Sono italo marocchina. Nata da madre marocchina e padre italiano. Il matrimonio "misto" dei miei genitori non è mai stato un problema per la famiglia di mia madre, anzi ha suscitato forse l´invidia delle mie zie, che speravano anche loro di impalmare uno straniero e partire così per la tanto desiderata Europa. Negli anni, viaggiando tra le due sponde del Mediterraneo, ho incontrato molte donne marocchine sposate con europei non solo di fede cristiana, ma anche ebraica. Nel 2006 il film che riscosse più successo nei botteghini in Marocco fu Marock, basato su una storia d´amore fra una giovane musulmana, che sceglie di liberarsi dai dogmi religiosi, e un attraente ragazzo ebreo. Per l´islam, però, una donna musulmana non può sposarsi con un non-musulmano. E, se ciò accade, può essere marginalizzata dalla società e anche minacciata di morte. Il corpo della donna, infatti, non è qualcosa di cui lei possa disporre a suo piacere, ma appartiene esclusivamente alla umma, la comunità islamica. Nel momento in cui una donna musulmana sceglie di sposarsi con un non-musulmano, è come se decidesse di abbandonare la sua comunità. Pertanto questo tipo di unione viene considerato dagli islamisti come un atto di apostasia da parte della musulmana. Tuttavia il Marocco è oggi un paese che sta investendo tutte le sue energie per aprirsi piano piano all´Altro. Ci sono riviste come il magazine Tel Quel (Ma a proposito: Distrutto Tel Quel Stampa e internet in Africa , ndr) che promuovono campagne per la laicità, e si possono incontrare ragazze in jeans e capelli sciolti con il fidanzatino da McDonald´s o che studiano per entrare in politica. Quando però torno in Italia, questa apertura che esiste in Marocco non la ritrovo sempre all´interno delle comunità marocchine. Anzi, assisto paradossalmente a una loro radicalizzazione. Accade infatti che l´immigrato, nonostante abbia raggiunto il suo scopo di trasferirsi in Europa, si metta a cercare la propria identità nel terrore di perdersi. È quel che è successo a mio zio che, andato via dal Marocco per trovare una vita migliore in Francia, si è sentito smarrito e inferiore, non essendo abituato a sentirsi una minoranza. Ha pertanto cercato di trovare un appiglio nel ritorno alla umma, o meglio al comunitarismo religioso. Ciò però non ha aiutato la sua integrazione, anzi lo ha alienato ulteriormente dalla società francese, perché il comunitarismo - di cui gli islamisti in Europa fanno un uso politico - lo ha portato ad alimentare il concetto di "noi" (musulmani) e "loro" (non-musulmani). Questo "noi" lo ha fatto nuovamente sentire parte di una maggioranza e più sicuro di sé, ma lo ha al contempo radicalizzato, fino al punto di vietare alle figlie di avere un fidanzato non-musulmano e di chiedere alla moglie di vestirsi in un certo modo per differenziarsi dai non-musulmani. Proprio questo atteggiamento in casi estremi può portare anche all´uccisione della propria figlia - come è successo alla giovane Sanaa - nel caso "trasgredisca", decidendo di uscire dalla "comunità". Donne senza diritto di dire io. Ed è proprio la donna, alla quale non viene concesso di essere un individuo, ad essere la prima vittima di questa mentalità. Perché nel mondo arabo, con le dovute eccezioni, è ancora radicata la concezione tribale del gruppo-comunità e dell´onore della donna, che appartiene all´uomo. Tant´è vero che in arabo la parola "onore" è la stessa che si usa per descrivere gli organi genitali femminili: ´ard. E nel dialetto marocchino il termine zufri, al maschile, significa individuo, mentre il suo femminile, zufria, sta ad indicare una donna facile, perché una donna che cerca la propria individualità non è da rispettare. Il problema oggi in Italia è che questo retaggio culturale rischia di essere adottato anche da una parte dei figli degli immigrati, in cerca più di chiunque altro di una loro identità. Da un lato, i loro genitori sono marocchini, ma dall´altro sono cresciuti in Italia e parlano a mala pena la lingua dei loro padri. Spesso pertanto non sono sicuri di chi sono, e la perdita d´identità - parafrasando il noto scrittore marocchino Fouad Laroui - può portare alla follia. Accade infatti che il più delle volte i figli di immigrati cerchino di essere "italiani", ma non vengano aiutati a sentirsi tali. È capitato per esempio ad un quindicenne di origini marocchine nato a Roma che un insegnante di liceo gli abbia chiesto di scrivere per il giornalino della scuola un articolo su quel che accade in Palestina, con la motivazione «perché tu sei arabo», quando questo non aveva alcuna idea nemmeno di dove si trovasse il Medio Oriente. E capita che la stessa politica, per scopi elettorali, non cerchi mai di cooptare il ragazzo che si presenta come laico e favorevole alle libertà individuali, ma piuttosto quello che dice di essere musulmano e di rappresentare un gruppo. Ciò ha creato dei modelli identitari confusi per i figli di immigrati, a cui viene offerta come unica scelta quella di essere sempre degli stranieri. Anche quando al Parlamento italiano sono stati eletti deputati nati in altri paesi, i media hanno continuato a chiamarli deputati marocchini o algerini, quando per essere eletti devono per forza essere italiani. Non esiste infatti una quota per stranieri. Sono pertanto i teenager le persone che più corrono il rischio di cadere nella retorica degli islamisti, che li allontanano dai valori della Repubblica e offrono loro esattamente quello che cercano: un´identità forte e sicura, che non li fa sentire più soli, ma parte di una grande comunità. A Milano si possono vedere diciottenni di origine maghrebina con l´accento del Nord Italia e che non parlano l´arabo, con barboni lunghi e con abiti che in Marocco nessun ragazzo indosserebbe. Ragazze che decidono di andare al mare in "burkini", quando invece un hotel in Egitto ha cacciato dalla sua piscina una donna scandinava di fede musulmana che si era presentata con questa specie di tuta da sub. Multiculturalismo e ghettizzazione E ancora ragazze