giovedì 7 gennaio 2010

IRAN - DA ROMA LA SFIDA DELLE DONNE IRANIANE. "LA DITTATURA STA PER FINIRE"

C'è solo da augurarsi che sia vero... .

La manifestazione c'è stata nel pomeriggio: purtroppo ho visto questo pezzo in ritardo... .

Affariitaliani.it, Mercoledí 06.01.2010

Madre e figlia, due donne che lottano per la stessa causa da Roma. Shahrzad Sholeh è rifugiata politica in Italia, da dove continua a battersi per la libertà del suo popolo con suo marito, Davood Karimi, presidente dell'Associazione Rifugiati Politici Iraniani in Italia. Azar l'Iran non l'ha mai visto, ma sogna di andarci presto. In una rinnovata atmosfera di libertà. E come loro migliaia di donne nelle piazze di Teheran sfidano i cecchini per la democrazia. Azar Karimi (foto) ha 23 anni, è nata a Roma, studia giurisprudenza e l'Iran non l'ha mai visto, eppure ogni giorno sogna di andarci. E' il paese da cui 30 anni fa, sotto la dittatura dello Scià Reza Pahlavi, sono fuggiti i suoi genitori, oggi rifugiati politici in Italia. E' il paese in cui, dallo 12 giugno scorso, quando c'è stata la contestatissima rielezione presidenziale di Ahmadinejad, migliaia di suoi coetanei stanno animando le piazze di Teheran e di altre città contro "i dittatori". E' il paese per il quale Asha lotta organizzando manifestazioni, conferenze, dimostrazioni, insieme all'Associazione dei Giovani Iraniani in Italia, di cui è diventata presidente. E' preoccupata ma nello stesso tempo felice perché "siamo arrivati finalmente ad un punto cruciale per la storia iraniana. C'è la speranza che la dittatura finisca al più presto" dice ad Affaritaliani.it.Sua madre Shahrzad, presidente dell'Associazione delle Donne democratiche in Italia, qui ha una vita felice, perché "c'è libertà" spiega ad Affaritaliani.it. Aveva più o meno la sua stessa età quando ha cominciato a fare attività politica in Iran. Quando nel 1976 la monarchia cominciò a vacillare, fu una delle tante donne che si unirono al movimento anti-Scià. Accanto ai Mojahedin ed i loro simpatizzanti fu tra le prime a partecipare alla lotta per la libertà per i prigionieri politici. Rischiava il carcere. "Ed una volta entrati in carcere - racconta- nessuno sapeva se sarebbe uscito". Ma anche dopo la caduta dello Scià, ben presto gli iraniani si resero conto che nulla era cambiato. Il 7 marzo 1979, meno di un mese dopo la caduta della monarchia, Khomeini ordinò l'imposizione del codice di abbigliamento obbligatorio per le donne negli uffici e nei luoghi pubblici. Le donne iraniane lo sfidarono e tennero una grande dimostrazione a Tehran l'8 marzo, il giorno della festa della donna. "La repressione dura da più di 30 anni- spiega Shahrzad - Dopo l'ultima falsa elezione, la gente non ce l'ha fatta più. E' stato il pretesto per uscire dalle case e dire basta. Le accuse di brogli si sono trasformate in occasione per manifestare contro un regime repressivo, oppressivo e autoritario". Sharzad e Azar, due donne, madre e figlia che oggi dall'Italia lottano per la stessa causa: denunciano gli arresti e le uccisioni in Iran, chiedono il rilascio dei prigionieri politici (impossibile stabilire con esattezza il numero), sono convinte che la resistenza del popolo iraniano farà cadere il regime, per il quale le donne valgono metà degli uomini, non hanno diritti di proprietà, hanno poche possibilità di lavorare e sono obbligate a coprire i loro corpi per non "corrompere uomini virtuosi e morigerati". Donne come Neda Soltani, volto e simbolo della Rivoluzione verde, colpita a morte dai cecchini durante una manifestazione. I suoi ultimi istanti di vita, ripresi da un telefonino, hanno fatto il giro del mondo tramite You Tube e i siti di informazione. Ed è una donna anche il presidente del Consiglio Nazionale della Resistenza iraniana, Maryam Rajavi, esule e rifugiata politica a Parigi dal 1982 a causa della repressione khomenista. Anche Maryam, laureata in ingegneria metallurgica all'università di tecnologia di Teheran, ha iniziato la sua attività politica contro lo Scià già negli anni '70 ed è diventata rapidamente una dirigente del movimento dei Mojahedin del popolo, un'organizzazione musulmana, democratica e nazionalistica che mirava all'instaurazione di un governo democratico, pluralistico e laico in Iran. Nel 1980 si è presentata alle elezioni legislative a Teheran ottenendo più di 250.000 voti. "Le ragazze giovani, le donne e le signore anziane con la loro sorprendente presenza in prima linea, garantiscono il progresso della rivolta, nei confronti di un regime che sta giungendo al capolinea e sempre di più alla resa dei conti. Il popolo iraniano è ancor di più pronto per tutti i giorni della rivolta da qui alla vittoria finale" ha detto da Parigi la Rajavi. Ne sono convinte anche Azar e Sharzad, che dall'Italia chiedono ai Governi occidentali di non appoggiare il regime o, quanto meno di rimanere neutrali: il popolo iraniano - dicono- ha bisogno di questo aiuto dell'Occidente perché sta morendo sotto la dittatura del regime iraniano".
LA PROPOSTA. L'Associazione rifugiati politici iraniani si rivolge a tutti i partiti e le organizzazioni politiche italiane per proporre l'oganizzazione di una grande manifestazione di protesta di fronte all'ambasciata del regime dei mullah contro il massacro del popolo iraniano e per la solidarietà con le donne e gli uomini che sacrificano le loro vite per portare la libertà e la democrazia in Iran. (Fonte: Iran Democratico )

