giovedì 2 settembre 2010

SAKINEH: "DITE A TUTTO IL MONDO CHE HO PAURA DI MORIRE"

Ma come fanno a prepararsi a mirare al mio viso e alle mie mani, a lanciarmi delle pietre? Perché? Sono Sakineh Mohammadi-Ashtiani. Dite a tutto il mondo che ho paura di morire. Dalla prigione di Tabriz ringrazio quelli che pensano a me". Sono le ultime parole credibili con le quali la donna iraniana di 43 anni, madre di due figli, chiede aiuto. Condannata per adulterio e per complicità nell'omicidio del marito, dopo quelle frasi uscite tramite un'organizzazione umanitaria dal carcere, Sakineh è stata costretta a una finta confessione in tv e il suo avvocato, Mohammed Mostafei, è dovuto fuggire in Norvegia.
Ma da quando Mostafei ha fatto conoscere al mondo la vicenda di Sakineh, si sono moltiplicati gli appelli e le richieste anche ufficiali al governo di Teheran perché la donna non venga uccisa. L'ultima iniziativa, che da oggi si può firmare su Repubblica. it, è una lettera di intellettuali francesi che chiedono a Teheran di "mettere fine a questo genere di metodi come a questo castigo iniquo e barbaro", invocando anche "il rispetto della dignità e della libertà di tutte le iraniane oppresse o minacciate". Fra i firmatari, il sociologo Edgar Morin, gli storici Elisabeth Roudinesco e Max Gallo, lo scrittore Marek Halter, i filosofi Daniel Schiffer e Michel Serres.A seguito della mobilitazione internazionale delle ultime settimane contro la sua esecuzione della, l'Ambasciata iraniana a Londra ha rilasciato una dichiarazione l'8 luglio 2010, affermando che la condanna di Sakineh Mohammadi Ashtiani non sarebbe stata eseguita tramite lapidazione. Tuttavia, la sua posizione legale non è chiara, dal momento che il suo avvocato non ha ricevuto alcuna comunicazione ufficiale sulla commutazione della sua condanna a morte.
Durante il processo, Sakineh Mohammadi Ashtiani ha ritrattato una "confessione" rilasciata sotto minaccia durante l'interrogatorio e ha negato l'accusa di adulterio. Due dei cinque giudici hanno ritenuto la donna non colpevole, facendo presente che era già stata sottoposta a fustigazione e aggiungendo di non aver trovato le necessarie prove di adulterio a suo carico. Tuttavia, i restanti tre giudici, tra cui il presidente del tribunale, l'hanno ritenuta colpevole sulla base della "conoscenza del giudice", una disposizione della legge iraniana che consente ai giudici di esprimere il loro giudizio soggettivo e verosimilmente arbitrario di colpevolezza anche in assenza di prove certe e decisive. Giudicata colpevole dalla maggioranza dei cinque giudici, Sakineh Ashtiani Mohammadi è stata condannata alla lapidazione.
Come morirebbe Sakineh, condannata alla lapidazione, se la pressione dell'opinione pubblica internazionale non riuscisse a bloccare la manoai suoi carnefici (è attesa per oggi la sentenza sul riesame del caso)?Avvolta in un sudario bianco, verrebbe sepolta fino al petto e uccisa daparenti e astanti a colpi di pietre, le cui dimensioni dovrebbero essere tali da non consentirle una morte troppo rapida. Di media grandezza, le pietre dovrebbero garantire la durata media dell'esecuzione: circa trenta minuti. Che l'orrore senza pari suscitato da questa esecuzione sia dovuto alla sua barbarie è ovvio: ma forse adaccrescerlo gioca anche un'altra considerazione, che come spesso accade è legata alla storia. La lapidazione non è mai entrata a far parte della nostra cultura giuridica. Nel mondo classico, nel quale affondano le radici del nostro diritto, «il chitone di pietre» (come lo chiama Ettore, nell'Iliade) era una forma di giustizia popolare al di fuori dio gni controllo istituzionale, che non fu accolto nel «giardino dei supplizi» né greco né romano. La morte con la pietra era un'esplosione di rabbia popolare, veniva inflitta da gruppi spontanei, senza accertamenti preliminari della colpevolezza. Non era un'istituzione giuridica: a «fare giustizia» non erano dei terzi estranei. La partecipazione delle parti offese all'esecuzione era in insanabile contrasto con l'esigenza dello Stato nascente di superare la fase della vendetta e di entrare in quella del diritto. Anche per questo il pensiero della lapidazione ci colpisce in modo particolare. Perché ci rimanda a una preistoria del diritto che ci illudevamo di aver per sempre superato. Secondo il comitato internazionale contro lal apidazione dal 1979 sono state effettuate 150 lapidazioni.

Iran & stoning, not only Sakineh Mohammadi. Three other women at risk of stoning

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4 commenti:

Stefano. ha detto...

Sakineh muore.
Calma sta
la femminista
a sussurrare.
Perché urlare?
Non toccata
è la sua figa
ne è leso
il sacro utero
Perché disturbare
il suo caro maschietto
legato all'islamico
da inscindibile affetto?

Alessandra ha detto...

Come al solito le femministe dovrebbero ricordarsi SEMPRE di ciò che sono.
A parte questo la tua "poesia - non poesia" cita una volta sola Sakineh, per il resto è solo un atto d'accusa contro le femministe silenti fatto in modo VOLGARE ! Ricordati che le femministe sono DONNE e come donna, questi termini mi offendono.

ilMaLe ha detto...

Ci sono femministe che ricordano Sakineh e tante altre donne che subiscono infami violenze ogni giorno. Altre femministe strillano solo quando fa comodo loro. Per una volta, noto che la maggior parte delle donne qui da me si è impegnata nel suo piccolo a favore della donna iraniana. Questa è un buona notizia. Certo, c'è chi lo fa per mero interesse politico, ma è un altro discorso.

Alessandra ha detto...

Quali femministe hanno ricordato (non è mica morta!) Sakineh?