Tulay è una ragazza di Istanbul. Vive nella parte orientale della città e ogni mattina attraversa il ponte sul Bosforo per raggiungere l’Hotel sulla riva europea dove lavora alla Concierge. Il rito è sempre lo stesso: lei si avvolge il foulard attorno alla testa perché è meglio così, niente trucco e soprabito lungo fino alla caviglia. La trasformazione occidentale avverrà poi nei servizi dell’albergo dove con cura Tulay indossa il tailleur d’ordinanza, si mette un fondo di make-up, un bel rossetto, un leggero ritocco agli occhi, un po’di gel nei capelli corti che la rendono trendy. Sfoderando un perfetto inglese e altrettanto perfetto sorriso si occupa del check-in e check-out dei clienti. Questa è la sua mansione da quando ha finito l’università 4 anni fa. Proprio allora molte ragazze, prima occidentalizzate, hanno ricominciato a vestirsi all’uso dell’Islam non si sa bene perché, ma era nell’aria.
Dietro il bancone la ragazza ha imparato il rispetto che esercita quotidianamente verso le persone di modi ed educazioni disparate. Tulay è molto fiera della sua posizione sociale come pure la sua famiglia che, venuta dall’Anatolia profonda 30 anni fa, spesso le ricorda i tempi durissimi di quella esistenza di misera pastorizia. Ora che suo padre, operaio tessile, ha perso il lavoro insieme con altri 160.000 colleghi nel giro di pochi mesi, il suo stipendio è fondamentale per il sostentamento di tutti: una madre casalinga, una sorella minore che ancora studia, un fratello guida turistica. Le rimangono pochi soldi per i piccoli piaceri: una cena al mese con le amiche nei ristorantini del Corno D’Oro fra turisti americani ammaliati dalla magia dei tramonti e del sorgere della luna che inonda di luce dorata moschee e minareti. Va bene così.
Il tasso di disoccupazione è cresciuto nella città di Istanbul fino al 18% e avere un lavoro è già stare bene. Qualche volta accompagna il fratello a pesca sul Bosforo: un sano divertimento, non costa niente e capita di portare a casa un bel pesce. Ormai da 10 anni alloggia in una casa popolare di tutto decoro in uno dei tanti quartieri in cui sorgono accanto a grattacieli e a vecchie dimore restaurate per ricchi.
Quindici milioni di abitanti dell’antica Istanbul, capitale dell’Impero Romano d’Oriente e poi dell’Impero Ottomano espanso, intorno al 1400, fino a Vienna. Tulay è fiera delle vestigia storiche della sua città. Sono lontani i ricordi delle bidonvilles maleodoranti, attigue alle concerie a cielo aperto, che l’avevano accolta al tempo dell’infanzia. A scuola aveva fatto indagini storiche e sociologiche sul popolo turco concentrato nella megalopoli, ma non contemplavano gli ultimi 20 anni di evoluzione vissuti da lei; la realtà era lì da toccare talmente evidente nella sua veloce e costante trasformazione innescata sia dall’economia di mercato, sia dalle 10 famiglie che possiedono e governano la maggior parte delle risorse del Paese, sia dai massicci investimenti statali e municipali in infrastrutture. (Fonte: "Libero News")
Tutto ciò ha creato nel giro degli ultimi 10 anni 2 milioni di veri ricchi, una classe media che se la cava bene e una classe popolare che fa fatica soprattutto adesso con la crisi.
Tulay si era permessa l’anno scorso un viaggio a Roma e percorrendo la strada dell’aeroporto, aveva lungamente osservato attraccate ai moli le gigantesche navi-alberghi a 10 piani pullulanti di turisti americani. Più lontano alla fonda nel mare di Marmara invece scorgeva gli enormi pachidermi galleggianti, solitarie petroliere rosse scrostate in attesa di lasciapassare per il Mar Nero dove caricare petrolio e gas. Due mondi diversi: sbandieramento di allegro lusso da una parte e silenzio quasi triste dall’altro. Come la vita di lei quando dall’euforia dell’Hotel sempre in attività si passa ai silenzi delle sere sul Bosforo rotte solo dalle preghiere nei minareti, o quando la ragazza si permette un po’ di shopping in saldo negli eleganti centri commerciali o entra negli affollati e rumorosi bazar delle spezie in compagnia di madre, zie e cugine. Mondi contrastanti che ritrova nel suo scrittore preferito, Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura, e che le scorrono davanti quotidianamente quando al banco dell’Hotel serve i clienti turchi e arabi eleganti e taciturni e subito dopo, americani grassi e allegri i quali pretenderanno le camere con vista Bosforo anche se sono già occupate. I turisti occidentali fanno pensare Tulay all’Europa. Ma un pizzico d’orgoglio nazionale le suggerisce che ce la si può fare da soli.
Sono sempre due le anime che influiscono sulla mente della giovane: l’anima dell’Occidente e l’anima della tradizione religiosa mai sepolta fra le cose del passato.
È anche per questo che lei prega 3 volte al giorno e si adegua scrupolosamente al Ramadan da buona musulmana. Oltre ai cavi d’acciaio che sostengono il ponte tra due continenti e due civiltà, c’è anche lei Tulay con le sue esili braccia a stendere il ponte del futuro tra due popoli dissimili ma ugualmente rispettosi l’uno dell’altro.
venerdì 22 maggio 2009
LA VITA QUOTIDIANA E I SOGNI DI UNA RAGAZZA TURCA COL VELO
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
7 commenti:
E pensare che molti insani di mente ritengono che da noi il velo sarebbe un DIRITTO per le donne islamiche :-(
Piccolo refuso: Impero Romano Oriente, non Occidente.
OOOOPS! Grazie!!!
Ritengo inoltre doveroso che chi vota l'Udc nel nordovest, dia il suo voto a Magdi Allam.
ma perchè si mette il velo se poi se lo deve togliere?poverina si vede che non c'ha capito nulla nell'islam...
Ciao, chi sei?
sono una che ne ha abbastanza dei vostri pregiudizi...perchè non imparate a rispettare tutti coloro che sono diversi da voi?sarebbe bene che lo leggeste il Corano invece di criticarlo e basta!
Posta un commento