mercoledì 24 settembre 2008

ALTRO CHE SENSUALITÀ, IL VELO È UNA GALERA


VÉNUS KHOURY-GHATA


Dire che il velo ha liberato la donna è doloroso per coloro che lo indossano come una prigione, un sarcofago, un feretro ambulante. È un'offesa per le donne afgane imbavagliate dalla paura, che contano sulle loro sorelle occidentali con la speranza che possano battersi per loro, per liberarle dal velo. Dire che il velo ha liberato le donne farà sanguinare il cuore di Maryamou di Mechhed, di Azadée di Teheran, delle studentesse che indossano il velo all'università diretta da religiosi ma che, non appena rientrate a casa, strappano via il tchador come una pelle da rimuovere per ritrovare la loro vera pelle. Dire che il velo ha liberato le donne, rende amareggiate le afgane rese cieche dal burka che indossano, rasentate dalle automobili, uccise dalle automobili che vedono soltanto all'ultimo momento. Dire che il velo ha liberato le donne è un'offesa per coloro che si erano battute nel corso del secolo per liberare le donne dal velo, per renderle uguali all'uomo che cammina con il viso scoperto al sole. Un dolore per coloro che vorrebbero mostrare la loro chioma, considerata dagli adepti del velo come la capigliatura del sesso. È possibile definire il velo come liberatorio delle donne quando ostacola tutti i loro gesti e le rende pari a dei muli che circolano nella strada con delle fessure per gli occhi che impediscono di guardare di lato? Dieci anni fa, su richiesta di una parlamentare europea, ho condotto un sondaggio in Libano, il mio paese, presso alcune donne che hanno frequentato l'università, al fine di conoscere i motivi per i quali hanno iniziato ad indossare il velo mentre prima non lo portavano. La prima, direttrice di un'agenzia di PTT, ha detto di indossare il velo per essere rispettata dai suoi confratelli che considerano come prostitute qualsiasi donna senza velo (questa donna viveva in una città del sud del Libano, diventata islamica dopo l'uscita di Hezbollah). La seconda indossava il velo per motivi economici: i figli delle donne con il velo possono entrare in ospedale senza pagare in anticipo, altrimenti sono respinti (problema cruciale in un paese in cui la previdenza sociale non esiste). La terza ha dichiarato che senza il velo, tra un vestito di Dior e un vestito acquistato in un negozio monoprezzo non c'è nessuna differenza. Camminando per la strada, è al pari della moglie del deputato e della moglie del sindaco della sua città. La quarta indossava il velo per beneficiare dell'acquisto di un appartamento pagato in venti anni senza interessi. Si tratta degli appartamenti costruiti da Hezbollah, finanziati dall'Iran e che hanno trasformato gli stabili di due piani in grattacielo. La quinta, una ragazza bizzarra, giornalista per un quotidiano arabo islamico, mi ha detto di indossare il velo per prendersi gioco di sua madre che si era battuta più di trent'anni fa per liberare le donne dal velo. Dichiarare di amare il velo mi fa pensare a una parigina eccentrica che si era fatta realizzare delle manette in oro da un gioielliere, che esibiva la domenica pomeriggio quando ci offriva il tè. Bisogna scendere in strada per conoscere la povertà, diceva il ricco Sénèque. Bisogna aver vissuto con donne che indossano il velo per avere il diritto di parlare a nome loro. Bisogna soprattutto intervistarle lontano dallo sguardo del marito, del padre, del fratello, i quali si trasformano in lapidatori non appena ritengono che il loro onore sia stato infangato. (Fonte: il blog di Barbara", articolo de "La Stampa", 17/9/'08)

Le donne afgane imbavagliate dalla paura, che contano sulle loro sorelle occidentali con la speranza che possano battersi per loro, per liberarle dal velo. E invece le loro sorelle occidentali, le donne progressiste di sinistra, le femministe che da una vita si battono per vedersi riconosciuti pari diritti, pari dignità, pari rispetto, pari libertà, non esitano un solo istante a voltare loro le spalle: è la loro cultura, e dunque che si fottano.
Non potrò mai dimenticare l'immagine di una donna lapidata dagli uomini della sua famiglia perché sospettata di aver avuto una relazione con un'altra donna, agonizzante sotto le pietre mentre suo fratello la filmava con il cellulare. Il fratello filmava con una mano e tirata le pietre con l'altra. Le donne che portano il velo non l'hanno per forza scelto. Alcune credono di averlo scelto perché risponde al voto o alle imposizioni del marito o dell'uomo amato. Si sono ritrovate di fronte al loro destino. Molte l'hanno scelto per sottomissione, perché credono che l'uomo sappia cosa vada bene, cosa sia meglio per loro. L'uomo pensa per loro che non sanno pensare. Come dice un proverbio arabo, la sottomissione è generatrice di felicità. La schiavitù può essere volontaria. L'asservimento può essere voluto per conservare il cuore di un uomo, il suo rispetto, il rispetto della sua comunità fa credere ad alcune donne che il velo le protegge, il velo è la loro scelta. Il libero arbitrio non esiste per queste donne. Sono condizionate e ignorano che la scelta cessa di essere una scelta quando è il riflesso del desiderio altrui, il frutto dell'autorità altrui. Il velo è una prigione, un feretro, un sarcofago.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Che si fottano proprio no,peró ricordiamoci che la Santanché vive scortata dopo lo scontro che ebbe in diretta con un imam per aver detto che il velo non é obbligatorio nell'islam.La sola soluzione,non per tutte (ma in certi casi) é di lasciare l'islam e trovarsi un marito non musulmano. O allora fondare un'associazione come quella esistente in Francia di Fadela Amara, "ni pute ni soumise".Noi,ormai si sà,abbiamo poco peso su un tema cosí sensibile per i musulmani.

