Prato, il caso di Amina denunciato dal preside del Cicognini: dava segni di disagio. La minaccia: ti riporto in Marocco, sposerai un 60enne.
PRATO — Il padre Mohamed la obbligava a indossare il velo islamico, le impediva di uscire con le amiche e di guardare la tv. La accusava di essere una «cattiva musulmana» e, in caso di disobbedienza, minacciava di riportarla in Marocco, dove le avrebbe fatto sposare un sessantenne. Ma Amina (il nome è di fantasia), nata e cresciuta a Prato assieme ai suoi tre fratelli, voleva vivere e vestire come le compagne di classe. Così, agli inizi del 2008, di fronte all’ennesima sfuriata del genitore, che aveva scoperto sul suo telefonino una foto senza il velo islamico, ha deciso di scappare di casa e rifugiarsi da un’amica. Aveva sedici anni, oggi è maggiorenne ma ha ancora paura del padre, che è finito sotto processo con l’accusa di maltrattamenti. Secondo il racconto della giovane, il genitore sarebbe andato su tutte le furie e l’avrebbe picchiata dopo aver visto una sua foto col viso scoperto e i capelli sciolti.
IL PROCESSO - A denunciare Mohamed, il 12 febbraio 2008, pochi giorni dopo la fuga di Amina, è stato Luigi Nespoli, preside del liceo classico Cicognini, che martedì è stato chiamato a testimoniare davanti al giudice Alessandro Moneti. Nespoli aveva già presentato un esposto alla magistratura nel 2007, dopo che la ragazza aveva chiesto di essere esonerata temporaneamente dalle lezioni di educazione fisica per problemi respiratori, in quanto il fratellino le aveva dato un forte colpo al petto. Una giustificazione alla quale il preside del Cicognini non aveva creduto. «Ho immaginato — racconta — che l’alunna potesse essere stata picchiata dal padre e mi sono attivato presso la procura affinché fosse verificata la situazione familiare. Sapevo che il genitore la obbligava ad andare a pregare in moschea e le proibiva ogni svago, me lo disse lei stessa il primo anno di ginnasio, comunicandomi di non poter partecipare alla gita scolastica perché il padre non la autorizzava. Così decisi di scrivere alla famiglia per spiegare che la gita faceva parte del programma didattico». «Se mi fossi reso conto che la ragazza tollerava il velo imposto dal padre — aggiunge Nespoli— non sarei intervenuto. Ma lei dava crescenti segni di disagio. Quando potevo e se rientrava nel mio ruolo educativo, cercavo di intercedere con la famiglia». In prima liceo Amina è riuscita ad ottenere dal padre l’esonero dalla preghiera in moschea, perché ne avrebbe risentito il suo rendimento scolastico.
LA FUGA - Ma le piccole conquiste si sono infrante davanti a quell’immagine che la ritraeva senza il velo, assieme alle compagne di classe, come una di loro. Dinanzi al pericolo di tornare in Marocco ed essere data in moglie ad un musulmano di 60 anni, ha preferito scappare. Per alcune settimane è stata ospitata da un’amica, poi, quando Nespoli ha avvertito i servizi sociali, Amina ha raccontato la sua storia di vessazioni e divieti, la paura del padre violento e, più di tutti, il terrore di un matrimonio imposto come punizione per «rieducarla» alla religione musulmana.
LA FUGA - Ma le piccole conquiste si sono infrante davanti a quell’immagine che la ritraeva senza il velo, assieme alle compagne di classe, come una di loro. Dinanzi al pericolo di tornare in Marocco ed essere data in moglie ad un musulmano di 60 anni, ha preferito scappare. Per alcune settimane è stata ospitata da un’amica, poi, quando Nespoli ha avvertito i servizi sociali, Amina ha raccontato la sua storia di vessazioni e divieti, la paura del padre violento e, più di tutti, il terrore di un matrimonio imposto come punizione per «rieducarla» alla religione musulmana.
E per lei si sono aperte le porte di una casa protetta dell’Istituto Santa Rita, che a Prato ospita circa 120 ragazzi con situazioni di disagio familiare. Adesso Amina è più serena, può uscire con le amiche e vedere le fiction in tv, un’assistente sociale la accompagna a scuola e quando lo desidera va a trovare la sua famiglia. Ma di tornare a casa non ha affatto voglia. Le mancano i suoi fratelli, soprattutto i due più piccoli che accudiva regolarmente, ma non si fida del padre, non crede che lui sia cambiato come dice. Mohamed, che a gennaio sarà sentito dal giudice Moneti, avrebbe assicurato alla figlia che non la costringerà a portare il velo se torna a casa. Ma Amina ha paura, adesso pensa solo agli esami di maturità, vuole tenere lontano l’incubo di un matrimonio indesiderato. (Fonte: Arabiyya, 17/12)
Siamo alle solite... .
Invece qui : Donne islamiche e velo imposto: la miglior difesa sta nel Corano. Evolve il femminismo islamico e un punto di vista molto discutibile: IL VELO, SINTOMO DELLA MODERNITA’ . E poi
http://www.stranieriinitalia.it/attualita-burqa_in_italia_chi_l_ha_visto_9898.html sulla rarità del niqab in italia.
http://www.stranieriinitalia.it/attualita-burqa_in_italia_chi_l_ha_visto_9898.html sulla rarità del niqab in italia.
4 commenti:
Quel padre non é un vero o buon musulmano.Questo non é islam...e bla bla bla.
invidio la forza di quelle "piccole (ma grandi) donne" che riescono ad affermare se stesse nonostante la presenza di genitori integralisti.
Per fortuna ho amici e amiche musulmani/e che si comportano in modo molto diverso.
Certo, grazie al cielo, ovviamente, non sono tutti uguali. Benvenuto Andrea!
grande questa ragazza!!!! non smettere di lottare piccola... siamo in poche in Italia.. ma io sono una di quelle che sta con te pur essendo italiana. conosco fin troppo bene il vostro mondo... ti dico solo.. NON MOLLARE
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