venerdì 31 luglio 2009
"TROPPE MINACCE". UNA LEGGE CONTRO I FANATICI DI ALLAH
AFGHANISTAN: NUOVO RAPPORTO ONU SULLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE NEL PAESE
RAJA BENSLAMA VS. SYEDA HAMEED?
Giorni fa avevo postato questo http://www.milleeunadonna.blogspot.com/.../il-femminismo-islamico-trova-le-sue.html - . Volevo fare una precisazione sulla studiosa indiana Syeda Hameed (foto sopra), la quale proponeva una lettura femminista del Corano ha suscitato comprensibili polemiche. Io ho apprezzato il suo coraggio e la sua analisi, ma in effetti mi ha lasciato piuttosto perplessa una frase apologetica persino della sharìa:
"Come musulmana so che la legge islamica, quale fu estrapolata dai piu’ eminenti Fuqaha o giuristi, non ha mai ordinato le ingiustizie che vengono commesse contro le donne in nome della religione".

"La questione della donna è inscindibile da quella dell'islam. Quando dico che è inscindibile vuol dire che c'è una questione centrale che rivela il tutto, è una parte di un tutto che si rivela e quindi è una questione paradigmatica, centrale perchè la donna è l'altro primigenio, è il primo altro su cui si aprono gli occhi e quindi determina il rapporto di ogni comunità rispetto all'alterità di ogni altro essere. E' la donna il metro su cui si può misurare il grado di tolleranza della società e la sua capacità di non trasformare la differenza in inferiorità. Le società che non accettano l'alterità della donna come essere libero e la sua uguaglianza, la sua parità come simile, non accettano nessun altro e trasformano tutti i diversi in minoranze che incarnano quello che nella letteratura femminista si chiama il divenire femminile, che appunto è rappresentato da una serie di categorie che non necessariamente rappresentano le donne. La discriminazione si costruisce sull'odio, un certo odio sapientemente elevato a sistema, è una mina in azione, è una macchina che attacca le donne, continua a spezzare le vite di tutti gli esseri resi minori da tutte le società tradizionali e patriarcali. Gli uomini deboli, i poveri, i bambini, gli omosessuali, i pazzi, gli handicappati, i bastardi, i non correligionari. La questione della donna è quindi inscindibile in quanto parte di quella dell'islam. L'islam e la donna hanno un nemico comune, che è il totalitarismo religioso in tutte le sue forme. I nostri testi sacri non possono più essere una fonte di legislazione se non creando le peggiori disuguaglianze liberticide. Dobbiamo rinunciare all'idea, che secondo me è un'impostura intellettuale, molto diffusa anche fra le femministe e fra le antifemministe islamiche, che l'islam ha liberato la donna, che la sharìa le rende giustizia, che la mette in condizione di parità rispetto all'uomo. Questa cosa non è vera, è una vera negazione della realtà storica". (Dal "Islam. Istruzioni per l'uso, di Valentina Colombo, Mondadori, 2009)
giovedì 30 luglio 2009
DIRITTI UMANI. IRAN, MARYAM RAJAVI IN ITALIA INCONTRA PARLMENTARI E GIURISTI
CONVERTITE
Perché a una donna musulmana non è permesso sposare un uomo non musulmano?
Il versetto 34 della Sura an-Nisa (4) recita: “Gli uomini sono preposti alle donne, perchè Allah ha elevato alcuni di loro [esseri umani] su altri, e per il fatto che essi spendono [per esse] dei propri beni”. Da questo versetto possiamo dedurre che l’uomo deve assumersi la responsabilità, la guida e la direzione della famiglia. Ora, se una donna musulmana sposasse un non musulmano, quest’ultimo diverebbe la sua guida e tutore e ciò è chiaramente in contraddizione con i versetti del Corano che negano il diritto ai miscredenti di essere tutori dei credenti, per esempio il versetto 141 della sura sopraccitata afferma: “Allah non stabilisce mai alcuna via per i miscredenti [per avere la meglio] sui credenti”.
