Mauritania: cantante contro la dittaturaNel Paese nordafricano dove i militari «giocano» con la democrazia, la vera opposizione è affidata alla musica.
Il suo «blues del Sahara» non piace ai dittatori. Malouma Minth Meidah, 49 anni, lo sa: «La censura mi ha colpito tante volte» eppure «rifiuto di abituarmi».
Video: Maalouma_Habibi habaytou .
E’ una censura dolce rispetto a quella praticata in altri Paesi. Però beffarda e capillare: in Mauritania non fanno sparire una cantante schierata contro il leader di turno, tanto più se eletta senatrice nell’unico voto libero che sia mai capitato in mezzo secolo di indipendenza. Però confiscano la sua musica. Gliela prendono dal baule. E’ successo alla frontiera con il Senegal qualche settimana fa. Malouma, una delle sei donne in Parlamento, tornava a Nouakchott, la capitale insabbiata tra l’oceano e il deserto: alla dogana le hanno preso i cartoni con i Cd che aveva in macchina. «L’ordine viene dall’alto» le ha detto quasi dispiaciuto l’ufficiale di servizio. L’ennesima umiliazione, per una delle più grandi artiste africane costretta a guidare oltreconfine per masterizzare brani inediti. Inediti e per qualcuno indigesti: «L’ordine non può che essere partito da Aziz», ha raccontato Malouma al quotidiano Le Monde. Aziz, il dittatore riciclando con il baffo spiovente. Il golpista che un anno fa ha incarcerato Sidi Abdallahi, il primo leader a essere democraticamente eletto (nel 2007), ora ha la forza e la faccia tosta di presentarsi a nuove elezioni presidenziali indette per il 18 luglio (da cui Sidi è escluso). Aziz ha pochi nemici che lo combattono a voce aperta. La prima è Malouma. Se la «Diva Ribelle» di Nouakchott decidesse di trasferirsi al centro del mondo, magari a Parigi dove è adorata, il generale Mohammed Ould Abdelaziz le pagherebbe il trasloco. Tra i brani sequestrati alla frontiera ce ne sono un paio che lo riguardano: «Gente di principio » e «Unilaterale». Il primo parla del vizio dei militari mauritani con l’abitudine di sottrarre il potere ai civili salvo giurare sulla divisa che «se ne andranno presto». II secondo attacca Aziz per l’improvvisa decisione, annunciata senza l’accordo dei partiti politici, di indire nuove elezioni per il 6 giugno con l’intento di togliersi di dosso la macchia del golpe e mantenersi al comando con la legittimità del voto popolare.Il piano di Aziz ha funzionato in parte. Il golpista riciclato ha dovuto spostare le consultazioni di un mese e mezzo, e questo ha permesso ad altri candidati di organizzarsi. Il pronostico è incerto, possibile un secondo turno. Non ci sono facce nuove. L’unico assente è il presidente deposto. In corsa come due anni fa il «nero» Messaoud Boulkheir, leader del movimento antischiavista (in Mauritania la schiavitù è stata ufficialmente abolita nel 1981). In corsa il portabandiera storico dell’opposizione, il tecnocrate Ahmed Ould Daddah che nel 2007 aveva ottenuto il 48%. Malouma è una grande sostenitrice di Daddah. Tra i candidati redivivi c’è il colonnello Vall, l’ufficiale che aveva detronizzato il vecchio dittatore Taha con la promessa (mantenuta) di ridare il potere ai civili. Prima che il rivale Aziz lo riconsegnasse ai militari cioè a se stesso.In questo labirinto maschile di stellette e lacchè che si giocano poltrone e contratti petroliferi alla faccia della povertà imperante, Malouma è di un altro mondo. Erede di una famiglia berbera di artisti tradizionali (la casta dei griot), divorziata con quattro figli, capelli rossi all’henné, un profilo da Lilli Gruber, velo bianco e una voce che i critici descrivono «un incrocio tra Fairuz e Janis Joplin», la Diva Ribelle ha cominciato presto a sfidare il potere. A 10 anni tirò le pietre a un emiro, un capo religioso, colpevole di aver lasciato il vecchio padre a cantare per ore sotto il sole. Malouma segue la tradizione per riempirla di contenuti nuovi. Un’arpa esplosiva. A 16 anni diventa celebre (e odiata dall’establishment religioso) per una canzone dal titolo zuccheroso («Habibi habeytou», Mi piace amare il mio amore) che in realtà è un atto d’accusa contro la pratica diffusa dei matrimoni con le bambine. Con tre album (il Giardino dell’Eden, Dunya e Nour) la «Diva Ribelle» riesce a coniugare arte e denuncia, le chitarre elettriche e la tradizionale ardin (l’arpa a 10-14 corde riservata alle donne). Il blues del Sahara riesce a chiudere, almeno in musica, quella ferita tra arabi oppressori e schiavi neri che costituisce il peccato originale della Mauritania. Malouma diventa un’icona, all’estero e tra la sua gente. Persino nei perenni momenti bui delle dittature militari, durante le manifestazioni di protesta, i poliziotti sanno che «Malouma non si tocca». Tutto questo svanisce sotto Aziz: «Ho ricevuto minacce telefoniche, per la prima volta ho avuto un po’ di paura». Non abbastanza da lasciare la sua casa tra oceano e deserto. Aspettando la caduta del dittatore. E l’avvento del prossimo. (Fonte: Corsera, da http://www.segnalazioni.blogspot.com/ )
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