 20enne anch’esso marocchino, ai carabinieri della Tenenza di Seriate. Il giovane adesso è imputato in Tribunale con le accuse di lesioni, violenza sessuale e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La 19enne non avrebbe denunciato subito l’uomo per paura di ritorsioni, ma alla fine di dicembre, stanca di subire, era andata dai carabinieri . Prossima udienza il 3 dicembre.

Secondo caso:

Piacenza, 2 Ott - Una giovane sposa marocchina di 27 anni, minacciata con un coltello e picchiata dal marito, ha trovato il coraggio di chiedere aiuto. Approfittando dell'assenza del suo aguzzino si è sporta dal balcone e ha cominciato a gridare cercando aiuto. Immediato l'intervento di Vigili del Fuoco e Polizia, che hanno salvato la donna e la figlia di 3 anni, conducendole in una struttura protetta.
La Polizia sta indagando sull'ipotesi di reato di "violenza privata" con "minacce aggravate". (Fonte: "Arabi Democratici Liberali", 20/11)
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giovedì 23 ottobre 2008

ANCORA DALLA GIORDANIA/IN UN MESE OLTRE 1000 DIVORZI "VERBALI"


Roma, 21 ott. (Apcom) - In Giordania, secondo dati ufficiali raccolti dal quotidiano palestinese al Quds al Arabi, "in un solo mese sono stati oltre mille, i casi di divorzio 'verbale' avvenuti nel Paese": Per l'Islam, il matrimonio è considerato nullo a tutti gli effetti, se il coniuge maschio, rivolgendosi alla moglie alla presenza di due testimoni, pronuncia la fatidica frase "Io ti ripudio".
La fonte della notizia è l'Ufficio della Fatwa Giordana; ovvero la massima autorità islamica del Paese preposta per l'emissione di editti religiosi. Asharaf al Amry, Giudice della Shariya di Amman a capo dell'Ufficio della Fatwa, ha messo in guardia dalla diffusione del fenomeno anche se "i casi andati a finire in un divorzio effettivo - ha precisato al giornale - sono stati solo 482". Questo, grazie alla politica adottata dal suo ufficio di "sospendere" la trascrizione del divorzio "per almeno tre mesi"; Tempo ritenuto necessario per far sbollire la rabbia e "permettere ai coniugi di rivedere la loro decisione".
Al Amry, è tuttavia convinto che "un aumento del posticipo possa essere un buon deterrente": Si tratta di una somma che viene stabilita prima della firma del contratto di matrimonio. Nelle società musulmane dove non è previsto 'l'assegno familiare', la cifra rappresenta una sorta di 'liquidazione' che il marito deve "pagare interamente" all'ex moglie per ottenere il divorzio. (Fonte: "Faith Freedom", foto da "Liberali per Israele")

Vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre.
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GIORDANIA/ (HA) USATO VERSI DEL CORANO IN PROSA D'AMORE, POETA ARRESTATO

Amman, 21 ott. (Ap- Apcom) - Per avere utilizzato i versi del libro sacro dell'Islam, il Corano, in una sua prosa d'amore, un poeta giordano è stato arrestato dalle autorità giudiziarie del suo paese per offesa alla religione .
Un ufficiale giudiziario del paese arabo ha detto che il poeta locale Islam Samhan è stato arrestato per avere pubblicato una collezioni di poemi "Grazie come le Ombre" che "si suppone insulti il libro sacro, senza ottenere l'approvazione del governo giordano. L'ufficiale ha parlato in condizioni di anonimato perchè non autorizzato a rilasciare dichiarazioni ai media. (Fonte: "Faith Freedom")

Apparentemente questo post c'entra poco, ma in genere, un uomo a chi dedica poesie d'amore (sempre che le scriva), se non a una donna?
Comunque, se la Giordania vuole mantenere la fama di Paese moderato, dimostrare che l'islam è una religione di "pace e tolleranza" e combattere gli "stereotipi occidentali", come minimo non è questo il modo migliore!

