La rivoluzione in bicicletta verde
Wadjda è una ragazzina di dieci anni che vive in un sobborgo di Ryad, la capitale dell’Arabia Saudita. Questo non è un punto a tuo favore se per caso vuoi pedalare o colorarti le unghie di blu.
Difficile matassa da sbrogliare quella della questione della donna in Arabia Saudita. Le strade del racconto sono tante e, come spesso ci è capitato di vedere, il tono che si privilegia è quello greve e soffocante (l’iraniano Donne senza uomini di Shirin Neshat andava proprio a irritare quei toni). La regista Haifaa Al Mansour sceglie un tocco lieve e sagace e ovviamente i risultati sono dei migliori. La ragazzina, una adorabile e inconsapevole liberale, va a scuola con le Converse. E quel poco di gomma bianca che spunta fuori dalla tunica abaya basta per far di lei una "da rimettere in riga". Fa il tragitto casa-scuola/scuola-casa con il piccolo Abdullah e con il piglio tipico delle tomboy lo sfida, lo prende in giro. Ma la giovane Katharine Hepburn deve vedersela con qualcosa di ben più grande di lei.
Uno dei desideri più normali e salutari che un ragazzino di dieci anni possa volere, è quello di inforcare la propria biciclettina e rompere il fiato sulle strade. Alle ragazze di Ryad il vento in faccia, la leggera sensazione di fatica è, come dire, caldamente sconsigliata. Il cortile della scuola fa da membrana potente con l’esterno e gli occhi indiscreti degli uomini sulle terrazze vanno evitati; il diavolo è ovunque (se lasci il Corano aperto ci va il diavolo, se non ti abbracci bene s’infila il diavolo e così via). Attraverso i piccoli gesti di una famiglia piena di incongruenze, viene fuori una gioventù scalpitante, delle donne forti e intraprendenti, sole, circondate da uomini insolenti e che usano "armi" tremendamente avvilenti (dai complimenti salaci, alle impudenze, al ripudio). È speranzoso il cinema femminile di Haifaa Al Mansour. È un miscuglio di convenzioni rigidissime, paura e contraddizioni. Ma le donne che ci vivono dentro operano a loro vantaggio e si ritagliano un piccolo spazio di manovra per comportarsi in maniera più affine ai loro veri sentimenti. Il glass ceiling in Arabia è spesso almeno 1 metro e non è esattamente di vetro...Non è impresa facile creparlo. Ma una ragazzina, caparbia e solare, con la sua bicicletta verde ci può dare speranza.
Potente e leggera opera prima della regista Haifaa Al Mansour, la prima donna in Arabia Saudita a diventare regista (nel Paese non esistono i cinema). Note importanti di produzione in un paese in cui le sale cinematografiche sono illegali: cast tutto saudita e interamente girato nel regno saudita. Tra i produttori compaiono i nomi di Roman Paul e Gerhard Meixner, tra i cui lavori precedenti vale la pena ricordare Paradise Now e Valzer con Bashir. (Fonte: Nonsolocinema.com, 1/9)
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