mercoledì 19 ottobre 2011

27 DONNE TRA I TERRORISTI GIA' RILASCIATI DA ISRAELE IN CAMBIO DEL SOLDATO GILAD SHALIT

Tra loro:



Muna Awana, condannata all'ergastolo nel 2001 per aver adescato su Internet con avances sessuali un 16enne, Ofir Rahum, fingendosi israeliana come lui. Il ragazzo l'ha seguita a Ramallah, dov'è stato ucciso da alcuni complici della ragazza e tenuto legato al cofano di un'auto. "L'assassina internauta", com'è soprannominata in Israele, è accusata di aver avuto "comportamenti violenti" (poi vedremo quali) con alcune compagne di cella e non vuole tornare a Gaza perchè teme vendetta. Rimarrà in Egitto.


Ahlam Tamimi il 9 agosto 2001 la studentessa giordana Ahlam passeggia a Gerusalemme vestita all’occidentale insieme a un amico, Ezzedin. Lui ha una chitarra. Notarono una pizzeria affollata, l’ordine di Hamas, della quale lei è stata la prima donna arruolata per una missione suicida, era quello di fare una strage di ebrei. Lei si accomiatò, lui si diresse verso la pizzeria e fece una strage con l’espolivo nascosto nella chitarra. Furono 16 i morti, Ahlam venne condannata a 16 ergastoli. Lei ai giudici disse che le vittime israeliane erano poca cosa rispetto a quelle palestinesi. I genitori di Malki, una ragazza di neanche 20 anni uccisa da Ahlam, chiedono ora di non dimenticarla.





Un'altra, Wafa al-Bis, ha voluto attorno a sè tanti bambini, che ha abbracciato, baciato e ai quali, soprattutto, ha detto che vorrebbero che seguissero il suo esempio e diventassero "shahid". Wafa è stata arrestata nel 2005, a 21 anni, perchè ha tentato di "immolarsi per Allah", parole sue all'epoca. Nascondeva dieci chili di esplosivo in pantaloncini confezionati per seminare la morte all'ingresso dell' ospedale Soroka di Beer Sheva (Neghev), dove la studentessa di sociologia a Beit Lahya (Gaza), era stata curata sei mesi fa in seguito a gravissime ustioni provocatale dalla esplosione accidentale in casa di una bombola di gas. «Da noi era stata curata con dedizione, accudita giorno e notte» aveva detto allora il direttore dell'ospedale, il dottore Eitan Hay-Am.

Ha "vinto" anche Nihad Zakut, che, bambina nel 1998, aveva commosso Clinton in visita a Gaza. L'ex presidente americano le aveva promesso che in un mese avrebbe fatto liberare suo padre, in carcere a vita e condannato all'ergastolo per aver uccuso un'israeliano. Ora Nihad ha 24 anni, 2 figlie, e il padre è libero.
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SE IL NOBEL PER LA PACE VA A UNA "SORELLA MUSULMANA", di Valentina Colombo

