mercoledì 19 ottobre 2011

SE IL NOBEL PER LA PACE VA A UNA "SORELLA MUSULMANA", di Valentina Colombo

«Nel nome di Dio Clemente, Misericordioso, alla sorella Tawakkul 'Abd al-Salam Karman [nella foto], presidente dell’organizzazione "Giornaliste senza catene", membro del Consiglio direttivo del Raggruppamento yemenita per la Riforma, saluti e stima. Con immensa gioia abbiamo ricevuto, in seno al Raggruppamento yemenita per la Riforma, l’annuncio del conferimento alla vostra persona del Premio Nobel per la Pace come prima donna araba che riceve questa onoreficenza e prima personalità yemenita a godere di questo attestato di stima internazionale. Ci congratuliamo per questo raggiungimento storico e riteniamo che questa vittoria sia di sostegno alla rivoluzione pacifica yemenita e alla donna yemenita che combatte e che è consapevole della propria capacità di vincere nonostante gli ostacoli dell’arretratezza e il retaggio della tirannide che separano il nostro popolo dal progresso».
Questo è l’incipit del comunicato dell’8 ottobre 2010 a firma di Muhammad ibn Abd Allah al-Yadumi a seguito dell’annuncio della vincita del Premio Nobel per la Pace all’attivista yemenita Tawakkul al-Karman. Ebbene, molti di noi hanno gioito perché finalmente una donna araba, tra l’altro simbolo della "primavera" yemenita, vedeva riconosciuto il proprio sforzo, il proprio coraggio. Hanno esultato anche intellettuali laici yemeniti come la politologa Elham Manea, di origine yemenita e attualmente residente in Svizzera, e Ali al-Muqri, scrittore e intellettuale yemenita.
Purtroppo, come ha ricordato oggi Mashari al-Dhaidi sul quotidiano internazionale arabo Asharq al-awsat, non andrebbe mai dimenticato che il Premio Nobel per la pace è un premio politico, «fa parte degli strumenti di pressione morbida per realizzare uno specifico percorso di pace o stabilità, secondo una prospettiva occidentale». È sufficiente sapere che il Raggruppamento yemenita per la Riforma è il partito che rappresenta i Fratelli musulmani in Yemen e che Tawakkul Karman è figlia di 'Abd al-Salam Khalid Karman, membro dello stesso partito. Il partito per la Riforma, come si evince dal programma politico pubblicato sul sito ufficiale, agisce in nome dell’islam e vuole l’applicazione della sharia, propugna l’uguaglianza tra i credenti senza distinzione di sesso, ma la shari’a prevede che la donna vale la metà dell’uomo. Tawakkul Karman è sì un'attivista, ma un'attivista politica. Non c’è dubbio che sia il simbolo di una rivoluzione, ma si situa nel continuum delle "primavere" arabe che stanno assistendo al predominio dei movimento dei Fratelli musulmani, organizzati ed economicamente forti.
C’è anche chi ha esaltato la Karman come la donna che si è strappata il velo. Si tratta di una mezza verità: nel 2004 durante una conferenza sui diritti umani la vincitrice del Nobel per la pace si è tolta il velo integrale nero, indossato dalla stragrande maggioranza delle donne yemenite, ciononostante lo ha sostituito con il velo semplice che lei definisce "islamico". Anche il comunicato pubblicato sul sito del suo partito a seguito di una manifestazione per festeggiare il Nobel recita che il premio è «fonte di vanto e onore non solo per la donna yemenita, ma per la donna araba e il velo islamico». Quindi la Karman ha sostituito il velo nero tradizionale, "non islamico", a favore di un velo variopinto che è non tanto il simbolo della donna musulmana, quanto della donna legata al movimento dei Fratelli musulmani o per lo meno che indossa il velo come simbolo politico e/o identitario. Il Premio Nobel segue l’International Woman of Courage conferitole dal Segretario di Stato americano Hillary Clinton e dalla first lady Michelle Obama. Tutto conferma la politica statiunitense e occidentale volta allo sdoganamento del movimento dei Fratelli musulmani. E quale miglior esponente e simbolo di una donna giovane e determinata come la Karman. In un’intervista rilasciata nel giugno 2010 aveva dichiarato che sarebbe arrivato il giorno in cui «i violatori dei diritti umani pagheranno per quel che hanno fatto nello Yemen». Non posso che concordare se si riferisce al presidente yemenita Saleh, ma mi domando se i diritti umani previsti dalla sharia che il suo partito vorrebbe introdurre a tutti i livelli del paese corrispondono a quelli universali.
Ha ragione Mashari al-Dhaidi quando afferma che «Tawakkul Karman non è Madre Teresa, ma un’attivista politica che agisce in accordo alle direttive e alle esigenze politiche e sociali del proprio partito». Ancora una volta l’occidente ha scelto tra gli eroi e le eroine della “primavera araba” quella più politicizzata e soprattutto più vicina alle proprie politiche miopi nel Medio Oriente (e di fatto anche antioccidentali!). (Fonte: http://www.labussolaquotidiana.it , 13/10)

8 commenti:

Mella ha detto...

