L' INCHIESTA, TREVISO. LE FONDATRICI DELL' ASSOCIAZIONE "SECONDA GENERAZIONE" TAHARA E MERYEM: SE METTIAMO IL VELO NON CI SALUTANO PIU'.
TREVISO — «Allora, praticamente, quest’estate ho letto un sacco di Corano. Così due settimane fa decido di mettermi il velo e di prendere l’autobus, il solito 61, quello che da San Pelagio arriva a Ponzano. Tieni presente che in genere quando salgo mi salutano tutti, anche le sedie. Bene, quella volta sembravo invisibile. Eppure la voce e la manina che agitavo per fare ciao era la solita, la mia. Quando mi sono seduta la signora accanto a me, che conosco bene, si è alzata ed è rimasta in piedi. Cosa puoi dirgli? Poareti , sono fatti così». Tahra Essiya ride anche con gli occhi, la sua allegria è contagiosa. Con la carica che si ritrova venderebbe frigoriferi al Polo Nord, figurarsi i vecchi libri di quinta, esposti in precario equilibrio sui gradini del Duca degli Abruzzi, venerabile istituzione scolastica trevigiana. Magari senza volerlo, ma rappresenta una avanguardia.
Un prototipo. «G2», li hanno battezzati, seconda generazione. Un milione di ragazzi e ragazze, queste le stime della Fondazione Agnelli, ogni anno centomila di più. Sospesi tra due mondi e due culture, ne generano una completamente nuova, o almeno vorrebbero. I suoi genitori sono arrivati da Skhirat, Marocco, che aveva tre anni. Adesso che ne ha 19 e cambia più cellulari di Paris Hilton, parole sue, si è messa a studiare l’arabo perché sente che l’italiano e il dialetto veneto non bastano più. Racconta di aver dato il suo cuore a Laura Pausini, quando nell’iPod parte la strofa «i miei occhi sono isole dove non viaggi mai» si commuove sempre. Ma anche Mondo Marcio non è male e i vecchi Articolo 31 la facevano tanto ridere. Il papà è operaio alla Pagnossin, dalla settimana scorsa l’hanno messo in mobilità. La mamma fa le pulizie in giro per la provincia. Quest’anno Tarah si iscrive all’università, va di fretta perché deve studiare, il test per l’ammissione alla facoltà di Servizi sociali è andato male, c’è da preparare l’esame di ripescaggio. «E ci puoi scommettere un milione che lo passo ». Lo dice mettendo su una espressione da ispettore Callaghan, sembra un broncio ma poi arriva un’altra risata. È stata incerta fino all’ultimo, perché il suo sogno era fare la poliziotta, oppure andare all’Accademia militare. (Fonte: Corriere della Sera, 19/9)
Poi: Sanaa e quella frase del padre: «Era una settimana che ci provavo» Leggi tutto... , L' ultimo sms del padre: ti piangerò sulla tomba, «Sono una musulmana innamorata di un italiano», Burqa, aggredita la Santanchè - Interni - ilGiornale.it del 21-09-2009 e Islam: Sbai, Santanchè malmenata ma non faceva nulla di male Leggi tutto... .
«Serietà, sicurezza e giustizia. Io credo in questi valori». L’aspirante poliziotta risulta indigesta allo sceriffo, quel Giancarlo Gentilini ex sindaco e noto autore di battute simpaticissime, come quella sugli immigrati-leprotti da impallinare all’apertura della caccia. Assieme alla sua amica Meryem Fourdaus, 21 anni, studentessa di Economia a Padova e commessa in un negozio del centro, padre operaio cassintegrato, madre addetta alle pulizie in una casa di cura, ha creato il movimento «Seconda generazione». Nel 2008 hanno organizzato la preghiera segreta in un parcheggio della periferia, spiazzando le autorità cittadine. Quest’anno lo hanno rifatto, affittando da un privato una stanza nell’ex Coop di via delle Puglie. L’ingresso è quasi sempre addobbato di bandiere italiane.
