mercoledì 3 dicembre 2008

MATERNITA' CLANDESTINA. UNA ONG DENUNCIA LA TRAGICA CONDIZIONE DELLE LAVORATRICI IN BARHEIN

Lo scorso 22 novembre Siti Maemoona, una donna indonesiana di 34 anni, ex lavoratrice migrante in Bahrein, ha partorito senza sostegno medico in uno squallido appartamento di Manama, e poche ore dopo è deceduta. Siti viveva in quel povero appartamento, assieme a diverse donne filippine clandestine, da due anni. Da quando era fuggita dal suo sponsor, l'uomo cioè che le aveva permesso di entrare nel paese come lavoratrice domestica. Sola e senza documenti in un paese straniero, era rimasta incinta, ma il suo uomo aveva lasciato il paese costringendola a partorire clandestinamente: una scelta fatale, ma allo stesso tempo drammaticamente comune nella penisola del Bahrein. Lo scorso 22 novembre Siti Maemoona, una donna indonesiana di 34 anni, ex lavoratrice migrante in Bahrein, ha partorito senza sostegno medico in uno squallido appartamento di Manama, e poche ore dopo è deceduta. Siti viveva in quel povero appartamento, assieme a diverse donne filippine clandestine, da due anni. Da quando era fuggita dal suo sponsor, l'uomo cioè che le aveva permesso di entrare nel paese come lavoratrice domestica. Sola e senza documenti in un paese straniero, era rimasta incinta, ma il suo uomo aveva lasciato il paese costringendola a partorire clandestinamente: una scelta fatale, ma allo stesso tempo drammaticamente comune nella penisola del Bahrein. Alla fine di ottobre 2008 si e svolta la 42ma edizione del comitato per la Cedaw, la convenzione per l'eliminazione delle discriminazioni verso le donne. Per l'occasione, tre Ong che si occupano dei problemi delle lavoratrici straniere in Bahrain hanno pubblicato un rapporto e lanciato un appello alla monarchia dei Khalifa, affinchè intervengano sulla legislazione locale che le discrimina gravemente. Nel rapporto si descrivono le disriminazioni che i lavoratori stranieri, ma in misura particolare le lavoratrici, subiscono nel paese. Un problema molto diffuso che si amplifica quando le prestazioni di lavoro si svolgono entro le mura domestiche. Nell'appello, invece, si chiedono provvedimenti urgenti soprattutto per quel che riguarda le lavoratrici straniere in gravidanza e i loro figli. Negli ultimi otto anni, infatti, le Ong hanno registrato almeno 30 casi come quello di Siti: donne che per evitare problemi con i datori di lavoro o con gli sponsor hanno nascosto le gravidanze, partorito in situazioni degradate o anche soppresso i figli, che in diversi altri casi sono stati affidati agli orfanotrofi. Le Ong chiedono anche una modifica urgente della legge sulle adozioni, giacché le norme vigenti le vietano per le coppie non originarie del Bahrein. Secondo Marietta Dias della Migrant Workers Protection Society, nel paese ci sono decine di coppie che vorrebbero adottare uno di quegli orfani, ma non possono farlo perché non sono originarie del Bahrein. Allo stesso tempo si chiede di garantire un documenti di identità ai figli abbandonati, per i quali altrimenti non ci sarebbe altro futuro che la strada. Tutte queste aberrazioni sono conseguenze di rapporti extra-coniugali o di violenze sessuali, ma quello che le accomuna è la condizione di ricatto cui sono sottoposte le lavoratrici domestiche, molto simili a quelle che subiscono le donne coinvolte nella tratta della prostituzione. Di fatto le lavoratrici domenstiche che venfono dal sud-est asiatico in Bahrein non ricadono entro nessuna delle categorie riconosciute di lavoratori e perdipiù sono soggette alla legge familiare del paese, che ispirandosi alla Shari'a presuppongono una quasi-immunità per gli uomini a scapito del sesso debole. Agli abusi e alle violenze si aggiunge dunque anche l'impossibilità di denunciare quanto si è subito.
Alla fine di ottobre 2008 si e svolta la 42ma edizione del comitato per la Cedaw, la convenzione per l'eliminazione delle discriminazioni verso le donne. Per l'occasione, tre Ong che si occupano dei problemi delle lavoratrici straniere in Bahrain hanno pubblicato un rapporto e lanciato un appello alla monarchia dei Khalifa, affinchè intervengano sulla legislazione locale che le discrimina gravemente. Nel rapporto si descrivono le disriminazioni che i lavoratori stranieri, ma in misura particolare le lavoratrici, subiscono nel paese. Un problema molto diffuso che si amplifica quando le prestazioni di lavoro si svolgono entro le mura domestiche. Nell'appello, invece, si chiedono provvedimenti urgenti soprattutto per quel che riguarda le lavoratrici straniere in gravidanza e i loro figli. Negli ultimi otto anni, infatti, le Ong hanno registrato almeno 30 casi come quello di Siti: donne che per evitare problemi con i datori di lavoro o con gli sponsor hanno nascosto le gravidanze, partorito in situazioni degradate o anche soppresso i figli, che in diversi altri casi sono stati affidati agli orfanotrofi. Le Ong chiedono anche una modifica urgente della legge sulle adozioni, giacché le norme vigenti le vietano per le coppie non originarie del Bahrein. Secondo Marietta Dias della Migrant Workers Protection Society, nel paese ci sono decine di coppie che vorrebbero adottare uno di quegli orfani, ma non possono farlo perché non sono originarie del Bahrein. Allo stesso tempo si chiede di garantire un documenti di identità ai figli abbandonati, per i quali altrimenti non ci sarebbe altro futuro che la strada. Tutte queste aberrazioni sono conseguenze di rapporti extra-coniugali o di violenze sessuali, ma quello che le accomuna è la condizione di ricatto cui sono sottoposte le lavoratrici domestiche, molto simili a quelle che subiscono le donne coinvolte nella tratta della prostituzione. Di fatto le lavoratrici domenstiche che venfono dal sud-est asiatico in Bahrein non ricadono entro nessuna delle categorie riconosciute di lavoratori e perdipiù sono soggette alla legge familiare del paese, che ispirandosi alla Shari'a presuppongono una quasi-immunità per gli uomini a scapito del sesso debole. Agli abusi e alle violenze si aggiunge dunque anche l'impossibilità di denunciare quanto si è subito.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