che improvvisamente mettono il velo, perché se è vero che questo indumento viene anche imposto, è altrettanto vero che in molte lo adottano liberamente per affermare una propria identità, e spesso - non sempre - diventa un simbolo politico dell´adesione all´islamismo. In Tunisia, per esempio, alcune ragazze universitarie contrarie al presidente Ben Alì indossano il velo per mostrare il loro appoggio ai movimenti islamisti, unici veri oppositori al regime. Questo fenomeno non è quindi da sottovalutare. Quando pertanto leggo sulle pagine dei quotidiani italiani il dibattito sulla concessione della cittadinanza agli immigrati dopo cinque anni di residenza, rimango un po´ attonita. Infatti, dalle dichiarazioni di questi giorni sembra che dimezzare il tempo di attesa sia di per sé un elemento che faciliti automaticamente l´integrazione dell´immigrato. Ma forse altro non è che un escamotage per non trattare in maniera appropriata vere politiche di integrazione, che ancora mancano. C´è invece la necessità, per esempio, di promuovere corsi di italiano e di alfabetizzazione gratuiti, di creare modelli e attività sociali per i figli di immigrati, di istituire centri di aiuto ed empowerment per le donne immigrate, di controllare le moschee, di formare imam che abbraccino scuole di pensiero moderno, eccetera (la lista è lunga e avrebbe bisogno di un altro articolo). Senza l´adozione di politiche reali che permettano all´immigrato di fare propria l´identità italiana, tutto rimarrà uguale, che la cittadinanza venga data prima o dopo. Continueremo soltanto a vantarci inutilmente di vivere in un´Italia "multiculturale", quando il multiculturalismo senza integrazione ha sempre creato soltanto ghettizzazione. E avremo altri padri come quello di Sanaa, che uccideranno le loro figlie, ma questa volta con la cittadinanza italiana. (Fonte: "Tempi")
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venerdì 30 ottobre 2009
PIU' ISLAMICHE DEGLI ISLAMICI...
mercoledì 28 ottobre 2009
QUANDO ISLAM E CATTOLICESIMO VANNO A NOZZE. ABDELLAH E SARA SPOSI A TORINO
http://wpop18.libero.it/cgi-bin/vlink.cgi?Id=uiMvkEOJ3EjhWrRwAKOt5eIc1Vxj16/BRPXQ1RXQ6xz8ONXFzbhTnW2/ZtZIkaEf&Link=http%3A//www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Quando%2Dislam%2De%2Dcattolicesimo%2Dvanno%2Da%2Dnozze%2DAbdellah%2De%2DSara%2Dsposi%2Da%2DTorino_3897498573.html .
Da ADNCronos: Quando islam e cattolicesimo vanno a nozze. Abdellah e Sara sposi a Torino
http://wpop18.libero.it/cgi-bin/vlink.cgi?Id=uiMvkEOJ3EjhWrRwAKOt5eIc1Vxj16/BRPXQ1RXQ6xz8ONXFzbhTnW2/ZtZIkaEf&Link=http%3A//www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Quando%2Dislam%2De%2Dcattolicesimo%2Dvanno%2Da%2Dnozze%2DAbdellah%2De%2DSara%2Dsposi%2Da%2DTorino_3897498573.html
E´ proprio una bella notizia. Finalmente un musulmano che interpreta correttamente il Nobile Corano. Probabilmente concorda con gli insegnamenti del grande pensatore Sudanese Mahmoud Taha (che è stato giustiziato come apostata nel 1985).
La bella notizia suscita però alcune considerazioni e alcuni interrogativi:
i musulmani da sempre possono sposare donne cristiane ed ebree (lo ha fatto anche il Profeta). La notizia vera sarebbe stata il matrimonio di un cristiano con una musulmana, magari figlia di un imam che interpreta correttamente il Nobile Corano, non di un ignorante imam integralista come al-Qaradawi e simili.
Come mai la moglie cattolica non mangia maiale e non beve vino? Passi per il maiale (magari innalza il colesterolo) ma il vino? Nella messa il pane diventa il corpo di Cristo e il vino diventa il suo Sangue. Perché quindi si specifica che la moglie non beve vino? Per rispetto alla religione del marito? E dove troviamo il rispetto per la religione della moglie? Forse non la merita, in base a Corano 4:34:
"Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono [per esse] i loro beni. Le [donne] virtuose sono le devote, che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato. Ammonite quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse. Allah è altissimo, grande."
secondo cui le donne sono inferiori agli uomini e a loro sottoposte e, se non obbediscono, possono pure essere picchiate. Forse in Arabo battere significa "carezzare"? Vi assicuro di no. La forma verbale usata in questo versetto proviene dalla radice DaRaBa che significa battere, picchiare, con una delicatezza tale che l´espressione "battere sul collo" significa "decapitare"!!! Alcuni Commentatori classici poi si sono spinti fino a porre un limite a queste "battute". Sapete quale è il limite? Le percosse no devono provocare fratture o danni permanenti.
A parte questo, lo sposo ci dovrebbe spiegare quali parti del Corano si dovrebbero saltare o "cancellare" o quale dovrebbe essere la giusta interpretazione non fondamentalista. Per esempio che ci dice di Corano 5:51, 5:57, 5:59, 5:63, 5:82, che deve essere letto con i due versetti successivi 5:83 e 5:84 e che trovano completa spiegazione in Corano 5:32 e 5:33? e potrei continuare per pagine e pagine, citando centinaia di versetti, perché il Corano io l´ho letto (a proposito, se non li conoscete, potete trovare tutto il Nobile Corano sul mio sito: Islàm, questo sconosciuto, incluso un commento esaustivo, basato sulle classiche interpretazioni [tafsir] degli studiosi islamici). Lasciatemi solo citare altri due versetti, 9:5, il versetto della spada:
"Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete questi associatori ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati. Se poi si pentono, eseguono l'orazione e pagano la decima, lasciateli andare per la loro strada. Allah è perdonatore, misericordioso"
e 9:29:
"Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo*, e siano soggiogati"
il versetto che ha causato la morte e la persecuzione di milioni di infedeli sotto il giogo della dominazione musulmana, dal settimo al ventesimo secolo, dalla Spagna all´India e oltre, per terminare nel ventesimo secolo con la strage (si può dire shoà?) di oltre un milione di Cristiani Armeni.
