L' emittente di Hamas, Al-Aqsa, punta sulle donne. Ogni giorno 15 giornaliste raccontano le storie di mogli, madri, sorelle di kamikaze. Dicono di essere obiettive. Ma il loro obiettivo è insegnare. A uccidere.
"Stavo sulla tomba del martire, al cellulare con la moglie che vive in Cisgiordania e non ha il permesso di entrare a Gaza. Attraverso me, lei parlava con lui. Gli raccontava della casa, dei figli bravi a scuola. E' stata l' intervista più toccante della mia carriera, e ha reso il mio programma famoso anche fuori dalla Palestina". Lo shayd, il "martire", non era uno qualsiasi: Yahya Ayyash, l' "ingegnere" degli attentati dinamitardi contro decine di israeliani, a sua volta ucciso da un telefono-bomba nel 1996. La giornalista si chiama Warda Al-Ankar, 24 anni, candido hijab su abito nero e non un filo di trucco: è l' anchorwoman di punta della televisione Al-Aqsa, braccio mediatico di Hamas, il movimento islamico radicale che dal giugno 2007 governa la Striscia di Gaza. Ogni settimana, nel suo programma Ishraqat ("L' alba"), Warda ospita in studio le donne "esemplari nell' affrontare la sofferenza palestinese". Su tutte cita Mariam Farhat, parlamentare di Hamas che, in un video, incoraggiava un figlio a morire da kamikaze.
Il "dipartimento delle sorelle", 15 tra giornaliste, operatrici di camera e montatrici, è l'ultimo nato nell' emittente privata che trasmette da un alto palazzo bianco-verde al centro di Gaza City. Al-Aqsa TV, la più seguita nella Striscia, è megafono e catalizzatore della rabbia che satura Gaza: chiama gli israeliani assassini e terroristi, inneggia ossessivamente alla riconquista della moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme. Era sua l' intervista-shock ai figli di Rym Al-Riyashi, kamikaze al valico di Erez nel 2004. "Quanti ebrei ha ucciso la mamma?" chiedeva il giornalista. La bambina indicava cinque con la mano. La tv ha cominciato a trasmettere illegalmente nel gennaio 2006. Un anno dopo ha lanciato un canale satellitare con un palinsesto completo, cinque Tg quotidiani, 400 tra dipendenti e volontari, e oggi fa ascolti in tutto il mondo islamico: "Siamo secondi solo ad Al-Jazeera" informa il direttore dei programmi Samir Abu Muhssen, citando un sondaggio del sito Islamoline. Ha corrispondenti in Yemen, Siria, Egitto, Giordania, persino in Pakistan e Mauritania: simpatizzanti che mandano notizie. La sua società sta costruendo a sud della Striscia una mini-Hollywood per produrre film sulla causa palestinese. Vive di sovvenzioni private, "soprattutto di palestinesi all' estero" spiega l' editore Fathi Hammad, deputato di Hamas, che ci riceve a casa sua, circondato dai suoi bambini, con lo stesso sguardo mite che conserva in video mentre declama che "uccidere un singolo ebreo equivale a ucciderne 30 milioni. La ricompensa per il nostro martirio sarà grande". Tiene a precisare che "Hamas non ci finanzia nè ci condiziona. Siamo liberi, al contrario della Tv nazionale palestinese sottomessa a Fatah". (...) Le "sorelle" sono state ammesse quando è stato chiaro che lo zoccolo duro dei consensi all' integralismo di Hamas è formato proprio dalle donne. ("IO DONNA")
Lavorano in uffici separati, dietro una porta chiusa. Quando sentono bussare, molte fanno sciovolare sul volto il niqab, il velo integrale. Offrono caffè al cardamomo queste giovani laureate, convinte che la lotta armata contro l' "entità sionista" vada integrata con una comunicazione decisa. Guadagnano dai 60 ai 300 dollari, ma per loro Al-Aqsa Tv è una missione, più che un mestiere, come spiega Tasneem Al-Mahroog, 23 anni, moglie di un militante di Hamas (non è meglio dire "terrorista"?!) : "Sono laureata in giornalismo e mi sto specializzando in studi coranici" dice, e io le chiedo il nesso tra le due discipline. "Il Corano sa parlare alla gente: se vuoi essere un buon comunicatore, devi conoscerlo a fondo". Lei conduce il programma Aydun ("Torneremo"): interviste in esterno agli anziani profughi del 1948.
