Vado via fino al 2!
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domenica 29 novembre 2009
giovedì 26 novembre 2009
NEW YORK, TENTA DI SGOZZARE SUO MARITO "CRUDELE" CHE LE FACEVA MANGIARE MAIALE
Per questa demente incoranizzata non era abbastanza "buon musulmano" per i suoi gusti.
Staten Island-NY - perché non era il pio musulmano che credeva di avere sposato e che in più la incitava a mangiare maiale ed a bere alcol, una donna di 37 anni, di origine pakistana, ha tentato di sgozzare suo marito mentre dormiva. In una confessione scritta di 4 pagine, Rabia Sarwar racconta gli episodi di crudeltà psicologica ed emozionale che l' avrebbero portata, ieri mattina, a volere sgozzare suo marito, Sheikh Naseem, che insegna matematica all'istituto universitario Susan Wagner di New Brighton nello stato di New York. “Ho fatto tutto il possibile per tagliargli la gola ma si è svegliato ed è riuscito a togliermi il coltello„ si può leggere nella deposizione. Secondo l'avvocato della signora Sarwar, Sheik Naseem era un uomo crudele che aggrediva sua moglie. Alla vigilia dell'incidente l' avrebbe letteralmente minacciata di fare mutilare i suoi genitori. Rabia Sarwar, di origine pakistana, ha dichiarato agli inquirenti che cinque mesi fa quando le hanno presentato il marito per un matrimonio combinato, Sheik Naseem si era presentato a lei come un musulmano praticante. Ma è stato soltanto dopo il matrimonio che ha potuto scoprire la vera personalità di suo marito, che, ad esempio, prima di conoscerla aveva frequentato soltanto dei non musulmani e che considerava anche Salman Rushdie come uno dei suoi autori preferiti. Di più l' avrebbe forzata a condursi in modo che va contro le sue convinzioni religiose: “Mi obbligava a fare cose che non gradivo come mangiare maiale, bere alcol, portare abiti che la scoprivano troppo e facevo tutto ciò che chiedeva perchè fosse felice.„ (Fonte: Per la pace e l'amicizia tra i popoli , 30/10)
Ieri, alle 3 di mattina, Rabia Sarwar “sì non ne poteva più„ ed ha aggredito suo marito addormendato lacerandogli il collo varie volte, la guancia e la mano destra con un coltello gridando “ è l'ora per te di morire! „ e “i tuoi bambini saranno orfani! „, riferendosi ai due bambini che ha avuto da un primo matrimonio. Dopo essere riuscito ad afferrare l'arma dalle mani di sua moglie si é accorto che lei aveva nascosto tutti i telefoni di casa, allora é corso dai vicini per chiedere aiuto. Quanto a Sheikh Naseem ha dichiarato in un'intervista al giornale The Post che sua moglie aveva molte difficoltà ad adattarsi allo stile di vita americano: “Provava a fare come me, ma poi andava a dire ai suoi genitori che era uscita per bere un bicchiere con me e con questo sua madre ha iniziato a fare osservazioni scortesi nei miei confronti. „ Intraprenderà fin d'ora le pratiche di divorzio ma non crede che sua moglie debba essere condannata alla prigione: “È una demente ed ha bisogno di un trattamento in un ospedale psichiatrico. Le auguro soltanto del bene per la sua vita futura. Spero che potrà uscirne. „
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CONVERSIONI DALL'ISLAM AL CRISTIANESIMO

siamo una minoranza in Egitto. Siamo mal trattati. Ha detto che la minoranza musulmana in America è molto ben trattata, allora perché non siamo trattati qui allo stesso modo? Siamo imprigionati nella nostra casa perché i musulmani religiosi hanno chiamato all'omicidio di mio padre, e adesso anche il governo ci rinchiude, siamo prigionieri nel nostro paese. „ Dina aggiunge " io ho soltanto 15 anni, ma spero tuttavia che il mio messaggio giungerà al presidente Obama„
La famiglia El-Gowhary si è vista impedita dalle autorità di lasciare l'Egitto il 17 settembre 2009, senza alcuna ragione giuridica. Gli hanno detto, tuttavia, che l'ordine veniva da un'alta autorità.
Dina, è la figlia di Maher el-Gowhary, conosciuto anche sotto il suo nome di battesimo Peter Athanasius. La famiglia ha segretamente abbracciato il cristianesimo 35 anni fa. Ma nell'agosto 2008, ha lanciato una procedura contro il governo egiziano per potere modificare ufficialmente il suo nome sui suoi documenti per dichiarare la sua nuova identità cristiana (perchè nel moderato Egitto c'è la voce religione nei documenti!, ndr) . Ha perso il suo processo nel giugno 2009. Secondo il decreto del giudizio, la conversione religiosa di un musulmano è contro la legge islamica della charia e costituisce una minaccia “all'ordine pubblico„ in Egitto. Ha fatto appello a questa sentenza.
Peter e Dina vivono nella clandestinità da quando ha depositato tale reclamo, perché le autorità religiose musulmane lo hanno dichiarato apostato e molte fatwa (editti religiosi), chiamando “a versare il suo sangue„ sono state emesse. Cambia spesso di nascondiglio, per evitare di essere ucciso, e degli amici gli forniscono gli alimentari. “Non possiamo dormire, mangiare o uscire in strada„, dice. Peter pensa che le autorità esercitino pressioni su lui e Dina, affinché si riconvertano all'islam.

