LA MARCIA ROSA
Il movimento delle donne marocchine debuttò a Rabat a metà degli anni 90 portando in piazza per i diritti un milione e mezzo di persone
Mi sono messa subito al lavoro sullo sviluppo del turismo nella mia città, intraprendendo anche azioni contro il turismo sessuale e la pedofilia. So che molti riflettori, nel mondo arabo, sono puntati su Marakech e sulla mia esperienza di donna sindaco di una grande città. La mia elezione prova che un regime apertamente islamico può abbandonare l’autoritarismo a favore della democrazia.
Kawtar Benhammou, ad esempio, giovane farmacista, eletta consigliere del comune di Bouknadel à Salé, dove era capolista della coalizione del Partito dell’Autenticità e della Modernità (lo stesso partito di Fatima Mansouri, ndr) : “Mi sento davvero motivata – racconta – e credo di avere il coraggio di intraprendere tutti gli sforzi possibili per il bene della mia città”. Già, perché l’improvviso rilievo pubblico conquistato dalle donne marocchine richiede anche doti di carattere, di intraprendenza, in una società dove non è abituale vedere ragazze e signore in posizioni di comando.
“Devo assumermi le mie responsabilità – spiega Kawtar – ed essere all’altezza delle attese di quanti mi hanno dato fiducia. Credo che il Marocco abbia compreso il potenziale femminile in tutti i comparti della società, un potenziale che non può più essere ignorato. Le donne devono avere voce in capitolo nella vita politica, sociale ed economica. Bisogna solo dar loro l’opportunità di mettersi in gioco”.
E un’opportunità, il Marocco, alle donne l’ha data, candidandosi a un ruolo di avanguardia nell’intero mondo arabo. La presentazione di liste “rosa” alle amministrative di giugno non è il solo dato che sancisce un’importante avanzata delle donne. Il Paese, che da tempo porta avanti una stagione di riforme tese a riconoscere il ruolo di centralità che occupa la figura femminile nella società, ha attuato anche una riforma del diritto familiare attraverso la revisione della Moudawana (codice di diritto di famiglia), al quale anche noi dell’organizzazione delle marocchine in Italia, Acmid non, Acmid Donna Onlus, abbiamo partecipato. Si è trattato dell’approdo di dieci anni di battaglie dell’associazionismo femminile, realtò molto vivace in Marocco con migliaia di gruppi impegnati a combattere per il riconoscimento dei diritti delle donne .
Un lungo percorso che ebbe inizio a Rabat, a metà degli anni Novanta, con una colossale manifestazione di piazza in cui un milione e mezzo di donne gridarono la propria volontà di autodeterminazione. Li iniziò una nuova era, femminile più che femminista, caratterizzata da una forte trasversalità politica che oggi dà i suoi frutti. In questo percorso, in cui è bene ricordare anche il dibattito sull’ipotesi di abolizione del burqa, si iscrive il successo riscosso dalla componente femminile nei governi locali alle ultime amministrative.
Molte erano le donne candidate – circa il 53 per cento delle liste – e più di tremila e duecento sono state le donne elette come consiglieri comunali. Su un totale di cento comuni c’erano in tutto 2200 seggi in palio: ben 960 sono andati alle donne. Esse hanno perfino battuto l’unico partito islamico del Marocco, da anni radicato sul territorio e ritenuto in forte avanzata fino a quest’ultimo appuntamento elettorale. Un risultato che conferma la linea del re Muhammad VI, grande promotore della partecipazione femminile alla vita pubblica del paese e premia il nuovo Partito riformista dell’Autenticità e Modernità, fondato nel 2008, al quale hanno aderito la “sindachessa” di Marrakech Fatima Mansouri e molte altre elette di questa tornata.
La scelta degli elettori marocchini non poteva essere più netta: l’unico partito islamico marocchino non è riuscito a conquistare nessuna amministrazione comunale. E Fatima si è imposta battendo proprio un esponente del Partito islamico, il sindaco uscente, senatore Omar Jazouli. Il Marocco, insomma, ha intrapreso la via di una modernizzazione che va perseguita con coraggio: l’affermazione delle donne ne è la principale testimonianza e rappresenta un ulteriore passo oltre a quelli già fatti per la promozione dell’alfabetizzazione della popolazione.
Si tratta dunque di un Paese che mostra forti segni di dinamismo e volontà di aderire a pieno allo sviluppo della sua società. Riconoscere il ruolo delle donne, porre l’accento sul rispetto della dignità della persona, sulle concrete pari opportunità e su un progetto di grande respiro riformatore deve essere di esempio a tutto il mondo arabo dove spesso vi sono gravi violazioni e ancora più gravi svilimenti della persona e dei diritti umani. I problemi da risolvere sono tanti. Ci vorrà tempo, pazienza, febbrile lavoro, perseveranza e visione ampia del futuro. Ma il cambiamento è già innescato, tornare in dietro (per fortuna) sarà impossibile. (Fonte: Arabiyya )
5 commenti:
Un augurissimo!!!
Beh, ogni tanto fa piacere leggere qualche notizia positiva e vedere un volto sorridente.
Anche in Tunisia qualche passo è stato fatto, anche se forse con poca costanza, però in futuro quando cambierà l'attuale presidente, chissà.
Io spero che l'attuale presidente in Tunisia abbia lunga vita!!
Quando stette male si vociferava di prese di potere da parte di soggetti che farebbero retrocedere la Tunisia di almeno 60 anni!!!
Non scordiamo che ci sono degli uomini potenti in "esilio" per le loro idee fanatiche...pronto a fare il colpo di stato al momento debito.
Sì, non è Bourghiba, ma per Ben Ali credo che si possa dire lo stesso di re e presidenti di Paesi islamici "moderati" o "laici"... .
Comunque di Fatima Mansouri avevo già parlato: milleeunadonna.blogspot.com/.../marrakech-primo-sindaco-donna.html .
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