domenica 19 giugno 2011

"GLI UOMINI DOVREBBERO AVERE DELLE SCHIAVE DEL SESSO: PRENDIAMO LE RUSSE IN CECENIA"




Lo afferma una politica del Kuwait. Sì, una donna.

E’ vero che gli stati a prevalente cultura islamica devono fare parecchi passi avanti nel campo dei diritti accordati alle donne. Ma allo stesso modo è vero che le prime a dover prendere coscienza della loro uguaglianza sono proprio le donne: e se si pensasse che questa è solo una teoria, tornerebbe di certo utile la storia che ci apprestiamo a raccontare e che il Daily Mail recupera dalle cronache del Kuwait. Una donna, già in corsa come parlamentare nel consesso legislativo di Kuwait City, ha affermato che gli uomini dovrebbero avere delle schiave sessuali, e che le prigioniere di ogni tipo detenute nelle carceri (di paesi stranieri, perdipiù), con l’unica limitazione della religione mussulmana, andrebbero più che bene per assolvere alla bisogna.

SCHIAVE DEL SESSO – Tutto vero, e scioccante non poco.

Salwa al Mutairi ha affermato che comprare una schiava del sesso sarebbe di protezione per gli uomini virili, devoti e giusti del Kuwait, che sarebbero così scoraggiati dall’adulterio perchè comprare una compagna di sesso straniera sarebbe un rinforzo per il matrimonio. E ha addirittura avuto un’idea rispetto al dove comprare queste schiave del sesso – scorrendo fra le prigioniere di guerra negli altri paesi.
Ci ha anche messo il carico, Salwa, sostenendo che per le donne oggetto di un tale traffico sarebbe in fondo molto meglio passare la vita da concubine nelle ricche case del Kuwait che passare i loro giorni a morire di fame in paesi non sviluppati e che non potrebbero dar loro le opportunità del piccolo emirato del golfo.

TUTTO A POSTO – L’opportunità, appunto, di diventare schiave del sesso.

“Non è vergognoso e non è proibito dalla Shari’a”, la legge islamica. (…) Mutairi ha inoltre raccomandato che gli uffici aprano i battenti al traffico del sesso proprio come le agenzie reclutano il personale domestico.
Prostituzione domestica e legale, tratta delle donne legalizzata, sfruttamento permesso dalle leggi: lo si chiami come si vuole; il fatto che la proposta arrivi da una donna è un buon termometro della situazione in Kuwait. Anche se, c’è da dirlo, il personaggio in questione ha più volte dato prova di essere controverso, e queste ultime dichiarazioni lo confermano senza dubbio. Ad esempio, perché non si potrebbe fare un bel viaggetto in Cecenia, dove la guerra ha di certo “causato delle prigioniere russe”? Compriamole e diamole, legalmente, agli uomini del Kuwait, così da scoraggiare l’adulterio illegale promuovendo quello legale.

CRITICHE E GIUSTIFICAZIONI – Un sussulto di reazione però arriva.


Alcune tweeter, utenti femminili di Twitter, già rispondono alla proposta di Salwa (“non ci vedo niente di male”, ripete la politica) respingendo l’idea al mittente in maniera sprezzante.
Chissà come si sarebbe sentita durante l’occupazione da parte delle forze irachene, se fosse stata venduta come un bottino di guerra, ciò che lei auspica per le donne cecene” (…) “Sei una disgrazia per le donne di tutto il mondo” (…) Per Muna Khan, responsabile ad Al Arabiya con base in Arabia Saudita, “la parte più buona della torta” nelle proposte di Mutairi è “la visuale pretestuosa, l’asserzione che le sue suggestioni non siano in contrasto con le leggi dell’Islam”. Secondo Mutairi, però, tutto rientrerebbe nel generale obbligo fatto ad un islamico di “conquistare” i paesi non islamici: la Jihad.
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PARTECIPA A UNA GARA DI BELLEZZA, LAPIDATA

Crimea: Katya Koren, 19 anni, musulmana, è stata barbaramente uccisa al suo ritorno a casa