Inoltre questo tipo di matrimonio comporterebbe una serie di problemi che complicherebbero assai la vita di entrambi, ma in particolare della donna. Immaginate infatti se l’uomo bevesse alcoolici o volesse che la moglie gli preparasse cibo con la carne di maiale, cosa potrebbe fare la moglie? Oppure se il marito non fosse nemmeno cristiano o ebreo, sarebbe impuro, come potrebbe vivere questa donna con una persona impura? qui (Fonte: Unpoliticallycorrect )
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mercoledì 29 luglio 2009
LA FOTO DEL MOMENTO: MATRIMONIO DI MASSA AD AMMAN
AP Photo - Spose velate giordane si preparano a partecipare a una festa di matrimonio di massa ad Amman, venerdì 24 luglio 2009. Cinquantotto tra spose e sposi hanno preso parte al sedicesimo matrimonio di massa organizzato dall'associazione islamica Al-Afaf, probabilmente legata ai Fratelli Musulmani giordani, per incoraggiare i matrimoni islamici tra persone che non potrebbero sostenerne i costi. (da http://www.black-iris.com/ )

L' ARABIA SAUDITA? UNA PRIGIONE FEMMINILE A CIELO APERTO
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martedì 28 luglio 2009
QUEI "MODERATI" DI HAMAS CHE IMPONGONO IL VELO ANCHE ALLE AVVOCATESSE
Sta suscitando proteste una decisione di Hamas a Gaza di imporre velo e ''abiti modesti''alle avvocatesse palestinesi in tribunale. ''Si tratta di una discriminazione contro le donne e un attacco alla liberta' personale'' afferma l'organizzazione per i diritti civili Pchr-Gaza. Il giudice della Corte Suprema di Gaza impone, dal primo settembre, particolari ''divise'' per gli avvocati maschi e femmine: abiti scuri per entrambi e per le donne anche il velo. Da Ansa
Ma se ora anche questi di Hamas sono "moderati", sarebbe interessante sapere chi sono gli estremisti... (per non parlare di terroristi, massacratori di gente inerme, sfruttatori di civili come scudi umani, ecc. )
(Fonte: Esperimento )
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G.B: POLIZIOTTE COL VELO
L’iniziativa ha trovato riscontro favorevole da parte della comunità islamica: «Siamo molto contenti per quest’aggiunta nell’uniforme della polizia - commenta Rashad Azami, imam della comunità islamica di Bath - è un gesto che incoraggia un rapporto il fiducia tra la polizia e la comunità islamica. La polizia ha lavorato a stretto contatto con la comunità musulmana in questi ultimi anni, la loro cooperazione è stata molto utile e speriamo che questo nuovo passo la rafforzi ulteriormente». Ma c’è chi vede in questo “apertura” un’avanzata dell’islam in Europa. (Fonte: Liberali per Israele )
lunedì 27 luglio 2009
ISLAM, SPOSA ITALIANA E MAROCCHINO PATTEGGIA PER BIGAMIA. ERA SOLO SEPARATO DALLA PRIMA MOGLIE E LA SECONDA AVEVA 16 ANNI
E poi leggete: «Niente più cittadinanza con le nozze» Leggi tutto... .
(ANSA) - Milano 15 Lug - ''La sua religone dice che puo' sposarsi con tante donne''. Cosi', davanti al gip di Milano Guido Salvini, una donna italiana di 35 anni ha cercato di difendere l'ex marito marocchino, accusato di bigamia per aver cercato di trascrivere in Italia il suo secondo matrimonio con una connazionale, contratto quando non era ancora divorziato dalla prima moglie, ma solo separato. L'uomo, davanti al giudice, ha patteggiato una pena di 8 mesi di reclusione. Il marocchino, Bouzekri L., 39 anni, arrivato in Italia nei primi anni '90, si era sposato nel '94 con una donna di Pavia, Stefania P., e aveva cosi' ottenuto la cittadinanza italiana nel '98. I due si erano separati nel 2003 e l'uomo era subito andato in Marocco per sposarsi con una connazionale di 16 anni e mezzo, gia' divorziata nel suo Paese.
Le nozze erano state celebrate ''secondo i precetti del Corano e della tradizione islamica'', come recita l'atto datato agosto 2004. La sposa era stata ''concessa in matrimonio dal padre'' e aveva ricevuto una dote. L'uomo, portata la seconda moglie in Italia, nel settembre 2008 aveva richiesto la trascrizione delle nuove nozze in Italia, ma l'ufficiale di stato civile di Assago (Milano) aveva inviato una nota alla magistratura. ''Sapevo che mio marito sarebbe andato a sposarsi in Marocco - ha spiegato la prima moglie al giudice in qualita' di persona offesa - Quando l'ho sposato sapevo che, per la sua religione, all'estero avrebbe potuto sposare altre donne''. Davanti al magistrato, invece, la sposa marocchina si e' presentata con l'hijab sul capo e se lo e' tolto su invito del giudice. ''Non avevo capito che senza divorzio ci fossero ostacoli - ha spiegato - perche' in Marocco si puo' sposare piu' di una donna''. Il gip Salvini nella sentenza ricorda ''gli obblighi'' e le ''conseguenze derivanti dalla scelta di divenire cittadino italiano''. (Fonte: Souad Sbai)
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JAMILA BIN HABIB SULL' OMICIDIO DELLE 4 AFGHANE IN CANADA
L’ esempio britannico
Il 23 gennaio 2006, Banaz Mahmoud Bakabir, una giovane donna d’origine curda, è stata selvaggiamente assassinata alla periferia di Londra. Strangolata e seppellita in un tronco nel giardino della casa di famiglia, il suo corpo è stato trovato il 28 aprile. Gli assassini: suo padre e suo zio. Ciò che è ancora più scandaloso in questa vicenda, è l’inazione della Polizia metropolitana di Londra, che Banaz aveva ripetutamente contrattato esprimendo le sue preoccupazioni di essere uccisa, senza che alcuna Protezione le sia stata offerta.
La polizia britannica si sta piegando sulla morte di 117 casi di donne sparite in circostanze misteriose, durante questi ultimi 15 anni. Uno Studio del Center for Social Cohesion (Centro per la Coesione sociale), intitolato Crimes of the Community (Crimini della Comunità), apparso a Febbraio 2008, ha raccolto numerose testimonianze di donne vittime della violenza familiare. L’inchiesta mostra ugualmente come la complicità delle autorità pubbliche banalizzi i crimini d’onore e si metta al servizio di capi religiosi integralisti. Più vicino a noi, il 10 dicembre 2007, un crimine d’onore è stato commesso contro un'adolescente di 16 anni, Aqsa Parvez, nella regione di Toronto (Canada).
