BRUXELLES – È lieve e sottile, il velo delle donne musulmane. Eppure divide un Paese, il regno di Danimarca: un ministro, anzi una ministra, l'una contro l'altra, i partiti che si spaccano. Alla fine, e con l'appoggio «bipartisan » dell'opposizione di centrosinistra, la decisione è presa: il governo danese proibisce alle donne-giudici di portare il velo, nei tribunali di ogni ordine e grado. Possono portarlo le deputate in Parlamento, dove è ammesso qualunque copricapo tranne quello totale, il burka. Ma le donne- magistrato, no. Motivazione: il velo è un simbolo religioso, e ogni magistrato — ha spiegato il primo ministro liberale Anders Fogh Rasmussen — deve essere «equanime» quando amministra la legge, libero anche da pregiudizi religiosi; non deve offrire al cittadino il minimo appiglio per pensare il contrario. Ma c'è chi parla di discriminazione anti-musulmana, e a Copenaghen tutti ricordano che cosa avvenne quando vennero pubblicate le vignette satiriche su Maometto: proprio ieri, per rispondere a una nuova pubblicazione di quelle vignette, ospedali e farmacie dell'Arabia Saudita hanno annunciato il boicottaggio dei medicinali danesi. Così, anche per il «no» al velo, si temono reazioni: il ministero degli Esteri ha avvertito i propri ambasciatori nei Paesi musulmani di tenersi pronti per eventuali proteste di piazza. Lo stesso provvedimento vieta ai giudici anche i crocifissi e i santini, la kippah (il copricapo ebraico), il turbante indu o sikh, e ogni altro segno di appartenenza.
Ma è il velo, il problema vero: perché quella musulmana è la minoranza più nutrita, e naturalmente l'unica tentata dalle suggestioni della sharia, la legge islamica. I magistrati a capo scoperto e senza distintivi di credo— ha ribadito la biondissima Lene Espersen, ministro della Giustizia — sono una garanzia di imparzialità: dovranno solo vestire la tonaca e gli altri paramenti tradizionali del loro ordine. Ma per la collega Birthe Hornbeck, ministro per l'Immigrazione e gli affari religiosi, con queste idee la Danimarca «scivola verso la dittatura», e si colpiscono non solo i musulmani ma tutti i credenti: «Appoggerò il provvedimento, anche se non sono d'accordo ». E quest'ultima, di decisione, si spiegherebbe con la percentuale sempre più alta di ragazze musulmane, figlie di immigrati, che studiano giurisprudenza e cercano poi di intraprendere una carriera nella magistratura. Tempo fa, quando già circolavano le prime voci sull'orientamento di Rasmussen, una sentenza aveva stabilito che non si può proibire il velo, neppure ai magistrati. Subito dopo, il Partito del popolo (il terzo del Paese, di tendenze nazionaliste) aveva pubblicato manifesti in cui si vedeva una donna velata che, martelletto da giudice in pugno, sentenziava «in nome della sharia». Altre proteste, altri dibattiti. Infine, il governo ha tagliato corto con tutti gli indugi e ha presentato la sua proposta: «no» al velo, e a tutto il resto.
mercoledì 21 maggio 2008
DANIMARCA, NO AL VELO PER LE DONNE-GIUDICI
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3 commenti:
La Danimarca si sta "francesizzando"? Speriamo che questo provvedimento non sia un'altra scusa per i fondamentalisti per scatenare altre violenze!
Davvero, esperimento... . Tra l'altro, come la legge francese, il provvedimento danese, si basa su un presuppoto sbagliato: che anche il velo sia un simbolo religioso, cosa che in realtà NON E'. In ogni caso, a maggior ragione se lo ritengono un simbolo religioso, non dovrebbero vietarlo, in nome della laicità: a meno che non si parli di niqab o burka. Trovo che sia un controllo sull'abbigliamento e sul corpo femminile... al contrario! L'importante, naturalmente, sarebbe non considerare il hijab un obbligo... . Ma troppo spesso sappiamo essere questa la conseguenza del vederlo come simbolo di devozione religiosa e modestia! Trovo quindi interessante che in Paesi musulmani come ad esempio il Marocco, la Tunisia, la Turchia (anche se Erdogan vuole reintrodurlo nelle università) e l' Algeria (vedi uno dei post precedenti)si sia proceduto in certi casi a vietare il velo, particolarmente nei luoghi pubblici.
Ho in mente un'intervista a Souad Sbai dove dice che, quando le immigrate marocchine in Italia tornano nel Paese d'origine in vacanza, molte donne che in Marocco vivono, dicono: "Arrivano le velate!". Perciò, se anche dei Paesi musulmani hanno questo atteggiamento verso il velo (e non parlo solo di niqab), dovrebbero averlo quegli Stati che musulmani non sono.
Il velo è un ergastolo ambulante, isola ed etichetta, impedisce di integrarsi.
Solo dei malati criminali possono essere favorevoli a questa vergogna dell'umanità.
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