Sono una studentessa di editoria e giornalismo presso l’università di Roma la Sapienza.Vivo serenamente in Italia da 20anni e fino a qualche tempo fa non mi sono mai posta lucidamente il quesito se anche io appartenessi alla quella fascia di persone toccate dal tema/problema dell’integrazione:
il mio retroterra culturale islamico moderato, unitamente al bagaglio culturale acquisito in Italia e all’appartenere alla 2generazione mi hanno posta in una posizione di osservazione della realtà, da un canto privilegiata perché supportata dall'istruzione ma dall’altro inevitabilmente ‘di nicchia’ perché spesso incongruente con lo 'sguardo' dell'immigrato maghrebino medio.
Credevo di vivere in un paese e di “vivere un paese” non particolarmente sensibile alla tematica dell’integrazione sociale e culturale, ma tutto sommato tollerante nei confronti delle comunità islamiche, certamente non ero cieca e mi rendevo conto che non tutti gli italiani dimostravano piena tolleranza, ma era una sensazione che nasceva più dall’universo mediatico che dalla realtà che mi circondava. In pratica mi sono sempre sentita libera e accettata e credevo che con il tempo le cose sarebbero andate sempre meglio per noi ARABI-ITALIANI.
Questo punto esige una precisazione che per prima ho dovuto fare a me stessa, chi siamo noi arabi italiani?!? io che parlo perfettamente la lingua italiana, frequento l'università vivendo anche gli aspetti più leggeri...è arabo italiano il macellaio di Piazza Vittorio che vende carni halal? è arabo italiano l'assiduo frequentatore di moschee? è araba italiana la donna con il velo? Il viaggio in America mi ha aiutato a distaccarmi e ad assumere uno sguardo più ampio suscitandomi anche un nuovo e a mio avviso importante quesito: IL SENSO DI APPARTENENZA, concetto rilevante negli USA, certo l'America è preparata da molti anni alla tematica immigrazione ma è stato per me toccante ed illuminante sentire l'imam Yahya Hendy cappellano della George Town University che ci ha accolti a Washington dire IO PRIMA DI TUTTO, SONO AMERICANO! quindi mi è sembrato di capire che il nocciolo della questione sia proprio l'identità nazionale , in Italia questo senso di appartenenza purtroppo non lo vedo, non basta avere la cittadinanza quindi essere italiano al 100% per lo stato, non basta nemmeno essere nato sul suolo italiano delle volte, per sentirsi italiani! :probabilmente è ancora utopistico pensare che un islamico possa guardare un cattolico ed essere da lui guardato prima come cittadino italiano che come appartenente ad una diversa confessione religiosa. (Fonte: Associazione Genemaghrebina)
E leggete IL VELO IN TURCHIA: MEGLIO PREVENIRE CHE CURARE ? .
Puoi professare la tua religione, la tua fede in questo caso islamica senza aver paura di essere in qualche modo emarginato? MA UNA RISPOSTA BEN PIU’ AUTOREVOLE DELLA MIA LA TROVIAMO NELL'ARTICOLO 3 DELLA NOSTRA CARTA COSTITUZIONALE: IL COMMA 1 STABILISCE INFATTI CHE:TUTTI I CITTADINI HANNO PARI DIGNITA' SOCIALE E SONO EGUALI DAVANTI ALLA LEGGE SENZA DISTINZIONE DI SESSO DI RAZZA DI LINGUA DI RELIGIONE DI OPININI POLITICHE DI CONDIZIONI PERSONALI E SOCIALI, La nostra costituzione non si limita solo a questo, perché continua stabilendo al comma 2 che COMPETE IN VIA PRIORITARIA PROPRIO ALLO STATO <
È nero su bianco, ma non basta perché tuttavia in Italia continua ad essere un problema aprire una moschea evitando sterili e banali polemiche, la superficiale equazione islam uguale fondamentalismo uguale terrorismo, imbarazzi delle istituzioni ecc..quindi sono ad una conclusione il problema in Italia è che si confonde la sicurezza con la libertà di culto, con la libertà dell'individuo .Cosa ancor più paradossale è sentire frasi del tipo : beh mi sembra che chi dica questo per primo non conosce la costituzione. e mi sembra ancor più paradossale il fatto di sentire paragonare l'Italia che si dichiara liberale ad uno stato illiberale dove la libertà non esiste! confrontiamoci invece con i paesi che sono realmente liberali come in questo caso l'America! Confido nella prosecuzione del difficile ma fondamentale iter per la composizione di una nuova vera identità nazionale, piattaforma irrinunciabile per ogni lecita costruttiva e auspicabile diversità:che tanto gli altisonanti dettami costituzionali, quanto la modesta massima 'la libertà dell'uno finisce allorché comincia quella del prossimo non rimangano più lettera morta. Pace, Inshallah!
lunedì 16 marzo 2009
"IO ARABA/ITALIANA IN ITALIA" di Smahane Atif
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12 commenti:
In effetti in Italia c'è molto provincialismo, del resto è una terra di emigrazione e non di immigrazione, almeno fino a qualche tempo fa.
