martedì 21 aprile 2009

KABUL E IL SILENZIO DELLE FEMMINISTE: "ORMAI SIAMO ESCLUSE DAL DIBATTITO"

PROTESTE IN AFGHANISTAN E IN PAKISTAN, PIAZZE VUOTE IN ITALIA E NEGLI ALTRI PAESI OCCIDENTALI.

Camusso: «Non si parla per paura di criticare le religioni» .

«Commentavo con un’amica le ultime vicende in Afghani­stan. La consigliera assassinata, le sassaiole contro le manifesta­zioni di Kabul contro la legge che garantisce il diritto di stu­pro nel matrimonio sciita — os­serva la femminista Susanna Ca­musso, segretaria confederale della Cgil —. Tra le tante cose che ci sono state raccontate quando siamo intervenuti nel Paese è che le donne sarebbero state liberate dal burqa». Le atti­viste afghane hanno marciato per i diritti delle donne a Kabul. Le attiviste pachistane, sia lai­che sia dei partiti islamici, han­no protestato a Lahore e Kara­chi dopo la diffusione di video di ragazze frustate o uccise nel­le zone tribali per «relazioni ille­cite ». In Italia e nei Paesi occi­dentali si commenta e si riflette su queste notizie, c’è indignazio­ne sul web, ma le femministe non sono scese in strada a mani­­festare, non hanno presidiato le ambasciate. Nè si è registrata una reazione forte e continua delle donne di sinistra, destra o centro. Viviamo una «stagione di silenzio», dice Camusso. «Il movimento femminista è come un movimento carsico: compa­re e scompare». La fase di scom­parsa sembra durare da un po’.
Camusso denunciò nel 2007 il silenzio delle femministe su Hina, la pachistana uccisa a Bre­scia dal padre perché voleva vi­vere «all’occidentale». Non par­larono perché «l’attacco all’im­migrato non è politically cor­rect», disse. «La penso come al­lora — dice oggi —. Anzi, se possibile, è ancora peggio: si è continuato a tacere anche delle violenze sulle donne italiane. Il tema della violenza sessuale è scomparso, rinchiuso dentro le mura domestiche. Lo si usa solo per gridare scandalo se a com­mettere lo stupro è un extraco­munitario ». Se non ci si solleva per le violenze domestiche con­tro le italiane, figuriamoci nei casi delle donne all’estero. Lidia Menapace, ex senatrice di Rifon­dazione comunista, è d’accordo ma aggiunge che se le femmini­ste non parlano è anche per via di «un’esclusione soft»: «E’ diffi­cile prendere la parola. Sulla sharia viene interpellato il politi­co, non le donne, che non sono più soggetto politico». (Fonte: Corsera)
Secondo Assunta Sarlo, che nel 2006 organizzò a Milano una spettacolare manifestazio­ne per l’aborto, «pensare che l’unica modalità di espressione delle donne rispetto alle que­stioni dei diritti siano solo le manifestazioni è riduttivo. Ci sono molte modalità: ragiona­re, riunirsi. Ci sono siti, giorna­li, riviste in cui il dibattito con­tinua sul multiculturalismo. E le organizzazioni non governa­tive di donne, ce ne sono tantis­sime nei Paesi in via di svilup­po, pesano forse più delle mani­festazioni ». Camusso però cre­de che il problema sia più pro­fondo: «Chi teorizza il multicul­turalismo tende ad escludersi dal dibattito. C’è una forte fati­ca a dire una cosa intuitiva: che il metro di misura della demo­crazia in Afghanistan, in Iran, in Somalia è che i diritti delle persone non siano violati. C’è un’ulteriore difficoltà: il silen­zio nei confronti delle religio­ni. Io penso che esercitare la cri­tica rispetto a una religione, nella logica della sharia che pre­suppone la sottomissione, non significa non essere rispettosi, ma saper individuare aspetti di inciviltà». Un’altra questione è se il mo­vimento femminista nei Paesi musulmani apprezzi l’appog­gio occidentale. «A volte se don­ne straniere appoggiano le fem­ministe locali, queste ultime possono essere etichettate co­me anti-Islam da chi usa la reli­gione a scopi politici», dice la scrittrice egiziana Saher El Mougy. «In ogni caso, possono fornirci un appoggio morale che però non cambia nulla sul terreno. La lotta più difficile è cambiare la cultura: ciò che le donne fanno contro se stesse e le figlie». L’avvocato Mehran­giz Kar, una delle più note fem­ministe iraniane, crede invece che, benché non vi siano state grandi proteste di piazza, «le donne in Europa e in America siano molto sensibili al proble­ma delle afghane. Detto ciò, benché il movimento femmini­sta sia unico e lotti ovunque per l’uguaglianza, va capito che le priorità sono diverse. Oggi le femministe in molti Paesi mu­sulmani stanno spesso attente a dire che Islam e diritti umani sono conciliabili, per ottenere legittimità e sperando di raffor­zare i moderati. Chi le appoggia davvero all’estero fa lo stesso. E’ una strategia. Funzionerà? Non so. Forse solo nel breve pe­riodo ».

3 commenti:

Stefano. ha detto...

Ma non si vergognano quelle cloache imbiancate?
Allora secondo loro se ci fossero state ancora le religioni che prevedevano i sacrifici umani, avremmo dovuto averne rispetto?
Non ci prendano per scemi: Il fatto è che i loro maschietti sono innamorati dell'islamico, e loro da brave donnicciole sottomesse obbediscono e non fiatano.

Stefano. ha detto...

Per firmare per Delara:
http://www.petitiononline.com/DL2222/petition.html
FIRMATE FIRMATE FIRMATE.
DIFFONDETE DIFFONDETE DIFFONDETE.

caposkaw ha detto...

l'illuminato discorso delle cloache mi ricorda questi balbettanti discorsi:" si, è vero che lui mi picchia...ma non è cattivo... lo fa perchè ha tante responsabilità sul lavoro, perchè è stressato..."

come scuse fanno schifo.