Lavorano in uffici separati, dietro una porta chiusa. Quando sentono bussare, molte fanno sciovolare sul volto il niqab, il velo integrale. Offrono caffè al cardamomo queste giovani laureate, convinte che la lotta armata contro l' "entità sionista" vada integrata con una comunicazione decisa. Guadagnano dai 60 ai 300 dollari, ma per loro Al-Aqsa Tv è una missione, più che un mestiere, come spiega Tasneem Al-Mahroog, 23 anni, moglie di un militante di Hamas (non è meglio dire "terrorista"?!) : "Sono laureata in giornalismo e mi sto specializzando in studi coranici" dice, e io le chiedo il nesso tra le due discipline. "Il Corano sa parlare alla gente: se vuoi essere un buon comunicatore, devi conoscerlo a fondo". Lei conduce il programma Aydun ("Torneremo"): interviste in esterno agli anziani profughi del 1948.
"Il dipartimento femminile non tratta di politica" precisa "ma la vita quotidiana e i problemi delle donne che hanno perso i figli o hanno avuto la casa distrutta, per incoraggiarle a non arrendersi". Poi Tasneen, che finora mi è parsa professionale e acuta nel suo inglese perfetto, s'avventura in una tirata sconclusionata sulle "scarse evidenze storiche" della Shoah ebraica. Sembra ripetere una lezione. La blocco, meglio tonare al vostro lavoro. Usciamo con la troupe di Samah Al-Museyen, producer della trasmissione Rugm Al-Alam ("Sidare il dolore"): ritratti di "martiri" attraverso i ricordi dei familiari. La seguiamo nel quartiere Sab'ra, fino alla casa di un uomo che, per caso, è morto insieme allo sceicco cieco Yassin, fondatore di Hamas: pregava nella stessa moschea quando gli israeliani attaccarono, nel 2004. Samah intervista un figlio del martire: telecamera fissa, set improvvisato in camera da letto , domande sulle qualità di buon padre e buon musulmano del defunto, inquadrature insistenti sui nipotini. "Abbiamo grande attenzione per i bambini" dice (con notevole faccia tosta!) la giornalista "qui a Gaza l' infanzia si dimentica in fretta". La star di Al-Aqsa Tv è proprio una bimba: Sa'rah Barhoum, 12 anni, nipote del portavoce di Hamas Fawzi Barhoum. Il suo programma Rwad Al-Rad,
"Pionieri di domani", parla ai bambini di jihad, di martirio, di ebrei da annientare: "Costruiamo una generazione rispettosa della religione" declama la bimba prima della diretta del venerdì, e confida che da grande vuole girare il mondo "per correggere la brutta immagine che avete dell' islam". Il suo compagno sul set è il coniglio Assud, interpretato da un giovane che non rivela la sua identità perchè - spiega indossando il costume di scena - avrei problemi con gli israeliani". E' per via dei pupazzi di cui ha vestito i panni in tv: prima il topo Farfour, un simil-Mickey Mouse che arriva alla battaglia, fatto uccidere in diretta da un agente del Mossad; poi l'ape Nahoul, "martire" per la penuria di medicine a Gaza imputata all' embargo israeliano. E ora il coniglio rosa, che promette di "mangiare i sionisti con il volere di Dio" mentre Sa'rah aggiunge, con surreale candore: "Siamo pronti a sacrificarci per la nostra terra. Cerchiamo il martirio". Alla domanda se non sia il linguaggio inadatto a un pubblico bambino, il direttore dei programmi Muhssen mi liquida: "Ciò che va bene da voi non deve per forza andare bene anche qui". Torno da Sa'rah, le chiedo a quale conduttrice televisiva vorrebbe somigliare. Lei emette un flebile, involontario raggio al di là del muro: "Mi piacciono le presentatrici israeliane. Sono in gamba".
3 commenti:
Non mi pareva possibile che il fanatismo e l' odio potessero essere più forti dell' amore per i figli...E' una cosa da brividi.. Grandmere
Evidentemente gli uomini hanno aperto gli occhi e non sono più disposti a farsi saltare in aria. Le donne, ahinoi sono sempre più facilmente ricattabili oltre ad essere più deboli fisicamente :((
Credo che questo le faccia sentire pari agli uomini, in qualche modo. Sentono di avere un certo potere.
Posta un commento