venerdì 12 novembre 2010

PAKISTAN, STUPRO COME ARMA CONTRO LE BAMBINE CRISTIANE

MINORANZA NEL MIRINO

Con due nuovi casi usciti allo scoperto solo grazie all’impegno della Chiesa e di organizzazioni non governative, si allunga ulteriormente l’elenco delle giovani cristiane sottoposte in Pakistan a violenza e sovente uccise perché questa non diventi di pubblico dominio. Una situazione che dimostra ancora una volta, oltre alle difficoltà di coesistenza con la maggioranza musulmana, soprattutto l’impossibilità per la minoranza cristiana di vedere tutelati i propri diritti e anche la propria incolumità.
Lubna Masih, 12enne, nata in una famiglia cristiana di Rawalpindi, città-satellite della capitale Islamabad, il 27 settembre era uscita di casa come ogni mattina alle 6.30 per comperare il latte. Fermata da cinque giovani musulmani e costretta a salire su un auto, la ragazza è stata portata nel cimitero dello stesso quartiere di Dhok Ellahi Baksh, dove è stata violentata e uccisa. Il suo corpo è stato individuato qualche ora dopo e la polizia non ha aperto alcuna indagine. Il padre, Saleem Masih che di professione fa il tassista e con il suo duro lavoro riusciva a pagare gli studi all’unica figlia, non sa darsi pace. Solo dopo alcuni giorni la famiglia ha preso coraggio e ieri, come ha riferito l'agenzia missionaria Fides, ha sporto denuncia alle autorità di polizia. Accogliendo a fatica le pressioni di organizzazioni non governative che hanno promesso protezione, aiuto materiale e assistenza legale, oggi Saleem e Guddi Masih si sono recati alla stazione di polizia di Waris Khan, a Rawalpindi, denunciando la terribile esecuzione della figlia. Le resistenze dei due erano dettate dalla paura: temono di subire ritorsioni, vendette e intimidazioni con il fine di far insabbiare la vicenda. Inoltre, secondo fonti locali di Fides, tramite amicizie influenti gli autori del crimine possono cercare di influenzare il corso della giustizia. Organizzazioni non governative come Life for All e Christian Lawyer Foundation ritengono però necessario portare il caso all'attenzione delle autorità e dell'opinione pubblica, perseguendo i colpevoli per vie legali. «È un passo necessario per combattere l'impunità e difendere i diritti dei cristiani in Pakistan», dice Rizwan Paul, presidente di Life for All. L'Ong sta anche cercando una nuova casa per i genitori di Lubna, garantendo loro protezione e assistenza.
Nell’altro caso, non recente ma emerso in questi giorni, la 13enne cattolica Kiran Nayyaz, domestica presso un latifondista locale, è stata stuprata da un giovane impiegato come autista nella stessa casa. L’episodio è avvenuto lo scorso aprile nel villaggio di Chak Jhumra, a 35 chilometri da Faisalabad, ma è stato tenuto nascosto per paura e per vergogna. Grazie all’intervento della Commissione Giustizia e Pace e alla Commissione per le Donne della diocesi di Faisalabad, il 2 ottobre la famiglia di Kiran, rimasta incinta a causa degli abusi sessuali ripetuti per settimane, ha denunciato formalmente lo stupratore.
«La Chiesa cattolica locale ha assunto le difese della famiglia e ha denunciato il caso alla polizia che attualmente sta svolgendo indagini», ha raccontato padre Khalid Rashid Asi, vicario generale della diocesi di Faisalabad: «La famiglia è traumatizzata e tutta la comunità cattolica teme ritorsioni, ma casi di violenza come questo non sono purtroppo infrequenti». In questa circostanza, poi, allo sgomento per quanto successo e per l’inettitudine della polizia si aggiunge, come sottolinea padre Asi, «il dramma di un’adolescente che darà alla luce un bimbo, frutto della violenza».
Storie come queste, come pure le vicende dolorose di Shazia Bashir, Sumera Pervaiz e Magdalene Ashraf che si sono succedute dall’inizio dell’anno, sono purtroppo la classica punta dell’iceberg.
Secondo il Centro per l’aiuto all’assistenza legale e alla conciliazione (Claas), in Pakistan le violenze sessuali ai danni delle ragazze cristiane e indù sono in crescita. Claas, in prima linea nel fornire un sostegno alle vittime e alle loro famiglie, ricorda altri casi impuniti: quello della cristiana 16enne che lo scorso luglio è stata sequestrata e violentata da tre musulmani a Farooqabad e quello di una 12ennne stuprata da un gruppo di studenti di fede islamica a Gujar Khan, nel distretto di Rawalpindi. A questo si aggiungono gli abusi sovente nascosti sulle giovani cristiane impiegate presso ricche famiglie musulmane e i rapimenti, collegati perlopiù a conversioni o matrimoni forzati. In questi giorni una famiglia cristiana nei pressi di Lahore, capoluogo della provincia del Punjab, non si dà pace per la scomparsa di Samina Ayub, impiegata presso la casa di un ricco musulmano, mentre nella cittadina di Lyari, alla 13enne Poonam, di fede indù, individuata in una moschea dopo essere stata rapita da ignoti una settimana fa,viene impedito il rientro a casa. (Fonte: http://www.avvenire.it , 14/10)

1 commento:

Anonimo ha detto...

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