So che molti i mi giudicheranno, come il solito islamofobo; io però non ho insultato nessuno, mi sono solo limitato a citare il Nobile Corano e a porre domande: attendo risposte, non insulti. Come bisogna interpretare i versetti citati? Quando il Nobile Corano, verbo increato di Allah dice "uccidete", cosa dobbiamo intendere? Porgete l´altra guancia? Ma le risposte non arrivano mai: è più facile insultare.
La conclusione è: prima di saltare di gioia per questo bel matrimonio, bisogna leggere e meditare il Nobile Corano. Ma se fosse troppo difficile o troppo noioso, bisognerebbe tacere.
Grazie a Paolo!
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KUWAIT: PER AVERE IL PASSAPORTO ALLE DONNE NON SERVE PIU' IL CONSENSO DEL MARITO
Le donne del Kuwait alla fine ce l'hanno fatta: potranno ottenere il passaporto senza che sia più obbligatoria la firma del marito. I giudici che hanno emesso questa importante sentenza sostengono che la norma tanto osteggiata, datata 1962, "comprometteva la loro capacità di esprimere la libera volontà e quindi la loro umanità". A differenza dell'iper-conservatrice Arabia Saudita, le donne in Kuwait possono già votare, essere elette e guidare. In migliaia avevano firmato una petizione che chiedeva la modifica di questa norma. Aisha al-Rsheid, attivista per i diritti delle donne, saluta con gioia questo importante traguardo ma dichiara: "Vogliamo vedere le donne fare i giudici, vogliamo che le donne possano dare la propria cittadinanza ai loro figli, e vogliamo che le donne abbiamo diritto alle case popolari, proprio come gli uomini". (Fonte: Mondo Donna )
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lunedì 26 ottobre 2009
INTERVISTA ALLA FEMMINISTA MAROCCHINA FOUZIA ASSOULI. "LE DONNE ISLAMICHE IN EUROPA PERDONO I DIRITTI CONQUISTATI QUI".
In Inghilterra esistono tribunali coranici. Se ne è parlato anche qui in Italia... .
PROCESSO A KARADZIC, FURIOSE LE MADRI DI SREBRENICA
domenica 25 ottobre 2009
INTERVISTA A SOUAD SBAI. L' ESTREMISMO ISLAMICO MINACCIA ANCHE L' ITALIA MA ESISTE IL MODO DI FERMARLO, di Andrea B. Nardi
ITALISLAM. DIETRO IL VELO
sabato 24 ottobre 2009
IL REGIME MISOGINO DEI MULLAH HA IMPICCATO LA DONNA PIU' POVERA E SOLA DELL' IRAN
Domenica scorsa, la sala delle impiccagioni di Evin a Teheran ha ospitato e ha accolto tra la sua fune la donna più sola e più povera del paese. La donna si chiamava Soheila Ghadiri, 28 anni che per "amore" aveva ucciso il suo figlio di appena 5 giorni. Soheila era arrivata a Teheran dal Kurdistan quando aveva appena solo 18 anni. Era una ragazza semplice della campagna. Era sola e non aveva nessuno e passava le sue giornate tra i parchi e zone appartate di Teheran mendicando e prostituendosi. Ha passato molti anni dormendo nel caldo e nel freddo della città nei parchi e nei palazzi abbandonati. Era caduta molte volte tra le braccia di coloro che la volevano per quei pochi minuti e basta. Soheila non aveva mai provato amore e carrezze. Aveva subito solo violenze e attenzioni sessuali degli uomini che l'abbandonavano a volte nemmeno pagando il prezzo della prestazione! Soheila non aveva mai visto il calore e la protezione di una casa propria. Soheila non aveva vista e provato il piacere di preparare un minestrone caldo quando il gelo di Teheran arrivava sotto lo zero. Soheila non aveva mai provato il piacere di sentire la parola " auguri, buon compleanno"! Soheila non aveva provato mai la soddisfazione di avere un vestito nuovo. Soheila non aveva mai provato il piacere di avere una carrezza oppure una parola di dolcezza quando nel suo grembo cresceva una creatura, frutto di una delle tante violenze sessuali subite nelle sue notti di solitudine. Soheila viveva nell'incubo del futuro del suo figlio. Soheila non voleva consegnare alla società una creatura che finisse come lei nella più sperduta zona della società iraniana. Dove, nel nord di Teheran i cani randaggi sono più sazi dei bambini che popolano la zona sud della città. Le uniche carezze ricevute da Soheila provenivano dagli uomini poveri o ricchi che l'avrebbero abbandonato subito dopo la fine del rapporto. Soheila era arrivata a Teheran per costituirsi una vita migliore. Il frutto di questa vita fu un bambino che, Soheila, come aveva molte volte gridato in tribunale, amava e non voleva che diventasse come lei un oggetto di piacere oppure un uomo vagabondo. Per amore, dopo 5 giorni dal parto, Soheila uccide il suo " amore" e chiama la polizia dicendo di aver sgozzaato il figlio. Durante il processo Soheila aveva gridato che ha "ucciso il figlio solo per amore e basta". Ma il regime misogino dei mullah ha voluto vendicarsi di Lei perchè si era macchiata del sangue di un "maschio". Nella maligna legislatura del regime fondamentalista iraniana se "un padre uccide la figlia" può essere perdonato e liberato. Ma se una donna per qualsiasi motivo uccide il figlio deve passare gli ultimi secondi della sua vita nella " stanza della morte del carcere di Evin" accompagnata da una fune che la accompagnerà fino all' aldilà! Questo è la giustizia di un regime che discrimina le donne e riconosce molteplici diritti al genere maschile. Soheila non aveva un avvocato del taglio del premio Nobel che la difendesse e la scagionasse dalla terribile accusa di essere assassina del figlio. Soheila, povera, prostituta e minorata mentale aveva solo alcuni metri di fune che la attendeva nella stanza della morte per liberarla da questo regime misogino e fondamentalista che ha speso miliardi di dollari per costituire la sua bomba atomica islamica e per finanziare i gruppi terroristici del mezzo mondo. Le nostre più sentite conoglianze a tutte le donne e mamme del mondo. Cara mia sorella Soheila sei e rimani nei nostri cuori! Nell'Iran di domani ci ricorderemo di te come la mamma più bella del mondo. ( Fonte: Iran Democratico )
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giovedì 22 ottobre 2009
RANIA DI GIORDANIA E LE PREDICHE DI FARE FUTURO
Insomma, piano piano si sono eretti a tribunale di quello che si può e non si può dire, di quando parlare e di quando restare in silenzio. Una brutta cosa.