BARBIE IN BURQA
mercoledì 25 novembre 2009
ECCO MAXXI, IL MUSEO DI ROMA NATO TRA MILLE ENTUSIASMI E TROPPE PERPLESSITA'
Prima di tutto la struttura è architettonicamente contraddittoria. È, cioè, interessante e innovativa a livello progettuale, ma manca di vari requisiti essenziali. Andiamo con ordine. Innanzitutto la rivendicata capacità di integrarsi con l’ambiente preesistente pare quantomeno opinabile. Se da un parte è apprezzabile la volontà di far sopravvivere una parte della facciata della caserma demolita, dall’altra non sembra che le linee dell’edificio si sposino con il contiguo paesaggio urbano. Pare, invece, che lo incrocino per antinomia. C’è chi dice: è proprio quello il bello. Sarà, ma continuiamo a credere che il difficile per un architetto sia integrarsi veramente nel tessuto preesistente, non distaccarsi in modo narcisistico concependo un corpo estraneo.
L’impressione è che il Maxxi di Zaha Hadid sia fatto apposta, quasi fosse una fotomodella, per esser ritratto con aura ammiccante e suggestiva, tale da ammaliare il visitatore o ancor di più il lettore del magazine à la page. E indubbiamente se ci si isola – sentendosi per un attimo abitanti della Luna e non cittadini di Roma – si subisce il fascino di questa “astronave” e se n’è subito attratti. Ma varcato l’ingresso su via Guido Reni si è immediatamente colpiti dalla strana atmosfera che caratterizza gli esterni. Provando a sostare in amabili conversari nei pressi dell’entrata, quella sensazione diviene più chiara: dove siamo? Sotto lo svincolo della tangenziale o all’ingresso di un museo? Crediamo di poter essere facili profeti nel prevedere una revisione prossima ventura: l’incombere minaccioso dell’immane struttura non ispira certo accoglienza, ma al contrario diffidenza e preoccupazione. (Fonte: L' Occidentale, 22/11)
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VIDEO DI SS&C DI VARESE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
In occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne l'agenzia di comunicazione SS&C ha realizzato un video di sensibilizzazione, che offre alle associazioni, ai blogger e a tutti coloro che vorranno diffonderlo e farne uso.
Il video si pone davanti alla violenza che colpisce le donne non come problema sociale da denunciare, ma come male storico che affligge la nostra società da secoli.
La scelta di questo taglio ha un motivo preciso: tutti siamo responsabili, perchè tutti, in qualche modo siamo complici del disprezzo, della riduzione del corpo femminile a merce, di una "cultura" che a parole si dice progredita, ma nei fatti tollera e nasconde.
Ecco allora che i segni della violenza sfigurano non volti presi dalla cronaca di oggi, ma ritratti femminili che la tradizione occidentale ci ha tramandato attraverso una cultura pittorica vecchia di secoli.
Della bellezza della donna, omaggiata e fissata nell'arte, il video di SS&C fa emergere il lato oscuro: mogli, sorelle, figlie, tutte le donne offese e dimenticate.
Perchè non succeda più.
La violenza sulle donne è dentro la nostra storia, recita il cartello finale, il vero capolavoro sarebbe cancellarla.
Grazie a Giada!
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domenica 22 novembre 2009
"TRADURRE IN EGITTO I TESTI EBRAICI PER CONOSCERE LE TRAME DEL NEMICO"
Tempesta in vista, fra gli intellettuali in Egitto, dopo che la poetessa egiziana Iman Mersal ha permesso che uno dei suoi libri venisse pubblicato in ebraico (“Geografia alternativa”, tradotto da Sasson Somekh, per i tipi della Hakibbutz Hameuhad publishing house). Come può – ci si domanda – un qualunque autore egiziano superare questo limite, sfidare gli ordini dell’Associazione Scrittori e demolire le basi su cui viene condotta la battaglia contro la normalizzazione con Israele? Nell’ultimo round di questa pubblica diatriba è intervenuto lo scrittore e critico Jaber Asfour, direttore del Centro Nazionale Egiziano per la Traduzione (il titolo si riferisce alle sue dichiarazioni, ndr). Lo stesso istituto di Asfour è finito sotto accusa per la decisione di permettere che libri in ebraico venissero tradotti in arabo, sulla base di un accordo stipulato pochi mesi fa dal presidente egiziano Hosni Mubarak e dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nei giorni in cui il ministro della cultura egiziano Farouk Hosny era in lizza per il posto di direttore generale dell’Unesco. Alla fine Hosny non è stato eletto, cosa per la quale non ha esitato ad accusare Israele (e non meglio precisate lobby israeliane). Ma il programma di traduzioni è rimasto in piedi. In un’intervista a un’importante rivista letteraria egiziana, “Akhbar Al Adab”, Asfour ha affrontato il concetto di “normalizzazione”. “Normalizzazione – ha detto – indica un atto dal quale chi lo commette ricava un vantaggio economico o spirituale. Questo non è accaduto nel caso di Mersal”. In altre parole, la poetessa non ha preso denaro per aver concesso che il suo libro venisse tradotto in ebraico. (Fonte: Liberali per Israele, 20/11)
sabato 21 novembre 2009
LA GIORNALISTA EGIZIANA HALA MUSTAFA PARLA DI NORMALIZZAZIONE CON ISRAELE DOPO L' INCONTRO CON L' AMBASCIATORE ISRAELIANO
UN PREDICATORE BAMBINO EGIZIANO: L' OCCIDENTE PRESENTA L' ADULTERIO COME "EDUCAZIONE SESSUALE" ED ALTRO
E la conduttrice televisiva egiziana Randa Samir critica il turismo omosessuale in Israele: http://video.aol.fr/video-detail/egyptian-tv-presenter-randa-samir-criticizes-homosexual-tourism-in-israel/4178302950 e http://www.memritv.org/clip/en/2258.htm .
venerdì 20 novembre 2009
APPELLO MONDIALE A BARAK OBAMA DAGLI ESULI IRANIANI IN ITALIA
DALLA SOMALIA ALL' ITALIA
IN SOMALIAPunita con la morte per aver tradito suo marito. Una donna di 29 anni è stata lapidata con l’accusa di adulterio. Il giudice Ibrahim Shaikh Abdirahman ha condannato a morte la donna e a cento frustate il suo amante. L’esecuzione si è svolta nel villaggio di Eelbon, nella Somalia del sud, sotto gli occhi di centinaia di persone. (PR)
Ricordiamo le parole di una convertita italiana: «A chi ritiene la lapidazione una sofferenza, ricordo che dura 15 min al massimo. La jehenna è per sempre… decisamente non c’è differenza». qui






giovedì 19 novembre 2009
"NUDO ISLAMICO"
mercoledì 18 novembre 2009
"TUTTI ZITTI SULLE LEZIONI DI GHEDDAFI", di Pierluigi Battista
Ragazze come gingilli da esibire al cospetto del satrapo in visita ufficiale.
