PROTESTE IN AFGHANISTAN E IN PAKISTAN, PIAZZE VUOTE IN ITALIA E NEGLI ALTRI PAESI OCCIDENTALI.
Camusso: «Non si parla per paura di criticare le religioni» .
«Commentavo con un’amica le ultime vicende in Afghanistan. La consigliera assassinata, le sassaiole contro le manifestazioni di Kabul contro la legge che garantisce il diritto di stupro nel matrimonio sciita — osserva la femminista Susanna Camusso, segretaria confederale della Cgil —. Tra le tante cose che ci sono state raccontate quando siamo intervenuti nel Paese è che le donne sarebbero state liberate dal burqa». Le attiviste afghane hanno marciato per i diritti delle donne a Kabul. Le attiviste pachistane, sia laiche sia dei partiti islamici, hanno protestato a Lahore e Karachi dopo la diffusione di video di ragazze frustate o uccise nelle zone tribali per «relazioni illecite ». In Italia e nei Paesi occidentali si commenta e si riflette su queste notizie, c’è indignazione sul web, ma le femministe non sono scese in strada a manifestare, non hanno presidiato le ambasciate. Nè si è registrata una reazione forte e continua delle donne di sinistra, destra o centro. Viviamo una «stagione di silenzio», dice Camusso. «Il movimento femminista è come un movimento carsico: compare e scompare». La fase di scomparsa sembra durare da un po’.
Camusso denunciò nel 2007 il silenzio delle femministe su Hina, la pachistana uccisa a Brescia dal padre perché voleva vivere «all’occidentale». Non parlarono perché «l’attacco all’immigrato non è politically correct», disse. «La penso come allora — dice oggi —. Anzi, se possibile, è ancora peggio: si è continuato a tacere anche delle violenze sulle donne italiane. Il tema della violenza sessuale è scomparso, rinchiuso dentro le mura domestiche. Lo si usa solo per gridare scandalo se a commettere lo stupro è un extracomunitario ». Se non ci si solleva per le violenze domestiche contro le italiane, figuriamoci nei casi delle donne all’estero. Lidia Menapace, ex senatrice di Rifondazione comunista, è d’accordo ma aggiunge che se le femministe non parlano è anche per via di «un’esclusione soft»: «E’ difficile prendere la parola. Sulla sharia viene interpellato il politico, non le donne, che non sono più soggetto politico». (Fonte: Corsera)
Secondo Assunta Sarlo, che nel 2006 organizzò a Milano una spettacolare manifestazione per l’aborto, «pensare che l’unica modalità di espressione delle donne rispetto alle questioni dei diritti siano solo le manifestazioni è riduttivo. Ci sono molte modalità: ragionare, riunirsi. Ci sono siti, giornali, riviste in cui il dibattito continua sul multiculturalismo. E le organizzazioni non governative di donne, ce ne sono tantissime nei Paesi in via di sviluppo, pesano forse più delle manifestazioni ». Camusso però crede che il problema sia più profondo: «Chi teorizza il multiculturalismo tende ad escludersi dal dibattito. C’è una forte fatica a dire una cosa intuitiva: che il metro di misura della democrazia in Afghanistan, in Iran, in Somalia è che i diritti delle persone non siano violati. C’è un’ulteriore difficoltà: il silenzio nei confronti delle religioni. Io penso che esercitare la critica rispetto a una religione, nella logica della sharia che presuppone la sottomissione, non significa non essere rispettosi, ma saper individuare aspetti di inciviltà». Un’altra questione è se il movimento femminista nei Paesi musulmani apprezzi l’appoggio occidentale. «A volte se donne straniere appoggiano le femministe locali, queste ultime possono essere etichettate come anti-Islam da chi usa la religione a scopi politici», dice la scrittrice egiziana Saher El Mougy. «In ogni caso, possono fornirci un appoggio morale che però non cambia nulla sul terreno. La lotta più difficile è cambiare la cultura: ciò che le donne fanno contro se stesse e le figlie». L’avvocato Mehrangiz Kar, una delle più note femministe iraniane, crede invece che, benché non vi siano state grandi proteste di piazza, «le donne in Europa e in America siano molto sensibili al problema delle afghane. Detto ciò, benché il movimento femminista sia unico e lotti ovunque per l’uguaglianza, va capito che le priorità sono diverse. Oggi le femministe in molti Paesi musulmani stanno spesso attente a dire che Islam e diritti umani sono conciliabili, per ottenere legittimità e sperando di rafforzare i moderati. Chi le appoggia davvero all’estero fa lo stesso. E’ una strategia. Funzionerà? Non so. Forse solo nel breve periodo ».
martedì 21 aprile 2009
KABUL E IL SILENZIO DELLE FEMMINISTE: "ORMAI SIAMO ESCLUSE DAL DIBATTITO"
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3 commenti:
Ma non si vergognano quelle cloache imbiancate?
Allora secondo loro se ci fossero state ancora le religioni che prevedevano i sacrifici umani, avremmo dovuto averne rispetto?
Non ci prendano per scemi: Il fatto è che i loro maschietti sono innamorati dell'islamico, e loro da brave donnicciole sottomesse obbediscono e non fiatano.
Per firmare per Delara:
http://www.petitiononline.com/DL2222/petition.html
FIRMATE FIRMATE FIRMATE.
DIFFONDETE DIFFONDETE DIFFONDETE.
l'illuminato discorso delle cloache mi ricorda questi balbettanti discorsi:" si, è vero che lui mi picchia...ma non è cattivo... lo fa perchè ha tante responsabilità sul lavoro, perchè è stressato..."
come scuse fanno schifo.
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