giovedì 16 luglio 2009

MALOUMA LA RIBELLE. UNA VOCE CHE FA PAURA AI GENERALI GOLPISTI

Mauritania: cantante contro la dittaturaNel Paese nordafricano dove i militari «giocano» con la democrazia, la vera opposizione è affidata alla musica.


Il suo «blues del Sahara» non piace ai dittatori. Malouma Minth Meidah, 49 anni, lo sa: «La censura mi ha col­pito tante volte» eppure «rifiuto di abituarmi».

E’ una censura dolce rispetto a quella praticata in altri Paesi. Però beffarda e capillare: in Mauritania non fanno sparire una cantante schie­rata contro il leader di turno, tanto più se eletta senatrice nell’unico voto libero che sia mai capitato in mezzo secolo di indipendenza. Però confi­scano la sua musica. Gliela prendono dal baule. E’ successo alla frontiera con il Senegal qualche settimana fa. Malouma, una delle sei donne in Par­lamento, tornava a Nouakchott, la ca­pitale insabbiata tra l’oceano e il de­serto: alla dogana le hanno preso i car­toni con i Cd che aveva in macchina. «L’ordine viene dall’alto» le ha detto quasi dispiaciuto l’ufficiale di servi­zio. L’ennesima umiliazione, per una delle più grandi artiste africane co­stretta a guidare oltreconfine per ma­sterizzare brani inediti. Inediti e per qualcuno indigesti: «L’ordine non può che essere partito da Aziz», ha raccontato Malouma al quotidiano Le Monde. Aziz, il dittato­re riciclando con il baffo spiovente. Il golpista che un anno fa ha incarcera­to Sidi Abdallahi, il primo leader a es­sere democraticamente eletto (nel 2007), ora ha la forza e la faccia tosta di presentarsi a nuove elezioni presi­denziali indette per il 18 luglio (da cui Sidi è escluso). Aziz ha pochi ne­mici che lo combattono a voce aper­ta. La prima è Malouma. Se la «Diva Ribelle» di Nouakchott decidesse di trasferirsi al centro del mondo, maga­ri a Parigi dove è adorata, il generale Mohammed Ould Abdelaziz le paghe­rebbe il trasloco. Tra i brani sequestra­ti alla frontiera ce ne sono un paio che lo riguardano: «Gente di princi­pio » e «Unilaterale». Il primo parla del vizio dei militari mauritani con l’abitudine di sottrarre il potere ai ci­vili salvo giurare sulla divisa che «se ne andranno presto». II secondo attac­ca Aziz per l’improvvisa decisione, an­nunciata senza l’accordo dei partiti politici, di indire nuove elezioni per il 6 giugno con l’intento di togliersi di dosso la macchia del golpe e mante­nersi al comando con la legittimità del voto popolare.Il piano di Aziz ha funzionato in parte. Il golpista riciclato ha dovuto spostare le consultazioni di un mese e mezzo, e questo ha permesso ad al­tri candidati di organizzarsi. Il prono­stico è incerto, possibile un secondo turno. Non ci sono facce nuove. L’uni­co assente è il presidente deposto. In corsa come due anni fa il «nero» Mes­saoud Boulkheir, leader del movimen­to antischiavista (in Mauritania la schiavitù è stata ufficialmente abolita nel 1981). In corsa il portabandiera storico dell’opposizione, il tecnocrate Ahmed Ould Daddah che nel 2007 aveva ottenuto il 48%. Malouma è una grande sostenitrice di Daddah. Tra i candidati redivivi c’è il colonnel­lo Vall, l’ufficiale che aveva detroniz­zato il vecchio dittatore Taha con la promessa (mantenuta) di ridare il po­tere ai civili. Prima che il rivale Aziz lo riconsegnasse ai militari cioè a se stesso.In questo labirinto maschile di stel­lette e lacchè che si giocano poltrone e contratti petroliferi alla faccia della povertà imperante, Malouma è di un altro mondo. Erede di una famiglia berbera di artisti tradizionali (la casta dei griot), divorziata con quattro fi­gli, capelli rossi all’henné, un profilo da Lilli Gruber, velo bianco e una vo­ce che i critici descrivono «un incro­cio tra Fairuz e Janis Joplin», la Diva Ribelle ha cominciato presto a sfidare il potere. A 10 anni tirò le pietre a un emiro, un capo religioso, colpevole di aver lasciato il vecchio padre a canta­re per ore sotto il sole. Malouma se­gue la tradizione per riempirla di con­tenuti nuovi. Un’arpa esplosiva. A 16 anni diventa celebre (e odiata dal­l’establishment religioso) per una canzone dal titolo zuccheroso («Habi­bi habeytou», Mi piace amare il mio amore) che in realtà è un atto d’accu­sa contro la pratica diffusa dei matri­moni con le bambine. Con tre album (il Giardino dell’Eden, Dunya e Nour) la «Diva Ribelle» riesce a coniugare ar­te e denuncia, le chitarre elettriche e la tradizionale ardin (l’arpa a 10-14 corde riservata alle donne). Il blues del Sahara riesce a chiudere, almeno in musica, quella ferita tra arabi op­pressori e schiavi neri che costituisce il peccato originale della Mauritania. Malouma diventa un’icona, all’estero e tra la sua gente. Persino nei perenni momenti bui delle dittature militari, durante le manifestazioni di protesta, i poliziotti sanno che «Malouma non si tocca». Tutto questo svanisce sotto Aziz: «Ho ricevuto minacce telefoni­che, per la prima volta ho avuto un po’ di paura». Non abbastanza da la­sciare la sua casa tra oceano e deser­to. Aspettando la caduta del dittatore. E l’avvento del prossimo. (Fonte: Corsera, da http://www.segnalazioni.blogspot.com/ )

Nessun commento: