domenica 27 dicembre 2009

DRAMMA DELLA POVERTA': VENDE LA FIGLIA PER 84 EURO, ORA LA RIVUOLE CON SE'

Anjuman Ara Begum, già madre di due bambine, ha subito pressioni e minacce dal marito perché partorisse un maschio. Una coppia del villaggio d’origine, senza figli, ha comprato la terzogenita. Pentita e tra le lacrime, la donna confessa di volersi riprendere la figlia. In Bangladesh continua la pratica di aborti selettivi e omicidi di neonate.


Dhaka (AsiaNews) – “Ho venduto mia figlia, di soli quindici giorni, per 8mila taka” (poco più di 84 euro, ndr). È quanto racconta ad AsiaNews, tra lacrime, Anjuman Ara Begum, una donna musulmana di umili condizioni originaria dell’Upazila di Kaliganj, nel distretto sud-occidentale di Jhenaidah, in Bangladesh. Le condizioni di estrema povertà e le minacce del marito, che non voleva un’altra figlia, sono le ragioni che hanno spinto la donna a vendere la terzogenita. Oggi, attanagliata dal rimorso, la rivorrebbe con sé.
Anjuman Ara Begum è sposata da nove anni con Mohammed Mahabub, un lavoratore a giornata, e ha già due figlie: Tania di sette anni e Marina di cinque. La donna ha subito pressioni e minacce dal marito per non aver concepito un figlio maschio, indispensabile per contribuire – in futuro – al sostentamento della famiglia.
Nei mesi scorsi è rimasta incinta per la terza volta e, durante la gravidanza, ha subito continue pressioni dal marito perché partorisse un bambino. Abbandonato il tetto coniugale, la donna ha lavorato come domestica per mantenere le due figlie e, il 20 novembre scorso, ha dato alla luce la terzogenita.
“Dopo il parto – racconta Anjuman Ara Begum – ero sconvolta: se fossi tornata da mio marito con un’altra bambina, avrebbe ucciso me e la piccola”. I parenti della donna le hanno riferito di una coppia del villaggio d’origine, Nazrul e la moglie, che in 14 anni di matrimonio non hanno avuto figli ed erano disponibili a “comprare la neonata”. “Per questo – ammette tra le lacrime – ho venduto mia figlia per 8mila taka e adesso è ancora con la famiglia Nazrul”. “Ho commesso un peccato gravissimo – confida – ad aver venduto mia figlia. Ma ora la rivoglio indietro. Non posso vivere senza mia figlia”.
Il 30 settembre di ogni anno, in Bangladesh, si celebra “La giornata nazionale delle figlie femmine”. Nonostante gli sforzi culturali ed educativi promossi dal governo e dalle Ong, la pratica dell’aborto selettivo e degli omicidi mirati contro le femmine resta una pratica assai diffusa. (Fonte: AsiaNews, 9/12)

9 commenti:

Stefano Maestri. ha detto...

Un altro dramma non solo della povertà ma dell'islamismo.

Anonimo ha detto...

agghiacciante

Anonimo ha detto...

Provo dolore per questa madre che per paura e per sopravvivenza ha venduto una figlia...ma il so cuore di mamma e la sua mente hanno cpaito di aver commesso un errore. Prego per lei e perhè queste persone riconsegnino la figlia alla mamma.

lorena

Anonimo ha detto...

eh no!
c'è un contratto!
e la schiavitù non è vietata ,nell'islam!
primo capo

Anonimo ha detto...

Costi sociali per la migrazione in Europa – Italia
“Quanto costa la migrazione islamica all’Europa –
una resa di conti con un mito”
è il titolo di un nuovo essay di Michael Mannheimer.
Si tratta di un lavoro giornalistico, finora più ampio,
sul tema costi della migrazione islamica.
FFile Download PDF si vede sul sito
http://dolomitengeisteu-dolomitengeist.blogspot.com
/2009/12/eurabiacosti-sociali-per-la-migrazione.html

esperimento ha detto...

Questi sarebbero bambine (e mamme) da adottare, ma dubito che organizzazioni come "Save the children" et simili faranno qualcosa :(

Speriamo che il 2010 sarà migliore

Alessandra ha detto...

Ne dubito, Esperimento.

Grazie, Dolomiten.

girl4ever ha detto...

islamismo un corno!!!!conosco delle donne musulmane i cui mariti pregano giorno e notte pur di avere una figlia femmina!!è inutile parlare a vanvera....ignoranti!!!!l'islam non sminuisce affatto le figlie femmine..anzi!!!

Alessandra ha detto...

Mi fa tanto piacere, peccato che questa storia dimostri il contrario e non è la sola. Non voglio parlare di islam in questo caso, ma di musulmani e checchè ne dicano estremisti islamici e non, le due cose non coincidono.