Questo invito a tacere e a vergognarsi davanti alla regina di Giordania però le batte tutte. Secondo loro se uno non infila la parola "dialogo" in ogni discorso dedicato all'Islam non è degno di guardare negli occhi Sua Altezza, non deve parlarne, non deve scriverne, non deve applaudirla.
Ora, Rania di Giordania è sicuramente una donna notevole, ma da qui a dire che la sua sola apparizione dimostri l'esistenza dell'Islam moderato e metta a tacere tutti i dubbi in proposito ce ne passa. La Giordania poi è un paese che ha nutrito grandi promesse di cambiamento e di rinnovato rispetto dei diritti umani, in particolare delle donne, ma altrettante ne ha deluse.
Nella classifica della Freedom House sulla condizione della donna nel Nord Africa e nel Medio Oriente, la Giordania mantiene a fatica una posizione di mezzo. Hanno risultati migliori il Marocco, la Tunisia, l'Algeria, il Libano, l'Egitto e persino la Palestina. Fanno un po’ peggio l'Arabia Saudita, lo Yemen e la Libia. La fondazione tedesca Friedrich Hebert ha mostrato che con il 14 per cento di penetrazione nel mondo del lavoro, le donne giordane hanno la peggiore situazione della regione. Ogni anno dalle 10 alle 15 donne vengono uccise in delitti d’onore dove i colpevoli subiscono condanne dai tre mesi ai tre anni. Un recente sondaggio dell’istituto di statistica giordano ha mostrato come il 20 per cento delle donne giordane tra i 15 e i 49 anni reputi normale essere picchiata dal marito per motivi di “disciplina”.
Che il paese abbia una regina bella ed elegante, ricca e privilegiata, che non indossa il burqa o il velo, non vuol dire affatto che il resto delle donne giordane viva in condizioni paragonabili e neppure che queste condizioni siano destinate a migliorare.
Proprio in questi giorni la ventitrenne Afaf (la conosciamo solo con il nome) sta combattendo per riottenere la custodia della figlia, dopo che, avendo chiesto il divorzio dal marito che aveva sposato a 16 anni e che la picchiava ogni giorno fino a svenire, la giustizia giordana le aveva immediatamente tolto la custodia della figlia e la sua stessa famiglia l’aveva ripudiata. Afaf per sopravvivere è stata costretta a prostituirsi.
E’ davanti ad Afaf e alle migliaia di donne giordane come lei che preferiamo semmai restare in silenzio, ed è certamente lei che preferiamo applaudire. (Fonte: L' Occidentale )
GIORDANIA SVELATA
Esposte a Milano le atmosfere del Regno Hashemita.
martedì 20 ottobre 2009
DIETRO IL VELO, REPORTAGE: COSA PENSANO DAVVERO LE MUSULMANE D' ITALIA/2
HASSINA, 17 ANNI
lunedì 19 ottobre 2009
PAUSA DALL' ISLAM...
Montalto di Castro - Stupro di gruppo, la famiglia della vittima: ora ci rivolgeremo al giudice civile.
PROCESSO SOSPESO AGLI 8 VIOLENTATORI. LA MADRE DELLA RAGAZZA: DISGUSTATA.
Affidati «in prova» al Comune. Il sindaco aveva pagato loro le spese legali.
ROMA — Dovranno dimostrare di essersi pentiti, di essersi sbagliati a commentare allora il loro comportamento come una semplice «ragazzata», di riuscire a chiedere scusa alla vittima e alla sua famiglia con sincerità, e non solo per convenienza. Dovranno farlo, ora che il tribunale dei minori di Roma ha concesso la sospensione del processo con «messa in prova» per 24 mesi agli otto adolescenti di Montalto di Castro, accusati dello stupro di gruppo di una studentessa di 15 anni al termine di una festa di compleanno, nell’estate 2007. Prossima udienza il 27 marzo 2012. Fra più di due anni, un tempo infinito, ancor più insopportabile di un faccia a faccia in tribunale, per chi quella violenza l’ha subita.
La lista delle intenzioni (il rammarico profondo, le scuse) è stata messa a verbale, perché così è previsto per la concessione del beneficio, invocato dalle assistenti sociali, e accolto dal giudice. Ora i ragazzi, sei dei quali sono nel frattempo diventati maggiorenni, saranno affidati ai servizi sociali dell’amministrazione della giustizia che, in collaborazione con il Comune di Montalto di Castro, li sottoporranno a un programma di osservazione, sostegno e controllo. Vuol dire che quel che hanno tolto alla giovanissima vittima due anni fa - «non vuol più andare a scuola, ha attacchi di panico, è molto impaurita» racconta la mamma, che si dice «disgustata, delusa e amareggiata » da quest'ennesima beffa - dovranno restituirlo attraverso l’impegno al servizio degli altri e la dedizione ai compiti che gli verranno assegnati. Alla «redenzione » degli otto parteciperà anche il Comune di Montalto, che allo scoppio del caso concesse loro aiuto per pagare le spese legali, scatenando polemiche a non finire. E se la «prova» avrà un esito positivo, il tribunale dei minori potrà dichiarare estinto il reato. (Fonte: Corriere della Sera, 18/10)
Montalto di Castro, la vittima: «I miei violentatori liberi e non ... .
