domenica 23 novembre 2008

SAMIA, IN NOME DEL PADRE

Ha un sogno, non soltanto politico. Per l'Africa, oltre che per il Ghana. La figlia di Kwame Nkrumah, eroe dell'indipendenza, è candidata alle prossime elezioni. Nell'anno e nel segno di Obama.

La baracca è piena di gente. Gli sguardi sono tesi e fissi sul televisore. All'improvviso, un grido corale. Intenso e liberatorio. Poi gli abbracci e la bandiera agitata con forza. Rosso, oro, verde, con la stella nera al centro. The Black Stars, i giocatori della nazionale ghanese di calcio, hanno appena battuto quelli del Lesotho: altro passo utile per raggiungere la fase finale della prossima Coppa del mondo. Sudafrica 2010: la prima volta nel continente. Aleuwboah esce da quello che qui tutti chiamano bar, in realtà un rettangolo di terra battuta coperto dal tetto in lamiera. Corre verso la strada principale: l'unica traccia di asfalto nel villaggio di Nvelenu, a meno di 50 chilometri dalla frontiera con la Costa d'Avorio. Si ferma a respirare. Punta il poster appeso al palo di legno. Si avvicina. Appoggia le labbra sul viso di "Samia Yaba Nkrumah", come si legge sotto il volto della donna sorridente. "È la figlia di Kwame Nkrumah, il primo presidente del Ghana", urla l'uomo. "Senza di lui, senza di loro, non ci sarebbe il Ghana. Non ci sarebbe la nostra nazionale".

UNA DONNA SORRIDENTE

La stessa donna sorridente del poster passeggia sulla spiaggia di Accra. Il telefono in una mano, le scarpe con il tacco nell'altra. Si ferma a guardare l'oceano. Samia Yaba Nkrumah, splendida 48enne, è tornata a scoprire la terra in cui è nata, dove ha vissuto "per troppo poco tempo". Vent'anni fa. Ha deciso di fermarsi. Ispirata dalla memoria e forse anche dai sogni del padre: Kwame Nkrumah, l'uomo che il 6 marzo del 1957 emancipò la sua nazione - prima in tutto il continente - dal dominio coloniale. Il simbolo che diede forza all'ideale di un'Africa unita. Un sogno che durò meno di dieci anni. "Fu la Cia a volere il colpo di Stato militare con cui mio padre venne deposto, nel febbraio del 1966", ricorda Samia. All'epoca lei aveva sei anni. "Quello stesso giorno lasciammo il Paese e raggiungemmo Il Cairo, la città di mia madre Fathia. Poi ci spostammo ancora. Da allora mio padre non l'ho più rivisto: visse in Guinea, in esilio, fino alla morte, avvenuta nel 1972. Noi invece tornammo in Ghana, nel 1975". Con la madre e i fratelli Gamal e Sekou. Seguirono anni da adolescente ad Accra, per Samia. Poi, altre partenze: destinazione Europa, e ancora Egitto; gli studi, dedicati ad Africa e Medio Oriente. Il lavoro, da giornalista. Finché, conosciuto Michele, suo attuale marito, Samia si è stabilita a Roma. E oggi l'unica figlia femmina di Nkrumah (oltre agli altri due figli maschi avuti da Fathia, c'è Francis, dalla moglie precedente, oggi un anziano medico) intende riprenderne l'eredità politica. Candidandosi a un seggio parlamentare nella regione rurale di Jomoro, dove nacque il padre. "È il momento giusto per dare un contributo al mio Paese e un seguito alla visione politica di Nkrumah. Le sue idee sono ancora valide, e io voglio fare la mia parte". (Fonte: "La Repubblica", 21/11)

Guardate anche: link , permalink e permalink .
NEL VILLAGGIO DIMENTICATO Ralousus Ackah se ne sta seduto nel suo piccolo negozio di ricariche per cellulari, una delle poche attività commerciali del villaggio di Ellonyin. "Ho aperto quando arrivarono i ripetitori", spiega l'uomo, appoggiato alla parete fatta di assi di legno. "Guadagno abbastanza per sopravvivere, ma...". Indica i figli seduti accanto a lui e aggiunge, nel suo inglese stentato: "Loro non hanno nulla da fare: qui non c'è lavoro e noi non abbiamo i soldi per mandarli a scuola". Ralousus ricorda. "Quando Kwame Nkrumah dichiarò l'indipendenza del Ghana ero un bambino, ma fu grazie a lui se la nostra gente ritrovò la speranza e ricevette un'educazione". Il vento spira forte e mulinelli di polvere si alzano tra gli abitanti del villaggio, incuriositi dalla nostra presenza. Molti di loro sono scalzi, parlano quasi soltanto nel dialetto locale. "Samia Nkrumah viene a candidarsi dove suo padre è cresciuto", incalza l'uomo. "E io vi dico che la voterò. Per suo padre. Perché faccia come lui, restituendo ai nostri figli quello che noi abbiamo perso: il diritto allo studio".