Tuttavia, c'è un gruppo piuttosto consistente (o probabilmente è soltanto il più rumoroso?) negli ambienti musulmani, non solo italiani, ma anche europei in genere, per il quale la cittadinanza serve solo ad usare (e abusare) della democrazia per imporre anche agli altri le proprie leggi che non sempre sono compatibili con le libertà individuali e i diritti umani.
Penso per es. a un Tariq Ramadan che vorrebbe "conquistare l'Europa con le pance delle nostre donne" o ad alcuni immam collusi con il terrorismo, ecc. ecc.
Certamente non sta a questa brava ragazza né a tanta gente come lei, doversi dissociare da ciò che può rivelarsi pericoloso anche per lei/loro, però a volte è inevitabile che, specie tra i più ignoranti, si crei confusione...
Sono loro a considerarsi prima di tutto islamici e poi italiani, inglesi, francesi, eccetera. Prima viene la fedeltà alla umma, poi quella allo stato. Mai una volta che gli islamici, “moderati” e non, facciano un esame di coscienza; no, la colpa è sempre degli altri.
stefania
Infatti. Smahane sicuramente è integrata (tra l'altro, con 3 ragazze di origine araba, ha un blog "Gli altri siamo noi" su "La Stama") e i musulmani integrati sicuramente si considerano prima italiani, francesi, inglesi ecc. Sono più che legittime le domande che lei si pone e certe considerazione che fa: "è arabo italiano il macellaio di Piazza Vittorio che vende carni halal? è arabo italiano l'assiduo frequentatore di moschee? è araba italiana la donna con il velo? mi è sembrato di capire che il nocciolo della questione sia proprio l'identità nazionale , in Italia questo senso di appartenenza purtroppo non lo vedo, non basta avere la cittadinanza quindi essere italiano al 100% per lo stato, non basta nemmeno essere nato sul suolo italiano delle volte, per sentirsi italiani! :probabilmente è ancora utopistico pensare che un islamico possa guardare un cattolico ed essere da lui guardato prima come cittadino italiano che come appartenente ad una diversa confessione religiosa". Però se è vero che l'Italia è una terra di recente immigrazione, sembra che Smahane dia la colpa solo agli italiani della mancata integrazione di molti musulmani: cita la Costituzione che sancisce l'uguaglianza di tutti i cittadini e la pari dignità anche indipendentemente dalla religione, lamenta, in nome della libertà di culto, che ci sia difficoltà in Italia ad aprire nuove moschee, senza pensare che ce ne sono già moltissime, tra cui quella di Roma, che è quella più grande d'Europa. E soprattutto senza pensare da chi vengono gestite: non sono un' "addetta ai lavori", ma non si tratta di "sterili e banali polemiche".
Hai ragione Alessandra :il nocciolo del problema è se sentono come prevalente l' osservanza delle leggi dello Stato Italiano o le loro usanze o i loro precetti
Grandmere
Questa ragazza sembra avere dei problemi non problemi. Se gli italiani hanno qualche dubbio sull'integrazione degli arabi questa è la risposta. Lei studentessa moderna ha gli stessi dubbi di una qualsiasi magrebbina. Gli italiani per principio non sono razzisti nè nazionalisti. Forse solo giustamente temono gli arabi per la loro mentalità poco consona alla libertà, e guardano alle loro pretese con giusta preoccupazione. Sentirsi parte di un paese significa accettarne le regole, le diversità anche religiose, non si può pretendere di essere accettati subito e dettare anche regole. Senza questo rispetto non credo potrà mai sentirsi veramente italiana. E' giusto rispettare chi viene qui per lavorare..ma è doveroso che lo faccia prima in modo convinto chi viene da noi. Buona settimana ^_^
Bèh, chiaramente a volte non è automatico neppure il fatto che se un immigrato o di origine straniera è integrato, venga considerato italiano al 100%, perciò posso capire la percezione della ragazza, perchè spesso prevale lo ius sanguinis sullo ius solis. Stasera mi sono incontrata con degli amici tra cui uno di origine araba, in Italia da più di 30 anni (e secondo me più attaccato al nostro Paese della sottoscritta!) eppure gli è stato fatto notare che la sua appartenenza d'origine e la sua religione di nascita, potrebbero rappresentare ancora un motivo di diffidenza da parte di alcuni italiani!
Vi faccio un esempio "stupido" (anzi, non tanto visto che si tratta di razzismo): il ballerino albanese Kledi Kadiu, già ballerino di "Amici", ha denunciato di essere stato vittima qualche tempo fa di un'aggressione razzista nella scuola di ballo da lui fondata e mi sono detta che purtroppo, in certi casi, neppure il successo basta a farti sentire completamente parte del Paese ospitante. Ma ovviamente, prima di tutto come hai detto tu, Dolcelei, gli italiani non sono razzisti nè nazionalisti e poi non possiamo far tutto noi, nel processo d'integrazione dei nostri immigrati, ma è necessaria la volontà della controparte di integrarsi e senza vittimismo!