Martedi scorso, Samhan era stato accusato di avere offeso la fede islamica e violato la legge sull'editoria per avere "inserito i sacri versi coranici in temi sessuali". Il poeta, citato dal quotidiano arabo al Quds al Arabi, aveva respinto le accuse di alcuni ulema che chiedevano il ritiro delle sua opera dalle librerie aveva affermando che "si tratta solo di versi di poesia che parlano d'amore" e dichiarando che "comunque non avrei i soldi per pagare un'eventuale multa".
Ma ora, se riconosciuto colpevole, il poeta rischia tre anni di carcere.
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mercoledì 22 ottobre 2008

MATRIMONIO IRANIANO

(Fonte: Vituccio)
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EMERGENZA MOLESTIE. EGITTO, PRIMA CONDANNA PER AGGRESSIONE SESSUALE

IL CAIRO - Tre anni di carcere per "aggressione sessuale". E'la condanna pronunciata da una corte egiziana nei confronti di un uomo ritenuto colpevole di aver assalito la sua vittima, lo scorso 25 giugno, mentre passeggiava per Heliopolis, esclusivo distretto del Cairo. La prima condanna, nel Paese, dopo l'allarme lanciato per i diritti umani sull'aumento di molestie e aggressioni sessuali, incluse quelle contro le turiste straniere. L'aggressore, Sharif Gommaa, è stato anche condannato a pagare 950 dollari di risarcimento. Sempre al Cairo, all'inzio del mese, otto giovani egiziani erano stati arrestati dopo un'aggressione di un gruppo ad alcune passanti. (Fonte: "Corsera")
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martedì 21 ottobre 2008

NON INDOSSANO IL VELO, DUE DONNE MINISTRO KUWAITIANE RISCHIANO DI ESSERE "DIMESSE"

Un comitato parlamentare ha deciso che il loro abbigliamento senza hijab viola la Costituzione e la legge elettorale. Il caso ora viene sottoposto al voto dei deputati.

Kuwait City (AsiaNews/Agenzie) – Rischiano di essere allontanate dal governo le uniche due donne che fanno parte dell’esecutivo kuwaitiano. Il Comitato parlamentare legale ha deciso che la loro presenza viola Costituzione e leggi, in quanto non indossano l’hijab, il velo islamico. La presa di posizione del Comitato sarà ora sottoposta al voto dei 50 deputati che compongono il Parlamento.
La Camera kuwaitiana è dominata dai conservatori, che nel Comitato avevano quattro dei sette componenti. Ma a votare contro le due donne sono stati anche i tre “liberali”. “Il Comitato ha deciso all’unanimità – ha infatti dichiarato il deputato Ali al-Hajeri, portavoce del Comitato – che la nomina dei due ministri ha violato l’articolo 82 della Costituzione e l’articolo uno della legge elettorale per aver mancato di attenersi alle regole islamiche”. Le due donne sotto accusa (nella foto, in una seduta parlamentare) sono il ministro dell’educazione Nuriya al-Sebih e quella per lo sviluppo amministrativo Mudhi al-Humoud.(Fonte: "AsiaNews")

Di Nuriya avevo parlato nel post IL CORAGGIO DI UNA DONNA: SENZA VELO IN PARLAMENTO .
Nominate dopo le elezioni del 17 maggio, e due donne hanno suscitato da subito la reazione negativa dei conservatori. Alla sua prima sessione, il primo giugno, il Parlamento approvò di portare il caso al Comitato, che ora ha deciso. Quello stesso giorno, al momento del giuramento, nove deputati uscirono dal’aula, in segno di protesta contro l’abbigliamento “non islamico” delle due donne. Della vicenda, non ha fatto cenno l’emiro Sheikh Sabah Al-Ahmad Al-Jaber Al-Sabah, che oggi ha inaugurato la seconda sessione parlamentare.
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lunedì 20 ottobre 2008

UN CRISTIANO E LA FIGLIA ARRESTATI E QUASI LINCIATI PER BLASFEMIA

Vicino Faisalabad, qualcuno dice che la ragazza ha strappato pagine del Corano, ma le versioni sono discordi. Aumenta l’intolleranza, mentre parlamentari parlano di “accuse inventate” per perseguitare i cristiani.