«Nel nome di Dio Clemente, Misericordioso, alla sorella Tawakkul 'Abd al-Salam Karman [nella foto], presidente dell’organizzazione "Giornaliste senza catene", membro del Consiglio direttivo del Raggruppamento yemenita per la Riforma, saluti e stima. Con immensa gioia abbiamo ricevuto, in seno al Raggruppamento yemenita per la Riforma, l’annuncio del conferimento alla vostra persona del Premio Nobel per la Pace come prima donna araba che riceve questa onoreficenza e prima personalità yemenita a godere di questo attestato di stima internazionale. Ci congratuliamo per questo raggiungimento storico e riteniamo che questa vittoria sia di sostegno alla rivoluzione pacifica yemenita e alla donna yemenita che combatte e che è consapevole della propria capacità di vincere nonostante gli ostacoli dell’arretratezza e il retaggio della tirannide che separano il nostro popolo dal progresso».
Questo è l’incipit del comunicato dell’8 ottobre 2010 a firma di Muhammad ibn Abd Allah al-Yadumi a seguito dell’annuncio della vincita del Premio Nobel per la Pace all’attivista yemenita Tawakkul al-Karman. Ebbene, molti di noi hanno gioito perché finalmente una donna araba, tra l’altro simbolo della "primavera" yemenita, vedeva riconosciuto il proprio sforzo, il proprio coraggio. Hanno esultato anche intellettuali laici yemeniti come la politologa Elham Manea, di origine yemenita e attualmente residente in Svizzera, e Ali al-Muqri, scrittore e intellettuale yemenita.
Purtroppo, come ha ricordato oggi Mashari al-Dhaidi sul quotidiano internazionale arabo Asharq al-awsat, non andrebbe mai dimenticato che il Premio Nobel per la pace è un premio politico, «fa parte degli strumenti di pressione morbida per realizzare uno specifico percorso di pace o stabilità, secondo una prospettiva occidentale». È sufficiente sapere che il Raggruppamento yemenita per la Riforma è il partito che rappresenta i Fratelli musulmani in Yemen e che Tawakkul Karman è figlia di 'Abd al-Salam Khalid Karman, membro dello stesso partito. Il partito per la Riforma, come si evince dal programma politico pubblicato sul sito ufficiale, agisce in nome dell’islam e vuole l’applicazione della sharia, propugna l’uguaglianza tra i credenti senza distinzione di sesso, ma la shari’a prevede che la donna vale la metà dell’uomo. Tawakkul Karman è sì un'attivista, ma un'attivista politica. Non c’è dubbio che sia il simbolo di una rivoluzione, ma si situa nel continuum delle "primavere" arabe che stanno assistendo al predominio dei movimento dei Fratelli musulmani, organizzati ed economicamente forti.
C’è anche chi ha esaltato la Karman come la donna che si è strappata il velo. Si tratta di una mezza verità: nel 2004 durante una conferenza sui diritti umani la vincitrice del Nobel per la pace si è tolta il velo integrale nero, indossato dalla stragrande maggioranza delle donne yemenite, ciononostante lo ha sostituito con il velo semplice che lei definisce "islamico". Anche il comunicato pubblicato sul sito del suo partito a seguito di una manifestazione per festeggiare il Nobel recita che il premio è «fonte di vanto e onore non solo per la donna yemenita, ma per la donna araba e il velo islamico». Quindi la Karman ha sostituito il velo nero tradizionale, "non islamico", a favore di un velo variopinto che è non tanto il simbolo della donna musulmana, quanto della donna legata al movimento dei Fratelli musulmani o per lo meno che indossa il velo come simbolo politico e/o identitario. Il Premio Nobel segue l’International Woman of Courage conferitole dal Segretario di Stato americano Hillary Clinton e dalla first lady Michelle Obama. Tutto conferma la politica statiunitense e occidentale volta allo sdoganamento del movimento dei Fratelli musulmani. E quale miglior esponente e simbolo di una donna giovane e determinata come la Karman. In un’intervista rilasciata nel giugno 2010 aveva dichiarato che sarebbe arrivato il giorno in cui «i violatori dei diritti umani pagheranno per quel che hanno fatto nello Yemen». Non posso che concordare se si riferisce al presidente yemenita Saleh, ma mi domando se i diritti umani previsti dalla sharia che il suo partito vorrebbe introdurre a tutti i livelli del paese corrispondono a quelli universali.
Ha ragione Mashari al-Dhaidi quando afferma che «Tawakkul Karman non è Madre Teresa, ma un’attivista politica che agisce in accordo alle direttive e alle esigenze politiche e sociali del proprio partito». Ancora una volta l’occidente ha scelto tra gli eroi e le eroine della “primavera araba” quella più politicizzata e soprattutto più vicina alle proprie politiche miopi nel Medio Oriente (e di fatto anche antioccidentali!). (Fonte: http://www.labussolaquotidiana.it , 13/10) Leggi tutto ...

sabato 8 ottobre 2011

A TRE DONNE IL PREMIO NOBEL PER LA PACE

Da sinistra: la yemenita Tawakkul Karman, la Presidente della Liberia Ellen Johnson Sirleaf e la sua connazionale Leymah Gbowee

Assegnato ad Ellen Johnson Sirleaf, presidente della Liberia, alla sua concittadina Leymah Gbowee e all'attivista yemenita Tawakkul Karman il premio Nobel per la pace 2011.

