domenica 29 marzo 2009

INDIA - SI CONVERTE ALL' ISLAM PER SPOSARE COLUI CHE L' AVEVA VIOLENTATA E SFUGGIRE ALL' OSTRACISMO

Una donna ha dichiarato ad un tribunale di Nuova Delhi, in India, di voler sposare l'uomo che è accusato di averla violentata nel 2005, e di essersi convertita all'islam a tale scopo. La donna é Ostracizzata e incalzata dallo stupro e crede che sposare il suo aggressore metta fine al suo tormento.
Quasi quattro anni dopo essere stata violentata da Ali, Sheila (i due nomi sono di fantasia) si è convertita all'islam ed è pronta a prenderlo come marito.
Sheila, che aveva prima identificato l'imputato ed aveva testimoniato contro lui davanti al tribunale, ha detto che dalla denuncia dell'accusato nel 2005, gli abitanti del suo villaggio denigrano costantemente l'immagine della sua famiglia.
"L'affare dello stupro ha trasformato la mia vita in inferno e compromesso le mie possibilità di condurre una vita coniugale felice in futuro. Voglio sposare Ali, poiché il nostro matrimonio metterà fine al mio tormento", ha dichiarato Sheila dinanzi al tribunale. (Fonte: vituccio72, da Hindustantimes)
Ha anche chiesto alla corte di liberare l'imputato sotto garanzia, affinché possa sposarla. Il tribunale era d'accordo con il pubblico ministero che la liberazione sotto garanzia era inadeguata in un caso che mette in causa un crimine di tale violenza. Un avvocato per le vittime di stupri ha detto che la madre di Ali aveva fatto pressione su Sheila perché accetti di sposarsi, nella speranza di fare uscire suo figlio di prigione.

30 commenti:

Anonimo ha detto...

Povera donna! Va a buttarsi tra le braccia del suo aguzzino ...
Grandmere

Alessandra ha detto...

E dell'islam... .

caposkaw ha detto...

con simili esempi, è permesso diventare un po' razzisti e xenofobi?

Alessandra ha detto...

Diciamo che con simili esempi si può capire... .

esperimento ha detto...

Povera illusa (e anche masochista)!
Ma... ostracizzata da chi?

Alessandra ha detto...

Lo dice: dagli abitanti del suo villaggio perchè ha denunciato colui che l'aveva violentata. Tempo fa, Barbara del blog, diceva che anche i fuori casta si convertono all'islam perchè sperano di aver più giustizia... .

barbara ha detto...

Sì, però è una cosa un po' diversa: i paria non hanno letteralmente nessun diritto, neanche di entrare in un fiume a rinfrescarsi in una giornata calda perché se no contaminano l'acqua, né di attingere a un pozzo ecc. quindi è chiaro che nell'islam avranno comunque qualche diritto e qualche libertà in più. Per quella ragazza invece la conversione significa entrare nella tana del lupo, mettersi direttamente in mano a un criminale, rinunciare a quel minimo di speranza di ottenere mezza briciola di giustizia che poteva avere prima.

Alessandra ha detto...

Evidentemente non aveva giustizia neanche prima, visto che nel suo villaggio l'hanno emerginata e la sua famiglia ha subito minacce dopo che lei ha denunciato il suo violentatore. Se deve ridursi alla conversione all'islam, deve essere veramente in una situazione tremenda. Poi sposare il suo aguzzino... .

barbara ha detto...

Avrebbe potuto scappare e andare in qualche altro posto, a differenza del paria che è paria in qualunque luogo.

CloseTheDoor ha detto...