Chak Jhumra (AsiaNews, 13/11/'08) – Il cristiano Gulsher Masih e la figlia Sandal sono stati arrestati per blasfemia (art. 295 B del codice penale) per avere strappato pagine del Corano, il 9 ottobre nel villaggio di Tehsil Chak Jhumra, distretto di Faisalabad. E hanno anche rischiato il linciaggio.
Alcuni islamici dicono che, passando davanti la casa dei Gulsher, hanno visto la figlia Sandal strappare pagine del Corano e gettarle in strada, insieme al padre Masih. La storia è stata poi raccontata nelle moschee del villaggio, e subito la sera del 9 ottobre una folla inferocita di musulmani ha marciato per il villaggio, chiedendo a gran voce la morte dei blasfemi. Tra loro c’era persino gente di villaggi vicini, come il viceispettore Faryad spiega ad AsiaNews. Arrivati alla loro casa, hanno iniziato a lanciarci pietre contro e a colpire con bastoni porte e finestre (nella foto), hanno pure lanciato sassi contro una vicina chiesa protestante.
La polizia ha arrestato l’intera famiglia “per la loro stessa sicurezza” – prosegue Faryad. “Interi pulmini carichi di islamici hanno marciato sul villaggio, ma la polizia non li ha fatti entrare”.
Il cristiano Ayub Khawar racconta ad AsiaNews che la folla urlava di aggredire le case cristiane e lui, terrorizzato, è corso a casa, ha spento ogni luce e ammonito la famiglia di stare in totale silenzio e al buio.

Quella subita da Sandal non è una discriminazione in quanto donna. La condivide con suo padre e la sua famiglia. Ma sappiamo che, tra le "mille e una donna" che vivono nei Paesi islamici, ci sono quelle che subiscono discriminazioni perchè religione cristiana. Perciò ho deciso di postare anche questo articolo.
Ad accusare Sandal una donna islamica.

E’ critico Shahbaz Bhatti, parlamentare e presidente dell’Alleanza delle minoranze di tutto il Pakistan (Apma), che dice ad AsiaNews che l’accusa è del tutto inventata. “Non ci sono prove – dice – né indagini della polizia”, ma spesso l’accusa di blasfemia è usata per colpire i cristiani: appena qualche giorno prima la famiglia Gulsher aveva avuto un litigio pubblico con islamici.
L’Apma ha ottenuto la custodia degli altri membri della famiglia, non accusati di blasfemia, e li ha nascosti in un luogo sicuro e Bhatti assicura “la piena assistenza legale e finanziaria della famiglia. I nostri avvocati chiederanno subito il rilascio su cauzione”.
AsiaNews è stata al villaggio il 10 ottobre, ha parlato con vari islamici e ha visto che ci sono versioni diverse circa l’affermata blasfemia. Ghulam Ghaus dice che tre bambini cristiani di 10-12 anni, tra cui un figlio di Gulsher, hanno rubato un Corano da una moschea del villaggio e strappato le pagine per giocarci, lasciandole poi in terra, dove sono state trovate. Qualcuno ha accusato Sandal e la voce si è sparsa.
Master Kamal, insegnante di una scuola elementare cristiana, dice che Sandal ha trovato le pagine strappate tra i rifiuti in strada, le ha raccolte e date a una donna islamica, che invece l’ha accusata.
Lo stesso 9 ottobre un’accusa analoga di sacrilegio contro il Corano ha colpito l’islamico Rehmat Ali, a Faisalabad. Un passante ha visto Rehmat, che ha problemi mentali, gettarne pagine dentro l’acqua di scolo e ha chiamato i passanti. Lo hanno preso e malmenato, finché è arrivata la polizia che l’ha arrestato. La folla è poi sfilata per le vie, chiedendo la morte, e ha persino assalito la stazione di polizia di Batala Colony chiedendo la consegna del blasfemo per ucciderlo subito. La polizia ha caricato con bastoni e lanciato gas lacrimogeno.
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STATI UNITI - SHARIA NELLE ARTI. LA FOTOGRAFIA DI UNA DONNA NUDA CENSURATA A CAUSA DI MINACCE DI VIOLENZA