3 commenti:

loris r. ha detto...

spererei davvero che fosse la volta buona, ma oggi come mesi fa non sono ottimista.
Più che mai oggi mi sembra più una lotta tra potenti del regime con i tanti ragazzi e ragazze che sognano la libertà usati come carne da cannone (come fece Khomeini 30 anni fa).
Spero di sbagliarmi, perché la cosa sarebbe di una tristezza infinita, ma non vedo capi carismatici capaci di cambiare il sistema in maniera totale (del tipo abbattere la dittatura).E i leader in esilio mi sembrano molto marginalizzati e quasi ininfluenti.

A tal fine consiglio questo articolo.Spiega anche chi sono i leader della rivolta:
http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=27088&Itemid=3

Adelmo Castagnetti ha detto...

Non posso dire se il regime clerico fascista stalinista cadrà sotto il peso delle manifestazioni che da mesi si svolgono a Teheran,di certo esso è stato scosso e non poco dall'eroismo e dalla determinazione dei manifestanti nel chiedere libertà,democrazia e diritti. Molti forse saranno rimasti stupiti di fronte ai rischi che corrono gli iraniani nello sfidare un regime che usa metodi violentissimi nel reprimere il dissenso,ma la risposta è a portata di mani più di quanto non sembri e viene detta nell'articolo:la gente non ne può più. Non ne può più di un regime bigotto e oscurantista che fa impiccare la gente ad una gru,che dice alle donne come vestire e che manda giovani repressi e fanatici a controllarle,che opprime qualsiasi dissenso con la scusa che esso è contro la religione .La loro religione però. In questa lotta per i diritti fondamentali le donne sono in prima fila,come Neda uccisa da un vigliacco servo di questo regime.
Sono anni che le donne dicono basta ad essere considerate la metà degli uomini in quanto a diritti,e con il far vedere una ciocca di capelli hanno detto la loro sulla classe dirigente di questo grande paese. Piccoli gesti che con il tempo hanno minato la sicurezza del regimeil quale avrebbe reagito con ancor più violenza se l'opinione pubblica non fosse venuta a conoscenza della dura repressione che si stava svolgendo nelle strade. Quante Neda sono state vittima in altre parti del mondo,che noi non conosciamo,ma questa volta sappiamo,come conosciamo bene il sacrificio di Jan Palach, il cui martirio minò il regime nazifascista della Cecoslovacchia e i funerali del giovane furono seguiti da centinaia di migliaia di cittadini . Questa folla non era presente a quello di Neda,perchè il regime
di Khamenei lo ha impedito,ma noi abbiamo ugualmente partecipato non solo ai funerali di questa nostra sorella,ma a quelli di tutte le vittime della repressione in questi mesi in Iran. Questo dobbiamo fare ,impedire che il tempo cancelli gli eventi di questi mesi, i dimostranti hanno bisogno di solidarietà morale e politica,l'opinione pubblica deve fare pressione ai propri governanti perchè non girino le spalle come a volte succede,che il ricordo delle tanti e tante giovani non vada dimenticato. Forse ci vorrà del tempo,non sappiamo, ma anche il regime che ha
portato Jan Palach a compiere il suo disperato gesto è scomparso ,e di quel governo ormai si ricorda poco o nulla,solo che fu brutale e spietato nel soffocare l'urlo di libertà del popolo cecoslovacco,come succede ora in Iran.
Ma Neda Soltani e Jan Palach non saranno dimenticati ,come non potrà essere soffocata la voglia di libertà di un intero popolo.
Adelmo Castagnetti

Alessandra ha detto...

Grazie Loris, ora lo leggo.

Adelmo, anche a me la fine del regime sembra più vicina di altre volte, con altre ribellioni popolari e studentesche. Anche in questo caso comunque sono molto, molto, molto scettica. Comunque l'Occidente debba piantarla di avere un atteggiamento ambiguo con la Repubblica Islamica e sostenere la rivolta, è poco ma sicuro!!! In tal caso potrebbe essere veramente essere la fine di quella tirannia.