E a questo proposito ricordiamo Carmela, violentata dagli uomini, uccisa dallo stato: 5 ottobre ... e l' Associazione a lei dedicata Associazione "IoSoCarmela" .
Da quando la notizia s’è diffusa nel paesotto, al confine fra la Tuscia e la Toscana, il telefono di casa della quindicenne di allora non ha smesso di squillare. «Telefonate di solidarietà e offerte d’aiuto - riferisce la consigliera di parità della Provincia di Viterbo, Daniela Bizzari - . In attesa di vedere come si conclude il procedimento penale, i genitori hanno intenzione di avviare un’azione civile contro gli stupratori e alle spese legali si potrà contribuire servendosi di un conto corrente». Precisazione non casuale: «A pagare gli avvocati saranno le persone comuni, non le istituzioni locali». Le «istituzioni locali» hanno un nome e un cognome: quello del sindaco di Montalto di Castro Salvatore Carai, che appunto all’indomani della violenza scatenò una bufera decidendo di stanziare 20.000 euro per aiutare nelle spese legali sei degli otto aggressori. Bufera politica: l’allora segretario del Pd Piero Fassino impose la sua esclusione dalle liste per il congresso di fondazione del Pd. Bufera fra le donne ds, indignatissime. «Se nella giunta di Montalto, fatta di soli uomini - si sono domandate - ci fossero state anche donne, si sarebbe presa una decisione di quel tipo?». Alla senatrice Anna Finocchiaro il primo cittadino replicò definendola una «talebana del c.», salvo poi schermirsi pubblicamente: «Tutto è partito da una richiesta dei servizi sociali. Quei soldi non servono per il processo, ma per il reinserimento dei ragazzi ». Fra gli otto c’era anche suo nipote? «Si dicono tante stupidaggini» obiettò in un’intervista.
La bufera è stata anche mediatica: la storia ha colpito l’opinione pubblica, è diventata un caso nazionale. Addirittura è entrata a far parte di uno spettacolo teatrale: «Bambole -Storie silenziose di donne», di Candelaria Romero. Fra i comportamenti messi sott’accusa dalla pièce, l’abitudine a trattare le vittime con sarcasmo, come se l’accaduto fosse anche un po’ colpa loro.
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sabato 17 ottobre 2009
DIETRO IL VELO. REPORTAGE: COSA PENSANO DAVVERO LE MUSULMANE D' ITALIA /1
Perchè lo portano? Sorie di fede, d'amore e di violenza nell'islam di casa nostra.
C'è chi lo indossa per amore di Allah. E chi prega, ma non l'ha mai messo. Donne serene. E ragazze che hanno dovuto fuggire. Noi le abbiamo intervistate. Quante sorprese...
Il 15 settembre, Sanaa, 18 anni, viene uccisa dal padre con una coltellata alla gola: per El Katawi Dafani, immigrato 11 anni fa da Marocco, la figlia aveva gravemente violato le regole dell'islam andando a convivere con il fidanzato italiano. Cinque giorni dopo, Daniela Santanchè, parlamentare del Pdl, racconta di essere stata aggredita mentre manifestava contro l'uso del burqa di fronte al teatro Ciak di Milano, dove centinaia di musulmani festeggiavano la fine del Ramadan.
Il primo ottobre, una donna di 33 anni chiede aiuto in lacrime allo Sportello donna del comune di Abbiategrasso: a casa l'hanno picchiata di morte perchè non voleva indossare il niqab, il velo integrale.
IN CORSA PER LA LIBERTA'
"E noi dovremmo offrire luoghi di culto a questa gente? Ai musulmani non diamo niente, neanche un chiosco a San Siro", ha commentato Matteo Salvini, consigliere comunale a Milano ed eurodeputato leghista.
"Le violenze sono da condannare senza eccezioni", ha replicato la senatrice Vittoria Franco, responsabile nel Pd delle Pari opportunità. "Ma segregare non serve, anzi: ciò che è successo dimostra che il processo di integrazione di queste ragazze immigrate nella nostra società, che le spinge verso la libertà e l'emancipazione, è inarrestabile". E' davvero così?
Velo o non velo, islam e amore, matrimonio, amici, lavoro: lo abbiamo chiesto a loro.
AMAL SAYEDIN, 37 ANNI, EGIZIANA, COMMESSA
"Quando ho saputo di Sanaa mi è venuto da piangere. Ammazzare una figlia per come si veste, per un fidanzato... . Questo non è islam, questa è follia. E' vero, nella nostra cultura che una ragazza musulmana scelga di stare con un non musulmano è considerato grave. Ma il problema non è il Corano, il problema sono gli ignoranti. Che conoscono solo il linguaggio della violenza.
EINGAR MARWA, 25 ANNI, EGIZIANA, CASALINGA
"Tradizionalista io? Figuriamoci: quando mio marito mi ha chiesto di sposarlo avevo le mèches rosso fuoco. Oggi indosso il velo perchè il Ramadan è finito da poco, ma tra pochi giorni lo toglierò. E comunque il mio non è come quello delle altre: lo annodo diversamente, è più fashion".
ELMANSI HOWAIDA, 36 ANNI, EGIZIANA, COMMESSA
"Mia figlia ha voluto mettere il velo e noi siamo contenti, lo ammetto, ma nessuno l'ha obbligata. Siamo in Italia da tanti anni, per noi conservare le nostre tradizioni e i nostri valori è importante. Comportarci da buoni musulmani è un dovere davanti a Dio".
YARA, EGIZIANA, 16 ANNI, STUDENTESSA. IN EGITTO SI SENTE A CASA
"I miei compagni? Di come sono vestita non dicono nulla, e se lo fanno alle mie spalle non m'importa: io non giudico loro, loro non giudichino me. I ragazzi italiani non m'interessano: sono così immaturi, così bambini... . Io sto bene in Egitto, ci passo ogni estate, vorrei andarci a vivere. C'è più rispetto, più calore, più pudore. Stare in Italia mi piace, ma solo lì mi sento a casa".
