Nel numero odierno del "Corriere della Sera", nella sezione "Cultura", sono pubblicati alcuni brani di "Se Dio non vuole" di Ayaan Hirsi Ali e Anna Gray (trad. di Ilaria Katerinov, pp. 118, 12, 50). Il nuovo romanzo della scrittrice di origine somala uscirà edito da Rizzoli il 28 maggio. I protagonisti sono due ragazzini dodicenni, Eva e Adan (Adamo ed Eva dei giorni nostri)che vivono in Olanda,nella quale, ricordiamolo Ayaan Hirsi Ali è vissuta ed è stata eletta al Parlamento. Questo prima di essere praticamente costretta all'esilio negli USA, a seguito dell'ormai celebre "Submission" sulla condizione delle donne musulmane, cortometraggio da lei sceneggiato e costato la vita al suo regista Theo Van Gogh, nonchè minacce di morte alla stessa Ayaan. Dopo "Non sottomessa. " (Einaudi, 2005), che comprende la sceneggiatura di "Submission" e l'autobiografico "Infedele" (Rizzoli, 2007), Ayaan Hirsi Ali affronta attraverso l'amicizia dei due protagonisti il tema della difficoltà della convivenza tra persone appartenenti a religioni diverse e i pericoli dei fanatismi religiosi (rappresentati dalle famiglia dei due protagonisti). Sono compagni di scuola Eva e Adan, lei ebrea e appartenente alla ricca borghesia, lui musulmano di origine marocchina che risiede nel quartiere Slotermeer (Amsterdam), densamente popolato da immigrati. E secondo una concezione anti-ebraica dell'islam (gli ebrei bevono sangue umano e vogliono annientare i musulmani) e i pregiudizi della famiglia di Eva, alle prese con una matrigna che non la sopporta, "Dio non vuole" che loro diventino amici e Adan non dovrebbe neanche mettere piede nella casa di Eva, però... .
venerdì 23 maggio 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
6 commenti:
Veramente incredibile che si debba rischiare la vita per parlare d'amore e libertà.
Stefano.
Stefano, sei quello "Stefano" che dico io? :-)
:-)))
Ciao.
Stefano.
ciao stefano io sono somala e posso confermarti che è tutto vero esistono ancora questi impedimenti raziali o di regione per dirti io stessa non ho avuto vita facile qui da vuoi in italia sono passati diversi anni per essere accetata e tutt'ora non ne sono sicura per niente di esserlo comunque bravo bella ossrvazione ma sopratutto complimenti ale che la pubblicata
Ciao Isma!!!! Finalmente!
Il problema qui non è il razzismo, ma il non rispettare e tutelare i sacrosanto diritto alla libertà di espressione, neppure se uno/a dice la verità. Semmai lo è quando si dice di qualcuno "quella è la sua cultura, bisogna accettarla": anche quando significa giustificare la barbarie o addirittura credere che questa barbarie sia un fattore culturale, invece non lo è.
Ti chiedo UFFICIALMENTE sul blog di scrivere qualcosa sulle donne in Somalia, se hai tempo e te la senti. Per il blog sarebbe utile!
Ciao Isma.
Sono contentissimo ti sia piaciuto il mio piccolo messaggio.
Spero che qui in Italia cali sempre più il razzismo ed il pregiudizio, e spero che nella martoriata terra di Somalia, l'integralismo, il fanatismo, la barbarie, cedano il passo alla dea della civiltà, che non sia lontano il giorno in cui l'infibulazione ed i maltrattamenti alla donna siano un orribile ricordo del passato.
Stefano.
Posta un commento