venerdì 21 agosto 2009

"IO, IN PIAZZA A TEHERAN NEL RISPETTO DELL' ISLAM

MARIAM ha 24 anni, capelli castani e occhi nerissimi. È nata a Teheran e nella capitale iraniana è cresciuta e ha studiato finché la sua famiglia ha deciso di mandarla all’università negli Stati Uniti, in California, dove vivono milioni di connazionali. Lei si è appena laureata in Ingegneria e il 12 giugno scorso, nella città dove vive, ha tentato invano di votare nelle sezioni elettorali allestite per gli iraniani all’estero. Una giornata persa a girovagare da un seggio all’altro, ricevendo sempre la stessa risposta: «Le schede sono finite».
«Quanto stava accadendo nel mio Paese – dice – l’ho seguito sulla Cnn, che ha fatto servizi per 48 ore consecutive senza pubblicità. Io volevo votare il leader progressista Mehdi Karroubi, ex speaker del Parlamento, perché credo che in una teocrazia debba avere il potere un mullah. Non mi fa piacere, ma meglio loro. E poi, tra i candidati era quello che conoscevo meglio».
Mariam è musulmana e non mette in discussione, così come non lo fanno i contestatori del regime che ha preso il potere, la Repubblica Islamica in quanto tale. Contesta solo i capi conservatori che si sono subito auto-proclamati vincitori, a cominciare dal presidente Mahmoud Ahmadinejad.
Nella seconda metà di giugno Mariam (in realtà il suo vero nome è un altro) è tornata a casa e si è trovata nel pieno della contestazione scoppiata dopo le accuse di brogli elettorali avanzate dai leader progressisti guidati da Mir Hossein Mousavi. Catapultata nell’Onda Verde, ha partecipato alle proteste di piazza, agli scontri, ha visto con i suoi occhi le violenze dei Pasdaran e dei miliziani Basiji, le bastonate (ne ha prese anche lei), le retate, gli arresti, il sangue delle vittime innocenti della dura repressione del regime.
Mariam è rimasta qualche settimana, poi è ripartita per gli Usa. Tra qualche giorno, dopo una breve vacanza nella Riviera di Ponente, dove l’abbiamo intervistata nella hall del suo albergo, tornerà di nuovo in Iran.

Che clima c’era a Teheran subito dopo il voto di giugno?

«Tra la gente una bellissima atmosfera di unione e amicizia, ma quando protesta, il popolo iraniano ha un’energia e un potenziale molto alti. Io subito non volevo andare alle manifestazioni, ma seguendo le notizie è scattata la rabbia e ho pensato che anch’io dovevo riprendermi i miei diritti, in nome di tutto quello che ho subito nel passato. Quando molti anni fa, ad esempio, sono stata arrestata solo perché avevo partecipato a una festa...».

La sua prima manifestazione contro il nuovo governo?

«Per la commemorazione del martire Beheshti, alla moschea di Ghoba. Mi ha colpito il modo in cui, nel clima di censura, le notizie vengono fatte circolare: passandosi la voce per strada, in movimento, nel traffico, tirando giù i finestrini perfino nelle superstrade, con persone in motorino con cartelli su cui sono scritte data, luogo e ora delle manifestazioni... Quel giorno a Ghoba all’inizio c’era calma, qualcuno aveva notato una telecamera davanti alla moschea e allora un ragazzo si è arrampicato e l’ha staccata. La polizia, che stava in un angolo, l’ha catturato con la forza e la gente l’ha difeso. Eravamo un migliaio di persone, ci sono stati tafferugli». (Fonte: Arabiyya )

E sempre dall'Iran:

A Roma convegno di solidarieta' con le 1000 donne di Ashraf Leggi ancora..., Iran: Appello per salvare la vite delle donne incarcerate nel famigerato carcere di Evin a Teheran Leggi ancora... , Iran - Rajavi: La Rivelazione di reati nelle carceri sottolinea la necessità di processare i mullah Leggi ancora..., UN VIDEOCLIP IN PERSIANO CON I SOTTOTITOLI IN FRANCESE MIO NEDA, MIO IRAN Link a questo post, Ahmadinejad nasconde il killer di Neda la ragazza simbolo della rivolta iraniana, http://irandemocraticoweb.blogspot.com/2009/08/fonte-tgcom-mondo-iran-cosi-il-regime.html, http://pensierimadyur.blogspot.com/2009/08/lintervista-ad-una-donna-iraniana-che.html e per finire Donne di Teheran .
Dopo questa esperienza?