Ciao Alessandra, ti segnalo questa iniziativa:

Valperga, 4 aprile 2009
Teatro comunale di Valperga
Via Verdi n. 7 - Valperga (TO)
Ore 16

Presentazione dei libri di

Sara Hejazi "L'Iran s-velato" (Aracne)

e di Sumaya Abdel-Qader "Porto il velo, adoro i Queen" (Sonzogno)

Incontra le autrici
Serenella Zedda, Giornalista televisiva

Modera
Paola Zoppi, Direttrice artistica

Sabato 4 aprile, a LibrInTerra, presso il Teatro Comunale di Valperga, avverrà la presentazione del volume di Sara Hejazi, "L'Iran s-velato. Antropologia dell'intreccio tra identità e velo", edito da Aracne, 2008. Ricercatrice dell'Università di Torino, ha incentrato i propri studi sul ruolo che ha rivestito e che riveste, tuttora, il velo nella Repubblica Islamica d'Iran. Il velo è il filo conduttore fra presente e passato, dall'epoca dello Scià alla Rivoluzione di Khomeini. Un'analisi sulla figura femminile che emerge nei confini nazionali e che approda alla diaspora; il velo diviene simbolo della diversità non solo in patria ma anche in Occidente. Il testo di Sara Hejazi ci permetterà di affrontare, e chiarire, i molti stereotipi dei quali si fa carico la simbologia del velo.

Ospite, con Sara Hejazi, sarà Sumaya Abdel-Qader, nata e cresciuta in Italia, da famiglia giordano-palestinese, che presenterà il suo libro "Porto il velo, adoro i Queen. Nuove italiane crescono", edito da Sonzogno, 2008. La storia di Sulinda, la sua scelta di velarsi in un paese occidentale, la porta immediatamente ad essere considerata diversa, tutto ciò che fa assume una luce particolare, camminare per strada, andare in palestra, al mare, oppure andare in vacanza all'estero. Il testo di Sumaya Abdel-Qader consente al pubblico di confrontarsi con il significato intenso che il velo ha oggi nella nostra società.

Ingresso libero

Per informazioni
www.librinterra.com

Alessandra ha detto...

Grazie Close, ma non mi sarà possibile andare.Avevo letto del libro di Sumaya Abdel-Qader: interessante il titolo "Porto il velo, adoro i Queen". Ho delle riserve comunque su di lei, motivate per esempio dal fatto che è stata una dei fondatori dei Giovani Musulmani d'Italia (GMI), sezione giovanile dell'UCOII... . Suo marito è stato il primo presidente ed ideatore dell'organizzazione.

CloseTheDoor ha detto...

Ti dico la verità, non conoscevo il personaggio, seguo solo le iniziative del comune di torino che mi pare molto attento alle tematiche delle pari opportunità in Italia.
Se e' una gregaria di Adel Smith, non depone bene nei suoi confronti :-/

Alessandra ha detto...

Non è una gregaria di Adel Smith: almeno ufficialmente l'UCOII si è dissociata da lui, ma non mi fido lo stesso. Non conoscevo invece Sara Hejazi, anche se ho sentito il titolo del libro.

Alessandra ha detto...

E poi non mi sembra "molto attenta alle tematiche delle pari opportunità in Italia", se poi dice: "Ci sono proposte di parlamentari che vorrebbero impedirlo, come quella di Suad Sbai che propone di vietarlo alle ragazze al di sotto dei diciotto anni. Io ritengo questa proposta fortemente discriminatoria ed ideologica, basata su palesi disparita’ di valutazione e di azione… ".
E te lo dice una che è contraria alla legge francese che bandisce il velo dalle scuole ed uffici pubblici in nome della "laicità" (temevo che molte più donne avrebbero smesso di studiare o lavorare per non smettere di portare il velo).
Anche in Tunisia e in Turchia, Paesi islamici, il velo è vietato negli istituti pubblici, ma recentemente ho postato un pezzo in cui si parla dei numerosissimi delitti d'onore proprio in Turchia. A me sembra un paradosso... .

CloseTheDoor ha detto...

Parlavo del Comune di Torino, non dell'autrice del libro.

CloseTheDoor ha detto...

