Quando vanno in onda, molte presentatrici di Al Jazeera indossano una giacca sopra un top non scollato. Se portano una camicetta non la sbottonano troppo. Solo qualcuna porta l’hijab, il foulard sui capelli. Altre osano un po' di più, indossando maglie leggermente aderenti. Finora, entro questi limiti, era una loro scelta, non imposta dall’alto. Ma negli ultimi mesi qualcosa è cambiato, almeno a giudicare dalla protesta di alcune delle donne più in vista della tv in lingua araba con sede in Qatar.
Secondo il quotidiano saudita-libanese Al Hayat, con sede a Londra, otto annunciatrici di Al Jazeera hanno presentato a gennaio una lettera di protesta contro le «molestie verbali» del vicedirettore Ayman Jaballah, lamentando «continui commenti offensivi sul modo di vestirsi e di presentarsi davanti alle telecamere». Una di loro, l’algerina Khadija Bin Qunna, indossa l’hijab. Ieri è arrivata la notizia che 5 delle 8 giornaliste si sono dimesse: Jumana Nammour, 39 anni (foto), Lina Zaharddin, 34 anni, Gilnar Mussa, 40 anni, libanesi, la siriana Luna Shebel, 35 anni, e la tunisina Nawfar Afli.
I quotidiani arabi spiegano le dimissioni come una reazione alla decisione di Al Jazeera di emanare un codice di abbigliamento per i presentatori, femmine e maschi. L’emittente tace, fa sapere che divulgherà un comunicato. Dopo le lamentele delle giornaliste, il direttore generale della rete Wadhah Khanfar ha costituito una commissione, che ha respinto le accuse: «È compito dell'emittente definire l'aspetto degli annunciatori e dei giornalisti in video, perché fa parte della linea editoriale e del messaggio trasmesso ai telespettatori». Ha inoltre suggerito alla direzione di emanare un codice di abbigliamento che includa azioni punitive e ha nominato proprio Jaballah come responsabile di assicurare che le regole siano applicate. Una fonte interna ha confermato l’intenzione di imporre un codice, precisando che «non è stato chiesto alle presentatrici di indossare il velo».
Una delle giornaliste avrebbe detto in forma anonima al giornale saudita Al Iqtesadia che il conflitto va al di là dell’abbigliamento: «La nostra protesta è il risultato di 5-6 anni di comportamenti irrispettosi della professionalità delle donne. Siamo considerate da tutti caste e rispettose della decenza. Siamo state oggetto di osservazioni pesanti, offensive e immorali. Chi ci chiede di rispettare un modello di comportamento più consono all'immagine dell’emittente ci faceva osservazioni spinte sulla scollatura».
Alcuni giornali arabi affermano che all’interno di Al Jazeera sta prendendo il sopravvento una linea più conservatrice. La rete segue da sempre le vicende dei partiti islamici nella regione, infastidendo Washington ma anche i regimi arabi: questa tendenza si starebbe rafforzando e alcuni corrispondenti come il direttore dell'ufficio del Cairo, Hussein Abdel Ghani, si sono dimessi in polemica. (Fonte: Corriere della Sera )
Secondo il quotidiano saudita-libanese Al Hayat, con sede a Londra, otto annunciatrici di Al Jazeera hanno presentato a gennaio una lettera di protesta contro le «molestie verbali» del vicedirettore Ayman Jaballah, lamentando «continui commenti offensivi sul modo di vestirsi e di presentarsi davanti alle telecamere». Una di loro, l’algerina Khadija Bin Qunna, indossa l’hijab. Ieri è arrivata la notizia che 5 delle 8 giornaliste si sono dimesse: Jumana Nammour, 39 anni (foto), Lina Zaharddin, 34 anni, Gilnar Mussa, 40 anni, libanesi, la siriana Luna Shebel, 35 anni, e la tunisina Nawfar Afli.
I quotidiani arabi spiegano le dimissioni come una reazione alla decisione di Al Jazeera di emanare un codice di abbigliamento per i presentatori, femmine e maschi. L’emittente tace, fa sapere che divulgherà un comunicato. Dopo le lamentele delle giornaliste, il direttore generale della rete Wadhah Khanfar ha costituito una commissione, che ha respinto le accuse: «È compito dell'emittente definire l'aspetto degli annunciatori e dei giornalisti in video, perché fa parte della linea editoriale e del messaggio trasmesso ai telespettatori». Ha inoltre suggerito alla direzione di emanare un codice di abbigliamento che includa azioni punitive e ha nominato proprio Jaballah come responsabile di assicurare che le regole siano applicate. Una fonte interna ha confermato l’intenzione di imporre un codice, precisando che «non è stato chiesto alle presentatrici di indossare il velo».
Una delle giornaliste avrebbe detto in forma anonima al giornale saudita Al Iqtesadia che il conflitto va al di là dell’abbigliamento: «La nostra protesta è il risultato di 5-6 anni di comportamenti irrispettosi della professionalità delle donne. Siamo considerate da tutti caste e rispettose della decenza. Siamo state oggetto di osservazioni pesanti, offensive e immorali. Chi ci chiede di rispettare un modello di comportamento più consono all'immagine dell’emittente ci faceva osservazioni spinte sulla scollatura».
Alcuni giornali arabi affermano che all’interno di Al Jazeera sta prendendo il sopravvento una linea più conservatrice. La rete segue da sempre le vicende dei partiti islamici nella regione, infastidendo Washington ma anche i regimi arabi: questa tendenza si starebbe rafforzando e alcuni corrispondenti come il direttore dell'ufficio del Cairo, Hussein Abdel Ghani, si sono dimessi in polemica. (Fonte: Corriere della Sera )
1 commento:
penso che in questo momento stia prevalendo sempre più l'ala conservatrice,vedremo in futuro,ma le donne devono stare molto attente se vogliono restare libere e conservare un minimo di parità con gli uomini.
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