ABDELFATTAH REDA, 46 ANNI, EGIZIANO, FORNAIO, PADRE DI YARA
"Cosa farei se mia figlia frequentasse un italiano? Io credo che quando un figlio prende la strada sbagliata la colpa è solo del genitore: sei tu che devi educarlo bene e consigliarlo nel modo giusto. Certo che una ragazza non può andare in giro mezza svestita: ci sono occhi buoni e occhi cattivi, una donna dev'essere protetta. Certo che deve avere un marito musulmano, altrimenti come cresceranno i suoi figli? Ma non userei mai la violenza: i figli si consigliano, non si picchiano. E se la ragazza non ascolta? La si manda a parlare con l'imam, e se non basta la si manda dal medico, poi dagli anziani della moschea. Solo se è ancora ostinata, solo se si dichiara atea, allora il Corano dice che la moschea può farla uccidere. La moschea, però: non i genitori".
ZARA ZANAN, 41 ANNI, MAROCCHINA, COLF
"Provi a farsi un giro per una città marocchina: vedrà donne col velo e donne senza, donne con la jilabah, la nostra tunica, e ragazze in minigonna. Perfino la nostra regina (che poi non ha il titolo di "regina", anche se è la moglie del re, ndr) l' hijab, il velo, lo mette due volte l'anno, se va bene. Non siamo mica come gli egiziani, noi: loro sì, che sono rigidi. Per non parlare del burqa o del niqab: i veli integrali afghani e dell'Arabia Saudita sono un'offesa al corpo e alla mente delle donne. Certo, gli ignoranti, i violenti ci sono anche da noi, come il padre di Sanaa. E integrarli non sempre è possibile. Per questo sono importanti i centri come l'Associazione delle donne arabe in Italia: perchè le donne meno libere e meno fortunate abbiano chi le aiuta".
HELEH AL ALI, 25 ANNI, IRANIANA, DISEGNATRICE
"La mia storia insegna che gli integralismi non si possono mitigare: si può solo fuggire. Mio padre è iraniano, mia madre una francese convertita all'islam. Sono nata e vissuta a Parigi fino a 16 anni. Poi, un giorno, mio padre ha deciso di tornare a vivere a Teheran. Per me, è stato come tornare al Medioevo. Se prima mio padre protestava solo per una gonna troppo corta, di punto in bianco si è messo a picchiarmi se mi si spostava il niqab dal viso e si vedeva un centimetro di naso. E mia madre era più fanatica di lui. Ho dovuto sopportare per due anni, poi mia nonna a Parigi si è sentita male e siamo rientrati in Francia per vederla. Appena lasciato l'aeroporto, sono saltata di nascosto su un treno per l'Italia. E non mi sono più voltata indietro".
YASMINE LABAKI, 33 ANNI, LIBANESE, DENTISTA
"Mi trucco da quando avevo 14 anni, metto i tacchi da quando ne avevo 16, il mio primo fidanzato: è stato un tedesco di passaggio a Beirut. Ho studiato, mi sono laureata, lavoro, eppure sono musulmana al cento per cento. E sono sposata con un musulmano che mi chiede il permesso prima di andare a giocare a calcio con gli amici. So che per gli italiani è difficile fare distinzioni, ma io vorrei tanto che capiste: il problema non è l'islam, il problema sono gli ignoranti. Gente povera, violenta, stupida, ce n'è dappertutto. C'era anche da voi, fino a 50 anni fa. Chiedo solo una cosa: fate rispettare le regole con durezza, ma non giudicateci in blocco". (Fonte: Settimanale "Oggi")
Ibi, la superstite della strage ferroviaria, si sposa (si è sposata oggi) Viareggino .
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LIBERATA A BRESCIA SALENTINA SEQUESTRATA DA TRE NORDAFRICANI
BARI - I carabinieri di Brescia hanno liberato una donna, originaria della provincia di Lecce, che era stata sequestrata da tre nordafricani, che sono stati tratti in arresto. Si tratta di Rafi Ahlem, 30enne tunisina, Saidani Slah, 40enne tunisino, compagno della vittima, e Nabil Abdelaziz, 35enne marocchino. Le indagini sono state innescate da una segnalazione partita dai carabinieri di Gallipoli che avevano ricevuto la notizia della giovane sequestrata e che hanno immediatamente richiesto l’intervento dei colleghi di Brescia. Questi, intervenuti presso l’abitazione di un piccolo centro della provincia, sono riusciti a liberare la ragazza e ad arrestare i suoi sequestratori, tra cui una donna tunisina di 35 anni, agli arresti proprio presso quel domicilio. La vicenda risale ai primi di agosto quando la ragazza dopo aver conosciuto a Voghera (PV), un giovane tunisino rimane incinta ed il compagno la convince a seguirlo nel piccolo centro di Castel Mella (BS), nell’abitazione di sua nipote Rafi Ahlem e del marito Nabil Adelaziz. Dopo aver subito maltrattamenti la giovane donna incinta decide di andar via,ma è costretta a non allontanarsi dall’abitazione ed a subire le angherie dei tre, in particolare da parte del compagno che la minacciava di morte o di mutilarla. Le minacce l’avevano posta di fronte ad un bivio: abortire, oppure partorire e poi andarsene, lasciando il bambino nelle mani dei tre extracomunitari, perchè il nascituro era musulmano. Dopo alcuni giorni la donna è riuscita ad inviare un sms dal cellulare con una richiesta disperata di aiuto al cellulare della propria madre che immediatamente si è rivolta ai carabinieri di Gallipoli. Sentito il racconto i militari hanno subito avviato le indagini per individuare dove si trovasse la ragazza ed in breve tempo sono riusciti a localizzarla nella piccola località bresciana. È stato così che i carabinieri di Brescia hanno individuato l’appartamento e dopo averlo circondato hanno fatto irruzione trovando la ragazza in stato di choc per le angherie subite e catturato i tre aguzzini che si trovano ora nella Casa Circondariale di Brescia. Per i tre l'accusa è, in concorso, di sequestro di persona. (Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno on the web )
giovedì 15 ottobre 2009
LA SHARIA NELLA NOSTRA PENISOLA
Sorelle (musulmane) d’Italia
In un convegno, la deputata del Pdl Souad Sbai denuncia i drammatici numeri della sharia familiare nel nostro Paese. E la Carfagna vuole una legge per proibire il velo.