L’omicida, suo padre, non sopportava affatto il modo d’essere, di vivere e di vestirsi di sua figlia. Quest’ultima aveva così inventato ogni tipo di strategia per sbarazzarsi di questo velo ingombrante che le veniva imposto dalla famiglia. Sebbene il suo assassinio sia risuonato da una parte all’altra del nostro Paese, in Québec ci si è ben guardati dal qualificare questo Assassinio come crimine d’onore. (Fonte: Lisistrata , vedi Permalink )
domenica 26 luglio 2009
STUPRATA DAL BRANCO A OTTO ANNI. ORA LA FAMIGLIA NON LA VUOLE PIU'
A LONDRA, CITTA' METICCIA, ARRIVA IL DELITTO D'ONORE
sabato 25 luglio 2009
IL FEMMINISMO ISLAMICO TROVA LE SUE RADICI NEL CORANO. L' OPINIONE DI SYEDA HAMEED
Sia l’islam spirituale sia l’islam politico sono zeppi di storie e di lotte che hanno per protagoniste donne forti, non soggiogate. L'intervento di Syeda Hameed (foto) a Nuova Delhi.
"E quante donne hanno diretto gli affari, si sono fatte notare per l’intelligenza e la perfezione, e la loro istruzione non dipendeva dagli uomini". Questa frase e’ stata scritta nel 1892 da Hind Nawfel, la prima donna egiziana a dare vita ad un giornale femminista in arabo, "Al-Fatat", che fu seguito da una lunga scia di periodici femministi nei successivi due decenni. In effetti, all’epoca della prima guerra mondiale, piu’ di 25 giornali femministi arabi venivano prodotti da donne in tutto il Medio Oriente: al Cairo, a Damasco, a Beirut, a Baghdad. Hind Nawfel parla di donne musulmane forti ed indipendenti, la cui fiducia in se stesse e la cui assertivita’ non erano avvolte nei veli. Ci sono state tante di queste donne, queste grandi antenate, le "Perdute regine dell’ islam", come dice Fatima Mernissi, che sono sempre state parte integrante della tradizione islamica, ma i cui nomi sono stati oscurati dalle sabbie del tempo, i cui successi sono stati dimenticati, e il tutto e’ stato rimpiazzato con un’immagine differente.
E’ lo stereotipo che vuole le donne musulmane prive di potere, oppresse, deboli, senza voce. Oggi vorrei discutere con voi quest’immagine (dando riconoscimento al fatto che esiste non solo come immagine) ma anche viaggiare attraverso i secoli e gli spazi dell’islam per mostrarvi che cio’ che vedete e avete visto non e’ il quadro completo. Sia l’islam spirituale sia l’islam politico sono zeppi di storie e di lotte che hanno per protagoniste donne forti, non soggiogate, le cui eredita’ ci chiedono oggi di ripensare le donne nell’islam, di reimmaginarle.
Vorrei cominciare con la Surah "Al Ahzab", il comando coranico spesso citato al giorno d’oggi per ribadire l’eguaglianza tra donne ed uomini [la Surah viene ovvamente letta dalla dott. Hameed in arabo, io ne riporto parte in versione italiana - ndt]:
Questa Surah postula l’eguaglianza tra uomini e donne. Eppure attorno a noi vediamo giornalmente come questa eguaglianza, questa dignita’, che fu data come diritto di ciascuna di noi e di noi tutte, vengano violate. La condizione che vivono i 75 milioni di donne e ragazze musulmane in India mi strazia. Come musulmana so che la legge islamica, quale fu estrapolata dai piu’ eminenti Fuqaha o giuristi, non ha mai ordinato le ingiustizie che vengono commesse contro le donne in nome della religione.
Sono stata membro della Commissione nazionale per le donne. Nella ricerca per documentare lo status delle donne musulmane, ho viaggiato per il paese in lungo e in largo, dalle metropoli come Chennai, Trivandrum, Bangalore e Bombay a piccole citta’ come Ahmedabad, Tezpur, Kozhikode, Bhopal, a villaggi ancora piu’ piccoli come Reshampura in Gwalior, Hariya ki Ghari in Mathura, Sudaka in Mewat e Nehtaur in Bijnore, e ovunque ho tenuto audizioni pubbliche con le donne musulmane, per ascoltare i loro problemi.
Ho udito storie di matrimoni di bambine, di poligamia, di divorzi unilaterali. Ho udito storie di sorelle adolescenti che avevano stretto il patto di aiutarsi reciprocamente a morire, perche’ erano state tolte da scuola per essere date in mogli. Le donne hanno narrato di come vengono separate dai figli, o come viene loro comunicato il ripudio via posta o persino via e-mail dopo decenni di matrimonio. Nessuno, ne’ le loro famiglie ne’ la societa’, si era fatto avanti per aiutarle. […]
Nel periodo in cui tentavo di comprendere le molteplici difficolta’ incontrate dalle musulmane indiane, mi imbattei nelle interpretazioni femministe del Corano. La mia scoperta comincio’ con gli scritti di Fatima Mernissi. Altre studiose femministe seguirono: Amina Wudood, Riffat Hasan e, piu’ di recente, Farida Shaheed. Costoro hanno guardato all’islam attraverso una lente di genere, ed hanno trovato un mondo differente dall’islam patriarcale che viene insegnato e propagato.
