Come dare lavoro alle 300 donne dell'oasi di egiziana di Siwa? Laila Neamatallah ha avuto un'idea. Ben accolta dalla comunità berbera. E dalle boutique di mezzo mondo. Riporto quasi integralmente un interessante articolo comparso sull'ultimo numero di "IO DONNA", settimanale del "Corriere della Sera". Protagonista è Laila Neamatallah, stilista che è nata e vive al Cairo con la famiglia e i figli. In questi giorni è in giro per l'Europa e ha fatto tappa anche a Milano e a Roma. ...Egiziana copta ("i discendenti diretti dei faraoni" dice "senza sangue ottomano o arabo") abituata a esprimersi in quattro lingue, parla anche l'italiano, con un leggero accento esotico ma un ricco vocabolario, coltivato nelle frequenti visite per incontrare amici e clienti da quando, nel 2001, ha cominciato a occuparsi del Siwa women's nature artisanship development project. Un'iniziativa che è una sfida e, insieme, la testimonianza della forza profonda della tradizione, espressa soprattutto nel ricamo di una sapienza impareggiabile. "Ma alla fine degli anni Novanta se n'erano quasi perse le tracce. Soltanto le donne più anziane avevano conservato questa manualità" racconta Laila Neamatallah "ma erano sempre meno, mentre le giovani non si sentivano coinvolte".
Anche in un luogo sperduto come Siwa, al souk si trovavano soltanto capi dozzinali, ricamati a macchina. Fino a quindici anni fa, non esistevano nemmeno le strade verso quest'oasi, una delle più grandi dell'Egitto, una meraviglia di palme, ombra e acqua, a una settantina di chilometri dal confine con la Libia. L'ultimo ristoro per le carovane beduine prima di accingersi alla traversata del Sahara. Nell'antichità era sede del tempio di Ammone, che ospitava il più rispettato degli oracoli al cui vaticinio ricorse anche Alessandro il Grande, chiedendogli "se gli concedeva di diventare il signore di tutti gli uomini e il dio rispose che questo gli era concesso... e si diffuse poi la voce che il dio stesso l'aveva chiamato figlio di Zeus" (Plutarco, "Vite parallele", Bur). In quel luogo perduto nel tempo, che dista nove ore di auto dal Cairo, la natura ha creato un armonioso equilibrio tra la terra, l'acqua che qui scorre da 230 sorgenti e dà vita anche a un lago, e la cultura che non avrebbe resistito all'impatto di un turismo incontrollato, unica risorsa possibile di benessere. E'in questo momento cruciale che la storia cambia perchè undici anni fa Mounir Neamatallah, fratello di Laila e presidente di Enviromental quality international (Eqi), comincia a dare vita a quello che "è sempre stato il suo sogno e il suo desiderio più profondo: sostenere uno sviluppo compatibile che rilanciasse l'economia locale e valorizzasse un patrimonio culturale unico". Così, mentre Mounir Neamatallah avvia un ecolodge ai piedi dell'Adrère Amellal, che in dialetto berbero significa Montagna Bianca , e lancia con un gruppo di agricoltori un programma di coltivazioni organiche, Laila cerca di coinvolgere le donne. "Sono invisibili, anche se rappresentano il 47 per cento della popolazione. Si sposano a 13, 14 anni e non escono più di casa se non accompagnate dal marito e dai figli. Dunque, serviva un lavoro che, per essere accettato, non rivoluzionasse questa abitudine. Riprendere l'arte del ricamo si è rivelata la scelta migliore perchè ha ridato slancio a una tradizione antica e accresciuto la consapevolezza dei propri valori". Oggi sono trecento le artigiane impegnate a realizzare quattro collezioni con l'etichetta Siwa Collections: una rielaborazione delle suggestive galabeya, le lunghe tuniche dritte, di camicie e di scialli. Non solo.
Anche in un luogo sperduto come Siwa, al souk si trovavano soltanto capi dozzinali, ricamati a macchina. Fino a quindici anni fa, non esistevano nemmeno le strade verso quest'oasi, una delle più grandi dell'Egitto, una meraviglia di palme, ombra e acqua, a una settantina di chilometri dal confine con la Libia. L'ultimo ristoro per le carovane beduine prima di accingersi alla traversata del Sahara. Nell'antichità era sede del tempio di Ammone, che ospitava il più rispettato degli oracoli al cui vaticinio ricorse anche Alessandro il Grande, chiedendogli "se gli concedeva di diventare il signore di tutti gli uomini e il dio rispose che questo gli era concesso... e si diffuse poi la voce che il dio stesso l'aveva chiamato figlio di Zeus" (Plutarco, "Vite parallele", Bur). In quel luogo perduto nel tempo, che dista nove ore di auto dal Cairo, la natura ha creato un armonioso equilibrio tra la terra, l'acqua che qui scorre da 230 sorgenti e dà vita anche a un lago, e la cultura che non avrebbe resistito all'impatto di un turismo incontrollato, unica risorsa possibile di benessere. E'in questo momento cruciale che la storia cambia perchè undici anni fa Mounir Neamatallah, fratello di Laila e presidente di Enviromental quality international (Eqi), comincia a dare vita a quello che "è sempre stato il suo sogno e il suo desiderio più profondo: sostenere uno sviluppo compatibile che rilanciasse l'economia locale e valorizzasse un patrimonio culturale unico". Così, mentre Mounir Neamatallah avvia un ecolodge ai piedi dell'Adrère Amellal, che in dialetto berbero significa Montagna Bianca
Laila ha lanciato anche una linea-casa di sofisticata naturalezza, che ha un problema soltanto: riuscire a consegnare tutto ciò che le viene ordinato. L'abilità e l'eleganza di queste artiste con l'ago è tale che per alcune stagioni hanno collaborato anche con lo stilista Ermanno Scervino, che era stregato da questi ricami precisi, asciutti, per niente ridondanti. Poi la moda ha rivolto la sua attenzione agli stampati tralasciando le broderies. Ma il gusto etnico ha trasformato gli abiti di Siwa in vere collezioni di moda, con la loro eco di terre lontane. (Fonte: IO DONNA)
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