Ciao

Anonimo ha detto...

lei non sarebbe daccordo col tuo post:

http://unponteperlapace.splinder.com/post/18467801/Ancora+sul+velo..

Ciao

Anonimo ha detto...

Vituccio, il commento non è mio, ma l'ho messo perchè è vero che ci sono donne occidentali, incluse molte femministe, che esaltano il velo come un simbolo di emancipazione femminile, senza rendersi conto di cosa possa rappresentare per tante donne musulmane: non è infrequente che chi non porta il velo sia considerata una "cattiva musulmana", perciò è una poco di buono, una prostituta, o addirittura un'apostata che merita magari la morte quando a questo si accompagna un comportamento "islamicamente non corretto", secondo i parametri degli integralisti. Resto convinta che comunque anche l'obbligo del velo sia solo la punta dell'iceberg di drammi peggiori che queste donne si trovano ad affrontare (di cui è il preludio, non il velo in se stesso, ma proprio la sua imposizione).

Anonimo ha detto...

"La sola soluzione,non per tutte (ma in certi casi) é di lasciare l'islam e trovarsi un marito non musulmano."
Caro Vituccio, ma lo sai che per ognuna di queste due cose è prevista la pena di morte? Lo sai quante donne sono state ammazzate per molto meno di questo? E tu la chiami soluzione?

Anonimo ha detto...

Barbara,ho detto non per tutte,ma in certi casi...cioé,per quelle musulmane che sono più o meno già libere,senza velo e con una famiglia più moderata,é evidente che le oppresse e quelle indottrinate dalla religione hanno poca "chance" di sottrarsi all'"entourage".Certo che per me quelle malate dell'islam possono fottersi,a cominciare dalle nostre convertite,le peggiori.

Ciao

Anonimo ha detto...

... eppure ci sono ancora tante (comunque troppe) donne occidentali che cambiano religione, lasciano l'occidente e partono per la conquista del loro amore mussulmano ...
complimenti per il blog, forse aiuterà a prevenire !
micaela

Anonimo ha detto...

Benvenuta, Micaela! Rispetto alle donne occidentali che si innamorano di musulmani, credo che una speri sempre che certe cose non capitino a te, ti dici che non tutti gli uomini musulmani sono uguali(o arabi, perchè comunque non sempre c'entrano le convinzioni religiose o l'essere più o meno musulmani fanatici!). E'verissimo che non sono tutti uguali, ma spesso purtroppo, per conquistare la preda, si mostrano moderni, di larghe vedute e poi, quando è troppo tardi e magari tornando nel Paese d'origine dopo essere stati in Occidente, si rivelano per ciò che sono!!!
Comunque mi è venuto in mente anche l'esempio opposto: un mio amico italo-egiziano cattolico mi ha raccontato che il padre, italiano, che vive in Egitto da più di trent'anni, non voleva che sua figlia (e quindi sorella del mio amico)sposasse l'uomo di cui era innamorata, ma uno scelto dalla famiglia. Io mi sono stupita, pensando che fosse una cosa " da arabi", meglio se musulmani, però il mio amico mi ha spiegato che suo padre aveva fatto propria quella mentalità. Per fortuna poi il mio amico ha difeso la sorella che ora è felicemente sposata con l'uomo che amava. Altra cosa interessante: i nonni di questo ragazzo hanno praticamente disconosciuto il figlio perchè voleva sposare un'egiziana e lui, da allora, non ha più messo piede in Italia!

Anonimo ha detto...

Ma la condanna a morte per l'apostasia non dipende mica dalla famiglia! Quasi sempre è legge dello stato, e viene applicata da sentenze di tribunale, negli altri casi se ne fa carico la società "osservante". A parte questo, quelle che vivono libere con famiglia tollerante non vedo da che cosa dovrebbero scappare: sono le altre, le oppresse, che avrebbero bisogno di poterlo fare.

Anonimo ha detto...

Barbara,spesso vengono commessi crimini d'onore per apostasia,come nel caso di agosto dove il padre ha tagliato la lingua e poi bruciato la propria figlia perché convertitasi al cristianesino. O nel caso "meno peggiore",sono i familiari stessi a denunciare alle autorità.Direttamente o indirettamente la famiglia centra sempre.

Le musulmane più "moderade" e "libere",ma che restano sempre praticanti,hanno tendenza ha cercarsi lo stesso uomini musulmani,per primo per rispetto dei suoi,e poi anche perché resta la loro condotta di "buone musulmane"....quindi io non direi che quest'ultime devono scappare o nascondersi,ma solo riguardarsi,non si sà mai dove potrebbero incappare,perché poi dopo il matrimonio,come sai,tutto si complica con la loro religione.

In definitiva,per me tra una moderata praticante ed un'"oppressa" indottrinata c'é poca differenza.

Ciao

Anonimo ha detto...

Vituccio, davvero il padre che ha tagliato la lingua e bruciato la figlia che si è convertita al cristianesimo ha detto di averlo fatto per motivi d'onore?
Non può essere che una donna musulmana VOGLIA sposare un musulmano perchè è lei a preferire uno del suo stesso credo?
Comunque, sono la prima a stupirmi, ma esistono anche donne arabe e musulmane maltrattate da uomini italiani o comunque cristiani... .