Un paio di domande su donne e potere. La prima: perché una ragazza non avvenente o di statura inferiore al metro e 70 deve essere esclusa, e solo a causa di queste presunte «manchevolezze» fisiche, dagli insegnamenti religiosi impartiti dal colonnello Gheddafi nel suo tour romano? La seconda: si ha per caso notizia di qualche petizione, di qualche protesta, di qualche indignata considerazione che voglia stigmatizzare questa palese offesa alla dignità delle donne, ragazze come gingilli da esibire al cospetto del satrapo in visita ufficiale?
Le prescrizioni di Gheddafi sono state molto precise. I suoi collaboratori dovevano contattare circa duecento ragazze attraverso un sito specializzato per il reperimento di hostess da retribuire con una sessantina di euro (tra l’altro: non esiste un sindacato delle hostess?). Il canone fissato prevedeva che le ragazze fossero di bell’aspetto, possibilmente bionde. Che dal metro e sessantanove centimetri in giù di statura sarebbe scattato implacabile l’ostracismo. Che fossero vestite di nero, vietate minigonne e scollature, il tacco di almeno sette centimetri, e la taglia, inderogabilmente, 42. Solo a queste condizioni le ragazze sarebbero state meritevoli delle lezioni di Gheddafi sul Corano e sensibili alle istruzioni del Libretto Verde, distribuito come cadeaux dopo un paio di notti di infervorate diatribe religiose innaffiate, raccontano le cronache, da dosi massicce di cappuccino.
Dicono inoltre le cronache che una ragazza è stata allontanata, perché giudicata troppo bassa e un’altra esortata a lasciare la compagnia (sarebbe meglio dire l’improvvisato simulacro di un harem?) perché non del tutto compatibile con i canoni ideali della bellezza secondo il colonnello Gheddafi: in altre parole, perché bruttina. Ma c’è qualcosa di più feroce di un’esclusione dovuta esclusivamente per cause, per così dire, fisiche? Mica quelle ragazze erano state selezionate per un concorso di bellezza, o per il casting di una trasmissione televisiva, o per allietare un evento mondano. No, erano state scelte per ascoltare la parola di Gheddafi sull’Islam, sul crocifisso, sulle profezie, sulla virtù, sulla conversione. E allora che c’entrano la taglia 42 e il tacco di almeno sette centimetri? (Fonte: Corriere della Sera )
Ma se non c’entrano, come mai si è improvvisamente inaridito il fiume di discorsi e petizioni che in questi mesi si è imposto sulla degradazione del corpo delle donne, sulle ragazze ridotte e umiliate a strumento per allietare le serate dei sultani, all’imposizione di un canone convenzionale di bellezza che mortifica l’intelligenza delle donne, che trasforma le ragazze in oche e veline sottomesse ai capricci dei potenti? E invece adesso c’è il silenzio. Il silenzio assoluto.
L’imbarazzo ufficiale per le stravaganze di un sultano con cui è obbligatorio (e conveniente) conservare eccellenti rapporti bilaterali. L’imbarazzo civile di chi centellina con un po’ di cinismo (o di malafede?) la propria indignazione, azionandola solo in qualche occasione, imbavagliandola quando il bersaglio non è il solito Nemico di cui è persino superfluo fare il nome. Una festa dell’ipocrisia in cui a farne le spese sono un gruppo di ragazze ammassate su un torpedone. Taglia 42, tacco di sette centimetri, abitino nero per regalare al colonnello la soddisfazione di una bella lezione di religione.
martedì 17 novembre 2009
DA INFORMAZIONE CORRETTA: SUZANNE MUBARAK E FANATICHE MUSULMANE IN FRANCIA
Donne musulmane, tutto bene per M.me Mubarak, ma non la conta giustaL'intervista di Emanuele Novazio, la cronaca in Francia di Guido Mattioni .
La Stampa- Emanuele Novazio: " Le donne arabe si emancipano con le quote rosa " Il Giornale - "Viaggio tra le radicali islamiche il burqa è la nostra vera pelle"
LA MOGLIE DI AHMADINEJAD A ROMA ED ALTRE PIU' O MENO DISCUTIBILI FIRST LADIES...
Davood Karimi : " La moglie del passdar terrorista Ahmadinejad a Roma: la ferma condanna della comunità iraniana
lunedì 16 novembre 2009
BURKINA FASO, ADOTTATA DICHIARAZIONE CONTRO L' INFIBULAZIONE
"Verso il divieto universale delle mutilazioni genitali femminili".
Roma, 10 nov. (Apcom) - Si è chiusa oggi con l'adozione per consenso di una Dichiarazione finale la riunione ad alto livello "Dal Cairo a Ouagadougou: verso un divieto universale delle mutilazioni genitali femminili (Mgf)", organizzata dall'associazione radicale "Non c'è Pace Senza Giustizia" ed il governo del Burkina Faso, con il sostegno della Cooperazione Italiana e in collaborazione con l'Unops.
