venerdì 9 ottobre 2009

DUE RAGAZZE ISLAMICHE IN FRIULI SI RACCONTANO. STORIA DI JOHARA E FATIMA

Chiacchierata con due studentesse di origine marocchina di 19 e 16 anni: «Per migliorare la convivenza dev’esserci uno sforzo da entrambe le parti». «Sbaglia chi dà la colpa al credo musulmano». Tra velo e integrazione Johara e Fatima raccontano il loro Friuli. IL DELITTO DI SANAA

Sono diverse, molto diverse; una porta il velo, lo hijab, e l’altra no tanto per cominciare, ma almeno due cose le accomunano: grinta da vendere e poi la rabbia «per il pregiudizio di chi dà opinioni senza conoscere». Johara e Fatima sono due studentesse musulmane che vivono a Udine, cugine tra di loro. Johara Ciccarello, quasi 19 anni, è figlia di una coppia mista, papà italiano, mamma marocchina, ma entrambi di religione islamica. Fatima Ezzahra Badaoui è nata invece in Marocco, a Rabat, di anni ne ha 16 (per la pubblicazione della sua intervista e delle foto abbiamo avuto il consenso dei genitori, El Mokhtar e Saadia) e vive in Friuli da non più di cinque. Ascoltare il loro punto di vista su diffidenza, integrazione e dintorni forse non è inutile in un momento in cui, qui da noi, resta forte lo choc per l’uccisione, a Montereale, della giovane Sanaa per mano del padre.
Una chiacchierata con Fatima e Johara apre a orizzonti per nulla scontati, aiuta a capire approccio, ostacoli, attese e pensiero di chi approda in una cultura lontana da quella in cui è cresciuto e desidera inserirsi nella nuova realtà, ma senza rinnegare le proprie tradizioni e convinzioni. E può aiutare anche a stemperare quel filo di tensione tra locali e immigrati di fede islamica dopo l’orribile morte della diciottenne marocchina che aveva lasciato casa per andare a vivere col fidanzato italiano.
Al riguardo la posizione delle due ragazze è inequivocabile: «Sbaglia chi attribuisce a quel delitto un significato religioso». Dice Johara: «È brutto che quanto accaduto sia classificato non come “padre che uccide la figlia”, ma “musulmano che uccide”: non sarà mai il Corano a suggerire questo. Quello era un pazzo, non centra nulla che il fidanzato sia stato di religione diversa».
Dice Fatima: «La famiglia è stata disonorata dalla fuga di Sanaa, è venuta a mancare l’obbedienza al genitore, per noi è una cosa importantissima, ma non si tratta di sottomissione. Nè tantomeno di motivi religiosi». Poi, sul perdono della madre al marito omicida: «Bisogna capire il contesto: lei non ha mai accettato il fatto, ma doveva dire che lo perdonava perchè adesso si trova da sola con due bambine e l’unico sostegno lo potrà avere dai fratelli del marito», aggiunge.
La strada per il reciproco rispetto la indica Majda Badaoui, mamma di Johara e zia di Fatima, che lavora come mediatrice culturale e linguistica in diverse scuole di Udine e che nei giorni scorsi, a Pordenone, è stata chiamata a sostenere la madre di Sanaa durante le sue testimonianze. «Servono buona volontà da entrambe le parti – il parere di Majda –. Sarebbe importante creare momenti di incontro, feste, iniziative multiculturali, stare assieme con quei musulmani, che a dir la verità non sono molti, che hanno voglia di integrarsi. Tutto deve partire dall’educazione e dalla famiglia. Se questa seconda generazione di ragazzi immigrati dai paesi arabi è ben istruita tra le mura di casa, se c’è il giusto dialogo, ognuno può essere in grado di fare le proprie scelte tra due realtà diverse, ma non per questo contrapposte. La buona convivenza non è impossibile se è la gente a volerla». (Fonte: http://www.ilgiornaledelfriuli.net/ , 1/10).

Leader islamico: gli imam rispettino le leggi italiane italia Il .... In realtà le parole di Abdellah Redouane segretario generale del Centro islamico culturale di Roma durante la sua intervista, sono state perlomeno ambigue. Vi invito a leggere l'intervista completa su "Magazine", il settimanale del Corsera che esce giovedì.