La ribellione di Tahra e Meryem non ha motivi religiosi. «È un urlo rivolto alla città e ai nostri padri» dicono. Non sopportano il divieto di moschea e la rassegnazione dei loro vecchi nell’accettarlo. «Noi siamo italiane, ma solo fino a quando cominciamo a parlare. Dopo, torniamo a essere quelle là, emarginate. Cittadini di serie B. Dal punto di vista dei diritti veniamo percepite come fossimo appena sbarcate a Lampedusa». Vittorio Filippi, trevigiano, docente di sociologia a Ca’ Foscari, ha studiato la rabbia della seconda generazione. La sua città, assieme a Vicenza, anche in questo è il laboratorio di un Veneto già laboratorio di suo con i 70.466 alunni stranieri nelle scuole, 26.074 dei quali nati in Italia. «A quelle ragazze viene negata una diversa identità alla quale sentono di avere diritto. Così finiscono per cercarne un’altra nei loro valori, riscoprono la religione e la cultura di provenienza nella quale finiscono per trovare un fattore di ancoraggio. La loro battaglia per la moschea 'segreta' si spiega anche così». Mentre si dirige al vecchio supermercato, Tahra sa che oggi si parla di padri e figlie. Di generazioni troppo diverse e di una ragazza della sua stessa età, Sanaa, alla quale non è stato concesso neppure il tempo per ribellarsi. «Avrò letto 60 mila articoli sulla storia di Pordenone. Ci dev’essere altro, un motivo più grande. E comunque: solo Allah dà la vita e la toglie. Solo lui. Sta scritto nel Corano». Lei non ha problemi con i genitori e neppure le sue sette cugine. Parlano tutte con «Francesco», soprannome del nonno camionista, che a 57 anni è il patriarca della famiglia Essiya. Vivono tutti in una casa del quartiere San Pelagio, a bassa densità di immigrati. Quando Tahra ha raccontato al padre la faccenda del velo e dell’autobus, lui ha risposto con una sola parola: «Toglitelo». Ma il copione del giovane che segue il modello occidentale scontrandosi con la famiglia di origine è di attualità anche a Treviso.
Due anni fa, una ragazza di 17 anni denunciò il padre che l’aveva portata in Marocco per un matrimonio combinato. E tante storie simili non riescono a valicare la mura di casa. «Conosco due genitori molto fedeli alla tradizione, ma con mentalità aperta. Uno dei loro figli frequentava la cosiddetta banda della bandana. Hanno indossato i costumi tipici marocchini e sono andati al McDonald’s dove i ragazzi si davano appuntamento. Il loro ragazzo non è più tornato lì per vergogna». Abdallah Khezraij, mediatore culturale, è il titolare di Hilal, il circolo di viale Monfenera diventato punto d’incontro per tutte le etnie, italiani compresi, a colpi di buona cucina. «La G2, come la chiamate voi, è minata alla base da questo conflitto generazionale. Due visioni diverse e vale anche per me. Mio figlio ha 10 anni e mi diverte vederlo fare mosse di breakdance. Ma se diventasse un fanatico di queste cose, non so come la prenderei».
All’ora della preghiera, la moschea segreta nel supermercato è piena. Da una porta si intravedono i tappeti, una pila di copie del Corano appoggiate su uno scaffale bianco. Molti anziani, cinque donne con il velo. Il sorriso di Tahra si spegne. «Quella ragazza, Sanaa, che adesso piangete come fosse una di voi: era davvero italiana, ma non aveva la cittadinanza. Uguale, ma senza passaporto. Come me, che sono qui da 16 anni. La doppia identità culturale, che a me sembra una ricchezza, viene giudicata un’insidia. E allora molti della seconda generazione, sentendosi rifiutati, si riavvicinano alle loro origini, alla loro religione ». Saluta con un gesto della mano ed entra nella stanza delle preghiere. «Ciao, italiano vero». A pensarci bene, la storiella iniziale, quella sul Corano e sul velo, non fa più così ridere.
giovedì 24 settembre 2009
LE RAGAZZE SOSPESE TRA IL CORANO E LA PAUSINI
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
5 commenti:
Ciao Alessandra, grazie della visita! su Mister Italia... fatalmente lo faranno, ma nn sarà un bene.. allargare il delirio e il vuoto dell'anima nn riparerà il male già fatto alle donne, potrà solo peggiorarlo. Ma il video L'HAI VISTO? ti assicuro che merita. Riguardo a Tahra Essiya.. spero tanto in persone come lei, penché il mondo è messo male, e lo possono salvare solo le donne. Allora siamo fritti? può darsi... ma bisogna provarci. Cmque, se lei sperimenta così direttamente la PAURA che ormai gli italiani hanno della sua religione (perché di questo si tratta) spero si adopererà per ridurre questa distanza anche da parte della sua comunità.
Con Tahara Essiya, anche l'amica Maryam Fourdaus, con cui ha fondato l'Associazione "Seconda Generazione". E vero c'è da sperare in ragazze così, ma auguro comunque che i ragazzi di seconda generazione, capiscano la paura degli altri italiani nei confronti anche dell'islam e non cedano al vittimismo.
Bisogna creare molte occasioni di dialogo e di confronto per superare le paure reciproche,
Grandmere.
paure reciproche?
io non ho mica paura delle donne islamiche!
mi fanno inc***e i loro proprietari!
Mi auguro che quelli facciano incaxxare anche a queste ragazze.
Posta un commento