La fotografia “True You" del fotografo irano-americano Amir Normandi mostra una donna nuda che tiene uno specchio ed un rullo dipinto dinanzi al suo viso. Gli occhi di una donna velata appaiono nello specchio. Quest'artista la cui opera controversa denuncia il velo forzato delle musulmane, ha constatato che questa foto portava il suo proprio velo dopo che alcune persone che risiedono vicino alla galleria d'arte Pilsen hanno protestato. La controversia è emersa sabato mentre la camera di commercio vivere-insieme di Pilsen preparava un'esposizione che presenta le opere di artisti locali, anche quelle del fotografo irano-americano Amir Normandi. "L'interpretazione è che la donna nuda imprigiona la persona che è coperta, o viceversa", ha dichiarato Normandi, 60 anni, musulmano. (Fonte: tutte e tre gli ultimi post sono presi da Vituccio)
Ma lunedì sera, molti vicini si sono lamentati ed hanno anche minacciato di ricorrere alla violenza, secondo la camera di commercio. Per calmare i dimostranti, l'organismo ha coperto la finestra della galleria per nascondere i seni della donna. Normandi ha obiettato e ha ritirato la sua opera dall'esposizione, ma più tardi ha accettato di ritornare per esporre la foto in una zona meno visibile. Sherry Rontos, presidente della camera, ha dichiarato che l'organismo terrà una conferenza stampa giovedì per spiegare che hanno ritirato la foto a causa di minacce violente.
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STATI UNITI - UNA STUDENTESSA MUSULMANA SI INVENTA UN CRIMINE ODIOSO. RISCHIA 3 ANNI DI PRIGIONE

CAIR (Consiglio delle relazioni américano-islamiche) aveva emesso su questo "crimine odioso" un comunicato che é stato mediatizzato negli Stati Uniti… e che è risultato inventato da Safia, "la vittima".
Gruppi come il CAIR cercano di gonfiare le cifre sui crimini odiosi anti-musulmani, per coltivare il mito dell'islamofobia strisciante, di mantenere nei musulmani la mentalità del vittimismo, giustificare compromessi senza fine, senza contare la vendita di corsi "di sensibilizzazione".
Secondo i dati dell' FBI, risulta che CAIR gridi al lupo. Il tasso di crimini d'odio contro musulmani infatti è diminuito del 68% dal 2001. Inoltre, come in Canada, i musulmani sono, e di gran lunga, meno attaccati degli ebrei con crimini per motivi religiosi.
La studentessa che aveva dichiarato che un uomo mascherato e armato l'aveva attaccato dopo aver scritto insulti anti-islamici in un bagno delle donne al collegio di Elmhurst , è stata fermata venerdì dopo che un'indagine ha concluso che non ci sono mai state aggressioni.
Una settimana dopo che l'affare ha perturbato il piccolo collegio, il capo della polizia di Elmhurst, Steven Neubauer, ha detto che Safia Jilani,(foto) 19 anni, di Oak Brook, è stata fermata con l'accusa di avere fatto una denuncia falsa alla polizia, un crimine suscettibile di una pena di 1 a 3 anni di prigione. (Fonte: "Chicago Tribune")
Una settimana dopo che il fatto aveva turbato il piccolo collegio, il capo della polizia di Elmhurst, Steven Neubauer, ha dichiarato che Safia Jilani,(foto) 19 anni, di Oak Brook, è stata fermata con l'accusa di avere fatto una denuncia falsa alla polizia, un crimine suscettibile di una pena di 1 a 3 anni di prigione.
Il collegio ha rafforzato le sue misure di sicurezza, tra cui sorveglianze di polizia a piedi ed in automobile, e le guardie di sicurezza della città universitaria hanno offerto di accompagnare gli studenti musulmani attorno alla città universitaria.
Ma non c'erano uomini armati, secondo una dichiarazione congiunta della polizia di Elmhurst, del collegio e dell'ufficio del procuratore della contea di DuPage. "La totalità di tutti gli elementi di prova, e delle interviste con il personale e gli studenti del collegio… ha portato alla conclusione che quest'incidente non è mai avvenuto", ha detto Neubauer.
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UNA BAMBINA DI 11 ANNI, BRUCIATA VIVA DA SUO ZIO PER AVERE MESSO IL ROSSETTO

