venerdì 12 settembre 2008

LIBANO, VOGLIAMO LE QUOTE ROSA!

Nel suo libro intitolato “Silence aux pauvres” lo scrittore francese Henri Guillemin sottolineava il destino di coloro che erano stati alla base della vittoria della Rivoluzione del 1789,- i poveri delle citta’ e delle campagne, in prima fila le donne -, poi allontanati dai luoghi della decisione politica per via di una legge elettorale che sanciva il diritto di essere eletti/e ai soli/e cittadini/e in grado di leggere e scrivere… Lontani da quel secolo, e malgrado centinaia di guerre e di rivoluzioni che hanno cambiato la faccia del Pianeta, Poveri e Donne restano sempre il tallone d’achille di tutti i compromessi ed il cambiamento in politica, anche se sono loro che li hanno fatti esplodere. Detto questo, passiamo in rassegna la situazione politica che prevale oggi in Libano, in seguito al compromesso raggiunto lo scorso 21 maggio tra la “maggioranza” (detta “Gruppo 14 marzo”) e la “minoranza” (chiamata “Gruppo 8 marzo”). Cio’ che innanzitutto attira la nostra attenzione e’ l’intesa raggiunta, malgrado il sangue versato e la distruzione del Paese, sulla legge elettorale, valida a mantenere al potere tutti i rappresentanti politici in cima alla gerarchia, salvaguardando il loro ruolo (sociale e confessionale). Parliamo della legge del 1960, basata sulle “cazaz”, piccole circoscrizioni molto confessionali; una legge capace solo di garantire da una parte posizione economica e porzione della torta del potere a ogni “emiro di taifa” (rappresentante politico di una confessione religiosa), e dall’altra il ruolo dei diversi “tutori” venuti dall’estero, vicino o lontano. Tutto cio’ per conservare al regime politico libanese, disegnato dalla Francia e ri-disegnato tanto dagli Stati Uniti quanto dalla Siria, il posto che ha fallito nello scacchiere regionale. In questa situazione, con una lotta per il potere che sfiora il parossismo poiche’ ciascuna delle parti dell’alleanza borghesia/feudalesimo politico avrebbe affilato le proprie armi alfine di migliorare la propria parte in seno alla “casa comune”, la “parte” dei poveri si e’ ancora una volta volatilizzata e con essa anche la rappresentanza delle donne. Benche’ costuiscano il 53per cento del totale della popolazione, le libanesi sino ad oggi hanno avuto accesso ai posti di decisione politica solo per ragioni di “rimpiazzo” familiare, nella maggior parte dei casi la morte del marito… . Quando abbiamo posto, per la prima volta, il problema delle quote femminili, un bel po’ di tempo fa, alcuni rappresentanti della borghesia hanno gridato al “disonore”, dicendo che chiedere quote che permettano alle donne di accedere ai luoghi della decisione politica equivale a “degradare” il ruolo delle donne stesse! Dimenticano, costoro, che la maggior parte degli uomini in politica, per non dire la totalita’, hanno accesso alla leadership grazie alla “quota parte” accordata ai rappresentanti politici delle confessioni religiose libanesi… .

Questo articolo e’ stato pubblicato lo scorso 28 giugno su Alternatives International online con il titolo ”Cinq raisons obligatoires pour la participation des femmes au pouvoir», http://alternatives-international.net/article2260.html.Women ringrazia l’autrice per la riproduzione. (Fonte: "Women in the City")
Quelli che definiscono “umiliante” la legittima richiesta di rappresentare meglio le donne del Paese, sono gli stessi che sostengono con ammirazione la “democrazia occidentale” dimenticando scientemente che essa applica il principio delle “quote rosa”. Angela Merkel, per citare solo un caso, ha potuto accedere alla leadership nazionale perche’, all’inizio, eletta in virtu’ delle “quote”… . Ma cos’e’ la “quota femminile”, e come e’ presentata dalle associazioni e dai partiti politici che l’hanno proposta? Il programma elettorale emerso dall’“Incontro Nazionale per l’Eliminazione di tutte le Discriminazioni nei confronti delle donne in Libano”, pubblicato tre anni fa, 2005, dichiara che alle donne va riservata una parte del 30per cento dell’insieme dei deputati, cioe’ 38 seggi. Secondo la Rete firmataria del Programma, composta da 60 associazioni e un gran numero di personalita’ femminili del Paese, i seggi dovranno essere riempiti con l’adozione del sistema elettorale democratico piu’ conosciuto, il proporzionale, e aldifuori dei quadri confessionali. Vuol dire, partire da un’esperienza unica, diversa da quelle vissute in Libano dopo la conquista dell’Indipendenza nazionale. Rivendicando la proporzionale e l’abolizione del confessionalismo, infatti, le libanesi aspirano a rappresentare non “una parte” del popolo ma il Libano per intero, e dichiarano il proporio disaccordo verso leggi elettorali confezionate su misura delle divisioni confessionali, generatrici sinora solo di guerre civili. Il Programma elettorale emerso dall’Incontro si basa peraltro su alcune valide ragioni, sia sul piano quantitativo che qualitativo. Ci limiteremo qui’ ad elencarne soltanto cinque. La prima ragione, innanzituto, e’ contenuta nella stessa Costituzione che proclama, articolo 7, l’uguaglianza totale tra i cittadini/e. Principio rinforzato, nel 1996, dalla firma libanese della “Convenzione Internazionale per l’Eliminazione di ogni forma di discriminazione verso le donne” che sancisce, tra l’altro, il diritto alla “quota” come passaggio verso l’uguaglianza totale uomo/donna. La seconda ragione risiede nel grande ruolo giocato dalle donne, soprattutto dalle giovani, nel movimento per l’indipendenza all’inizio degli anni Quaranta, e poi nelle organizzazioni della Resistenza contro l’occupazione israeliana. In queste lotte, le libanesi hanno dato prova di qualita’ di leadership. La terza ragione si puo’ rintracciare nel posto occupato attualmente dalle donne nel settore economico e nella produzione. Le libanesi, oltre ad essere massicciamente presenti nell’occupazione ai diversi quadri, sono presenti in misura imponente anche ai livelli piu’ alti del potere economico e finanziario. La quarta ragione si trova nle ruolo occupato attualmente dalle donne nel potere giudiziario e nei media dove discriminazioni e barriere sono gia’ abolite. La quinta e ultima ragione, gia’ menzionata, risiede nel numero. Cosi’, se e’ vero come e’ vero che alcuni leaders si inorgogliscono della percentuale della confessione che rappresentano sul totale della popolazione libanese, e’ altrettanto vero che la “parte” delle donne in tutte le confessioni e’ la sola che presenta una maggioranza assoluta. SỈ dunque alle quote femminili, in senso provvisorio. SỈ ad una nuova legge elettorale basata sul proporzionale in un Libano considerato tutto intero come una sola circoscrizione. SỈ all’abolizione del confessionalismo in politica. Sono queste le basi per la pace civile e la Riforma della politica.

7 commenti:

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