Qualcuno di voi si consce Nekla Kelek?
Musulmani abusando termine razzismo
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E'turca giusto? Ne ho parlato tempo fa anche qua sul blog perchè aveva attaccato Tariq Ramadan. Grazie mille per i link!
Per me è arabo italiano chi condivide i valori occidentali, anche se palasse solo arabo.
Chi ad esempio vuole la sharia, è arabo e basta, anche se conoscesse tutte le lingue dell'occidente
Più che "arabo" e basta, sarebbe "musulmano" e basta, perchè sappiamo che "arabo" non è un sinonimo di "musulmano" e anzi, i musulmani sono in MINORANZA arabi e tra gli arabi non ci sono solo musulmani.
..io ho trovato questo trattato su internet.
Ai posteri l'ardua sentenza.......un lettore
COSA PENSARE
DELLA IMMIGRAZIONE ISLAMICA IN ITALIA?
di Giuseppe De Rosa
Rileviamo, anzitutto, che sarebbe un errore pensare che tutti gli
immigrati che giungono in Italia dai Paesi islamici siano più o meno
politicizzati o abbiano sentimenti di avversione per il nostro Paese: in massima
parte, si tratta di persone in cerca di un lavoro onesto, che desiderano vivere in
armonia con i cittadini italiani ed essere da loro accettati e trattati
amichevolmente. Nello stesso tempo si deve tener conto che essi, forse senza
averne una coscienza chiara, nutrono verso i Paesi occidentali un risentimento
profondo dovuto al fatto che nei due secoli passati l'Occidente ha osato
colonizzare alcuni Paesi islamici e ha tentato d'imporre ad essi le proprie leggi,
le proprie istituzioni, la propria cultura e perfino la propria religione,
umiliando così in maniera brutale i popoli islamici, i quali ritengono
l'occupazione occidentale dei loro Paesi come una tremenda «prova» (fitna)
imposta ad essi da Allah.
In realtà, ogni musulmano che abbia un grado di cultura, anche modesto,
ha la coscienza di far parte della «migliore nazione» (umma) suscitata da Dio
fra gli uomini» e di praticare «la sola vera religione», perché l'islàm, per gli
islamici, è la religione «perfetta». D'altra parte, egli ritiene il mondo
occidentale un mondo «corrotto» e «miscredente». Quanto ai cristiani, se
conosce quello che di essi dice il Corano, pensa che sono «miscredenti ed
empi», perché hanno falsificato le Sacre Scritture, offendendo Allah
attribuendogli un figlio, Gesù, mentre Gesù «figlio di Maria» è un «servitore»
(abd) di Allah e il più perfetto musulmano. A questo proposito si deve ricordare
che i catechismi e i manuali scolastici in uso nei Paesi islamici danno dei
cristiani occidentali una visione estremamente negativa, presentandoli come
miscredenti e nemici dell'islàm, anche per il fatto che si ostinano a non voler
riconoscere a Muhammad il titolo di Profeta e Inviato di Allah.
Molto spesso in questi manuali si parla di combattere contro l'Occidente,
che è la «Casa della guerra» (Dar al-harb) e la «Casa della miscredenza» (Dar
al kufr). Così, un manuale marocchino afferma che per i musulmani restano
sempre validi, contro gli «infedeli», il jihad (la guerra santa) e la da'wa (la
chiamata a aderire all'islàm), ma che per ora non è possibile usarli contro
l'Occidente; è preferibile una conquista graduale dei Paesi occidentali,
costruendovi luoghi di culto e di cultura islamica - cioè moschee e madrasa - e
costituendo forme di aggregazione degli immigrati islamici. È bene qui notare
che, per i musulmani, le moschee non sono soltanto luoghi in cui i credenti
musulmani si radunano non solo per la salat (la preghiera rituale, che almeno
al mezzogiorno del venerdì deve essere fatta in comune in una moschea), ma
anche per discutere tutti i problemi della comunità e quindi anche per parlare
di politica.
Volendo ora dire qualcosa di più specifico sulla situazione degli
immigrati islamici presenti in Italia, si può notare anzitutto che essi, in
massima parte, non desiderano integrarsi nella società italiana, ma tendono a
formare gruppi più o meno omogenei, che hanno come punti di riferimento le
moschee e i centri di cultura islamica. Su questi gruppi esercitano un forte
influsso i Paesi islamici di provenienza, in particolare l'Arabia Saudita, la
quale, in quanto è patria di Muhammad e custode della Ka'bah, ritiene che sia
sua missione diffondere 1'islàm nel mondo, in particolare con la costruzione di
moschee e di centri islamici, spesso dotati di scuole coraniche e di biblioteche.
Disponendo di immense risorse finanziarie, provenienti dalla vendita del
petrolio, l'Arabia Saudita coltiva il progetto di costruire una moschea in tutte le
capitali del mondo. Finora ne sono state costruite oltre 1.500 in tutto il mondo
- la più importante di tutte è quella di Roma - insieme con 210 centri islamici
Grazie e benvenuto anche se... a quasi un mese di distanza!!!!
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