- Bouchra, 24 anni, uccisa a Verona, a coltellate, dal marito perché si rifiutava di portare il velo e viveva da occidentale, come faceva già in Marocco;
- Kabira, 28 anni, accoltellata a morte dal marito, esibiva abiti occidentali e offendeva l’Islam;
- Darin Omar, uccisa dal marito perché si era fatta ”scandalosamente“ assumere in un call-center;
- Hina Salem stuprata dal padre a 9 anni, accoltellata e soffocata con un sacchetto di plastica dai suoi familiari, infine decapitata e sepolta con la testa rivolta verso la Mecca perché da adolescente frequentava un ragazzo italiano e rifiutava il matrimonio forzato impostole (e dopo la denuncia del padre per molestie sessuali, ndr);
- Fatima Saamali, uccisa sulla statale 26 a qualche chilometro da Aosta, poco prima, aveva denunciato alla polizia i continui maltrattamenti a cui la sottoponeva il marito;
- Malka, 29 anni, strangolata dal marito per i suoi atteggiamenti occidentali;
- Fatima Ksis, 20 anni, uccisa a coltellate dal fidanzato per averlo disonorato con il suo comportamento troppo indipendente;
- Amal, 26 anni, investita dal marito perché voleva recarsi dal parrucchiere;
- Sobia, avvelenata dai familiari, perché non si dimostrava sufficientemente sottomessa;
- Naima, accoltellata dal marito perché voleva riprendere con sé i figli sequestrati e portati in Marocco;
- Fouzia, strangolata dal marito Ali Islam Mostafa Mohamed Issa, in un appartamento in viale Zara a Milano, sotto gli occhi della figlia di 3 anni, che poi ha raccontato agli inquirenti: “…il papà ha fatto male alla mamma, ma la mamma è brava”, il corpo della povera donna è stato abbandonato in un giardino pubblico...era considerata dal marito “infedele”, perché aveva cominciato a seguire uno stile di vita occidentale;
- Sanaa Dafani, sgozzata dal padre (1 MESE FA COME OGGI...) a Pordenone per la sua scandalosa relazione con un ragazzo italiano“.
Un "vero e proprio bollettino di guerra". La lista delle vittime di questi reati è tristemente lunga e loro, le donne, non possono più raccontare gli infiniti lutti subiti – spiega al pubblico attonito di un convegno in cui doveva essere presentata l’annuale relazione del Telefono verde 800 911 753 - “Mai più sola”, dedicato alle vittime della sharia familiare in Italia - perché la loro bocca è stata chiusa per sempre“. ”Di loro – dice la Sbai - rimane solo una ferita nel nostro tempo, nella società sorda in cui hanno vissuto.“ Quella stessa società che scusa i carnefici in nome di una cultura che si suppone diversa e da tollerare persino in queste manifestazioni.”Voglio menzionarle qui – dice attonita la deputata di origine marocchina - per far sì che il loro sacrificio non sia stato vano e che le molte altre che oggi subiscono una sorte crudele trovino la forza di ribellarsi alla cieca violenza di mariti, padri, zii, cugini, fratelli, famiglie“. Per tutto l'articolo Leggi tutto...
E a proposito: Diede della «cristiana» alla deputata Sbai
Hassan Akrane, marocchino di 46 anni, vive e lavora a Bologna da oltre 20 anni. Leggi tutto...
Poi: Immigrazione clandestina=STUPRI solito bollettino di guerra permalink .
In questo caso invece: Accoltella la figlia perché fidanzata con un albanese
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mercoledì 14 ottobre 2009
PARLAMENTARE KUWAITIANA: ABOLIRE IL RIFERIMENTO ALLA SHARIA NELLA LEGGE ELETTORALE
Il suo intervento entra nei contrastanti pareri che, in questi giorni, arrivano da studiosi musulmani a proposito del velo islamico.
La norma della quale la parlamentare kuwaitiana vuole l’abolizione è stata introdotta quattro anni fa, quando fu votata la legge che concedeva alle donne pieni diritti politici, alla condizione, appunto, che rispettassero i requisiti richiesti dalla legge islamica.
La legge non specifica quali siano tali requisiti, ma la settimana scorsa il Dipartimento per le fatwa dell’emirato ha affermato che, per la legge islamica, le donne musulmane sono obbligate a indossare l’hijab. Questa fatwa aveva una portata generale e non aveva alcun specifico riferimento alla legge elettorale, essa ha suscitato reazioni contrastanti all’interno del Parlamento. I conservatori hanno chiesto alle loro colleghe e a quelle facenti parte dell’esecutivo di adeguarsi all’editto religioso, i liberali hanno sostenuto che la fatwa non è vincolante poiché non viene dalla corte costituzionale.
“La fatwa – ha dichiarato la Dashti – non è obbligatoria per la società kuwaitiana. Per noi l’unico riferimento è alla costituzione”. E a suo avviso, inserire la sharia nella legge elettorale è una violazione della Costituzione.
Rula Dashti è una delle quattro donne che fanno storia nelle recenti vicende del Paese, in quanto elette in Parlamento nelle elezioni svoltesi nel maggio scorso. Delle quattro, due indossano l’hijab e due no. Non lo porta neppure l’unica donna ministro, Mudhi al-Hmoud, che è responsabile dell’educazione (guardacaso un Ministero tipicamente femminile...) .