E' successo nel nord dell'India nella città di Jaipur. La bimba si era messa del rosseto e si era vestita in modo inadeguato.

Secondo la polizia, la bambina chiamata Nazmeen ha subito ustioni su più del 90 per cento del suo corpo e le sue possibilità di sopravvivenza sono minime. Suo zio Khan Said Salim, un musulmano conservatore di 55 anni, avrebbe versato del kerosene sulla bambina, prima che la ragazzina prendesse fuoco in presenza del fratellino in una stanza. Nazmeen in fiamme, riesce ad uscire dalla camera gridando aiuto. I vicini sono accorsi in suo aiuto. L'uomo ha dichiarato alla polizia, che era furioso nel vedere la bambina portare del rossetto sulle labbra ed essere vestita legermente, ma i genitori lo accusano di avere tentato di approfittare della bambina e l' avrebbe bruciata perché la bambina gli avrebbe resistito.
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I DIVERSI "VOLTI" DEL VELO ISLAMICO


Il fenomeno dell’uso del velo presso le donne musulmane, in evidente crescita, è spesso interpretato in Occidente secondo gli schemi e stereotipi che vedono in esso la manifestazione di una condizione, tutta da dimostrare, di subalternità femminile.
Innanzitutto l’obbligo del velo non si qualifica come principio cardine dell’Islam; invero Maometto parla di esso nel Corano non più di sei o sette volte, e sempre in modi che possono essere soggetti a varia interpretazione. In più di una occasione, infatti, la possibile spiegazione del concetto coranico del velo potrebbe ricondurre al significato di una «protezione» o di una «divisione», suggerita per sottrarre la donna al desiderio carnale ed invasivo dell’uomo. Ad esempio, un passo del Corano narra che una delle mogli del Profeta è costretta a celare il suo volto con un velo per sfuggire alle attenzioni di un uomo che si rivolge a lei in modo ambiguo e lascivo. Peraltro le mogli di Maometto non erano solite indossare il velo se non in occasioni particolari, nelle quali esse esplicitavano la loro condizione di musulmane. Ed in altri passaggi del Corano il Profeta fa proprio riferimento al velo come segno distintivo riservato alle donne musulmane quale prova identitaria della loro appartenenza religiosa. Non quindi obbligo passivo e generalizzato, e nemmeno imposizione gretta ed immotivata, ma - al contrario - manifestazione consapevole e convinta dell’adesione a principi religiosi, rappresentazione trascendente di un ideale di purezza ed intimo richiamo ad una spiritualità sentita ed intensa. È questo il significato attribuito all’uso del velo negli ambienti islamici non inquinati da tentazioni estremistiche ed intransigenti. (Fonte: "Liberali per Israele" e "Il Giornale")
Il discorso assume invece un connotato diverso se ci si sposta dal piano religioso a quello politico. Qui l’uso del velo si integra con un problema di libertà e di democrazia. Non è un caso che quei paesi del mondo islamico in cui si impongono movimenti integralisti le prime libertà che vengono a cadere sono quelle delle donne, ed il primo divieto di cui esse sono destinatarie è quello di mostrarsi a volto scoperto. Questa imposizione rappresenta, nei fatti, una sorta di «prova generale» di ulteriori azioni coercitive nei confronti delle donne - e non solo - ed assume vera e propria qualificazione di strumento di controllo e sociale e sessuale.
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domenica 19 ottobre 2008

