mercoledì 25 novembre 2009

ECCO MAXXI, IL MUSEO DI ROMA NATO TRA MILLE ENTUSIASMI E TROPPE PERPLESSITA'


La prima settimana di notorietà del Maxxi, il nuovo museo d’arte contemporanea di Roma firmato dall’archistar anglo-irachena Zaha Hadid, è ormai alle spalle. Nonostante l’apertura vera e propria avverrà la prossima primavera – con le mostre inaugurali, durante le quali la struttura svolgerà la sua autentica funzione – si può dire che questa preview sia stata un grande successo, di pubblico e di critica. Noi ci siamo stati e confessiamo di non aver superato alcune perplessità, alcune di fondo e altre di merito, nonostante il clima circostante inducesse decisamente all’entusiasmo.
Prima di tutto la struttura è architettonicamente contraddittoria. È, cioè, interessante e innovativa a livello progettuale, ma manca di vari requisiti essenziali. Andiamo con ordine. Innanzitutto la rivendicata capacità di integrarsi con l’ambiente preesistente pare quantomeno opinabile. Se da un parte è apprezzabile la volontà di far sopravvivere una parte della facciata della caserma demolita, dall’altra non sembra che le linee dell’edificio si sposino con il contiguo paesaggio urbano. Pare, invece, che lo incrocino per antinomia. C’è chi dice: è proprio quello il bello. Sarà, ma continuiamo a credere che il difficile per un architetto sia integrarsi veramente nel tessuto preesistente, non distaccarsi in modo narcisistico concependo un corpo estraneo.
L’impressione è che il Maxxi di Zaha Hadid sia fatto apposta, quasi fosse una fotomodella, per esser ritratto con aura ammiccante e suggestiva, tale da ammaliare il visitatore o ancor di più il lettore del magazine à la page. E indubbiamente se ci si isola – sentendosi per un attimo abitanti della Luna e non cittadini di Roma – si subisce il fascino di questa “astronave” e se n’è subito attratti. Ma varcato l’ingresso su via Guido Reni si è immediatamente colpiti dalla strana atmosfera che caratterizza gli esterni. Provando a sostare in amabili conversari nei pressi dell’entrata, quella sensazione diviene più chiara: dove siamo? Sotto lo svincolo della tangenziale o all’ingresso di un museo? Crediamo di poter essere facili profeti nel prevedere una revisione prossima ventura: l’incombere minaccioso dell’immane struttura non ispira certo accoglienza, ma al contrario diffidenza e preoccupazione. (Fonte: L' Occidentale, 22/11)


9 commenti:

Anonimo ha detto...

Posso dire che mi fa letteralmente schifo o passerei per razzista perché progettato da una anglo-irachena?
stefania

Alessandra ha detto...

Certo che lo puoi dire, Stefania!!! Non siamo razzisti al contrario! L'altra volta ammetto di aver messo un post troppo celebrativo, anche perchè di articoli critici su questo progetto NON NE HO TROVATI e ho cercato di difendere quello che avevo postato (tra l'altro di architettura non me ne frega un piffero e non ne capisco un piffero). Un amico a cui ho detto della discussione che abbiamo avuto, mi ha segnalato questo articolo e l'ho messo per "rimediare" all'altro.
Non sono stata il massimo, come blogger, me la sono presa per dei vostri commenti tanto è vero che tu e Mella, per esempio, "evitate" spesso di commentare. Immagino che lo facciano anche altri. Mi dispiace: commentate pure come volete, quando volete, siamo in democrazia!!!

Antonio M Gallo ha detto...

Io l'ho visto personalmente, ci sono andato apposta la settimana scorsa: è uno scempio architettonico da qualsiasi parte lo si veda. Un orrore.
Non si adatta all'ambiente, anzi alla città. E' il trionfo del cattivo gusto, della mancanza d'immaginazione, dello squallore.
Visto da certe angolazioni sembra la succursale della coop, ma meno allegro.
Fa pensare ad un conteiner, ad un capannone e non certo ad un museo.
Lo ritengo un'offesa al buongusto italiano, famoso in tutto il mondo.
Ci siamo debosciati a pagare 150 milioni di euro ciò che il peggiore geometra (senza aiuto di architetti) avrebbe costruito certamente meglio con poche migliaia di euro.
La miliardaria iraqena incapace e raccomandata si arricchisce a spese della povera gente italiana che lavora e paga le tasse.
Ma non si vergogna?
Ma quando finisce questa mafia dell'architettura che sta sfregiando le nostre città?

Alessandra ha detto...

Grazie per la testimonianza "diretta", Antonio. Magari anche altri che hanno commentato l'altra volta l'hanno visto in realtà, non solo in foto. E anche a vederlo in foto non è il massimo, sinceramente.

Angelo ha detto...

Cara Alessandra, anch'io l'ho visto da vicino e ti assicuro che è molto peggio che in foto.
Per giunta conosco altri musei che l'iraqena ha realizzato all'estero, come in Lituania, e sono davvero belli.
Proprio per questo condivido in pieno l'opinione di Antonio: io ci vedo un vero e affronto all'Italia e agli italiani.
Guardo questo schifo di museo, penso alla povera gente che non arriva a fine mese e mi viene un attacco di rabbia.
150 milioni spesi sono una cattiveria, una risata sarcastica alle spalle dei poveri e di chi lavora.
Davvero, la gente non dovrebbe più pagare le tasse.
E ti dirò di più: se fossi un vero artista mi rifiuterei di esporre una mia opera in un simile catafalco. E' una questione di serietà e di principio.

Alessandra ha detto...

Grazie anche te, Angelo. In un commento all'altro post dedicato al Maxxi e a Zaha Haddid, mi hanno detto del museo che ha fatto a Vilinius, se non ricordo male e che è decisamente meglio. Prima del Maxxi volevo parlare di quest'archetetto sul blog, ma non avevo ancora visto delle sue opere. Mi si è semplicemente presentata l'occasione di parlarne. Non dovrebbe essere necessario, ma ribadisco che si possono fare tutte le critiche che si vogliono a una cosa che non piace o fa letteralmente schifo: non c'entra un piffero il razzismo verso chi l'ha prodotta!
Chiedo anche scusa a Mirella L., se passa di qua, per aver reagito male al suo commento dell'altra volta. Questo post, tra l'altro è di un tenore ben diverso da quello precedente.

Danilo ha detto...

Questo museo è l'abbattimento dell'arte, della cultura, della natura, del colore, del senso della vita.
E' un ecomostro che, se fosse stato fatto da un privato, ne avrebbero già ordinato l'abbattimento.
Io oserei definirlo DISUMANO.
Se questa donna avesse ancora un fiato d'onestà dovrebbe restituire immediatamente agli italiani il denaro che ha preso (rubato) per compenso.
Di peggio c'è solo il Momuk di Vienna, una violenza all'arte.
http://blog.fashionfriends.ch/wp-content/uploads/2009/10/DSC03695.jpg

Gli arabi vogliono sfregiare l'Europa che odiano. Non c'è altra interpretazione.

Alessandra ha detto...

Ripeto il Museo dell' "araba", che uno ha tutto il diritto di criticare, di dire che gli fa schifo nè più nè meno che se fosse stato fatto da un italiano, è stato voluto dal Comune di Roma. Perciò le è stato permesso di farlo.

Anonimo ha detto...

E' stato voluto dal comune di Roma?
E mica cambia qualcosa! Sempre in odore di mafia e corruzione siamo.
Io vinco la gara e ti do qualcosina...
E così nascono le mostruosità.
Non vince mica il + bravo. Vince lo studio di architettura che paga meglio.
Salut