«La manifestazione del 18 tir, cioè il 9 luglio, per l’anniversario della strage degli studenti del 1999, che si ricorda ogni anno. Ma stavolta è stato diverso. C’era molta gente, io alle 16,30 da Behbuodi sono andata verso piazza Enghelab, dove però non ho visto molte persone, per cui mi sono diretta verso l’Università. E lì è successo di tutto: la polizia antisommossa ha lanciato lacrimogeni e le milizie picchiavano chiunque. Così ci siamo uniti tutti in corteo e abbiamo urlato slogan. Io – come molti altri - mi ero attrezzata contro i gas: giornali e sigarette per fare fumo e annullarne l’effetto. Molti genitori soffiavano in faccia il fumo ai figli piccoli, ma in genere ce lo facevamo l’un l’altro. La polizia “municipale” cercava di convincerci ad andare a casa, ci pregava di non stare lì: era in mezzo a due fuochi. Io gli ho urlato: “Dite anche ai Basiji di andarsene a casa!”. Erano tutti molto tesi: vedere che la gente non obbedisce li distrugge, e anche i clacson li fanno impazzire. Noi andavamo avanti e ogni tanto la polizia ci caricava: ho preso delle manganellate al fianco e scappando ho sbattuto contro lo specchietto di un’auto e mi sono fatta male al braccio. Sono rimasta in centro fino alle 20, poi sono rientrata in taxi: 3 ore per 30 minuti di percorso. Un traffico mai visto: sembrava che tutta la popolazione di Teheran fosse in strada in macchina. A casa sono andata sul tetto e ho iniziato a gridare “Allaho Akbar”, Dio è grande, ma ero così stanca e la mia voce così bassa per tutto il gas che avevo respirato, che non si sentiva niente».


C’era alla preghiera di venerdi 24 luglio, quando ha parlato Rafsanjani?


«Sì. Ho visto le ragazze con la faccia dipinta di verde che distribuivano acqua. La polizia non si vedeva in tutta quella folla, ma era pieno di Basiji. Rafsanjani ha iniziato verso le 13.30 credo, ma non ho seguito bene perché mi trovavo per strada con una mia amica e una parente. Durante il discorso della guida della preghiera, di solito si grida “morte all’America” oppure “morte a Israele”, questa volta si sentivano slogan contro la Russia e la Cina e ovviamente contro i brogli elettorali. Dopo il discorso di Rafsanjani la polizia ha iniziato a caricare per disperdere la folla. Siamo scappate verso la macchina mentre la gente gridava slogan contro il figlio di Khamenei, e una volta giunte nel silos i Basiji hanno lanciato lacrimogeni: stavamo per soffocare! Solo per uscire dal parcheggio ci abbiamo messo un’ora e mezza».


Come pensa che finirà?

«Non lo so. Sicuramente ormai la gente non ha più paura come prima, è molto unita. Io sono contenta di avere partecipato: è una bella emozione sentirsi “goccia” di un mare così potente. Nei prossimi giorni ci saranno manifestazioni per il giuramento del presidente: sono convinta che la gente non resterà a guardare. E io, quando torno, ho intenzione di scendere di nuovo in piazza».

2 commenti:

barbara ha detto...

perché credo che in una teocrazia debba avere il potere un mullah
A quanto pare la fanciulla non è neppure sfiorata dalla tentazione di chiedersi perché diavolo uno stato debba essere una teocrazia (cosa che, in senso stretto, non è neppure il Vaticano) ...

Alessandra ha detto...

Infatti il Vaticano non è neppure lontanamente paragonabile a una teocrazia di quel tipo.