La Conferenza si è svolta con il patrocinio della First Lady del Burkina Faso, Chantal Compaoré, e ha visto la partecipazione di ministri, parlamentari e esponenti della società civile provenienti da 13 Paesi dell'Africa occidentale, nonché di Gibuti, Uganda e Egitto. Lo scopo della riunione era di valutare i progressi compiuti in molti paesi e di discutere delle misure volte a rafforzare e accelerare il processo di divieto globale delle mutilazioni genitali femminili come violazione dei diritti umani.
Tra le sue principali raccomandazioni, la dichiarazione finale esorta non solo all'adozione di efficaci leggi nazionali che vietino le mutilazioni genitali femminili in tutti i paesi in cui sono praticate, ma anche ad una loro armonizzazione in modo che la loro applicazione e le sanzioni previste consentano di affrontare la dimensione sempre più transfrontaliera della pratica. Affrontare il problema delle Mgf al livello regionale e non solo a livello nazionale è di fondamentale importanza. (Fonte: http://www.notizie.virgilio.it )
"Uno dei risultati più importanti di questa riunione è il riconoscimento ormai acquisito che sia di fondamentale importanza avere strumenti legislativi efficaci che vietino le Mgf", ha affermato Emma Bonino, vicepresidente del Senato e fondatrice di "Non c'è Pace Senza Giustizia". "Proprio in virtù degli incoraggianti passi avanti che si sono avuti da questo punto di vista negli ultimi cinque anni, occorre stimolare una maggiore e più coesa mobilitazione politica tra gli attivisti, i parlamentari e i governi, al fine di elaborare strategie e politiche legislative coordinate e armonizzate contro le mutilazioni genitali femminili", ha aggiunto Bonino.
"Come afferma la dichiarazione finale, dobbiamo anche esortare tutti gli Stati interessati ad assumere un ruolo attivo nella redazione e la promozione di una risoluzione delle Nazioni Unite focalizzata esclusivamente sulle MGF. Tale risoluzione delle Nazioni Unite contribuirebbe a creare le basi di una vera e forte alleanza internazionale per sconfiggere le mutilazioni genitali femminili e bandire una volta per tutte questa pratica", ha concluso Bonino.
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domenica 15 novembre 2009
"LE COSE CHE NON HO DETTO". AZAR NAFISI PRESENTA IL SUO ULTIMO LIBRO AL "FRANCO PARENTI" DI MILANO

venerdì 13 novembre 2009
APPELLO A SONIA GANDHI IN DIFESA DELLA SCRITTRICE TASLIMA NASREEN MINACCIATA DAI FONDAMENTALISTI
Lettera aperta dall'Italia a Sonia Gandhi, presidente dell'Indian National Congress Party, in difesa della poetessa e scrittrice Taslima Nasreen (foto).
FIRMA L'APPELLO LE ADESIONI
Lei, che ha a radici nel Paese in cui viviamo, è stata ed è da tempo una delle figure più importanti e influenti della politica di una nazione laica tanto grande, complessa e piena di energia come l’India. Per questa ragione noi, intellettuali, poeti, artisti e scrittori italiani ci rivolgiamo a Lei e le chiediamo di intervenire in aiuto di una grande scrittrice, nota in tutto il mondo e perseguitata da tempo per la sola colpa di amare la libertà e di combattere, da non credente, in nome dei diritti e della dignità delle donne di tutto il mondo: Taslima Nasreen.Come Lei certamente sa Taslima Nasreen è di lingua e cultura bengalese, e da tempo le viene impedito di vivere nel suo paese, il Bangladesh, a causa delle minacce e delle pressioni dei gruppi di integralisti musulmani che le hanno scagliato contro ben due fatwah e posto diverse taglie sulla sua testa, per punire il suo orgoglio e contrastare la battaglia per la libertà e l’uguaglianza di tutti gli esseri umani. Nonostante questo, Taslima Nasreen gira tutto il mondo per far conoscere la grandezza e la ricchezza della sua terra, della sua cultura, della sua lingua, senza per questo rinunciare ad esprimere liberamente il suo pensiero, senza temere di criticare ciò che qualsiasi società civile rifiuterebbe: la schiavitù della donna, i soprusi contro la sua intelligenza, la sua sensibilità e il suo corpo, nonché gli abusi da parte di un regime autoritario e teocratico.Dal 2004 fino a poco tempo fa, Taslima Nasreen viveva in esilio in India, paese che considera la sua patria adottiva, ma sin dal giorno del suo arrivo non si sono fatte attendere le minacce, le aggressioni, le campagne stampa diffamatorie orchestrate da gruppi integralisti musulmani. Questi attacchi hanno fatto sì, infine, che la scrittrice venisse allontanata anche dall’India.Da quel momento non le è più consentito di fare ritorno nella sua casa a Calcutta, dove sono ancora tutti i suoi beni, i suoi libri, ogni cosa che le appartiene, materialmente e sentimentalmente.Noi – che svolgiamo un lavoro tanto simile a quello di Taslima – possiamo soltanto immaginare quale terribile ferita, quale irrimediabile danno possa causare nella vita di una scrittrice l'esilio forzato, la lontananza imposta dalla propria lingua, il violento strappo che separa dalle radici a cui si sente di appartenere.Taslima non vuole vivere in Occidente, vuole tornare a risiedere là dov’è nata, nel subcontinente indiano. Se le fosse consentito di tornare a vivere in India, Taslima potrebbe fare molto di più nella lotta che da tempo la impegna per la difesa della dignità delle donne e per la diffusione della democrazia e dei diritti umani, ideali che sappiamo anche Lei condivide.Taslima ha già provato due volte a tornare in India, ma non appena arriva le viene comunicato l’ordine del Governo indiano di lasciare il paese. Troviamo tutto ciò scandaloso e indegno. Noi abbiamo la concreta speranza che Lei, Signora Gandhi, voglia intervenire affinché a una così importante scrittrice e poetessa, che da anni mette in gioco la sua vita in nome della libertà e della democrazia, sia infine permesso di tornare nella sua casa, tra la sua gente, circondata dal suono della sua lingua, nell’unico luogo dove, com’è suo diritto, lei desidera vivere.Lei, Signora Gandhi, è uno dei principali leader di un paese democratico e noi tutti, artisti, intellettuali e scrittori italiani, ci aspettiamo che faccia qualcosa per difendere il diritto di Taslima a tornare a casa, a dispetto di tutte le pressioni e le prepotenze dei fanatici, nemici della libertà e della convivenza.Nel ringraziarLa della sua attenzione, Le inviamo i nostri più distinti saluti,
Lello Voce, Wu Ming, Valerio Evangelisti, Tiziano Scarpa, Nanni Balestrini, Ermanno Cavazzoni, Dima Saad, Paolo Repetti, Franco "Bifo" Berardi, Gianni Biondillo, Beppe Sebaste, Giorgio Vasta, Gabriele Frasca, Laura Pugno, Stefano Tassinari, Maria Rosa Cutrufelli, Kai Zen, Antonio Moresco, Sergio Baratto, Franco Buffoni, Luigi Nacci, Guido Barbujani, Simone Regazzoni, Giaime Alonge, Giovanna Cosenza, Marco Palladini, Tiziana Colusso, Chiara Daino, Guglielmo Pispisa, Monica Mazzitelli, Sergio Paoli, Nino G. D'Attis, Rossella Macchia, Giacomo Verde, Rosaria Lo Russo, Claudio Calia, Alberto Garlini, Maria Valente, Alberto Masala, Vanni Santoni, Simone Sarasso
(Fonte: http://www.temi.repubblica.it/ )
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IL MAXXI DI ROMA APRE LE PORTE
Un progetto ambizioso che dopo 10 anni di lavori finalmente vede la luce: stiamo parlando del Maxxi, il Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, uno dei musei di arte contemporanea più grandi al mondo, ideato dell’architetto Zaha Hadid (foto) è costato 150 milioni di euro.
Un’architettura d’avanguardia caratterizzata da spazi immensi e luminosi che nei prossimi mesi ospiteranno una collezione permanente di arti visive, mostre e non solo: saranno infatti organizzate manifestazioni, eventi, performance, per una visione dell’arte a 360° che renda questo progetto dinamico e al passo con le esigenze della contemporaneità.
Il Maxxi si aggiunge al progetto del Macro, realizzato sempre dal comune di Roma, e concorre a rendere finalmente la nostra capitale un riferimento importante per l’arte a livello internazionale. (Fonte: http://www.artsblog.it/ )
FORUM DELLE DONNE DEL MEDITERRANEO A MARRAKECH
giovedì 12 novembre 2009
LEGGETELO RAGAZZI. LEGGETELO PERCHE' E' GIUSTO LEGGERLO
Mi chiamo Karima, ho 21 anni e sono nata e cresciuta in Italia da genitori marocchini arrivati nel belpaese nell’80.Vi scrivo perchè ieri sera ho visto "Studio Aperto - Live" :"Tra jeans e velo. Sanaa e le altre ... , ora io non so spiegarvi e spiegarmi il perchè stia scrivendo ma so solo che ieri sera i miei occhi hanno pianto e il mio cuore ha ripreso a sanguinare dopo tempo che cercavo di coprire le sue ferite, cosi ho deciso che era ora di rompere questo silenzio che mi uccide dentro e che non mi lascia nemmeno uno spiraglio d’aria per respirare neanche un attimo. La mia storia inizia all’età di 11 anni quando inevitabilmente il mio corpo si catapultò in una pubertà che nessuno mi spiegava ma che i miei genitori mi riempivano di regole che non comprendevo. Mia madre prese assurdamente a volermi far pulire casa ad ogni costo ed ogni giorno, voleva insegnarmi a cucinare e a fare il pane in casa , e fin qui nulla di strano ma diventa più complicato quando a queste regole si mischiano il divieto di uscire da sola, il divieto di frequentare le amiche di scuola, il non poter andare a dormire a casa di un’amica, perchè, come diceva proprio mia madre: «una ragazza che sta fuori casa una sola notte, è certo che esce solo per fare la poco di buono e quindi è assolutamente sicuro che in quel giorno perde la verginità ed una ragazza non più vergine non si sposa e diventa la vergogna per la sua famiglia perdendo il rispetto di chiunque».Quando non adempivo ai miei ‘’compiti di brava ragazza marocchina’’ era inevitabile per me ritrovarmi con i lividi sul corpo per le botte che mi davano.. e qui non parlo di semplici sberle, ma parlo di calci sulla pancia, pugni in faccia, morsi sulle braccia e botte in testa.Tutta quella violenza, tutti quei controlli e quella paura mi fecero cadere in un problema assai più grave che mi complicò ulteriormente la vita: diciamo che quello stress (anche se il dubbio che sia saltato fuori per una botta in più in testa, alle volte mi viene) mi provocò un problema ‘’neurologico‘’, ovvero, tutte le volte che parlavo o facevo qualsiasi cosa, stranamente il mio cervello si ‘’spegneva’’ e io mi bloccavo con lo sguardo fisso nel vuoto senza dire una parola o accorgermi di cio che mi succedeva intorno, un po come una persona in catalessi, ci mettevo un minuto o due per risvegliarmi da quell‘assenza, ma la cosa più brutta era cio che sentivo dire dai miei genitori quando mi succedeva davanti a loro: «ecco, sta scema l’ha rifatto di nuovo, adesso tutti i nostri amici penseranno che è una malata di mente e nessuno verrà mai a chiedere la sua mano!» e dopo erano botte perchè per loro forse era una cosa che potevo evitare o controllare. Ma l’episodio più grave fu quando una domenica mattina mia madre mi svegliò alle 7 del mattino e con tono arrabbiato mi mise un pesce in mano e mi disse