sabato 1 agosto 2009

SUDAN, LA BATTAGLIA DI LUBNA


Dopo l'udienza la polizia aggredisce i giornalisti, ma nonostante le intimidazioni un'attivista dei diritti per le donne assicura che la battaglia per i diritti umani continuerà.
- E sempre a proposito di Lubna, colpevole di aver indossato i pantaloni: Sudan, giornalista che indossava i pantaloni sarà frustata domani (l'articolo è del 28/7, quindi...) e Sudan, Lubna sfida la corte: pronta a ricevere 40 mila frustate
- Musica dello stesso genere a Gaza, dove se sei donna e hai un telefonino rischi di fare la sua fine (Fonte: Esperimento )

Nessuna decisione è stata presa dalla corte di Khartoum che sta processando la giornalista Lubna Ahmed Al-Hussein. Il processo riprenderà il primo di agosto. L'imputata aveva deciso di non avvalersi dell'immunità che le è stata proposta dai giudici di Khartoum, in quanto impiegata delle Nazioni Unite.
Dieci delle tredici donne arrestate con la Hussein in un ristorante di Khartoum all'inizio del mese, sono già state 'punite' poiché hanno ammesso la loro 'colpevolezza', pur non essendo tutte di religione musulmana. Per aver vestito camicette e pantaloni, sono state inflitte loro 'solamente' 10 frustate. Il crimine d'indossare abiti scandalosi, che offenderebbe i valori e le virtù della società sudanese, viene normalmente punito con 40 frustate, quelle che si ipotizza verranno comminate alle 'non pentite'.In un'affollata aula del tribunale nel quale si è svolto il processo, la signora Hussein ha dichiarato: ''mi dimetterò dall'Onu, desidero che questo processo continui''. ''Voglio cambiare questa legge'', continua la giornalista ''perché non è umana e non corrisponde con la sharia''. Nei giorni scorsi la giornalista ha lanciato numerosi appelli e invitato più persone possibili, in particolare osservatori e giornalisti, a seguire il processo. La Hussein è determinata a pubblicizzare il caso il più possibile. Tuttavia nei giorni scorsi un'altra giornalista, Amal Habbani, è stata accusata di diffamazione dalle autorità per essersi associata alla causa e potrebbe rischiare un'ammenda da 400 mila dollari. Un articolo della Habbani apparso nei giorni scorsi sul giornale Ajrass Al-Horreya e intitolato ''Lubna, un caso di sottomissione del corpo di una donna'', criticava l'autorità giuridica islamista in quanto volta ''all'intimidazione politica per terrorizzare gli oppositori''.
Peacereporter ha contattato telefonicamente Nahid Jabr, che era presente al processo. E' impegnata con il Seema, Centro per la formazione e la protezione dei diritti delle donne e dei bambini, ed è attualmente una delle più importanti attiviste per i diritti umani in Sudan.

Che cosa ci può dire a proposito della linea assunta dalla signora Hussein di proseguire la sua battaglia per i diritti delle donne?

Lubna ha detto al giudice di non voler avvalersi del diritto all'immunità perché è fortemente intenzionata a supportare i diritti delle donne, vuole contribuire a cambiare la situazione anche perché questa corte è illegittima. Non si tratta infatti di un tribunale normale, dove ci sono dei diritti e l'imputato si può difendere. E' una corte religiosa e popolare che regola a suo piacimento l'ordine pubblico.

L'attenzione posta dai giornalisti su questo evento è stata molto alta, erano in molti presenti oggi?

C'erano molti media internazionali ad attendere la sentenza, molti leader politici, attivisti dei diritti umani e anche un forte schieramento di polizia. Quest'ultima ha aggredito i giornalisti sequestrando telefoni cellulari e macchine fotografiche. Un cameraman e due giornalisti dei giornali sudanesi Ajrass Al-Horreya e di Al-Medan sono stati arrestati e poi rilasciati.
Cosa comporta la sharia in Sudan per le donne per quanto riguarda l'abbigliamento?