L'auto percorre gli ampi viali della capitale, Accra. Yesman guida e Samia guarda fuori dal finestrino, con occhi attenti. Ogni giorno questa donna sembra scoprire qualcosa di nuovo, riannodando i fili della memoria. Ma ciò che più le interessa è conoscere quei piccoli villaggi abitati da contadini e pescatori, stretti tra le campagne e l'oceano, nella regione dove ha deciso di candidarsi. "Mi chiedono perché ho scelto una zona così remota", racconta, districandosi tra decine di telefonate. "Ma è proprio questo il mio modo di fare politica: meno chiacchiere, più fatti. Perché la gente si aspetta di vedere i propri candidati sul terreno". Jomoro come palestra politica, dunque? "Voglio conoscere e capire il mio Paese, innanzitutto. E iniziare dalle mie origini mi aiuterà". Samia ha già fatto sue le idee del padre. Anche se, in tutto questo tempo, il Ghana è cambiato. Molto. Deformato da anni di dittatura militare e riforme economiche improvvisate, stretto nella morsa della guerra fredda prima e dello sviluppo ordinato dalle agenzie internazionali poi. "Ma ora dobbiamo avere una priorità: l'alfabetizzazione. Non possiamo parlare ai cittadini di riforme, di Unione Africana addirittura, se non garantiamo un'educazione di qualità ai giovani", aggiunge prima di partecipare a un incontro con i membri del Cpp (Convention People's Party), il partito a cui ha aderito. Quello fondato da suo padre.

DO YOU SPEAK NZIMA? I divani sono allineati lungo la strada che conduce a Beyin, cittadina doganale a ridosso della frontiera ivoriana. L'uomo seduto nella poltrona arancione si chiama Obaa Boatema e costruisce salotti economici: un'attività familiare ereditata dal padre, che impagliava le sedie nella piazza del villaggio. Obaa osserva la candidata sorridere da un cartellone elettorale e le restituisce un ghigno scettico. "Dimentichiamo per un attimo il cognome", attacca. "Lei è mai stata in questa regione? Parla nzima, la nostra lingua? Come pensa di poter aiutare la mia gente?". La campagna politica di Samia divide. E fa discutere. "Non si può presentare come la figlia dell'eroe dell'indipendenza, salutare, chiedere voti e poi andarsene". Intorno a Obaa si sono radunate altre persone. Qualcuno sostiene che Samia Yaba Nkrumah, in realtà, ambisca alla presidenza della Repubblica. "Anche il padre, in fondo, non ha fatto nulla per noi", grida un vecchio sdentato. "Siamo i più poveri di tutto il Ghana. E questa regione rimane un luogo dimenticato da tutti".

MARTIN LUTHER KING La luce del sole filtra dalle finestre, illuminando la sala in cui Samia si muove lentamente. Siamo nel mausoleo dedicato a Kwame Nkrumah, nel centro di Accra. Incuriosita, si sofferma su un'immagine: suo padre ritratto con Martin Luther King, nel giorno dell'indipendenza. "C'era anche l'allora vicepresidente americano Nixon", sorride ricordando i racconti ascoltati in casa. "A un certo punto si avvicina a King e gli domanda: "Com'è sentirsi liberi?". L'altro lo guarda serio e gli risponde: "Che ne so? Io vengo dall'Alabama"". Tempi lontanissimi, visti da questa fine del 2008 nel nome di Obama. "Una vittoria importantissima e simbolica", si illumina Samia. "Il trionfo della politica del dialogo". Valori a cui Samia dice di credere molto, nonostante le critiche dei suoi detrattori. "Non parlo nzima, è vero. Ma ho vissuto in tanti luoghi diversi e credo che la comunicazione valga molto più di una lingua. E, per promuovere l'approccio panafricano, occorre combattere la divisione su base micro-identitaria". Cita una frase di Nkrumah, rivolto ai leader africani: ""L'indipendenza per il solo Ghana non ha senso". Perché il panafricanismo è un ideale più grande, abbraccia tutti gli africani. Anzi, i neri di tutto il mondo. Il progetto di mio padre era profondamente culturale. Ora tocca a me portarlo avanti". Pausa. Poi aggiunge un'altra riflessione su Obama. "Per i neri di tutto il mondo la sua elezione è un'apertura per il futuro. Un meticcio alla guida della più potente nazione del mondo fa cambiare colore, metaforicamente, alla questione razziale".

TIFOSI Dominique sembra posseduto. Si agita nella sua camicia gialla e ripete ossessivamente: "Doctor Nkrumah. Doctor Nkrumah". Il passaggio della figlia del suo eroe nel villaggio è un sogno che si sta per realizzare. "Samia farà come suo padre. E il Ghana tornerà a essere protagonista". Poi, di colpo, ferma le parole. Il rumore di un fuoristrada si avvicina. Dominique corre verso l'inizio del villaggio, urlando. "Kwame Nkrumah, Kwame Nkrumah". Compare l'automobile. Dal tettuccio aperto spunta Samia. Sul vestito porta l'immagine del padre. E il motto del Ghana: "Libertà e giustizia". Alza le braccia e saluta il primo abitante che le corre incontro, agitandosi dentro una camicia gialla. Dietro di lui, tra le case, urla di gioia, abbracci e bandiere. Un tifo così, da queste parti, si era visto solo per la nazionale di calcio.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Le auguro migliore fortuna di quella che ebbe suo padre...
Grandmere