sabato 19 dicembre 2009

FUORI HAREM

Un giorno di otto anni fa, Ghada Jamshir camminava per i corridoi di un tribunale di Al Manama, capitale del Bahrein, quando una giovane donna la bloccò. Era disperata. Piangeva e colpiva il muro con la fronte. Ghada si avvicinò e la aiutò a calmarsi. Più tardi, la convinse a parlare. Chiese cosa fosse successo. La risposta che ricevette avrebbero cambiato la sua vita. Quella ragazza aveva appena divorziato dal marito e il giudice, applicando la Sharia, in vigore nel piccolo Stato del Golfo Persico, le aveva negato la custodia della figlia. “Anch’io sono una divorziata, ma almeno ho mia figlia”, ci spiega oggi Ghada, seduta sul grande divano rosso, nel salotto di casa. “ Le parole di quella donna disperata mi rimasero impresse, non riuscivo a dormire pensando a lei. Poi, una mattina, decisi che era arrivato il momento di prendere una decisione: qualcuno doveva iniziare a occuparsi dei diritti delle donne nel mio paese”. Così, Ghada fondò il Women’s petition committee, associazione che si batte contro il sistema legislativo basato sulla sharia in Bahrein e applicato in tutti gli Stati del Golfo, rivendicando maggiore rispetto per la condizione femminile. Ma fu una scommessa: i suoi studi universitari in economia non le garantivano una preparazione legale o religiosa così specifica, né aveva i fondi per condurre quella battaglia. Che però si è andata affermando, anno dopo anno, grazie al supporto delle donne che vi hanno lentamente aderito. “ Ho cominciato andando in giro per il Paese e raccogliendo le storie delle donne che ritenevano di non aver ricevuto una sentenza equa. Ho scritto le loro testimonianze, le ho rese pubbliche. E ho chiesto al governo di cambiare l’approccio del sistema giudiziario nei confronti delle sue cittadine”. Nello sconcerto generale dei suoi concittadini uomini, Ghada ha portato in piazza, nelle aule dei tribunali e sui media arabi e internazionali le sofferenze cui sono sottoposte ogni giorno le donne nella società del Bahrein. Ha denunciato i continui pregiudizi nei confronti delle mogli in tutti i casi di divorzio e delle madri nei casi di affidamento di minori, l’uso legale dei matrimoni temporanei a tutto favore degli uomini e l’indulgenza del diritto nei matrimoni forzati e negli abusi sessuali sulle minori. La sua battaglia, sistematica e senza timori, ha fatto tremare la famiglia regnante degli al Khalifa, mettendone in discussione il potere assoluto. Il regime ha deciso di fermarla e le ha provate tutte. L’ha accusata di diffamazione del sistema giudiziario islamico.
L’ha processata. Condannata e poi scagionata. Le ha messo dietro i servizi segreti, che da anni sorvegliano ogni suo movimento e ne controllano i telefoni, la posta, le visite che riceve e i viaggi che fa. Molti uomini del governo si sono avvicinati a lei. Alcuni per minacciarla, altri per corromperla. Unico obiettivo: farla tacere. Ma Ghada non ha mollato. Anzi. Nel 2006, la rivista americana Forbes l’ha inserita tra le dieci donne più potenti del mondo arabo, riconoscendo il valore fondamentale della sua lotta per i diritti delle donne e accendendo su di lei i riflettori della stampa internazionale. Allora il governo, nel tentativo di bloccare questa voce critica, ha costretto i media nazionali a non diffondere più alcuna notizia che la riguardasse. Ma Ghada Jamshir è ostinata e continua a evidenziare le storture della legge islamica, chiedendo la sostituzione dei tribunali religiosi con quelli civili nei casi di diritto di famiglia. (Fonte: Arabiyya )