Fu allora che i versetti della Surah che ho letto poco fa, e che parlano di uguaglianza fra donne ed uomini, furono rivelati.
La risposta che venne da Allah nella Surah metteva in discussione i ruoli che regolavano la relazione interpersonale tra i due sessi. Le donne ebbero tale successo nella loro ricerca che un’intera Surah fu rivelata, e porta il loro nome. Essa contiene nuove indicazioni che furono interpretate poi dai giuristi e codificate come legge civile musulmana. Per esempio, le leggi sull’eredita’ danno dettagliate istruzioni sul rapporto fra donne e proprieta’.
Per dirla francamente, la Surah "Al Nisa" privo’ gli uomini dell’epoca dei loro privilegi tradizionali. La donna non poteva piu’ essere vista come una proprieta’, un bene di consumo, non poteva piu’ essere "ereditata" come un pezzo di terra (cosa che però accade ancora oggi, quando la vedova è tenuta a posare il cognato, ndr!), ma per la prima volta poteva ella stessa ereditare. In effetti cio’ ebbe l’effetto metaforico di una bomba, a Medina, perche’ scosse le fondamenta del patriarcato. Dio c’era in eguaglianza per donne ed uomini.
E il femminismo islamico, comunque, non e’ nulla di nuovo. Fin dai primordi, le donne nell’islam hanno contribuito ad ogni aspetto della vita, hanno fatto poesia e persino guerre. Il loro contributo e’ stato immenso, ed e’ impossibile elencare tutte queste donne ed i loro successi, pero’ puo’ essere interessante esplorare alcune delle loro storie che si estendono nei continenti e nei secoli.
La prima a cui penso e’ Hazrat Khadija, moglie del Profeta. Poi sua figlia Hazrat Fatima Zehra. E le sue nipoti, Hazrat Zainab e Hazrat Kulsum, e le donne che affiancarono Imam Husain, il nipote del Profeta, alla battaglia di Karbala. […]
Tali donne erano forti, determinate e disposte a lottare: molto distanti dall’immagine comunemente accettata che vuole le donne musulmane silenziose, acquiescenti e separate dal resto del mondo. Esse smantellano il mito che le societa’ islamiche non sono interessate dalla lotta delle donne per i propri diritti. Invece, come in ogni altra societa’, comunita’ o religione, le donne si sono alzate in piedi ed hanno lavorato per la giustizia sociale, lottato per i diritti delle donne, sfidato la visione patriarcale attribuita all’islam ed hanno vissuto vite di cui esse stesse definivano i termini.
E ci sono numerose donne musulmane, oggi, invisibili e senza nome, che giornalmente lottano contro l’ingiustizia, il patriarcato e l’oppressione, anche se questo non le fara’ finire sui libri di storia. I media non riportano il loro valoroso impegno; le vittorie che ottengono e le loro interpretazioni del Corano sono oscurate, e l’islam viene presentato ovunque come contrario alle donne.
Per contrastare questo stato di cose, e’ importante andare indietro e capire le origini dell’islam. Dobbiamo ricordare che l’islam nasce in un contesto: era inteso per guarire i mali di una società araba preislamica. In quel momento e in quel luogo, le parole del Profeta, il suo messaggio, erano sicuramente rivoluzionarie. Ma noi musulmani ci aggrappiamo a quelle parole senza comprendere lo spirito profondo che ci sta dietro, e qui e’ il nostro problema. Ibn al-Arabi, ne La mistica dell’islam, ha detto: "Tutto cio’ che la tradizione ci ha lasciato sono mere parole. Sta a noi scoprire cosa esse significano".
Il Profeta ci ha mostrato una strada e noi l’abbiamo intesa come una destinazione. Non siamo cambiati, non abbiamo progredito, abbiamo fatto pochi passi e poi ci siamo fermati. Le porte della "ijtehad" (interpretazione) ci sono state chiuse in faccia da interessi di parte.
Abbiamo smesso di leggere e di capire lo spirito del Corano. Abbiamo smesso di valutare criticamente gli Hadith (I detti del Profeta). Abbiamo smesso di comprendere il messaggio di Allah e ci basiamo sulle sue interpretazioni fatte da altri. Abbiamo imbevuto l’islam di altre religioni, ma non di cio’ che c’e’ di buono nelle altre religioni, l’abbiamo imbevuto di ideologia patriarcale e cultura della separatezza. […]
Inoltre, dobbiamo smettere di considerare i musulmani una massa omogenea. I musulmani non sono un monolito. Le loro condizioni ed i loro problemi variano da paese a paese, da stato a stato, persino da distretto a distretto, proprio come le condizioni di ogni altro gruppo. I musulmani algerini, sauditi, francesi e indiani sono completamente differenti. Persino entro la stessa India, i musulmani delle zone di Kerala, Karnataka e Tamil Nadu stanno economicamente assai meglio dei musulmani delle zone di Bihar e Assam. E mentre i musulmani e i non musulmani si imbarcano in questo viaggio di introspezione e mutua comprensione, il governo deve mantenere i propri impegni per l’equita’: il rapporto della Commissione Sachar ha mostrato che una donna musulmana indiana su due e’ analfabeta, cioe’ che solo il 50% delle donne musulmane sa leggere e scrivere. Si tratta della percentuale piu’ bassa del nostro paese. Similmente, la percentuale del musulmani che si situano sotto la linea di poverta’ e’ molto piu’ alta della media nazionale.