Come ha riferito il portavoce da Oslo, il premio è stato assegnato a Ellen Johnson Sirleaf, Leyman Gbowee e Tawakkul Karman "per la loro lotta non violenta per la sicurezza delle donne e per i loro diritti ad una partecipazione piena alla costruzione della pace". Si tratta di un riconoscimento del rafforzamento del ruolo delle donne, in particolare nei paesi in via di sviluppo.
Ellen Johnson Sirleaf e' la prima presidente donna di uno stato africano, eletta nel 2005; economista formatasi ad Harvard, è stata condannata a dieci anni di prigione per aver criticato pubblicamente il regime militare, ma è stata liberata dopo poco. Al momento della sua elezione ha pronunciato uno storico discorso chiedendo agli Stati Uniti di aiutare la Liberia a "divenire un faro splendente, un esempio per l'Africa e per il mondo di cosa può ottenere l'amore per la libertà".
Leymah Gbowee, anche lei liberiana, avvocato, e' un'attivista pacifista che ha contribuito a mettere fine alle guerre civili che hanno dilaniato il suo paese.Ha fondato un gruppo di donne cristiane musulmane per sfidare i signori della guerra in Liberia.Tra le iniziative più note dell’attivista, nota anche come la “guerriera della pace”, va ricordato “lo sciopero del sesso”, che costrinse il regime di Charles Taylor ad ammetterla al tavolo delle trattative per la pace. Nel 2009 ha vinto il Profile in Courage Award.
Yemenita è invece Tawakkul Karman, giornalista e fondatrice dell'associazione "Giornaliste senza catene" che si occupa di diritti delle donne e democrazia nello Yemen, paese negli ultimi mesi in preda a gravi conflitti sociali e politici. E' la leader della "primavera araba" yemenita e a gennaio è stata arrestata. E' membro del partito islamico conservatore "Al-Islah", primo gruppo d'opposizione, ma nel 2004 si toglie il niqab, preferendo il "semplice" hijab e si è scontrata con coloro che sono favorevoli ai matrimoni tra minori, di bambine in particolare, una vera piaga in Yemen. (Fonte: http://www.perlapace.it/ , 7/10)


E in più: LA LUNGA MARCIA DELLE AFRICANE DIVENUTE ARTIGIANE DELLA PACE


http://www.zeroviolenzadonne.it/rassegna/pdfs/15c229af0e3e5fabef8092929a5d5d96.pdf

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IRAN, FIDANZATI SI SUICIDANO DOPO UN INGIUSTO ARRESTO: IL WEB SI RIBELLA AD AHMADINEJAD



Messi in cella per un'amicizia scomoda. Lei è stata minacciata di stupri. Si sono uccisi a un mese di distanza l'uno dall'altra.

- Li hanno definiti i "Romeo e Giulietta" di Teheran, si chiamavano Nahal Sahabi e Behnam Ganji e sono morti suicidi a distanza di poche settimane l'una dall'altro. Lei 28enne maestra d'asilo, lui 22enne studente. Ganji è stato arrestato perché vicino ad un attivista, otto giorni di galera che lo hanno distrutto fino al suicidio. Un dolore che la bella Nahal non ha potuto sopportare. La loro storia, denunciata dagli attivisti, è diventata un simbolo.
Il Times online racconta come la tragica fine dei "Romeo e Giulietta" iraniani si sia diffusa rapidamente sui siti web e abbia scioccato gli iraniani: "E' la storia di due giovani che non avevano nulla a che fare con la politica, che si amavano e volevano vivere, ma hanno trovato, a causa del carcere, una fine improvvisa", dice Amir, che era amico della coppia. "Ognuno si può identificare con loro. Ognuno sente che può succedere anche a lui. Nessuno si sente al sicuro".
Ganji, 22 anni, era studente all'Università di Teheran. Viveva con Koohyar Goudarzi, 26 anni, un amico che era stato arrestato nel corso delle manifestazioni seguite alla controversa rielezione del presidente Ahmadinejad nel 2009. Goudarzi era stato un anno in prigione, espulso dall'università e con il divieto di riprendere la sua attività politica.

Arrestati per un'amicizia "scomoda" al regime


E' stata questa la causa della sfortuna di Ganji. Nella notte del 31 luglio agenti della sicurezza hanno fatto irruzione nel loro appartamento, hanno arrestato entrambi e li hanno trascinati nella tristemente nota prigione di Evin a Teheran. Non molto dopo sono state arrestate anche la fidanzata Sahabi e la madre di Goudarzi, nella città di Kerman. Ganji è stato detenuto per otto giorni, alcuni dei quali in isolamento. Ciò che gli è accaduto in quel periodo non è chiaro, ma quando è uscito era un uomo distrutto.
Si rifiutava di parlare del suo calvario. Non voleva vedere i suoi amici nè rispondere alle loro telefonate. Aveva il terrore di essere arrestato di nuovo e, la notte del primo settembre, si è suicidato nel suo appartamento con una overdose di medicinali.

