In Italia non abbiamo nemmeno bisogno dei tribunali coranici come in GB, ci pensano i nostri “valorosi” giudici ad applicare la sharia. Quelli politicamente corretti che hanno le idee confuse fra il rispetto per le professioni di fede e l’applicazione, grazie a “pasticci” degni di un azzecarbugli, di sentenze che legittimano usanze contrarie alla nostra Costituzione ed al patrimonio di valori, sui quali si regge la nostra civiltà.. Maschi dell’italico suolo se vi siete, invaghiti di una giovane ucraina e la vostra vecchia consorte non la sopportate più, appellatevi alla legge islamica potrete ripudiarla e magari maltrattarla, sequestrarla e picchiarla. Troverete sicuramente delle toghe creative, che, in nome del relativismo giuridico, vi daranno ragione. Il precedente c’è già e proviene dalla Corte d’Appello di Cagliari che ha riconosciuto “efficace nell’ordinamento italiano il provvedimento di divorzio, ordinando la trascrizione del provvedimento egiziano nel Registro di Stato civile del Comune di Cagliari”. Efficace? (Fonte: "Orpheus")
Eppure, si tratta di un divorzio incivile. Un egiziano si toglie dai piedi la vecchia consorte, limitandosi a recitare la formula rituale di ripudio (Talaq) davanti a un delegato canonico del tribunale civile egiziano. Da notare che la moglie, trattata come un randagio, prima adottato e poi abbandonato, si ritrova divorziata probabilmente senza essere stata informata. La nostra giustizia, insomma, ha convalidato una sentenza di divorzio fondata sul rituale, arcaico e inaccettabile, del ripudio, in uso anche in Italia, certo, ma nella Roma del IV secolo a.C.
Eppure, si tratta di un divorzio incivile. Un egiziano si toglie dai piedi la vecchia consorte, limitandosi a recitare la formula rituale di ripudio (Talaq) davanti a un delegato canonico del tribunale civile egiziano. Da notare che la moglie, trattata come un randagio, prima adottato e poi abbandonato, si ritrova divorziata probabilmente senza essere stata informata. La nostra giustizia, insomma, ha convalidato una sentenza di divorzio fondata sul rituale, arcaico e inaccettabile, del ripudio, in uso anche in Italia, certo, ma nella Roma del IV secolo a.C.
Ovviamente, le ddonne con due “d”, le compagne femministe, gli esibizionisti dei diritti civili del terzo e quarto sesso hanno girato la testa dall’altra parte, (come fanno sempre quando i “compagni” migranti “sbagliano”) evitando di sdegnarsi per i vulnerati artt. 2, 3, 29, 111 della Costituzione. Del fatto che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione...” tranne le donne islamiche.
Se n’è ricordata e fatta carico solo Souad Sbai, che ha proposto un’interrogazione al Guardasigilli, mettendo in guardia contro tali ignobili sentenze, che avranno come diretta conseguenza il legalizzare due società affiancate: quella delle donne con parità di diritti e quella delle schiave islamiche. E, ora, si attende la sentenza del Tribunale di Genova sul marocchino colpevole di lesioni e sequestro ai danni della moglie, dopo che i giudici marocchini, seguendo il codice del maschilismo più impudente, hanno dato ragione al bruto, ordinando alla povera vittima di tornare dal marito e di pagare pure le spese processuali.Farà testo anche a Genova la giustizia islamica, estendendo, per analogia, anche al maschio italico il diritto-dovere di sequestrare, massacrare di botte e ripudiare la propria consorte? Riassunto da Libero.
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