martedì 23 settembre 2008

" INSOUMISE E DEVOILEE" ( LIBERA E SVELATA)

Il lavoro di Karima (che tutt'oggi è vive con la paura delle minacce di morte dei suoi parenti) belga musulmana di 32 anni, resterà in libreria. È in sostanza ciò che risulta alla decisione del tribunale delle procedure per direttissima di Verviers che ha reso la sua ordinanza martedì. Quest'azione in giudizio era stata iniziata dai genitori e sorelle dell' autrice. Auspicavano che il libro fosse ritirato dalla vendita per eliminare i passaggi che minacciavano la loro vita privata. Questo libro illustra la lotta condotta da Karima per uscire dalla dittatura familiare che le era imposta. Spiega come ha girato le spalle alla sua famiglia che l' ha picchiata ed umiliata e sposata di forza in nome dell'islam. Il tribunale ha tenuto conto del carattere di emergenza ed ha dichiarato l'azione ammissibile ma non fondata. Il giudizio rileva che il resoconto è la prova di una vita intera e non soltanto centrata sulla vita di famiglia. Non poteva di conseguenza fare astrazione dei genitori e sorelle. Il tribunale sottolinea anche che i termini utilizzati dal autore non hanno volontà di pregiudicare i diritti dei richiedenti e che non si tratta affatto di un atto accusatore diretto contro la sua famiglia. " Il libro conclude con parole di speranza e di amore" , sottolinea ancora il tribunale. "Posso perdonare, ma dimenticare, quello no, é impossibile…". (Fonte: "Scettico")
Karima, 32 anni, accarezza il suo piccolo cuore sulla collana. Senza enfasi nel tono, labbra truccate, uno sguardo franco e determinato. "libera e svelata", come il titolo del suo libro da pubblicare nelle edizioni Azimut? È ovvio. Lontano, molto lontano, dell'immagine della povera vittima che si deplora sulla sua sorte. Infanzia rubata, matrimonio forzato, sequestri, violenze familiari… Karima ha tuttavia attraversato l'impensabile. E questo libro, é la sua "terapia"; l'occasione per lei “di raccontare la sua vita, non la loro".
"A 13 anni, scrivevo già. Una pagina, poi altre, e le strappavo. Per timore di essere scoperta quando i miei genitori frugavano la mia camera." Il suo manoscritto, lo ha sottoposto a venti case d'edizione. In Belgio, in Francia ed in Svizzera. Frédéric Allard, piccolo editore indipendente, decide di sostenerla: "La forza del suo resoconto, la sua determinazione, il suo dinamismo ed il suo buon senso lo ha immediatamente sedotto."
Il libro non è uscito, ma in un fine settimana, più di 200 internauti reagiscono sul suo blog. Messaggi positivi, ma anche delle minacce e degli insulti: "Ciò che cerchi, è di uccidere tua madre e di farti uccidere" (…) "Psicopatica, ladra, prostituta (…) sporca tossicomane".
Karima si prepara a rompere un tabù: rendere pubblica la sua storia privata. A Verviers, dove risiede, il telefono arabo ha funzionato in pieno". La settimana scorsa, riceve minacce di morte per telefono dove il suo interlocutore gli dice "tu hai dimenticato ciò che è successo a Sadia?" (questa giovane pakistana assassinata da suo fratello a Lodelinsart, NDLR). Prende timore. Previene la polizia, il sindaco, e stanca di vedere che niente si muove abbastanza rapidamente, chiama la stampa .
La polizia giudiziaria federale apre un'indagine. (L'elaboratore crimine unità) osserva le reazioni sul blog e traccia gli indirizzi IP. Poco a poco, una rete di sostegno si organizza. Gli Imam, il collettivo delle donne battute "ne puttane ne sottomesse"… Karima non è più sola. Il suo libro, la cui uscita ufficiale è prevista il 15 marzo prossimo, a Verviers, non resterà lettera morta: "Voglio che si sappia perché questo non succeda più", ci dice, dal proprio piccolo appartamento verviétois. Questo venerdì, nell'ora di predica, al centro islamico di Verviers, la più grande moschea della Wallonie, l' imam ha denunciato "pratiche nocive, come i matrimoni forzati o l'imposizione del hijab", come pure "qualsiasi minaccia contro la nostra sorella, il suo editore o anche la sua famiglia". Karima "non ha timore", ma si prepara a traslocare fuori di Verviers e cambiare i suoi bambini di scuola. E suo marito veglia al suo fianco, "La lascio fare come ha sempre fatto: libera e determinata. Ma sono ansioso, soprattutto per i nostri quattro bambini."
Karima, sesta figlia di una famiglia di dieci: tre ragazze, sette ragazzi. Un padre originario di Nador (Marocco), operaio delle miniere, esiliato nel 1968. Una madre analfabeta. Infanzia ad Anversa, quindi trasloco a Verviers. La sua famiglia? Musulmani praticanti, niente di più.
Ma Karima non è flessibile ed obbediente, come la vogliono i suoi. Fin da otto anni, suo padre le impone di portare il velo. "Temeva cosa avrebbero detto alla moschea, ma lo toglievo prima di entrare a scuola". Rifiuta "di essere una donna tutto fare". Colpi di cinghia, certificato medico falso per costringerla a restare a casa, pressioni, insulti… aiutare i genitori, pulire, servire i fratelli. "Volevo vivere."
La scuola, i servizi d'aiuto alla gioventù, la polizia… ma Karima prosegue sola il suo calvario. Fino alla sistemazione in una casa d'accoglienza, per un mese, a Namur. Fino al ritorno fra i suoi ed un viaggio sistemato in Marocco.
"Dinanzi ad un notaio, mio padre ha contratto un matrimonio per procura verbale con un mio cugino." Karima rifiuta quest'amore. I colpi e le minacce riprendono. Fugge, ottiene un posto in un rifugio, prima di annullare questo matrimonio, e di ottenere il divorzio. Una prova lunga e dolorosa…
Quattro bambini, dei piccoli lavori, il suo libro… Karima vuole ora ricostruirsi una vita. Senza odio né rimproveri.
"Musulmana fedele, ma ormai libera e svelata".

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