martedì 25 maggio 2010

RIPUDIATA DAL FRATELLO LA TUNISINA CON LE LABBRA CUCITE

BOLOGNA. LA DONNA FUGGITA DOPO AVER AVUTO UN FIGLIO SENZA ESSERE SPOSATA. IN ITALIA 8 MESI DI CARCERE INGIUSTO

No alle cure Rifiuta ancora l' intervento dei sanitari: «Se torno nel mio Paese mi uccidono».

BOLOGNA - Ripudiata dal cognato e dal fratello per aver avuto in Tunisia una storia d' amore senza essere sposata, «e se torno mi uccidono, ci hanno già provato». Fuggita in Libia per dare alla luce il frutto di quella storia: un bambino, «mio figlio», che ora ha 8 anni e vive dalle parti di Tripoli. Il viaggio in gommone verso l' Italia. La clandestinità. Lavori umili. Quindi la galera: 8 mesi di cella per una storia di droga, salvo poi essere completamente assolta. C' è questo, e forse molto di più, dietro le labbra cucite di Najova, tunisina di 34 anni, che due giorni fa, dopo aver appreso che la sua richiesta di asilo politico era stata respinta, ha preso ago e filo e, forse perché ormai abituata a dolori ben più grandi, si è fatta sarta di se stessa: quattro punti da un labbro all' altro, buchi grossi e sanguinanti, solo una fessura per poter bere e pronunciare qualche parola, ma non mangiare. Una mascherina copre la bocca deturpata di Najova, le parole arrivano attutite, smozzicate. Ma quello che ieri ha detto alla garante dei diritti, l' avvocato Desi Bruno, che l' ha incontrata nei locali del Centro di identificazione ed espulsione di Bologna (Cie), lo si è capito benissimo: «In Tunisia ci torno soltanto da morta!». Ci sono tante vite nella vita di Najova. La prima è stata quella dell' amore, quando ha conosciuto un giovane uomo in Tunisia: si sono frequentati, anche troppo agli occhi della sua famiglia di islamici integralisti. Il fratello e il cognato (un tipo per niente raccomandabile: condannato per l' omicidio di un altro parente) hanno cominciato a minacciarla: «Mi aspettavano a casa con il coltello, me lo agitavano davanti alla faccia: mi dicevano che quella storia doveva finire e volevano che mi mettessi il velo». Ma anziché il velo, Najova ha messo su il pancione (che brutta frase !!!). Ed è iniziata la sua seconda vita, un film horror. Fuggita con il suo uomo in Libia e inseguita dalle grida dei familiari, che l' hanno ripudiata, la donna ha partorito un bambino e, dopo 2-3 anni, ha deciso di giocare la carta italiana. Senza il figlio, «per risparmiargli il calvario della traversata in mare», è partita con il suo uomo. Ma in Italia si è messa male. La coppia è scoppiata. Lei ha fatto la badante in Veneto e altri lavoretti. Poi un giorno a Rovigo la polizia ha fatto irruzione nella casa che divideva con un altro uomo. Hanno trovato droga. E Najova si è fatta 8 mesi di galera. Senza colpa. «È stata assolta» spiega l' avvocato Roberta Zerbinati. In quanto clandestina, però, è stata portata al Cie per essere espulsa. Ora la donna dalle labbra cucite non vuole essere curata. «Non si fa sfiorare da nessuno - spiega Desi Bruno -: si è resa conto di essere riuscita ad attirare l' attenzione e teme di ripiombare nel grande buio, come lo chiama lei...». «Impugneremo il decreto d' espulsione» aggiunge l' avvocato Zerbinati. Battaglia difficile: «La legge vieta il respingimento di persone che nei loro Paesi rischiano persecuzioni. Non è detto che questa donna debba restare in Italia, ma in Tunisia no...». Se non da morta, come dice Najova. (Fonte: Corriere della Sera , 23/5)

E ancora: Modena: madre la picchia perche' 'troppo occidentale', figlia scappa di casa .

8 commenti:

petroniostefano ha detto...

Situazione terribile vero. A volte certe scelte e certi contesti ci mettono in condizioni difficili da gestire senza un aiuto esterno. Certo è che tutto è iniziato dal solito problema famigliare e di tradizione, in un ambiente diverso non sarebbe dovuta scappare in un paese straniero per partorire.
Poi, il contesto italiano attuale non aiuta. Mi chiedevo anche, chi si occupa del figlio in Libia?

Alessandra ha detto...

Non ho trovato nulla che spieghi chi se ne occupa... .

petroniostefano ha detto...

Aggiornamento tratto da un quotidiano locale: ieri le hanno tolto i punti e si sta riprendendo. Ha fatto un accenno al figlio, che vorrebbe riabbracciare.

Mella ha detto...

Non ho capito: se in Libia non aveva problemi, tanto è vero che ci è rimasta per anni col suo uomo e col bambino, quale sarebbe il motivo del voler "tentare la carta italiana"? A che titolo pretenderebbe di avere diritto all'asilo politico? A che titolo pretende di avere "diritto" ad alcunché? Se provenisse direttamente dalla Tunisia dove era minacciata di morte avrebbe diritto ad asilo umanitario (ma quello, come qualunque altro asilo, si chiede all'arrivo, non dopo essere vissuti da clandestini), ma provenendo da un Paese in cui nessuno la minacciava, non vedo di quali diritti vada cianciando.

Alessandra ha detto...

Non ho trovato nulla che chiarisca perchè poi se ne sia andata dalla Libia col suo uomo. Comunque se torna in Tunisia i suoi la fanno fuori.

Mella ha detto...

Questo non è un argomento:
1. al mondo non c'è solo la Tunisia
2. lei NON è arrivata qui dalla Tunisia
3. l'asilo politico ha a che fare con le persecuzioni per motivi politici. Lei NON è perseguitata per motivi politici quindi il rifiuto di concederglielo è sacrosanto
4. questa donna ha giocato sporco fin dall'inizio, abbandonando suo figlio, entrando da clandestina, vivendo da clandestina, ricorrendo all'osceno ricatto dell'autolesionismo. Dovrebbe solo vergognarsi, altro che accampare diritti!

Alessandra ha detto...

E'verissimo quello che dici, ma se non l'asilo politico, credo che si debba trovare un'alternativa. E'tunisina, quindi se la espellono, c'è il rischio che la rimandino in Tunisia, anche se viveva in Libia.
L'autolesionismo sarà anche un odioso ricatto, ma intanto... .

Mella ha detto...

Scusa, ma il guaio in cui si ritrova se l'è fabbricato lei con le sue mani. E per fabbricarselo ha anche abbandonato un bambino. Una non può mica pretendere di andarsene in giro per il mondo a combinare casini e poi pretendere che glieli risolvano gli altri. E dove sta scritto che se non le danno l'asilo politico, PER IL QUALE NON HA NESSUNISSIMO TITOLO, debbano per forza rimandarla in Tunisia? Negare asilo significa che non ti consento di stare qui, non che decido io dove devi andare.