mercoledì 24 settembre 2008

"SECONDE MOGLI" E FIRST LADY. LA RIVINCITA DI HAYA E LE ALTRE

Oltre il velo: le "prime donne arabe" sono protagoniste nel sociale. Hanno mariti poligami, ma non restano nell'ombra.

A sinistra Haya di Giordania e degli Emirati Arabi Uniti, in basso
Sheikha Mozah del Qatar e nella foto piccola a destra Sheikha Sabika del Barhein.

WASHINGTON - Mozah e Haya sono, a loro modo (molto "a loro modo"! Il commento è mio), delle "rivoluzionarie", anche se i loro mariti hanno conti bancari uguali a tesori. Nel senso che provano a rompere gli schemi di un mondo maschilista che lascia poco spazio alle donne. E' un cambiamento dei piccoli passi - e per giunta controllati - ma non per questo meno apprezzabile. Mozah è la moglie - anzi una delle molte (tre) - dello sceicco, Hamad Al-Khalifa Al-Thani, l'uomo che guida il Qatar. Ed è una consorte particolare. Alternando il velo nero agli abiti occidentali, consapevole di cosa sia permesso a una donna del Golfo, si è conquistata un ruolo impensabile fino a pochi anni fa. E' lei a guidare la raccolta fondi contro la disoccupazione e a prendere la parola davanti a una platea di uomini d'affari. Non solo first lady ma anche promotrice di un progetto per una città dell'educazione a Doha; destinata ad accogliere prestigiose università americane. Per i nostri parametri può sembrare poca cosa, ma, come sottolinea la sociologa Rima Sabbah: "Mozah ha rotto tutte le barriere culturali" affiancando il marito nell'idea di trasformare il Qatar in un punto di riferimento internazionale. Una sfida che non è passata inosservata: la rivista Forbes l'ha inserita tra le 100 donne più influenti del pianeta.Un elenco dove non sfiguererebbe un'altra protagonista di questa mini-rivoluzione rosa. E' la principessa Haya, 34 anni, figlia del re Hussein di Giordania (deceduto nel 1999) e oggi consorte dello sceicco Mohammed Rashid Al-Makhtoum degli Emirati Arabi Uniti (io aggiungerei seconda moglie!). Raramente l'hanno vista in abiti tradizionali, ha un sito Web, gira il mondo per sostenere l'idea di un cambio. Nel 2000 ha fatto parte del team giordano di equitazione alle Olimpiadi in Australia ed è alla testa della federazione internazionale. Di nuovo, il suo impegno è nel sociale, nell'attività umanitaria (Fonte: "Corriere della Sera").

Ma la vera rivincita sarebbe che i mariti lasciassero le altre mogli per loro o, meglio ancora, che "Haya e le altre" chiedessero il divorzio... però mi sembra un tantino improbabile e non solo per il conto in banca delle dolci metà!
Per gli scettici è un'emancipazione di facciata e l'impegno assomiglia a quello delle dame di carità. Ma il poco sembra tanto se paragonato a quanto avviene nella vicina Arabia Saudita, dove le donne non hanno il diritto di voto e la richiesta di prendere la patente è davvero un miraggio nel deserto. Divieti che hanno fatto nascere un movimento di protesta sotterraneo, a volte sostenuto con grande cautela da Wajeha Al Huwaider, alla quale hanno concesso di guidare nelle zone rurali, e da un paio di principesse coraggiose.Ma non tutto è nero come le lunghe tuniche che devono indossare le donne da queste parti. Il Barhein, altro stato del Golfo, ha nominato come ambasciatrice negli USA una parlamentare di religione ebraica, Hoda Nono.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Nonostante queste due donne rampanti, va detto che in molte monarchie arabe (Arabia Saudita in primis) le donne non votano o votano solo alle elezioni locali. Siamo di fronte a regimi maschilisti e autoritari contro di cui in pochi si mobilitano.

Anonimo ha detto...

Nel post vengono citate altre due donne rampanti e la foto in piccolo ne mostra un'altra, che è quella del Barhein. Pochissime e purtroppo anche loro vittime del maschilismo (persino Haya di Giordania, Paese cosiddetto moderato!), visto che sono le mogli di poligami. Però non sono solo i regimi a essere maschilisti, ma notoriamente anche la cultura di cui fanno parte... .

Anonimo ha detto...

La cultura non è maschilista. Se lo è non è cultura ma dogma o ideologia. E lì c'è un'ideologia della sottomissione della donna che sarà difficile sradicare. sicuramente non lo si fa con le armi. Serve la diffusione di notizie!

Anonimo ha detto...

Bèh, sì... . Comunque, tornando a queste donne in particolare, anche loro, di fatto, fanno parte di un regime.