La minacciavano di "disonorarla" (alcune fonti riportano che i due ragazzi sono stati violentati entrambi, ndr)


Sahabi, 28 anni, è rimasta nel carcere di Evin per tre giorni e, secondo l'amico Amir, coloro che la interrogavano l'hanno ripetutamente minacciata di "disonorarla". La ragazza viveva nel continuo incubo di essere violentata. Il suicidio del suo ragazzo l'aveva sconvolta. Dal suo blog emergeva sempre di più il dolore e lo strazio, ma anche il senso di colpa per non aver potuto fare nulla per aiutare il suo ragazzo.
"Forse, se tu sapessi quanto qualcuno ti ama, potresti tornare dalla morte", scriveva Sahabi. Poi, giovedì mattina, si è suicidata nella sua stanza, in casa dei genitori a Teheran. Come il suo ragazzo, lo ha fatto con un'overdose. E lo ha fatto nello stesso giorno della settimana, martedì. Le ultime parole sul suo blog sono state di qualche giorno prima: "E' di nuovo giovedì. Vieni Behnam. Balliamo insieme ancora una volta di giovedì".


San Valentino dedicato a loro


E i giovani blogger iraniani hanno gridato la loro disperazione sulla rete. "Da ora in avanti il nostro San Valentino sarà di giovedì, giorno in cui i due innamorati si sono riuniti", ha scritto Hope, 'Speranza'. "Coloro che hanno fatto questo ai nostri giovani non sono umani. La storia li ricorderà come terribili tiranni", è il post di Afsaneh. "Nahal era una ragazza che amava l'amore. Lunga vita all'amore. Lunga vita alla vita. Morte al dittatore", ha scandito Darius. (http://www.tgcom.mediaset.it/ , 2/10)
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sabato 1 ottobre 2011

DALL'IRAN... ALL'ITALIA

IRAN: POLIZIA A PARTY, RAGAZZA CADE E MUORE

http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Esteri/Iran-polizia-party-ragazza-cade-muore/25-09-2011/1-A_000251731.shtml

MACEDONE 15ENNE PICCHIA LA SORELLA "PERCHE' VIVE TROPPO ALL'OCCIDENTALE"

http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2011/27-settembre-2011/macedone-prende-calci-sorella-perche-vive-troppo-occidentale-1901656453795.shtml Leggi tutto ...

CONVERTITE

“(…) Il niqab è un qualcosa in più rispetto al velo e non vi sono evidenze che provino una sua solo supposta obbligatorietà. Tuttavia va detto che velo, niqab o anche burqa, qualora indossati, devono essere una questione unicamente tra Dio e la donna, senza intromissioni.Nè da parte degli uomini di casa, né da parte della società. Ogni donna deve poter scegliere da sola se conformarsi ai precetti coranici o meno: davanti a Dio il Giorno del Giudizio sarà da sola,non ci saranno i parenti o i parlamentari italiani a parlare per lei. Perciò è giusto che scelga liberamente. (…) Altrimenti è inutile criticare i metodi dittatoriali dell’Arabia Saudita che vietano alle donne di guidare e poi avere qui in italia lo stesso atteggiamento irrispettoso dei diritti della donna. Se è sbagliato vietarle di guidare, è sbagliato anche vietarle di velarsi.” Silvia Olivetti, Movimento per la tutela dei diritti dei musulmani. (Fonte: http://www.unpolitically.wordpress.com , 30/9) Leggi tutto ...

LO SAPETE GIA', MA IN ARABIA SAUDITA...

DONNE AMMESSE AL VOTO, MA DAL 2015

http://it.euronews.net/2011/09/26/arabia-saudita-donne-ammesse-al-voto-ma-dal-2015/

DONNA GUIDA: CONDANNATA A 10 FRUSTATE, MA RE ABDULLAH LA GRAZIA

http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo1022798.shtml Leggi tutto ...