domenica 13 luglio 2008

DONNE VESCOVO, DONNE MUFTI' IN SIRIA. LA PARITA' VIGILATA

Il Gran Mufti di Siria, Ahmed Badr Hasun, massima autorita’ religiosa musulmana sunnita del Paese, ha emanato una fatwa che apre alle donne la possibilita’ di diventare mufti’, vale a dire dottori nella legge islamica con l’autorita’ di emanare a loro volta fatwe. Cioe’ sentenze religiose con valore di legge. Quasi contemporanamente, il Sinodo generale della Chiesa Madre Anglicana, riunito a New York, ha tolto il veto sulla partecipazione delle donne al clero, autorizzando l’ordinazione di donne vescovo, cosa che ovviamente significa, anche qui, ricoprire ruoli di potere decisionale. Sara’ certamente un caso ma colpiscono, queste due decisioni arrivate insieme a rompere uno dei tabu’ piu’ radicati nelle religioni monoteiste nate intorno al Mediterraneo, e da qui’ partite, vale a dire la gestione maschile del pensiero divino e il rapporto con Dio a nome dell’uomo (appunto). Le similitudini, comunque, non si fermano qui’. E visto che di mezzo, come ampiamente sottolineato negli atti, c’e’ la parita’ uomo-donna nel sacro, questione che fatalmente trascina con se’ il disvelamento della parte femminile di Dio – terreno su cui si e’ inerpicata e scivolata la teologia femminista, a partire dagli anni sessanta -, diventa imperativo decifrarne i contorni, quanto meno per tentare di capire se e fino a che punto di parita’ si tratta. Intanto, riportano le cronache, arrivare alla decisione delle donne Vescovo e delle donne Mufti non e’ stata una passeggiata. Fin qui ci siamo: quando mai una conquista di parita’ lo e’ stata? Anche sul terreno laico della cittadinanza femminile, a noi non e’ mai stato regalato nulla… Figuriamoci su quello ecumenico del clero e delle gerarchie ecclesiali; non se avete presente, ma gli attori di questa decisione, da una parte e dall’altra, sono solo ed esclusivamente uomini. (Fonte: "Women in the City")

Resta comunque il fatto che l'islam non ha un clero come esiste nel cristianesimo e, anche se esistono le donne muftì, mi pare che le donne musulmane abbiano un pelino più di strada da fare per l'emancipazione rispetto alle cristiane, almeno in Occidente.



Partiamo dal Sinodo Anglicano svoltosi a “Camere” riunite, laici, vescovi e clero, 1300 delegati mica uno scherzo, divisi tra tradizionalisti e modernisti che, per tre giorni, si sono dati battaglia vera sulla parita’ femminile nei loro ranghi. In breve, prima di arrivare alla decisione se ne sono dette di tutti i colori, e dopo la votazione hanno pianto (ai posteri, la dichiarazione e i fischi dilagati sull’intervento di Gerry O’Brian, uno dei tradizionalisti più accesi, quando ha paragonato l’accesso delle donne al seggio vescovile alla nomina a vescovo di Gene Robinson, gay dichiarato, da parte della Chiesa episcopale americana.). Stupisce che la Chiesa Cattolica abbia stigmatizzato immediatamente, e senz’appello, la decisione del Sinodo anglicano? Per niente. Senza andare troppo lontano, la questione della parita’ delle donne nel sacerdozio non e’ neanche l’ultimo dei pensieri per l’attuale Curia vaticana, dalle nostre parti tira altra aria. Il corso inaugurato dalla teologia ratzingeriana, ieratica e conservatrice, non prevede sforzi interpretativi evangelici in direzione paritaria. Il clero maschile e’, e maschile resta; agli uomini e solo a loro il privilegio della mediazione con Dio. Lo “strappo” del Sinodo anglicano e’ dunque di quelli capaci di provocare rotture insanabili. Irritata, la chiesa di Roma ha fatto sapere alla chiesa d’Inghilterrra che 1300 sacerdoti “delusi” dalla decisione di aprire alle donne starebbero facendo valigie verso il fronte papista, si paventa un altro scisma.Dalla stampa siriana, al contrario, arriva conferma “dell’estremo favore” con cui e’ stata accolta la decisione del Gran Mufti’ di aprire alle donne, tanto negli ambienti religiosi quanto nell’opinione pubblica. Sappiamo che piu’ di una ventina di ragazze si sarebbero gia’ iscritte ai corsi di diritto islamico dell’universita’ di Damasco, decise a diventare mufti’. Ma sappiamo anche da alcune intellettuali, nostre amiche, che una contestazione c’e’ stata anche dalle loro parti. Non parliamo dei soliti ultraconservatori, legati ad un’interpertazione del Corano che di fatto esclude le donne dal ruolo di guida sprituale e dalle responsabilita’ dell’interpretazione della Legge. A mugugnare e fortemente, sono le femminste islamiche che da tempo chiedono l’ammissione delle donne nei vari ranghi religiosi, e che hanno fatto di questo argomento uno dei capisaldi della contestazione per la parita’ uomo-donna. Le femministe islamiche, che rappresentano uno dei due principali filoni del movimento delle donne dei paesi arabi e musulmani – l’altro e’ il femminismo laico - , rivendicano parita’ e uguaglianza in tutti i settori della vita privata e sociale appellandosi all’interpretazione del Corano e alla storia dell’Islam, nonche’ agli altri testi sacri musulmani, Hadith e Sunna (i detti e i comportamenti del profeta Muhammad), base e fondamento del fiqh, il diritto islamico. Ebbene, niente in questi testi, sostengono da tempo, propone o conferma la discriminazione delle donne, tanto meno in ambito di studi coranici e scelte di vita conseguenti. Nella storia dell’Islam, spiegano, “diverse donne hanno ricoperto il ruolo di guide spirituali” senza per questo contrastare i principi della legge. E per dirne una, fanno l’esempio delle sultane yemenite che guidavano la preghiera nelle moschee con il titolo di imam. E allora? Il fatto e’ che la decisione del Gran Mufti’ Ahmed Badr Hasun prevede alcuni rigidi paletti, di fatto veri e propri limiti al ruolo delle mufti: le loro sentenze infatti avranno valore “solo per le donne” e potranno riguardare esclusivamente “questioni specificatamente femminili o attinenti a problemi di coppia”. Inoltre, le mufti’ faranno riferimento esclusivamente all’Iftaa Council, istituzione presieduta dal Gran Muftì in persona, e preposta a “verificare le questioni in materia di fede, le fatwa o editti religiosi”. Anche il Sinodo anglicano ha messo in atto paletti che limitano il ruolo femminile, un “compromesso necessario” (per placare l’ala tradizionalista), ha detto l’arcivescovo di Canterbury, Rowan William, accettando di adottare “misure da precisare”. Al vaglio (bocciata e ripescata?) la proposta di nominare “super-vescovi” di sesso maschile, a garanzia di quella parte di clero che si rifiuta di riconoscere un vescovo donna. Come dire, vescove si mufti’ anche, ma sotto tutela dei colleghi maschi. Per il momento, una parita' vigilata.

1 commento:

Anonimo ha detto...

imparato molto