di pulirlo, cosa che io non sapevo assolutamente fare, e avendo paura di essere picchiata per l’ennesima volta caddi nuovamente in uno di quegli strani attacchi di assenza totale e quando mi risvegliai senti un dolore lancinante alla coscia sinistra, e guardando in basso verso la mia gamba vidi un coltello che mi ferì, e quel coltello era proprio impugnato da mia madre che inveiva dandomi della stupida, dell’idiota e dell’handicappata. Non riuscivo a dire una parola come se mi fossi sentita in colpa, come se fosse riuscita a convincermi della veridicità delle sue parole; Fu proprio quel giorno in cui scappai per la prima volta, andai alla polizia a denunciare la cosa ma non credettero al mio racconto più di tanto anche se registrarono la mia segnalazione e mi dissero che sarebbe venuta un’assistente sociale a controllare la situazione ma che più di tanto non potevano fare e che erano obbligati a riconsegnarmi ai miei genitori, che arrivarono poco dopo fingendosi preoccupati e affettuosi quando io invece sapevo cosa gli passava per la mente. Una volta arrivati a casa, chiudendo la porta sapevo che una volta giratami verso loro per me sarebbe iniziato un’altra volta tutto. Mi picchiarono tanto da non riuscirmi più ad alzare, mi coprivano la bocca per non farmi urlare e dicevano che mi avrebbero mandata in Marocco o che mi avrebbero ammazzata se l’avessi rifatto. Passarono 2 anni, avevo compiuto 16 anni nel frattempo e non vidi mai quell’assistente sociale. Un giorno mia madre venne a prendermi da scuola verso le 10 per portarmi in tribunale dato che la mia denuncia ebbe un seguito. In macchina mi disse che sarei dovuta stare attenta a ciò che dicevo o se no sapevo cosa sarebbe successo, cosi una volta davanti al giudice fui costretta, anche se sotto giuramento, a mentire dicendo che avevo inventato tutto e che la mia era solo una ragazzata d’adolescente. Quando uscimmo mi sentì la persona più sporca e più codarda del mondo, cosi passai tutta la giornata in camera senza uscire ne per mangiare ne per andare in bagno e alla sera quando sentì che ormai stavano dormendo scappai a gambe levate cercando di non farmi vedere da nessuno e ne tantomeno dalla polizia che mi avrebbe riportato in quella prigione di casa. Mi sentivo sola, amareggiata e tradita persino dalla legge che elogia il giusto e punisce i cattivi. Per me iniziò una nuova vita, trovai dei lavoretti saltuari e in nero per maternermi, ebbi per la prima volta dei veri amici (italiani), finalmente sorridevo e festeggiavo con le persone più care tutte le occasioni speciali, potevo uscire a bere un thè con le amiche per poi andare al cinema e al ristorante.. insomma un mondo nuovo! trovai persino l’amore, un ragazzo bellissimo che mi amava e che mi sapeva far gioire il cuore, gli regalai ciò che avevo di più caro, gli diedi la mia verginità e non me ne pentii mai, ma si sa il mondo è piccolo e la gente mormora e fu cosi che i miei genitori vennero a conoscenza di tutto cio che facevo e di chi frequentavo.Una mattina mentre andavo a lavoro incontrai mia madre che mi pregò di tornare a casa e che le mancavo, piangeva e mi supplicava.. Mi pianse il cuore a vederla cosi e per un attimo credetti che qualcosa in lei era cambiato e che non era la solita di sempre.. Decisi di montare in macchina con lei, di sorriderle e di voler riiniziare da capo, ma una volta ritornata in quell’ambiente mi accorsi che nulla era cambiato cosi un giorno mi picchiarono di nuovo per non aver pulito, piansi in silenzio nella mia stanza, mio padre uscì per andare a lavoro e io andai in sala da mia madre con tutta la rabbia che avevo in corpo perchè volevo delle maledette spiegazioni, e lei mi disse «ora ti spiego io perchè sei di nuovo qui Karima, abbiamo saputo tutto cio che hai fatto e che non sei più vergine, per noi sei la feccia di questa famiglia cosi abbiamo deciso di ucciderti perchè la rabbia era troppa, tuo padre è andato dall’imam della moschea a chiedere se era giusto ammazzarti e se una volta in prigione avrebbe potuto contare sulla solidarietà e sull’aiuto morale e materiale della moschea e dei nostri fratelli islamici, ma dato che l’imam ci ha detto che ammazzarti non era giusto ma che al massimo dovevamo mutilarti per insegnarti il rispetto abbiamo deciso di seguire il suo consiglio e cosi quando ci siamo reincontrate l’altro giorno e io ti ho pregata di tornare a casa, io e tuo padre avevamo un’idea ben precisa in testa. Avevamo deciso che io ti avrei attirata a casa di nuovo e con una scusa saresti uscita con tuo padre che ti avrebbe dovuta portare in un posto isolato per ammazzarti di botte senza pietà per poi tagliarti le gambe e ravinarti quel viso che tanto ti piace mostrare e con il quale ti piace fare la puttana con i ragazzi, ma per un inspiegabile motivo ho rinunciato e ho deciso di far cambiare idea a tuo padre perchè dopo tutto sei nostra figlia e io ho faticato per metterti sulla buona strada anche se non ci sono riuscita» . (5/10)