ISRAELE/ASMA, DONNA ARABA CHE SOGNA POLTRONA SINDACO TEL AVIV

Quella di Asma, la prima donna araba che si candida alla poltrona di sindaco del comune di Tel Aviv-Jaffa, è una sfida doppia: da un parte contro gli israeliani nei confronti dei palestinesi, ma anche contro "il machismo" della società palestinese. Lo scrive oggi il quotidiano palestinese edito a Londra al Quds al Arabi.
Il giornale arabo dedica stamane un titolo in prima pagina al Asma Agberiah Zahalka, attivista per i diritti civili e presidente dell'Organizzazione Azione Democratica (da sinistra, l'amica e collega di Asma Samia Nassar e Asma in Egitto, ndr) che l'ha candidata per le elezioni comunali fissate per il prossimo 11 novembre. Nella sua intervista, la donna dice di voler realizzare due obbiettivi principali: "Uguaglianza tra arabi e ebrei" e "giustizia sociale e lotta contro la povertà e la disoccupazione", soprattutto per gli arabi israeliani.
Un altro tema che sta a cuore di Asma è quello di "ridurre la voragine sociale in cui vivono gli arabi rispetto alla comunità cittadina". La preoccupazione maggiore è quindi per "lo stato di disperazione dell'ambiente arabo" che "oramai non sa offrire altro che esplosioni di rabbia". (Fonte: "Liberali per Israele")
Ma la donna che sembra essere conscia delle scarse chances di affermazione, non rinuncia ad una punta di provocazione: "la mia - afferma - è una sfida duplice": alla società israeliana contro "una politica di discriminazione nei confronti di una donna "; e alla "società maschilista" palestinese, poiché "purtroppo ad oggi nella nostra società la donna viene sistematicamente repressa .
Sono sei i candidati alla poltrona di sindaco della città israeliana considerata il cuore economico del Paese: oltre a Zahalka, concorrono l'attuale sindaco Ron Huldai, il generale Oren Shaor, Dov Henin (Hadash), l'ex consigliere comunale Ya'cov Rener e il vice sindaco Pe'er Weissner.
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sabato 18 ottobre 2008

UN AMORE DIFFICILE DIETRO GLI SCONTRI ALLA BANLIEUE

Parigi violenta Via al processo per la morte di un bambino colpito da un proiettile nel 2005. All'indomani un duro intervento di Sarkozy.

"Un' araba non esce con un nero". Prima le minacce, poi la rissa e i colpi di pistola.