Vivo in un paese multietnico e multiconfessionale, per me questo processo non è il risultato della sharia poiché non ci sono considerevoli legami tra i vestiti e la legge islamica. La questione riguarda piuttosto il diritto alle scelte personali e i diritti delle donne, di cui Lubna rappresenta solo un esempio. La situazione è ora molto critica. In caso di condanna, la comunità internazionale assisterà all'avanzare di una dittatura islamica. Se venisse dichiarata innocente potrebbero scoppiare dei conflitti interni allo Stato, perché verrebbe delegittimato il potere degli integralisti islamici che costituiscono una parte considerevole del potere nella città.
E' un clima teso e intimidatorio quello che si respira in Sudan. La giurisdizione islamica introdotta nel 1991 solo nel nord del paese, è stata resa valida anche per i non musulmani della capitale in seguito agli accordi di pace del 2005, stipulati tra ribelli del sud e governo centrale. Per anni Lubna Al-Hussein ha coraggiosamente criticato, dalle colonne della rivista Men Talk, i metodi fondamentalisti del regime e l'oppressione delle donne nella società sudanese. Secondo un comunicato dell'Arabic Network for Human Rights Information (Anhri), le accuse mosse alla coraggiosa donna sarebbero un pretesto per ''spezzare una penna libera''. La disciplina di derivazione coranica imposta in Sudan è una delle più discriminatorie nei confronti delle donne: sembra che l'obiettivo della legislazione sia quello di colpire studentesse e lavoratrici, al fine di isolarle il più possibile dalla partecipazione nella sfera pubblica. (Fonte: Peace Reporter, 30/7 )

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Un grandissimo, veramente grandioso augurio che Lubma vinca la sua battaglia.
Anche se egoisticamente qualcuno potrebbe pensare che se comminassero le frustate, per Allah sarebbe peggio di cento battaglie perse.

Alessandra ha detto...

Di Lubna avevo già parlato, ma l'attenzione sul suo caso dovrebbe essere e rimanere alta. Ricordo, a proposito del suo coraggio, anche nei confronti delle altre donne che sono state frustate con lei (tra cui 2 ragazze MINORENNI !), che è andata in tv a parlare ed ha inviato... cartoncini di invito, come quelli per i matrimoni, per la sua fustigazione!!!!!

Stefano. ha detto...

Purtroppo, non è nelle nostre possibilità mantenere un livello di attenzione tale da farne arrivare in Sudan un eco così forte da fermare la sentenza.
Questo, dovrebbe essere fatto dalle luride bastarde serve dei maschiacci comunisti che dirigono le associazioni famministe.
Stefano.

Alessandra ha detto...

Non solo. Certo noi, come blogger, non possiamo fare granchè... .

Stefano. ha detto...

Stai facendo moltissimo.
Ma non posso sperare che i giudici, od i ministri sudanesi leggano il tuo blog.
Dieci - Centomila donne in piazza ci vorrebbero per fermare gli infami.
Stefano.

Anonimo ha detto...

Forse mi sbaglio: Ma non vedo alcuna mobilitazione dei media, delle femministe. Vergognoso!

Alessandra ha detto...

Non ti sbagli... . :-( Sono troppo occupate a difendere la "libertà" di portare il velo, a gridare al razzismo, all'islamofobia e a dire che in fondo, "questa- è - la- loro- cultura- e-sono-contente-così".

Anonimo ha detto...

Se gli attuali movimenti femministi, sono diretti da mummie imbalsamate, Bisogna creare un nuovo femminismo. Un femminismo per la libertà di tutte, non solo per le previlegiate figlie dell'opulento dio maggiore occidentale.
Ettore.

Alessandra ha detto...

Comunque, come dice Pierluigi Battista nell'ultimo post (dopo il "Leggi tutto"): "Si chiede sempre perché ciò che resta del femminismo occidentale non dica una parola sul destino delle donne tor­turate e uccise nell’Islam totalitario. Ma è ingiusto chiedere alle femministe una sensibilità speciale sulla persecuzione delle donne: sarebbe come pretendere che solo i neri debba­no indignarsi per il razzismo o solo gli ebrei per la Shoah".

Stefano. ha detto...

Hai ragione Alessandra che non dovrebbero essere solo le donne a muoversi per le donne.
Però, se non lo fanno neppure loro...
Un uomo, si potrebbe pensare sia maschilista, che tutto sommato veda di buon occhio la sottomissione della donna. Oppure, essere razzista, non commuoversi più di tanto per una di razza inferiore.
Ma una donna...? Ecco, forse anche lei può essere razzista.
Forse le femministe sono razziste.
E pertanto: RAZZISTE CAROGNE: TORMATE NELLE FOGNE.

Alessandra ha detto...

Sì, Stefano, senz'altro concordo... . Chi può dire "quella è la loro cultura" o "quelle donne sono contente così" se non un/una razzista? E a maggior ragione una femminista, su queste questioni, non dovrebbe permetterselo, se è degna di questo appellativo... .