Le zone a maggioranza musulmana hanno minor accesso a servizi pubblici quali l’acqua, gli ospedali e le scuole. Tutto questo io l’ho visto con i miei occhi a Benares, Malegaon, Murshidabad. Un governo democraticamente eletto e’ vincolato ad onorare la promessa di rimuovere iniquita’ e discriminazioni.
Per quanto riguarda le donne musulmane, noi stiamo creando nuovi modi affinche’ reclamino uno status che appartiene loro di diritto, attraverso la promozione di programmi educativi, usando l’apprendimento a distanza, aprendo speciali ostelli per donne, tenendo seminari per ispirarle alla leadership ed al dispiegamento delle loro capacita’ e volonta’. Se togliamo il tappo, per cosi’ dire, alle potenzialita’ delle donne questo avra’ certamente un effetto di riverbero sulle loro comunita’. Dobbiamo ricordare cio’ che Maulana Hali (un uomo, ndr), poeta e femminista, disse ai suoi tempi, un centinaio di anni fa. Questi versi famosi parlano semplicemente e direttamente dello status delle donne nella societa’, non solo delle donne musulmane, ma di tutte le donne:
"O sorelle, madri, figlie voi siete l’ornamento del mondo voi siete la vita delle nazioni voi siete la dignita’ di ogni civilta’".
E’ in questa luce che dobbiamo reimmaginare le donne musulmane. Nella luce lasciata a noi dalle grandi antenate che ci hanno precedute, queste donne che hanno sfidato le strutture e le norme dell’ingiustizia, ed hanno lastricato la strada per noi sin dalla stessa fondazione dell’islam. Hanno creato un varco per le donne, ed anche per gli uomini, un varco attraverso il quale possiamo seguire i loro passi e creare un nuovo sentiero che ci conduca all’eguaglianza. Siano le loro lotte, la loro saggezza, il loro coraggio a guidarci e a donarci il potere di ricostruire l’immagine delle donne nell’Islam come pilastri di forza, donne che esprimono fiducia e vigore, che camminano al loro proprio passo in ogni paese del mondo.
In conclusione, vorrei chiudere con una poesia di Iqbal:
"Non temere il vento avverso, o falcone. Esso soffia contro di te solo per spingerti piu’ in alto". (Fonte: http://www.minareti.it/, da http://www.lavocedifiore.org/ , 23/7 )
venerdì 24 luglio 2009
GERMANIA/UNA RIFLESSIONE DOPO L'OMICIDIO DI MARWA AL-SHERBINI, di Nesrine Malik
Nesrine Malik (foto) è un’autrice e commentatrice di origine sudanese residente in Gran Bretagna.
Molti parlano di islamofobia costantemente alimentata e legittimata in Europa. Per Nesrine Malik però "forse dovrebbero evitare di lanciare critiche quegli arabi e quei musulmani che non sono essi stessi esenti da colpe".
“Martire del hijab”. Così gli egiziani ora chiamano Marwa al-Sherbini. La trentunenne donna egiziana, velata, moglie di uno studente post-laurea in Germania è stata accoltellata a morte – in tribunale – da un uomo tedesco identificato solo come Axel W. Costui era stato condannato per averla chiamata “terrorista” (fra le altre cose) mentre lei stava giocando con il suo bambino di tre anni in un parco. Il corpo di Marwa è stato sepolto al Cairo lunedì scorso alla presenza di migliaia di persone, alcune delle quali scandivano: “Non vi è altro dio che Dio, e i tedeschi sono nemici di Dio”.
Questo caso ha fatto esplodere la rabbia nel mondo arabo, e in Egitto in particolare, per il fatto di essere stato poco riportato dai mezzi di informazione occidentali, e per la convinzione che questo attacco, descritto dalle autorità tedesche come un attacco isolato portato a termine da un “lupo solitario”, sia invece il culmine di un’islamofobia costantemente alimentata e legittimata in Europa. Il marito della vittima è stato anch’egli accoltellato mentre cercava di proteggerla, ed è stato poi ferito gravemente dai colpi sparati da un poliziotto che lo aveva scambiato per l’aggressore – un fatto che ha aumentato le connotazioni razziste dell’episodio.
Blogger e commentatori si sono lanciati nel gioco del “cosa sarebbe accaduto se”, scambiando la razza e la nazionalità della vittima con quella dell’aggressore, per sottolineare come sarebbe stata differente in quel caso la reazione dei tedeschi (e degli europei in generale). L’assassinio del regista Theo van Gogh è stato anch’esso invocato come un esempio del diverso valore attribuito alle vite dei musulmani e dei non musulmani. L’indignazione ha suscitato inviti a rompere i rapporti con la Germania, e anche a dichiarare una “giornata mondiale del hijab” per onorare la memoria di Marwa. Il fatto che l’omicidio sia stato commesso da un neo-nazista in Germania contribuisce poco a stemperare la percezione che i musulmani siano il bersaglio di un odio razziale.