PARIGI - Forse un giorno si sarebbero sposati Mahamoudou "il negro" e Nadia "l'araba", due ragazzi della periferia di Parigi che si frequentavano da qualche anno. Ma ieri, Mahamoudou, 27 anni, originario delle isole Comore, è comparso in manette al tribunale di Bobigny con un'accusa terribile: omicidio. Accanto a lui, in aula, Salah e Mohamed, accusati entrambi di tentato omicidio.
"Un'araba non esce con un nero", dicevano questi due ragazzi di origine tunisina, fratelli di Nadia, 22 anni, commessa. All'inizio fu un ammonimento, poi un rimprovero, quindi un divieto, secondo un codice d'onore piuttosto in voga nella sottocultura delle banlieues francesi. Alla fine spuntarono le pistole.
E' una storia di amore e di violenza quella che si svolge il 19 giugno 2005 alla Courneuve, periferia di Parigi. I protagonisti sembrano usciti da West Side Story, una Giulietta tunisina e un Romeo africano nel quartiere-ghetto di Parigi. Ma la musica di Bernstein o i versi di Shakespeare sarebbero in questo caso una marcia funebre per l'unica vittima innocente e totalmente estranea alla vicenda: un bambino di undici anni, Sid Ahemed, ucciso da un proiettile vagante. (Fonte: "Corsera")
Fa caldo, i ragazzi giocano nella strada, le famiglie passeggiano fra i tristi palazzoni che qui vengono chiamati con i nomi di glorie nazionali. Davanti al "Balzac" un bambino, Sid Ahmed, aiuta il padre a lavare la macchina, un gesto d'affetto, nel giorno della festa del papà. All'improvviso, c'è un tafferuglio fra bande di ragazzi del quartiere. Sembra il "prezzo" quotidiano della vita d'immigrati in banlieue. Un litigio fra "dealers", uno sgarro, la lotta per il controllo del quartiere. Ma questa volta, la rissa degenera. Si sentono colpi di pistola, alcuni proiettili fendono l'aria, uno raggiunge al petto Sid che muore poco dopo fra le braccia dei genitori.
L'inchiesta accerta che a uccidere il piccolo Sid è stato Mahamoudou, il "negro" come firmava i bigliettini d'amore per la fidanzata. Pochi minuti prima del dramma, aveva fatto a pugni con i fratelli di Nadia. Poi era corso a casa, a prendere la pistola. "Ho sparato per intimidirli", dirà più tardi ai magistrati. Ma il proiettile vagante colpisce il bambino. Anche un fratello di Nadia spara, ma la pallottola si conficca nel muro di un caseggiato. La morte del piccolo Sid è la scintilla di una presa di coscienza collettiva della società francese sul clima di violenza e asocialità delle periferie. "Bisogna ripulirle con il karcher (la pompa automatica degli spazzini, ndr)", tuona Nicolas Sarkozy, allora ministro dell'interno, lanciato in una campagna presidenziale che si gioca in larga misura sui temi della sicurezza e della lotta alla criminalità. Il futuro presidente devia con durezza d'argomenti l'opinione pubblica: nelle periferie non c'è soltanto un problema d'integrazione, c'è soprattutto un problema di legalità, di repressione dei traffici di droga, di riconquista del territorio da parte delle forze dell'ordine. Anche nell'interesse di milioni di famiglie come quella del piccolo Sid. Ma le parole del presidente innescano anche la protesta dei giovani "banlieusars" e gli squilli di rivolta infiammeranno i quartieri della capitale per molte settimane.
Al processo, le versioni degli avvocati difensori contrastano. Quello di Mahamoudou sostiene la tesi della legittima difesa e della "storia d'amore" finita male. I fratelli di Nadia non ci pensavano due volte a usare la pistola. In passato, era stato ferito un fratello del "negro". Nel 2003, avevano sparato a un adolescente, rimasto paraplegico. "Volevano proteggere la sorella da un poco di buono", dicono i legali di Salah e Mohamed, ricordando i precedenti di Mahamoudou per traffico di stupefacenti. Attività in cui sono stati implicati anche i fratelli di Nadia. "Non siamo razzisti, è una questione di rispetto della famiglia", dicono in istruttoria.
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4 ANNI FA LA PRIMA DONNA LAPIDATA IN FRANCIA

Il 17 ottobre 2004, a Marsiglia, Ghofrane Haddaoui è stata assassinata a colpi di pietre. Il suo corpo è stato scoperto mal sotterrato due giorni dopo. L'autore dell'omicidio ha dichiarato che la giovane donna aveva accettato di seguirlo prima di cambiare idea. “folle di collera", l'ha presa a sberle violentemente, finendo su di lei gettandole grandi pietre sulla testa. Dopo avere a lungo lottato contro il termine "lapidazione", che si associa naturalmente all'islam, i mass media hanno dovuto mantenere un profilo basso dinanzi alla forza dell'evidenza. A seguito dell'omicidio, la madre della vittima ha pubblicato la sua testimonanzia, intitolata "Ils ont lapidé Ghofrane"(hanno lapidato Ghofrane).
Nel 2002 è stata bruciata viva a Vigny Sohane, altra ragazza musulmana di origine araba e si è cercato di "liquidare" il fatto come omicidio passionale. ("Vituccio", 17/11)
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SCULTURE DI CANTANTI LOCALI RITIRATE A DHAKA, IN BANGLADESH: "SONO IDOLI"

