venerdì 21 agosto 2009

LA SFIDA PER MOBILITARE LE DONNE


HERAT — Per lo più arriveranno ac­compagnate dagli uomini di famiglia: il marito, il figlio maggiore, al peggio i fratelli o i cugini. Nelle zone rurali le donne ai seggi potrebbero in gran par­te non andarci affatto. I sondaggi di organizzazioni non go­vernative locali e internazionali, osser­vatori Onu e i commenti dei media af­ghani concordano largamente nel rite­nere che siano i capi famiglia, i leader religiosi, i consigli degli anziani nei vil­laggi più remoti a determinare le scelte di voto. E la grande maggioranza delle donne si adatterà ai dettami delle auto­rità tradizionali, tutte rigorosamente maschili. «Cinque anni fa vivevamo la grande stagione della speranza. Le don­ne votarono in massa alle presidenziali del 2004 e anche alle politiche dell’an­no dopo. Ma ora non sarà così. I temi del riscatto femminile sono stati dimen­ticati anche tra i più progressisti dei candidati. Vincono paura e disinteresse per le nostre tematiche», spiega pessi­mista Suraya Pakzad, nota leader della «Voce delle Donne», l’organizzazione che nelle regioni occidentali del Paese sino a ieri sera cercava di mobilitare le sue attiviste. Ma la Commissione elettorale afgha­na segnala che la situazione di pericolo e le minacce talebane tengono lontano dai seggi le scrutatrici, specie nelle zo­ne rurali. Sembra che nelle regioni orientali, quelle lungo il confine paki­stano, manchino all’appello oltre il 20% delle 13.000 addette alle operazioni di voto. E nel Sud potrebbero essere me­no della metà. Il problema è noto: in mancanza di funzionari femminili le donne non votano. Per tradizione evita­no di aver alcun tipo di contatto con uo­mini sconosciuti. Emerge così un grave scollamento tra propaganda elettorale e realtà. Sulla carta infatti la situazione per l’elettorato femminile sembrerebbe migliorata. Nel 2004 c’era solo una can­didata alle presidenza, oggi sono due. (Fonte: Informazione Corretta , dal Corsera 20/8)

E a proposito: Donne candidate, Shala e Frozan sfidano uomini e tabù - Il Mattino , Campagna elettorale afghana: per le donne una sfida - Elezioni ... e Afghanistan. Sorpresa. Record di affluenza di donne in alcune zone ... .
Alla vicepresidenza sono addirittura 7, cinque anni fa nessuna. Le concor­renti per i 34 Consigli Provinciali sono passate da 286 a 342. E sembra anche cresciuto il numero delle iscritte al vo­to, oggi oltre il 41 per cento degli eletto­ri. Ma viene anche osservato che il nu­mero appare sospetto. Le donne spesso rifiutano di essere fotografate, anche per i documenti ufficiali. Le loro carte d’identità possono dunque venire facil­mente falsificate e i loro nomi utilizzati per i brogli elettorali. Argomento que­sto che è ripreso con forza anche dalla deputata tagika Fawzia Kofi, nota pasio­naria per le battaglie dei diritti delle donne, che nel parlamento di Kabul ci ribadisce i suoi timori di gravissime ir­regolarità: «Se ci saranno brogli, le don­ne saranno le prime a farne le spese». Herat si dimostra un termometro molto sensibile nel registrare il deterio­rarsi della condizione femminile. Fu la prima città, dopo Kabul, dove dopo la sconfitta talebana del 2001 riaprirono le scuole femminili. «Già nel 2003 la no­stra radio locale, Sahar , riprese a tra­smettere voci di giornaliste donne, che erano state severamente censurate dai talebani. E l’anno dopo le donne riap­parvero anche su Herat tv », ricorda con nostalgia Suraya. Qui però nell’ulti­mo mese almeno 12 studentesse sono state picchiate o addirittura ferite a pu­gnalate dai fanatici religiosi. Sembra ci siano anche alcune rapite. I talebani vorrebbero chiudere le scuo­le femminili. Le attiviste segnalano che nell’intero Paese il movimento per l’emancipazione della donna ha subito un grave arresto in seguito all’assassi­nio di quattro personalità note. La pri­ma vittima fu agli inizi del 2007 Sakina Amajan, responsabile per gli Affari fem­minili nella provincia di Kandahar. Seguirono le uccisioni di una nota poliziotta nella stessa città (Malalai Kakar, che si occupava dei delitti d'onore, ndr), quindi quel­le di due giornaliste: Sangah Amag, di Tolo tv a Kabul, e la corrispondente di Radio Solah nel Parwan.

Nessun commento: