Una donna stuprata può ricorrere all’aborto entro i primi tre mesi di gravidanza, «ma solo se gode di una buona reputazione». Lo ha stabilito un nuovo editto religioso, una fatwa emessa dallo sheikh Mohammed Said Tantawi, imam dell’Università al Azhar, la massima autorità religiosa dell’Islam sunnita nel mondo che ha sede nella capitale egiziana, il Cairo. Citato dal sito web della tv satellitare, al Arabiya, Tantawi che è intervenuto in un convegno religioso tenuto al Cairo domenica sera, ha precisato che «la Shariya (legge islamica) tratta ogni caso a seconda delle sue circostanze; se per esempio un ragazza pura e immacolata rimane incinta a seguito di uno stupro subito in strada mentre sta per andare a casa oppure a scuola», allora «non vi è alcun impedimento a che la vittima vada da un medico all’inizio della gravidanza per rimuovere le tracce dell’aggressione che ha subito e per proteggere il suo onore e la sua dignità».
Ora questa puntualizzazione lascia costernati gli interpreti dell’editto. Intanto, come si fa a stabilire la «buona reputazione». Dal fatto che la donna appartenga a una buona famiglia? o dal fatto che non abbia mai suscitato chiacchiere sulla sua onorabilità? In questo caso, l’aborto può essere pensato come una soluzione di riparazione dell’onore della donna perbene stuprata.
E se la donna non fosse perbene? Allora, secondo l’imam Tantawi non può abortire, si deve tenere il “frutto del reato” e tacere.
Non è la prima volta che la legge della Sharia si apre a interpretazioni discutibili. L'emittente araba al Arabiya ha ricordato le recenti polemiche scoppiate nel mondo islamico per un precedente editto dello stesso Tantawi, ritenuto molto "controverso": nella prima fatwa, l’autorevole imam aveva considerato legittimo per l’islam l’aborto della donna stuprata senza nulla precisare circa la sua reputazione; inoltre fissava il termine possibile per l’interruzione della gravidanza ai primi 4 mesi e non 3. Quindi nessuna distinzione su chi tra le donne abbia diritto all’aborto o no.
Nell’Islam, in linea di principio l’aborto è vietato. Ma nel caso degli stupri la quasi totalità degli Ulema concorda sulla legittimità di interrompere la gravidanza nei primi tre mesi. Ma il fatto che si possano trovare delle eccezioni rivela il fatto che in Egitto le fatwe seguono più che le leggi del Corano quelle del mercato e dell’opportunità. Ogni giornale, radio, televisione ha una rubrica dedicato alle fatwa. Per due o tre volte alla settimana gli spettatori telefonano con le loro questioni e un mufti risponde alle loro domande. Al Cairo vi sono addirittura dei call-center che ti danno la possibilità di ricevere una fatwa seduta stante. Ogni chiamata ha un prezzo maggiorato rispetto alla normale telefonata (anche 10 volte): una parte del ricavato va all’affarista che organizza questo mercato religioso, e una parte va allo stesso mufti.
E poi leggete: link, link, link, link e link .
mercoledì 6 maggio 2009
IN EGITTO POSSONO ABORTIRE SOLO LE DONNE PERBENE
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5 commenti:
E per stabilire la reputazione cosa faranno? Interrogheranno tutti i vicini di casa? Se lì ci sono problemi di condominio come qui, posso immaginare i risultati :((
OT, mi sa che hai interpretato male "hashem". Quell'immondo non si riferisce allo zio di Maometto, bensì a "il Nome", cioè alla parola ebraica che si usa per indicare la Divinità.
Ma sì, ma poi se pensi che magari inizieranno a dire "quella lo ha provocato"... . Fortunatamente adesso c'è una legge che sanziona gli stupri, in Egitto (sempre che venga applicata).
Ah, ecco. Ho pensato subito ad "Hashem" come nome arabo.
fimmena, sembre bottana è!
che tristezza...
e poi ci si chiede chi ha rovinato la sicilia....
e poi ci si chiede chi ha rovinato la sicilia....
Bèh, comunque si può evitare di assumere certe posizioni, come questa visione della donna... .
Dai frutti li riconoscerai.
Questi sono tutti marci.
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