ASSURDO starete pensando, per me fu un colpo al cuore, per me fu l’odio in persona a dire quelle parole, mi girai e tornai in camera, stavolta non riusci a piangere, non avevo più lacrime e ripensavo che avrei potuto perdere la vita per la quale avevo lottato e che forse era ora di smettere di ribellarsi e sacrificare tutto per portare un po di pace..D‘allora sono passati due anni, mia madre continuava a tartassarmi con l’idea del matrimonio e che stavo diventando vecchia e che se continuavo cosi per me sarebbe passato il treno.. Cosi una sera sentendo mio padre parlare in modo entusiasta di un ragazzo che lo aiutava a lavoro mi saltò in testa l’idea più stupida del mondo. Feci di tutto per incontrarlo e per sedurlo cosi lui finì con l’innamorarsi e con il volermi sposare, il 22 novembre dell’anno scorso mi sono sposata con una persona che non amo solo per poter vivere in modo tranquillo senza più botte e insulti.. Solo per poter sentire un po d’amore da quei genitori che mi hanno ripudiata per aver voluto vivere all’occidentale. E proprio ieri sera mentre mio marito dormiva, io guardavo Live e, ascoltando la storia di Sanaa, Hina e le altre, mi sono detta «potevi essere tu Karima». Infondo io non volevo molto, non volevo andare in discoteca, prendere droghe, vestirmi in minigonna o fare la cretina con i ragazzi ma volevo semplicemente poter frequentare le amiche, guardare un film al cinema, magari poter andare ad uno dei concerti della mia cantante preferita Giorgia e perchè no, diventare maestra d'asilo.. Volevo una vita tranquilla ma invece ora sono ancora intrappolata in questo mondo che non mi appartiene senza poter far intravedere la mia tristezza per paura che qualcuno la possa riferire ai miei genitori che, quasi sicuramente, mi accuserebbero di voler fare la poco di buono e di non apprezzare il fatto che stare sulla buona strada paga e assicura il pardiso islamico. In questo racconto, vi giuro, non c’è nulla d’inventato o di volutamente esagerato, e per quanto la mia storia sia assurda e quasi incredibile ogni parola di questa lettera è scolpita con il dolore nella mia mente.. Una mente stanca e impaurita quindi, VI PREGO, non commetete lo sbaglio delle persone alle quali ho chiesto aiuto.. Stavolta provate a credere. Non mi firmerò con il mio nome, ma con umiltàmi firmo come ‘’una delle tante‘’.."IN MEMORIA DI QUESTE POVERE RAGAZZE
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martedì 10 novembre 2009
"DONIA E' ITALIANA: E ADESSO ANCHE LA LEGGE LO SA", di Karima Moual
La telefonata arriva poco prima di cena. "Sono Donia, avrò la cittadinanza"
Erano 22 anni che Donia (foto) aspettava. Ieri il sole 24 ore aveva parlato. " Donia è italiana, ma la legge non lo sa", questo il titolo di un articolo che serviva ad evidenziare il caso dei tanti ragazzi di seconda generazione, nati in Italia ma ancora senza cittadinanza. Nonostante sia nata a Roma e non sia mai uscita dall’Italia, a Donia era stata rifiutata la cittadinanza perché nella documentazione presentata per l’acquisizione, mancava la certificazione di un mese di residenza sul territorio italiano. Quel mese non dichiarato in tempo, diventa una attesa di quattro anni. Questa è la storia, e non si tratta di un caso isolato.
Ma oggi è un bel giorno. La sua storia è arrivata a chi di dovere e dal ministero dell’interno, dopo la lettura dell’articolo, hanno chiamato Donia. Il suo caso ha colpito il prefetto Mario Morcone, che si è impegnato a risolverlo al più presto concedendole la cittadinanza. E’ felicissima Donia. Da oggi è italiana e anche la legge lo sa. (Fonte: Associazione Genemaghrebina per ilsole24ore, 16/10)
domenica 8 novembre 2009
"OSSESSIONE PER I SIMBOLI RELIGIOSI?", di Lubna Ammoune
CROCIFISSO A SCUOLA. SI RIPROPONE LA DISCUSSIONE. Sono senza parole! E non chiedetemi se sono favorevole o contraria, almeno questa volta, e cerchiamo, insieme, di andare oltre lo scoop mediatico del momento e aprire una discussione costruttiva. Sulla guerra legale di Soile Lautsi Albertin, cittadina italiana originaria della Finlandia, credo ci sia poco da approfondire, ancor meno mi soffermerei sulle dichiarazioni della classe politica. Se non è il velo è il burqa, se non è il niqab è il crocefisso e se non è il rispetto per i diritti umani è il limite della libertà di confessione.
Perdonatemi, non voglio cadere anch’io nella trappola di fare “macedonie” come se stessimo estraendo il tema per il prossimo tema di maturità, ma ho la percezione che ci sia un bisogno quasi viscerale e ossessivo di girare intorno a due temi, senza però coglierne l’essenza: laicità dello Stato e simbolismo religioso. Sono delusa. Delusa di questa decisione. Delusa di questa manipolazione e della dialettica con cui si affronta l’argomento, delicatissimo, a mio avviso, dei simboli religiosi.
Lascio a chi di dovere il compito di disquisire sul concetto di laicità dello Stato, laicità nello spazio pubblico, con annessi e connessi alla sfera giuridica che verte sui diritti di libertà . Non avendo competenze e conoscendo i miei limiti in materia, vorrei pensare alla mia esperienza. Alle elementari e alle medie avevo un crocefisso appeso in aula, al liceo mancava in tutte le classi. E se ci fosse stato? Di certo non avrebbe cambiato la mia identità, come sicuramente non avrebbe ostacolato la realtà di un pluralismo educativo. E chiaramente mai avrei avvertito di essere educata in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione. Il crocefisso assume un significato specifico per un cristiano, un altro per un fedele di un’altra religione e un altro ancora per un ateo o un agnostico.
Ma non sono forse sensazioni intime? E un percorso di fede, che di per sé è privato e interiore, può veramente essere ostacolato dalla visione di un crocefisso? Sulla stessa lunghezza d’onda di questi interrogativi che mi e vi pongo mi domando anche se sono meno musulmana se dichiaro che il mio luogo preferito, nella mia città, Milano, è il Duomo.