10 commenti:

primo capo ha detto...

ma che cacchio vogliono?
sono LORO che devono integrarsi qua, non noi a loro.
se non gli va bene, che tornino a casa loro.

Anonimo ha detto...

io non credo che si tratti solo ubbidienza /diubbiedienza ad un padre...sono tradizioni che vengono anche da una societa o ceto sociale a cui si appartiene.
Meritevole il gesto delle due ragazzae di voler difiendere l'islam e la loro religione, ma sono convinta che tutto dipenda anche dal ceto sociale, ho visto ricchi musulmani frearsene delle regole sociali e religiose.
Fra l'altro sono loro che devono integrarsi nel nostro paese e rispettare la regole di una societa,in cui vivono, lavorano...
lorena

Anonimo ha detto...

Sono convinta anch' io che conoscersi meglio non può fare che bene , ma quel che è certo è che certe loro tradizioni sono manifestamente incompatibili col nostro mondo e allora sta a loro scegliere se stare o andarsene. Grandmere

Anonimo ha detto...

Sono convinta anch' io che conoscersi meglio non può fare che bene , ma quel che è certo è che certe loro tradizioni sono manifestamente incompatibili col nostro mondo e allora sta a loro scegliere se stare o andarsene. Grandmere

Anonimo ha detto...

«Sbaglia chi dà la colpa al credo musulmano»
Ecco, mi sarei anche rotta le scatole di questa frase. Stefania

Alessandra ha detto...

Mi preoccupa ciò che ha detto Fatima sull'importanza dell'obbedienza al genitore, che non si tratta di sottomissione... . Nel caso di Sanaa e di Hina, per la quale ci sono stati anche abusi sessuali, è stato un tentativo di sottomissione fatto e sputato!!!
Non mi va che il padre di Sanaa sia definito "pazzo", perchè sapeva benissimo cosa stava facendo! Majda, rispettivamente madre e zia delle ragazze, è stata onesta ad ammettere che molti musulmani non si vogliono integrare.

Neve ha detto...

«Bisogna capire il contesto: lei non ha mai accettato il fatto, ma doveva dire che lo perdonava perchè adesso si trova da sola con due bambine e l’unico sostegno lo potrà avere dai fratelli del marito»
Il punto sta proprio in questo!
Religione o non religione, cultura o non cultura. Quella donna, la madre della vittima, non può denunciare apertamente il marito perchè altrimenti la famiglia di lui non manterrà lei e i suoi figli! E dunque quì entra in gioco tutta una comunità musulmana, che dovrebbe apertamente e senza giochi di parole condannare l'uomo e appoggiare la denuncio della donna.
Che dire, a quanto pare l'Italia è piombata di nuovo nel medio evo.
Mi atterrisce sentire dire questo a due ragazze di 16 e 19 anni, che magari fra qualche anno dovranno mettere le loro vite nelle mani di un uomo.
Occorre comprensione e tolleranza, ma la donna non è una proprietà, è un'essere umano, ha i suoi diritti e i suoi doveri, e deve essere rispettata, come un uomo, non deve essere sotto ricatto.

Alessandra ha detto...

«Bisogna capire il contesto: lei non ha mai accettato il fatto, ma doveva dire che lo perdonava perchè adesso si trova da sola con due bambine e l’unico sostegno lo potrà avere dai fratelli del marito»

Mi auguro che quel "bisogna capire il contesto" non sia una giustificazione. In tutte le frasi ambigue che ha detto la madre di Sanaa, prima HA SBAGLIATO LEI, poi no, poi sia lei che il marito, ricordo che ha risposto di sentirsi vittima di quell'uomo, lei e lei sue figlie in quell'italiano stentatissimo "lo perdono come padre dei miei figli": 'somma meglio che le figlie abbiano un padre assassino della loro sorella, piuttosto che se restino senza padre (che era pure un ubriacone!). Qualcuno libererà mai?

Mella ha detto...

Volevo dire una cosa ma l'ha già detta Stefania tale e quale, anche se lei in maniera un tantino più educata. Davvero non se ne può più!

Alessandra ha detto...

Già, confermo anch'io... . Fa lo stesso effetto dell'invito a non generalizzare, anche se magari fatto in buona fede.