In un articolo apparso sull’Huffington Post, Firas al-Atraqchi si è soffermato sulla “minaccia strisciante” dell’islamofobia in Europa, affermando che “dato il razzismo che molti musulmani subiscono in Europa, l’assassinio di una donna egiziana a causa del fatto che portava il velo non dovrebbe essere semplicemente liquidato come il gesto di un singolo uomo che molti ora definiscono psichicamente malato”. Il sito web IslamOnline si è spinto a chiedersi se l’uccisione di musulmane velate in Europa sia una “tendenza imminente”.
Questo omicidio e le sue conseguenze sono senza dubbio preoccupanti. A tre giorni da questo evento, l’unica importante fonte mediatica occidentale che aveva dato notizia dell’incidente è stata l’Associated Press – lasciando che per il resto fossero i blogger egiziani a dare risonanza alla cosa. Alcuni crimini perpetrati da musulmani, ed il modo sensazionalistico in cui i media ne hanno parlato, hanno innegabilmente contribuito a una standardizzazione del linguaggio e della discussione, che può tradursi in incidenti a sfondo xenofobo in cui l’islamofobia può diventare veicolo del razzismo. Quando si preme il tasto del panico morale/economico/sociale, la gente cerca qualcuno a cui dare la colpa e, come ha osservato la European Muslim Union, “i musulmani sono visti a volte come una possibile opzione”.
Tuttavia, da qui all’idea di una discriminazione globale, di tipo cospiratorio ed istituzionalizzato, contro i musulmani in Europa – un’idea che sta prendendo piede in alcuni paesi arabi suscitando inviti a rompere i rapporti diplomatici ed a boicottare i prodotti europei – il passo è grande. I musulmani (me compresa) sono soliti protestare sostenendo che non si dovrebbe permettere alle azioni di pochi estremisti di diffamare l’Islam ed i suoi fedeli nel loro complesso – ma è esattamente quello che i musulmani rischiano di fare a loro volta riguardo agli europei ed alle azioni di Axel W.
L’amara ironia della violenza contro Marwa al-Sherbini è che l’aggressore si trovava in tribunale per appellarsi contro una multa di 750 euro che gli era stata comminata per aver insultato Marwa nel 2008. Le autorità si erano chiaramente mostrate non accondiscendenti riguardo all’incidente, ed è stato il precedente verdetto del tribunale che ha scatenato la collera dell’aggressore la scorsa settimana. Malgrado il hijab e la religione di Marwa, lei aveva avuto sufficienti diritti per intentare una causa contro Axel W e per ricevere un appoggio a livello ufficiale nella sua azione legale, ma tutto questo è passato in secondo piano in mezzo all’indignazione scoppiata nei paesi arabi.
Tuttavia, forse dovrebbero evitare di lanciare critiche quegli arabi e quei musulmani che non sono essi stessi esenti da colpe. Il gioco del “cosa sarebbe accaduto se” può essere capovolto, come fa Khaled Diab quando si chiede: “se una donna occidentale o locale fosse aggredita o uccisa in un paese musulmano per non aver indossato il velo, il suo caso attirerebbe molta attenzione in Egitto o in altri paesi musulmani?”. Egli ricorda anche i pregiudizi contro i copti in Egitto e cita il caso di Maher al-Gohary, un convertito al cristianesimo a cui sono stati negati i documenti di identità da un tribunale egiziano, come esempio di discriminazione contro i convertiti al cristianesimo. Questa argomentazione legittima, tuttavia, non dovrebbe essere utilizzata per suggerire che i musulmani provengono da una civiltà arretrata e pertanto non meritano eguali diritti.
Certamente, l’assassinio di Marwa è avvenuto sullo sfondo dei recenti commenti del presidente francese Sarkozy sul burka, e dell’ascesa dei gruppi di estrema destra alle ultime elezioni europee, che rafforzano ulteriormente la sensazione, da parte dei musulmani, di essere una minoranza sotto assedio. Il “martirio del hijab” subito da Marwa è divenuto un simbolo dei rischi che si corrono se ci si distingue come musulmani in Occidente, ed ha sollevato serie preoccupazioni. Tuttavia sembra che le autorità tedesche, malgrado il blackout dei media, stiano gestendo la questione con la dovuta attenzione. Spero che coloro che hanno espresso osservazioni infuocate in Egitto ed in altre parti del mondo arabo non soccombano a una collera che ci farebbe soltanto piombare in un circolo vizioso di ostilità. (Fonte: http://www.minareti.it/ , 15/7)
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L' ORRORE DEI DELITTI D'ONORE DILAGA IN OCCIDENTE
Delitto d’Onore in canada – Tre arrestati per l’ omicicidio di quattro ragazze islamiche che sono state trovate morte in un’auto sommersa, il mese passato Canadahonorkilling .
La Presse riporta ora che il padre, la madre e il fratello delle ragazze sono stati arrestati sulla Strada verso l’Aeroporto di Montéal, e che la deceduta “zia” o (alternativamente) “cugina” era, in effetti, la prima moglie first wife del padre delle ragazze (il padre ha poi sposato un'altra donna, la madre delle ragazze perchè la prima non poteva avere figli, ndr). Le parole “crimine d’onore” iniziano a venir prese in considerazione dai giornali. Zainab, 19 anni, tempo fa aveva ricevuto minacce di morte e temeva per la sua vita. (Fonte: Lisistrata ) Leggi tutto
Leggi tutto ...LETTERA DELL' UCOII ALLA CANCELLIERA MERKEL (SU MARWA SHERBINI)
In seguito alla tragica vicenda dell’assassinio della nostra sorella Marwa Sherbini, il presidente dellUCOII Mohamed Nour Dachan ha indirizzato questa accorata lettera alla cancelliera della Repubblica Federale Tedesca Angela Merkel
gent.ma signora Cancelliera,
Le scrivo per esprimerle il dolore e la preoccupazione della comunità islamica in Italia e mio personale per l’assassinio della nostra sorella Marwa Sherbini, trucidata in un aula di Giustizia.
Come lei ben sa si trovava in quell’aula perchè si era rivolta allo Stato per vedersi riconosciuti quei diritti che la Costituzione e la Legge del suo Paese le attribuiscono, tra i quali il diritto alla libertà religiosa e all’identità culturale nel leale e preciso rispetto delle istituzioni e delle consuetudini della Repubblica Federale Tedesca.
La dinamica dei fatti non lascia dubbio alcuno sulla singolarità dell’azione, sulla sua imprevedibilità e sulla sua obiettiva repressione e pertanto non è nostra intenzione rivolgere critiche all’operato della magistratura e della polizia tedesca.
Dobbiamo tuttavia lamentare un clima. Un clima d’islamofobia diffusa e senza nessuna reale ragione d’ordine pubblico, fomentato da alcune forze politiche e dal comportamento spesso irresponsabile e scandalistico di alcuni media.
Nel Suo paese vive una grande comunità di musulmani, radicati e integrati, lavoratori e lavoratrici che hanno contribuito non poco alla rinascita della Germania dopo gli anni terribili della guerra. Questa comunità oggi è preoccupata e attonita e dev’essere rassicurata in merito alla sua sicurezza.
Compito Suo signora Cancelliera e del Governo che presiede; sarebbe bello che dal Suo Paese emergesse una nuova concezione dell’Europa aperta ed accogliente, che sceglie la solidarietà e la giustizia per superare la dura crisi che ci affligge tutti, e non piuttosto irrigidimenti vetero-identitari che allontanano le persone, le dividono in gruppi etnici e confessioni religiose implementando sempre più fenomeni d’intolleranza anche gravi e marcate ghettizzazioni.
In ultimo vorremmo chiederLe che lo Stato Tedesco s’assuma appieno, con rapidità e giustizia, la tutela e la garanzia delle vittime sopravvissute che tanta sofferenza stanno durando e dureranno poi per tutta la vita.
Voglia signora Cancelliere, considerare questa lettera come proveniente da famigliari delle vittime, animati dall’inquietudine e nel dolore del lutto.
RETTORE UNIVERSITA' DI DURAZZO: NO AL CHADOR
giovedì 23 luglio 2009
SVEZIA, IL TOPLESS AL TRAMONTO SOTTO LO SGUARDO DEGLI ISLAMICI
Ci mancherebbe: è sempre stato così, è ancora così, a Malmö; che è la terza città della Svezia; che è, o dovrebbe essere, il paese liberale e delle libertà sessuali un tempo sognato da tanti italiani, e mitizzato dal grande Alberto Sordi nel «Diavolo», anno di grazia 1963. Di più: 46 anni dopo, 20 giorni fa, proprio il municipio di Malmö ha dato ragione a un agguerrito gruppo femminista, e ha bocciato la proposta partita da ambienti conservatori di vietare il topless nelle piscine pubbliche della città. Per questo ci si attendeva una parata di muscoli toracici femminili, a mo’ di manifestazione politica. Ma non c’è stata, come certifica il palestrato Zakariah. E la spiegazione la custodisce forse l’ufficio anagrafe.
Due mondi qui convivono, e si urtano, come mai era accaduto in tanti secoli: poiché in questo pezzo di Europa, per la prima volta, il mondo arrivato per ultimo — quello degli immigrati musulmani — sta per raggiungere in forza e capacità di attrazione il mondo «di prima», e la minoranza sta per diventare maggioranza. Proprio in Svezia, come forse in altri paesi europei, è comparso di recente il «burkini», incrocio fra bikini e burqa che consente di tuffarsi anche alle ragazze più timorate: c’è almeno una grande piscina che già lo fornisce a noleggio. E in questi anni, sulle spiagge svedesi, più d’una volta la visione di qualche bellezza discinta — magari accanto a qualche famigliola di immigrati con una ragazza velata — ha provocato momenti di tensione, o di disagio.