In effetti dopo il nobel al terrorista arafat era la scelta più coerente che potessero fare.

Alessandra ha detto...

Ah, beh, quello poi... Poi Shirin Ebadi, che ha fatto condannare a morte uno accusato di stupro, che invece era innocente.
Comunque sta di fatto che, come ha anche detto Valentina, la maggior parte delle donne yemenite, porta il velo integrale. Anche le "sorelle musulmane" sono contrarie, ma direi che è già qualcosa che Tawakkul Karman se lo sia tolto.
Poi ho letto che è contraria ai matrimoni tra minori e con le bambine, una vera piaga in Yemen (vedi il caso di Nojoud, ricordi?).
Per questo si è scontrata con i vertici del suo movimento e, a suo dire, alcuni integralisti la vorrebbero morta. Insomma, per un integralista islamico, ce n'è sempre uno peggiore!

Mella ha detto...

Certo che c'è di peggio, ma per assegnare il nobel il criterio non dovrebbe essere di andare in una fogna e cercare la cacca un po' meno puzzolente delle altre.

Alessandra ha detto...

Sì, ero sarcastica.

Anonimo ha detto...

Mi sembra un po' esagerato tutto 'sto astio della Mella. Ha esultato anche la Manea, persona degna di stima che ho avuto il piacere (perché è stato davvero un piacere, essendo una persona di simpatia squisita) di conoscere personalmente, proprio perché mi è stata presentata dall'autrice di questo articolo. Poi, ragazzi, non si può pretendere che un popolo che non ha mai conosciuto la democrazia da un giorno con l'altro arrivi ai livelli di democrazia e di laicità dell'Occidente. Parliamoci chiaro, pure l'Italia è una democrazia imperfetta a quasi settant'anni dalla morte di Mussolini(ricordo che la stampa italiana è classificata come "partly free" e che la classe politica italiana è la più arrogante e "feudale" d'Occidente), e non ha mai conosciuto un vero liberalismo, pur avendo esempi di alto valore quali Cavour, Einaudi o De Gasperi. Rome wasn't built in a day, devono fare la loro strada, e sarà una strada che probabilmente durerà almeno un secolo. Il fatto che comunque comincino a dire qualche "no", che la democrazia l'abbiano chiesta e non sia stata importata sulle baionette americane, e si cominci a parlare di pluripartismo (in Tunisia hanno vinto gli islamici, e vinceranno anche in Egitto e Libia, ma esiste un'opposizione, a differenza dei tempi di Ben Ali, Mubarak e il terrorista cui abbiamo baciato le mani tradendo quei nostri connazionali da lui rovinati e cacciati) è già un passettino in avanti. Anche il fatto che nell'Arabia Saudita medioevale e ultraoscurantista si faccia qualche timidissimo passo può essere un segnale. In fondo quello che sottolinea Alessandra non è da sottovalutare: questa signora (della quale non so nulla) ha preso posizioni aperte.
Si parla sempre di persone cresciute in un ambiente ultraoscurantista: Martin Lutero per l'epoca era un rivoluzionario assoluto, oggi lo giudicheremmo oscurantista in parecchie sue posizioni. Eppure dobbiamo dire grazie a quel monaco antisemita, perché siamo un po'più liberi anche grazie alla sua traduzione della Bibbia.
Devono fare la loro strada, che sarà pieni di inciampi. Come è stata anche la nostra di strada: pensate alla differenzatra un Pio IX e un Giovanni XXIII: li separa un secolo.
Andrea Sartori

Alessandra ha detto...

Purtroppo, Andrea, siamo talmente abituati a brutte sorprese, che è meglio tenere gli occhi aperti. A Tawakkul Karman si sono ispirate di recente un gruppo di donne che hanno bruciato i loro veli tradizionali in piazza (immagino integrali, come quello che lei si è tolta nel 2004)per dimostrare contro le violenze inflitte alle donne dal regime di Saleh, dichiarando: "Se i nostri mariti non sono in grado di proteggerci, ci proteggiamo da sole!". Ho esultato alla cosa: chissà mai che un giorno capiscano che il velo non le protegge affatto! Peccato che ora quasi tutte indossassero altri niqab o almeno l'hijab... La stessa Valentina, quando le ho segnalato la notizia, dicendo che, secondo me, era già qualcosa, mi ha risposto in modo lapidario: "Certamente... Apriamo le porte ai Fratelli Musulmani!". Boh, vedremo cosa succederà.

Alessandra ha detto...

Poi penso sia abbastanza inevitabile collegare il Premio Nobel per la Pace ad Arafat: anch'io ci ho pensato.

Mella ha detto...

Ambè, se ha esultato una che il Sartori ha conosciuto di persona, allora bisognerà davvero che esultiamo tutti.