E il sultano è uno dei più ricchi del pianeta...

Anonimo ha detto...

E' una situazione davvero tragica ... in un paese che non dovrebbe mancare di risorse per giunta... Ciao, Alessandra.. Buona giornata.
Grandmere

Anonimo ha detto...

Esperimento: non ti confondi con quello del Brunei?
Grandmere: anche a te. :-)

Anonimo ha detto...

No, non si confonde. Insieme alla famiglia kuwaitiana al sabah e alla famiglia reale saudita, i reali del bahrein sono tra i più ricchi del mondo. Questi episodi accadono quotidianamente in tutti i paesi del Golfo. Ricordo donne filippine, indiane, coreane bruciate con l’acqua bollente, violentate dai loro “padroni” e infettate con l’hiv e poi buttate fuori dal paese o processate per zina, mentre a quei porci di uomini non accadeva nulla. Molte vengono uccise dai loro padroni (o figli) eppure non vanno in galera. Una realtà davvero sconvolgente.

stefania

Anonimo ha detto...

Ho capito. Quanto a questi fatti non sapevo dell'olio bollente, ma tempo fa ho postato un articolo su delle principesse emiratine arrestate in un lussuoso albergo europeo perchè tenevano praticamente in schavitù i loro domestici (le cui stanze erano divise SECONDO IL CREDO), Hannibal Gheddafi e la moglie sono stati arrestati per lo stesso motivo. In luglio ho postato la notizia dello Sri Lanka che aveva intenzione di diminuire l'afflusso di domestiche in Medioriente.
Le domestiche in Arabia Saudita sono trattate praticamente come schiave.