Sulla questione del velo nei luoghi ho avuto modo di domandare ad una mia amica che e' preside di un liceo francese. Lei e' una "pied noir", cioe' una francese nata in Algeria prima dell'indipendenza nel 1962, e quindi conosce molto bene la mentalita' del posto. Mi ha spiegato che portare il velo non e' semplicemente portare un segno esteriore di fede, ma va insieme ad altre richieste, come l'esonero dalle ore di scienze (c'e' biologia!) e di educazione fisica. Acconsentire significava praticamente prevedere quello che in Italia chiamiamo un "piano educativo individualizzato" per ogni ragazza musulmana velata.
La mia amica conosce bene la mentalita' delle famiglie che arrivavano con le figlie velate e riusciva sempre a convincerle a rinunciarci, ma non tutti i presidi sono così. Secondo me il provvedimento in Francia ha un suo senso perche' la stragrande maggioranza delle persone e' atea, ci sono molti atei di cultura musulmana, e se tutti mettono la fede da parte e' piu' facile convivere (senno' all'estremo opposto ci sono gli USA dove tutti sono religiosissimi e hai un altro modello di convivenza)

Alessandra ha detto...

Il divieto del velo ha un suo senso perchè nella stragrande maggioranza dei casi NON è una questione di fede, ma ideologica o d'imposizione. Figuriamoci poi se bambine e ragazzine lo portano per "libera scelta"! Per loro sono d'accordo con il divieto (approvo la proposta di Souad Sbai e non sono d'accordo con Sumaya Abdel Qader!), ma non per una questione di "laicità", come nella legge francese, turca o tunisina, ma perchè si tratta di costrizione. La mia preoccupazione era per le bambine/ragazze tolte da scuola o che avrebbero rinunciato al lavoro PER IL VELO: invece avrebbero avuto più bisogno delle altre di studiare e lavorare per integrarsi! Fortunatamente questi casi sono stati la minoranza (e in ogni caso, non mandare a scuola i figli è reato!).

CloseTheDoor ha detto...

C'era un bellissimo fumetto di Pétillon sull'affaire du voile con immagini tipo questa
http://daniel.gerber1.club.fr/imgbd_pq/petillon_voile.jpg
Pero' ci sono dei casi in cui il velo e' diventato uno strumento di ribellione adolescenziale ne' piu' ne' meno che farsi il piercing. Cmq sono d'acc con te, limitare ai maggiorenni ha lo stesso significato che pretendere il consenso del genitore per fare un tatuaggio.

Per conto mio la questione si pone diversamente se una donna si copre i capelli (cosa che fa parte della nostra cultura: fino al 1963 le donne si velavano per entrare in chiesa, ci sono le suore) oppure si copre il viso o parte del viso.
Non ammetto una regola religiosa che imponga a una donna di rinunciare alla sua identita' pubblica, senza contare il problema sicurezza.

Alessandra ha detto...

Pero' ci sono dei casi in cui il velo e' diventato uno strumento di ribellione adolescenziale ne' piu' ne' meno che farsi il piercing.

Solo che se non ti metti il piercing non rischi di essere pestata o magari uccisa, puoi uscire lo stesso di casa ecc. Queste ragazze dovrebbero essere aiutate a capire che il velo non è come il piercing.

"Cmq sono d'acc con te, limitare ai maggiorenni ha lo stesso significato che pretendere il consenso del genitore per fare un tatuaggio".

Non credo di aver capito... . Il velo dovrebbe essere vietato alle minorenni perchè sono minorenni. Poi, purtroppo sappiamo che possono essere costrette a portarlo anche le maggiorenni o portarlo per motivi ideologici... .

Il velo ha fatto sì parte della nostra cultura e fino al '63 le donne si velavano per entrare in Chiesa... peccato che non credo ci siano mai state le conseguenze che spesso ci sono adesso per le musulmane che non lo portano e poi ci sono musulmane che lo portano SEMPRE quando escono, a volte anche in casa e non solo quando pregano... . Come ho avuto già occasione di dire le donne musulmane velate, anche quelle poche che lo portano per convinzione religiosa, non sono da paragonare alle suore: le suore oggi non mi risulta siano costrette a farsi suore (anche se mi è stato detto che in certi casi succedeva ancora una cinquantina di anni fa!), a prendere il velo. Poi le suore non hanno una vita sessuale, non si creano una loro famiglia, come le musulmane.

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