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L’organizzazione internazionale Human Rights Watch ha appoggiato la sua lotta, affermando che “la natura non codificata di queste leggi permette all’autorità giudiziaria di valutare secondo la propria lettura la giurisprudenza islamica”. Secondo Jamshir, le donne in Bahrein sono “prigioniere nelle proprie case, per tutta la vita. Non possono lavorare né studiare lontano dai familiari. Pochissime di loro hanno avuto la possibilità di frequentare università all’estero. Devono stare a casa a cucinare, pulire e crescere i figli. Così, senza educazione e senza coscienza di sé, non potranno mai affrancarsi”. Ma c’è dell’altro. “Quel che l’applicazione della sharia significa per lo status della donna nel mio Paese è gravissimo. Ormai, quando ci presentiamo davanti a un tribunale, lo facciamo sapendo già che saremo trattate ingiustamente”. Esempi, ricordi e battaglie: Ghada attacca. “ Gli sciiti in Bahrein contraggono matrimoni che sono basati sul piacere. Questa istituzione si chiama mut’ah. È accettato che un uomo abbia una serie di mogli a tutti gli effetti, che godono di diritti “ di prima classe” e che poi sposi altre donne per relazioni basate sul piacere. Ma per chi è questo piacere? Per la donna o per l’uomo?”. Ghada accompagna le parole con ampi gesti delle mani. Si interroga e si risponde. “E durante questi matrimoni, cosa succede? Nasce una moltitudine di bambini, figli illegittimi crescono per le strade, senza accesso all’educazione. E volete farmi credere che il Corano determini tutto questo? È tempo di far capire alla gente l’importanza della pianificazione familiare. Ma i tribunali islamici consentono all’uomo di avere Harem di donne, solo per potersi divertire”. L’istituzione della mut’ah insidia anche i diritti dei minori. “La legge prevede che da questi matrimoni temporanei si possa “provare piacere dal contatto sessuale con una piccola ragazza”. Sapete cosa significa tutto questo? Che si può offrire attenzioni sessuali a una bambina. E fare sesso con un minore può essere concepibile secondo una religione?”. Per fermarla, hanno cercato di colpirla in molti modi. Lei attaccava la mut’ah, tradizione sciiti, e quelli dicevano che parlava così perché sunnita. Cercavano di farla cadere nella trappola della divisione settaria del Bahrein, dove la maggioranza della popolazione è composta da musulmani sciiti, mentre l’élite al potere è sunnita. Ma Ghada non si tira indietro.
“Il governo e la famiglia reale hanno sempre cospirato per marginalizzare la maggioranza sciiti, e ora vogliono usare quest’arma contro di me? Il regime gioca con le parole e con le politiche. Tutte le compagne di riforme messe in atto sinora dalla dinastia al Khalifa sono artificiali e di nessuna importanza. La legge di famiglia è un espediente per distrarre l’opinione pubblica e contrattare con l’opposizione islamica in crescita”. Ghada Jamshir afferra un libro di giurisprudenza islamica. Lo sfoglia a lungo, poi riprende a parlare. Risponde alla polemica, parla di istituzioni matrimoniali in vigore tra i sunniti. Come il Misyar, un’unione che, nell’Islam, permette una relazione tra un uomo e una donna di grado minore rispetto allo Zawaj, il normale matrimonio. “Il misyar è una relazione legale, per cui le due persone non vivono insieme e l’uomo non ha responsabilità economiche nei confronti di lei”, ci spiega. “Ovvero, lui ha una vita normale, figli e mogli ufficiali. E in più una serie di amanti, che continuano a vivere con i genitori e che va a trovare quando vuole. Ci sono casi in cui l’uomo fa visita alla sua partner di misyar una volta all’anno. La chiama moglie, ma non è altro che una concubina. Questo legame sminuisce l’onore della donna, la riduce al rango di essere umano di second’ordine”. Ghada passa le dita tra i capelli. Lunghi, curati, sciolti. E non coperti dal velo. Per le sue parole e per i suoi comportamenti, l’hanno spesso accusata di eresia. Ma lei non si spaventa. “Non mi interessa quel che dicono di me nelle moschee. Allah deciderà se devo andare all’inferno o in paradiso. Certo non questa gente. Perché poi chi darebbe loro il diritto di attaccarmi? Sanno se sto facendo il Ramadan oppure no? Sono a conoscenza di quanto e come prego? Si preoccupano forse e soltanto perché non uso il velo ? Non mi interessa”. Ma non ha paura di finire in prigione?No, perché noi donne viviamo già in questa grande prigione. Finchè non ci riprenderemo quel che è nostro e avremo gli stessi diritti degli uomini in tutto il mondo arabo, continuerò a battermi per denunciare la situazione. Continuerò a parlare”.

4 commenti:

Mella ha detto...

Grandissima e coraggiosissima donna, ne ho parlato anch'io qualche anno fa. Straordinario quel video in qui tiene testa a quel pirlettino come una leonessa.

Alessandra ha detto...

Eccolo qua il video:

http://milleeunadonna.blogspot.com/2008/07/l-attivista-barhainiana-per-i-diritti.html .

Maria Luisa ha detto...

Lo so che è OT, ma mi sembra meritevole di menzione:
http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo469088.shtml

Alessandra ha detto...

Cavolo, decisamente sì! Grazie! Una ragazzina, poi?