Dhaka, Bangladesh - Le autorità del Bangladesh sono state costrette a ritirare le nuove sculture installate all'aeroporto internazionale della capitale Dhaka, dopo le proteste dei musulmani che minacciavano di distruggerli, riporta l'agenzia France-presse. Le cinque statue che rappresentano cantanti popolari locali sono state create da Mrinal Haq, la scultrice più famosa del paese, per un progetto governativo destinato ad imbellire l'aeroporto internazionale di Zia. Ma migliaia di musulmani sono venuti a protestare contro le sculture, qualificandole come idoli e minacciandole di attaccarle con attrezzi elettrici. "Hanno formato un comitato di resistenza, ed hanno minacciato i lavoratori. Hanno anche dato un ultimatum di tre giorni per ritirare le sculture", ha dichiarato Sirahul Islam, capo della polizia dell'aeroporto. Secondo Haq, (la scultrice) l'impianto delle sculture è diventato uno dei suoi progetti più pericolosi: "Sono diventati così ostili, è diventato sempre più pericoloso e rischioso lavorarvi", dice. “Ho deciso di eliminarle poiché non volevo vedere affronti". (Fonte: Vituccio", (16/11)
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venerdì 17 ottobre 2008

SINODO: DIALOGO CAUTO CON L' ISLAM, NON RISPETTA DIRITTI DONNE

ROMA, 17 OTT (Velino) - Un Forum sulla “Parola di Dio”, insieme ad ebrei e musulmani? La proposta, emersa nel corso dei lavori del Sinodo, è stata scartata nel corso del dibattito nei circoli minores (i gruppi di lavoro più ristretti su base linguistica). Se infatti “con gli ebrei ciò sarebbe possibile”, hanno osservato i vescovi di lingua tedesca, con i musulmani sarebbe un problema: “Possiamo noi riconoscere il Corano come Parola di Dio?”. Il dialogo con l’Islam è stato sviscerato anche in altri gruppi. Forte la presa di posizione dei vescovi di lingua spagnola, che invitano a un dialogo cauto, che tenga conto dell’ordine socio-politico e giuridico dell’islam, spesso sovrapposto all’ordine religioso.
Nella relazione di uno dei gruppi ispanici, emerge anche l’indicazione di “avere presente la concezione (musulmana) del matrimonio e della famiglia, in cui i diritti delle donne non hanno la considerazione prevista dalla Dichiarazione universale dei diritti umani dell'Onu”. (Fonte: "Arabyya")

Passiamo dal profano, profanissimo di "Paperissima", al sacro!
Nei circules si è riflettuto anche sulla proclamazione della Parola di Dio. Due le principali direttrici del dialogo, quella omiletica e quella del lettorato. Sul primo fronte, si è registrato un forte movimento - capeggiato dai vescovi italiani - contrario a un compendio sull’omiletica, proposta emersa fin dai primi giorni di lavoro e avallata, tra l’altro, dal cardinale Arinze, prefetto della Congregazione per il culto divino. Sulla stessa scia i vescovi francesi, che propongono invece strumenti pastorali per una più ampia diffusione delle Sacre Scritture tra i fedeli (lettura della Bibbia in famiglia; settimane bibliche nelle diocesi; strumenti pedagogici anche online). Più omogenea è invece la richiesta di istituire un ministero del lettorato più strutturato e ampio, accessibile anche alle donne. Gli inglesi parlano di “ministri della Parola”, i padri sudamericani vedono in questa proposta una risposta alla mancanza di clero nelle loro diocesi. Molti gruppi hanno ipotizzato ministri straordinari della Parola (come già esistono ministri straordinari per comunione), preparati per questa missione e delegati ufficialmente dal vescovo.
Quanto al tema dell’interpretazione delle Scritture, gli spagnoli hanno invitato a non considerare come Parola di Dio soltanto la Bibbia, gli inglesi hanno invitato a sostenere le società bibliche e a incoraggiare la Federazione biblica. Originale il suggerimento dei francesi, che invitano ad approfondire la lettura ebraica della Bibbia, in modo attento alle edizioni critiche e alla datazione dei testi ebraici, cosa che potrebbe completare - sostengono - la ricerca del contesto del passo biblico secondo il metodo storico-critico.
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