Quanto accade in Kwuait rientra nel contrastato dibattito che da tempo si svolge sul velo islamico, nelle sue diverse forme. Fatwa a favore o contro sono giunte in questi giorni da parte di studiosi musulmani. Così, colui che è ritenuto la maggiore autorità del mondo sunnita, Mohammed Saeed Tantawi, che presiede l’università egiziana di Al Azhar, ha posto il divieto di indossarlo a studentesse e professoresse, in quanto “non islamico”. Sulla stessa linea, in Canada, una associazione di musulmani ha chiesto al governo di bandire il niqab, sostenendo che esso è “un simbolo medioevale di misoginia e di estremismo”. A loro ha replicato il Gran muftì di Dubai, Ahmed Al Haddad, per il quale il velo “non è mai collegato al fanatismo o al terrorismo” e “le donne musulmane non sono mai state costrette ad indossarlo”. Forzarle a toglierlo, invece, è “mancanza di rispetto per loro, la loro fede, cultura e tradizione”.
martedì 13 ottobre 2009
IRAN: IMPICCATO, MOGLIE DA LAPIDARE.
Lui per adulterio, lei per prostituzione. La causa: poverta'
(ANSA) - TEHERAN, 7 OTT - Un uomo e' stato impiccato per adulterio, sua moglie dovrebbe essere lapidata per essersi prostituita a causa della poverta'. L'uomo, Rahim Mohammadi, e' stato impiccato ieri a Tabriz, nel nord- ovest del Paese, senza che fosse informata la famiglia o il suo avvocato. Sua moglie, Kobra Babai, dovrebbe invece essere messa a morte per lapidazione. Il marito la fece prostituire con 30 o 40 uomini, pur di avere denaro. A sua volta Rahim avrebbe avuto rapporti con una donna e un uomo.
Poi: Iran, in carcere da 52 giorni la traduttrice di "El Mundo" .
Donne iraniane emancipate. La fantasia della manipolatrice di intervisteEcco un esempio della tattica di Farian Sabahi .
Nuova ordinanza anti-burqa a Drezzo .
Padova: picchiate due ragazze perché lesbiche .
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lunedì 12 ottobre 2009
SPOSA BAMBINA AL LACCIO
RAGAZZE E RAGAZZI INSIEME NEL COLLEGE SAUDITA
Un campus universitario come tanti in America o Europa: studenti e studentesse che chiacchierano entrando in classe; siedono insieme nella caffetteria; un gruppetto di tutte ragazze che partono sgommando in auto, salutate dagli amici. Parlano in inglese, vengono — è evidente — da vari Paesi. Qualcosa di strano c’è: gli edifici nuovissimi sono circondati da palme e sabbia, fa molto caldo. E tra i ragazzi con vestiti «normali» qualcuno (pochi) indossa abiti tradizionali del Golfo. Perché il campus è quello della King Abdullah University of Science and Technology, in breve Kaust, il nuovissimo superateneo creato a Nord di Gedda sul Mar Rosso, in Arabia Saudita. Il primo e unico istituto scolastico del Regno delle due Moschee dove non esistono barriere tra i sessi. E uno dei pochissimi luoghi pubblici d’Arabia dove donne e ragazze sono libere di togliersi il camicione nero obbligatorio, l’ abaya , e di girare a viso e testa scoperti. Dove possono — perfino — guidare. Inaugurata pochi giorni fa da re Abdullah bin Abdul Aziz Al Saud, l’università a lui intitolata punta a diventare— parole sue — «un faro di tolleranza». «È la realizzazione di un sogno che coltivavo da 25 anni: un luogo d’incontro tra i diversi pensieri e culture, con una visione compatibile con lo spirito della nostra epoca e in sintonia con la nostra fede ». Affermazione, quest’ultima, prevedibile nella terra dove l’Islam è nato ed è oggi il più conservatore. Ma il progetto fortemente voluto dal sovrano 85enne, popolarissimo anche perché considerato vicino alle tradizioni beduine dimenticate da molti, non è scontato. Kaust vuole diventare uno dei centri accademici scientifici d’eccellenza del pianeta, attraendo talenti da tutto il mondo, dimostrando quello che l’Arabia potrà essere in un futuro dove il petrolio conterà sempre meno e donne e uomini — anche qui — avranno gli stessi diritti. Gli 817 studenti provenienti da 61 nazioni iscritti al primo anno (a regime saranno 20 mila) diventeranno ricercatori, scienziati, imprenditori. E i laureati e post-laureati sauditi (oggi sono il 15% degli iscritti) saranno protagonisti di quella transizione da petromonarchia wahabita a Paese moderno ed economicamente diversificato, seppur ovviamente islamico, che re Abdullah sogna, e con lui buona parte della società saudita o almeno dell’élite.
domenica 11 ottobre 2009
ISLAM: EGITTO, AL-AZHAR CONFERMA DIVIETO NIQAB
(ANSA) - CAIRO, 8 OTT - Il consiglio supremo dell'università di Al-Azhar ha comunicato la decisione di bandire il velo integrale (il niqab) da tutte le scuole controllate dal massimo centro teologico dell'islam sunnita. Decisione che giunge pochi giorni dopo la presa di posizione del grande imam di Al Azhar contro il niqab, che ha suscitato non poche polemiche nel Paese. Il religioso, sheikh Mohamed Sayyed Tantawi, nel corso di una visita in un liceo femminile dipendente da al Azhar nella periferia del Cairo, aveva ordinato ad una ragazza di togliersi il velo che lascia scoperti solo gli occhi. «È un'abitudine che non ha nulla a che fare con la religione», aveva tuonato, annunciando l'intenzione di vietarlo in tutte le istituzioni dipendenti dall'università. In un comunicato oggi il consiglio supremo dell'istituzione ha affermato di aver deciso di «vietare a studentesse e insegnati di indossare il niqab durante i corsi frequentati da donne e tenuti unicamente da insegnanti donne». Sembrerebbe tuttavia che lo stesso velo possa essere portato all'interno delle case, per strada e nel cortile delle scuole. Secondo la stessa nota, l'obiettivo del divieto è di diffondere lo spirito di fiducia, condivisione e comprensione tra insegnanti e studenti. È stato inoltre deciso di proibire alle studentesse di indossare il velo integrale nelle sale in cui si sostengono esami dove non è prevista la presenza di uomini.
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