venerdì 18 dicembre 2009

IN FUGA DAL VELO, E DALLA FAMIGLIA

Prato, il caso di Amina denunciato dal preside del Cicognini: dava segni di disagio. La minaccia: ti riporto in Marocco, sposerai un 60enne.


PRATO — Il padre Mohamed la obbligava a indossare il velo islamico, le impediva di uscire con le amiche e di guardare la tv. La accusava di essere una «catti­va musulmana» e, in caso di di­sobbedienza, minacciava di ri­portarla in Marocco, dove le avrebbe fatto sposare un sessan­tenne. Ma Amina (il nome è di fantasia), nata e cresciuta a Prato assieme ai suoi tre fratelli, vole­va vivere e vestire come le com­pagne di classe. Così, agli inizi del 2008, di fronte all’ennesima sfuriata del genitore, che aveva scoperto sul suo telefonino una foto senza il velo islamico, ha de­ciso di scappare di casa e rifugiar­si da un’amica. Aveva sedici an­ni, oggi è maggiorenne ma ha an­cora paura del padre, che è finito sotto processo con l’accusa di maltrattamenti. Secondo il rac­conto della giovane, il genitore sarebbe andato su tutte le furie e l’avrebbe picchiata dopo aver vi­sto una sua foto col viso scoper­to e i capelli sciolti.
IL PROCESSO - A denunciare Mohamed, il 12 febbraio 2008, pochi giorni dopo la fuga di Ami­na, è stato Luigi Nespoli, preside del liceo classico Cicognini, che martedì è stato chiamato a testi­moniare davanti al giudice Ales­sandro Moneti. Nespoli aveva già presentato un esposto alla magistratura nel 2007, dopo che la ragazza aveva chiesto di essere esonerata tem­poraneamente dalle lezioni di educazione fisica per problemi respiratori, in quanto il fratellino le aveva dato un forte colpo al petto. Una giustificazione alla quale il preside del Cicognini non aveva creduto. «Ho immagi­nato — racconta — che l’alunna potesse essere stata picchiata dal padre e mi sono attivato presso la procura affinché fosse verifica­ta la situazione familiare. Sapevo che il genitore la obbligava ad an­dare a pregare in moschea e le proibiva ogni svago, me lo disse lei stessa il primo anno di ginna­sio, comunicandomi di non po­ter partecipare alla gita scolasti­ca perché il padre non la autoriz­zava. Così decisi di scrivere alla famiglia per spiegare che la gita faceva parte del programma di­dattico». «Se mi fossi reso conto che la ragazza tollerava il velo imposto dal padre — aggiunge Nespoli— non sarei intervenuto. Ma lei da­va crescenti segni di disagio. Quando potevo e se rientrava nel mio ruolo educativo, cercavo di intercedere con la famiglia». In prima liceo Amina è riusci­ta ad ottenere dal padre l’esone­ro dalla preghiera in moschea, perché ne avrebbe risentito il suo rendimento scolastico.
LA FUGA - Ma le piccole conquiste si sono infran­te davanti a quell’immagine che la ritraeva senza il velo, assieme alle compagne di classe, come una di loro. Dinanzi al pericolo di tornare in Marocco ed essere data in moglie ad un musulma­no di 60 anni, ha preferito scap­pare. Per alcune settimane è sta­ta ospitata da un’amica, poi, quando Nespoli ha avvertito i ser­vizi sociali, Amina ha raccontato la sua storia di vessazioni e divie­ti, la paura del padre violento e, più di tutti, il terrore di un matri­monio imposto come punizione per «rieducarla» alla religione musulmana.
E per lei si sono aperte le porte di una casa protet­ta dell’Istituto Santa Rita, che a Prato ospita circa 120 ragazzi con situazioni di disagio familia­re. Adesso Amina è più serena, può uscire con le amiche e vede­re le fiction in tv, un’assistente sociale la accompagna a scuola e quando lo desidera va a trovare la sua famiglia. Ma di tornare a casa non ha affatto voglia. Le mancano i suoi fratelli, soprattut­to i due più piccoli che accudiva regolarmente, ma non si fida del padre, non crede che lui sia cam­biato come dice. Mohamed, che a gennaio sarà sentito dal giudi­ce Moneti, avrebbe assicurato al­la figlia che non la costringerà a portare il velo se torna a casa. Ma Amina ha paura, adesso pensa so­lo agli esami di maturità, vuole tenere lontano l’incubo di un ma­trimonio indesiderato. (Fonte: Arabiyya, 17/12)

Siamo alle solite... .

4 commenti:

Vituccio ha detto...

Quel padre non é un vero o buon musulmano.Questo non é islam...e bla bla bla.

Andrea Longoni ha detto...

invidio la forza di quelle "piccole (ma grandi) donne" che riescono ad affermare se stesse nonostante la presenza di genitori integralisti.
Per fortuna ho amici e amiche musulmani/e che si comportano in modo molto diverso.

Alessandra ha detto...

Certo, grazie al cielo, ovviamente, non sono tutti uguali. Benvenuto Andrea!

Anonimo ha detto...

grande questa ragazza!!!! non smettere di lottare piccola... siamo in poche in Italia.. ma io sono una di quelle che sta con te pur essendo italiana. conosco fin troppo bene il vostro mondo... ti dico solo.. NON MOLLARE