Attenzione. Trasmettere un messaggio di sincretismo o relativismo non è nelle mie intenzioni e nella mia sensibilità, ma quello che chiedo è questo: credete veramente che la presenza di un simbolo o una manifestazione che richiami una cultura di fede possa ledere il percorso di consapevolezza e di crescita spirituale di una persona? (Fonte: http://www.blog.vita.it/yalla, 4/11 )
sabato 7 novembre 2009
CROCIFISSO/SBAI, MUSULMANA: ECCO PERCHE' L' EUROPA CANCELLA SE STESSA
Da laica, interpellata sul tema del crocifisso, devo dire che la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo rappresenta un campo minato. Ma mi sembra che non tutti riescano a comprendere la portata culturale di questo pronunciamento.
Prima che essere un simbolo religioso, il crocifisso rappresenta la cultura, la memoria e l’identità dell’Italia e dell’Occidente. E quando si arretra su questo terreno vi possono essere due pericolose derive: il laicismo e l’estremismo. L’Italia è sì uno Stato laico, ma il principio di laicità dello stato non deve diventare la bandiera di un laicismo sprezzante della cultura di tutta una civiltà. (Fonte: Souad Sbai, 5/11)
Una sentenza simile presenta un grande deficit: non tiene conto del senso storico e della consapevolezza culturale di un’Italia che è stata, volente o nolente, l’incubatrice della Cristianità. Vorrei a tal proposito ricordare che i regimi totalitari del Novecento - nazismo nel suo periodo di ascesa e comunismo - hanno tentato di spazzare via i crocifissi dalle aule scolastiche e dalla storia europea, l’uno attuando la cosiddetta “guerra dei crocifissi”, l’altro tentando di cancellare Gesù Cristo dalla Storia dei Paesi dominati. In tal modo attuando un’operazione di de-semantizzazione e di conseguente distruzione del senso di una civiltà.
Se le moderne istituzioni democratiche europee si fondano sulla sconfitta dei totalitarismi del Novecento, non dovrebbe la Corte europea dei diritti dell’uomo considerare che le tragedie dello scorso secolo sono state provocate attraverso meccanismi di deprivazione del significato, nella sua accezione più squisitamente semantica, dell’identità culturale di popoli che ritrovavano il loro proprio senso entro la matrice culturale del Cristianesimo? È questo il vero pericolo, il maggiore, insito in una sentenza che intende negare attraverso un’interpretazione giurisprudenziale ciò che gli uomini e la Storia hanno costruito in millenni di civiltà: smarrire le proprie radici, erodere il proprio senso culturale, essendo così condannati alla lunga notte dell’oblio.
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INTERVISTA ALLA MAURITANA ALNAHA BINT DJADDI OUELD MEKNES, PRIMO MINISTRO DEGLI ESTERI DONNA IN UN PAESE ARABO
– La Mauritania rappresenta un punto di passaggio per gli immigrati clandestini diretti in Europa. Sappiamo che l’Italia ha firmato un accordo con la Libia su questa questione. La Mauritania pensa di fare qualcosa di simile? fa degli sforzi per frenare questo fenomeno?
giovedì 5 novembre 2009
IL BURQA IN GRAN BRETAGNA: CAMBRIDGE DICE DI SI' !
La revisione del rigido regolamento sull'abbigliamento dell'ateneo nelle occasioni formali, di cui parla la stampa britannica online, e' stata ufficializzata oggi da un portavoce della Cambridge University, che sul Daily Express dichiara: ''Diamo il permesso di indossare il burqa integrale se la studentessa l'ha indossato quotidianamente'', facendo capire di aver di fatto gia' ''sdoganato'' il velo integrale. Solo una raccomandazione: che sia scuro, consono al decoro richiesto dall'occasione solenne".
Ma in gioco non c'e' solo la tradizione: la decisione di Cambridge arriva solo pochi giorni dopo che, sempre in Inghilterra, il Burnley College, nel Lancaschire, ha imposto fra le polemiche a una studentessa di togliersi il burqa. E arriva nel pieno del dibattito sulla proibizione o meno del velo alle donne, un confronto fra l'esigenza di tutelare la dignita' della donna e quella di non intaccare la fondamentale liberta' religiosa dell'Occidente. Oppure fra un laicita' di stato inteso come ''laissez-faire'' anche in tema religioso e uno inteso come tutela del cittadino dalle imposizioni e dalla forza evocativa dei simboli religiosi.
La Francia, pioniere in questo campo, ha abbracciato la seconda accezione di laicita': li' il velo in tutte le forme e' proibito per legge dello stato dal 2005 nelle scuole e lo scorso giugno il parlamento ha messo in cantiere un progetto di legge per vietare il velo integrale (burqa o niqab) in pubblico. (Fonte: http://www.clandestinoweb..com/ )
Dibattito che paradossalmente arriva rovesciato in un Paese a grande maggioranza musulmana come l'Egitto, dove il grande imam del faro dell'Islam sunnita, l'universita' al Azhar del Cairo, ha intimato di recente alle ragazze di non indossare il naqib in aula con la motivazione di si tratta di ''un'abitudine che non ha nulla a che fare con la religione'' L'agenda francese in materia raccoglie il consenso anche dall'altra parte della Manica, con una una comunita' musulmana di 2,4 milioni di persone, dove un sondaggio rivela che il 98% dei britannici sarebbe favorevole a vietare il velo integrale in pubblico. In completa controtendenza, dunque, la decisione di Cambridge, che raccoglie subito il plauso dei musulmani del Paese: ''E' stata una decisione assennata...credo sia stata la cosa giusta da fare e spero che altri faranno altrettanto'', ha dichiarato sul Telegraph Ahsan Mohammed, presidente della moschea di Newmarket.