Il testo del regolamento comunale approvato alla fine è degno del re Salomone: «Ciascun frequentatore delle piscine deve indossare un costume da bagno», senza più sottilizzare su pezzi di sopra o di sotto. Ma più ancora della protesta femminista, per il Comune di Malmö hanno contato le tradizioni locali da rispettare: forse la Svezia non è mai stata il paradiso delle giunoni bionde e disinibite sognate da Sordi, ma non è mai stata neppure un algido collegio di beghine. Bisognerà cercare un compromesso per rispettare le libertà di tutti, dicono i più pacifici interlocutori dei blog. Come uno, che azzarda una diagnosi imparziale: «Ho vissuto in Svezia per anni, ricordo che al mare il topless e anche i bambini nudi erano una norma. Credo che la gente abbia cambiato mentalità per 3 ragioni: la sessualizzazione della nudità, l’aumento dei cittadini stranieri, e la paura dei tumori della pelle».
Ma c’è anche chi digrigna i denti: «Il mancato divieto del topless? So che i musulmani e gli americani se ne diranno sconvolti: ma se lo sono, allora se ne vadano e non tornino più. Qui siamo in Europa, non a Bagdad o a Washington».
BANGLADESH, MINORENNE INCINTA DOPO STUPRO: COSTRETTA A SPOSARE L' AGUZZINO
In Bangladesh le donne sono spesso vittime di violenze e abusi, la maggior parte dei quali rimangono impuniti. AsiaNews in questi anni ha più volte documentato casi di giovani stuprate, donne e bambine sfigurate dall’acido, vittime di faide familiari, ragazze emarginate perché si convertono al cristianesimo e vengono ripudiate dalla famiglia.
Nelle scorse settimane Annie Halder, attivista cattolica, ha denunciato la crescita continua di violenze, in particolare contro “quante decidono di convertirsi al cristianesimo”. Fra i tanti, la donna ha ricordato il caso di Christina Goni Gomez, “uccisa dagli estremisti” per apostasia.
mercoledì 22 luglio 2009
IN ARABIA SAUDITA LA LAPIDAZIONE E' DEMOCRATICA
martedì 21 luglio 2009
INTERVISTA A FATIMA, NIPOTE DI BENAZIR BHUTTO
"Per screditarmi dicono che sono l'amante di George Clooney" afferma, smentendo la relazione con l'attore americano.
La nipote di Benazir vuole invece parlare del suo Paese e di politica. Laica, single e di sinistra, denuncia crimini e corruzione. E accusa il premier e la sua famiglia.
(... ) L'avvertimento è netto. "Non mi si parli di questa storia del mio supposto amore con George Clooney. Altrimenti finisce qui", ingiunge risentita dopo oltre tre ore d'intervista. Inutile ripeterle che comunque deve ammettere che la vicenda è ghiotta: la 27enne promessa della dinastia Bhutto, single e carina - che subito dopo l'assassinio della zia Benazir il 27 dicembre 2007 venne indicata come la vera erede per carattere e forza intellettuale del nonno, il carismatico fondatore del Partito Popolare (la maggior formazione politica del Paese) Zulfikar Ali Bhutto (come il nonno si chiama il fratello 18enne di Fatima, che studia all'università in Inghilterra, ndr) - avrebbe un legame con uno degli attori americani più quotati del momento? ... "Sono tutte invenzioni, falsità. Non c'è nulla di vero, io Clooney non l'ho mai incontrato. E comunque tutti questi pettegolezzi mi hanno già anche troppo danneggiata. Non posso fare altro che negare. Punto e fine", aggiunge con un guizzo di sospetto.
FADILA LAANAN, IN BELGIO LA MINISTRA ARRIVA DAL SUD
Il Belgio affida il dicastero della Salute a una cittadina di origini maghrebine.
Fadila Laanan, marocchina di origine berbera, e di nazionalità belga, è considerata come un modello brillante per l’integrazione e l’accesso ai centri decisionali in Belgio. Già Ministro della Cultura, della Gioventù e dell’Audiovisivo nel gruppo francese in Belgio, riveste ad oggi la carica di Ministro della Salute. Fadila Laanan, impegnata in passato nella promozione delle pari opportunità è riuscita in un arduo compito: quello di conquistarsi la fiducia del popolo belga e di accedere alle alte cariche di uno stato la cui popolazione immigrata, secondo le ultime stime, supererebbe il milione di unità a fronte di un numero di residenti di origine marocchina che ammonta a 88.600 unità.
La carriera del ministro della Salute belga inizia nel 1993 quando entra a far parte del PSE Partito Socialista (PS-Spa) e prosegue con una serie di incarichi istituzionali presso i gabinetti di diversi ministeri. Candidata nel 2000 nel comune di Anderlecht, viene eletta consigliere comunale; nel 2001 presta giuramento come membro del Consiglio di polizia fino a diventare nel 2002 capogruppo del PS per la zona di polizia di Midi. Nel 2004 diventa Ministro della Cultura, della Gioventù e dell’Audiovisivo. Ad oggi Fadila Laanan si occupa con scrupolo e responsabilità del suo ruolo istituzionale e costiuisce un perfetto esempio di integrazione in un Belgio che ha una forte presenza araba e che, come tanti altri Paesi, affronta la sfida e i problemi legati alle dinamiche del multiculturalismo. (Fonte: Arabiyya )
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lunedì 20 luglio 2009
JACKSON; ANCHE ARABI IN LUTTO, RAGAZZA TUNISINA SI E' TOLTA LA VITA