Aveva partecipato a un concorso di bellezza in Ucraina, è stata uccisa, non lontano dalla sua casa, al ritorno nel suo villaggio in Crimea. E' la terribile storia di una ragazzina musulmana, Katya Koren, 19 anni, lapidata per aver violato la Sharia proprio prendendo parte a questo concorso. La polizia indaga sulla sua morte, dopo aver trovato il suo corpo straziato dalle pietre sepolto in una foresta.
Gli amici della giovane hanno raccontato che Katya adorava indossare vestiti alla moda, e che nel concorso in Ucraina si era classificata settima. Il suo cadavere è stato trovato una settimana dopo la scomparsa. La polizia ha aperto un'indagine per omicidio. Nel mirino ci sono tre giovani musulmani, che l'avrebbero uccisa proclamando che la sua esecuzione era dettata dalla legge islamica.
Uno dei tre, Bihal Gaziev, è in arresto e ha raccontato alla polizia che Katya non ha rispettato la Sharia, e che non ha rimorsi per la sua morte.
Sulla lapidazione il mondo musulmano è diviso: alcuni gruppi sono convinti che sia una legge islamica, altri non sono d'accordo. Secondo il report annuale di Amnesty Internationa sulla pena di morte nel mondo, non risultano notizie di esecuzioni mediante lapidazione nel 2010. Ma di recente ci sono state sentenze di morte per lapidazione in Iran, in Nigeria e nel Pakistan. (Fonte: http://www.tgcom.mediaset.it/ , 31/5)


Non è una notizia recentissima, ma la posto lo stesso, perchè ... Leggi tutto ...

CENTINAIA DI SAUDITE SFIDANO AL VOLANTE IL DIVIETO RELIGIOSO

PROTESTA. LE DONNE RIVENDICANO IL LORO DIRITTO A GUIDARE.

Molte fermate, nessuna arrestata


Re Faysal, secondo molti il sovrano più saggio dei Saud e il più amato fino alla morte nel 1975, diceva che «in una generazione l' Arabia era passata dal cammello alla Cadillac, grazie al petrolio». Ora tutti concordano che in meno di una generazione il Paese più conservatore e maschilista del mondo arabo è passato in massa alle nuove tecnologie. Sempre per merito dei petrodollari, distribuiti qui più che altrove. Basta collegarsi a Internet: ieri un' ondata di video, foto, messaggi su Twitter e Facebook, sui siti arabi e del mondo, testimoniava l' inedita e pacifica protesta delle saudite al volante. Un numero imprecisato di signore di ogni età che ha accolto la sfida delle attiviste di Women2Drive di guidare nell' unico Paese al mondo che non rilascia patenti alle sue cittadine. Il 17 giugno, era la «proposta indecente», scendiamo per le strade guidando noi, munite di licenza di guida internazionale, attente a non fare infrazioni, concilianti e senza eroismi. Ma determinate. Quante sono state? Quante sono e saranno visto che la protesta è destinata a durare «fino alla vittoria»? Impossibile dirlo. Oltre 7 mila si erano impegnate a impugnare il volante, certo molte meno hanno mantenuto la promessa. Ma proprio la scelta di preferire azioni individuali in momenti e luoghi diversi ostacola un conteggio preciso. Di certo c' è solo che qualche decina, forse centinaio di saudite hanno risposto. La prima «certificata» è una tale Nassaf, che ha guidato fino a un supermarket a Riad. Un' amica ha filmato e messo il video su YouTube: 00.30 del 17 giugno, si legge sul telefonino della guidatrice velata. Forse qualcuna le contenderà il primato, ma non importa. Importano invece le decine di testimonianze che sono seguite. «Ho guidato per 45 minuti in via Al Muluk e via Olaya», due importanti strade di Riad. «Ho deciso che l' automobile oggi è mia. Né leggi né la religione lo vietano», ha scritto su Twitter Maha Al Qahtani. «Fantastico, ho appena passato due auto della polizia. Mi hanno solo guardato», sosteneva Dima. «Sono uscita con la mamma, c' era solo lei al volante, le altre dove sono?», scriveva FouzAbd. Ma aggiunge: «Nessuno ci ha dato fastidio, più tardi l' abbiamo rifatto». In realtà, con il passare delle ore qualcuna è stata fermata. E' capitato alla stessa Al Qahtani nella sua seconda «missione», a una decina di altre. Lynsey Addario, una fotoreporter americana, ha dichiarato su Twitter che l' amica saudita al volante che accompagnava è stata bloccata da sei auto della polizia: «Sembrava avessero preso Al Zawahiri, sai che pericolo». Ma nessuna è stata arrestata, al massimo accompagnata in commissariato in attesa che un parente (maschio) le recuperasse, convinta a firmare una dichiarazione: «Non lo farò più». Certo è stata ancora una volta l' élite progressista a sostenere la protesta, compresi molti uomini (qualcuno ha dichiarato che avrebbe «guidato vestito da donna per confondere la polizia») e alcuni reali (come l' anziano principe Talal, fratello del re e padre del miliardario Walid Bin Talal). Tra i contrari alla sfida, come sempre, molte donne «conservatrici». Ma grazie a Internet la sfida delle signore al volante è ormai nota ovunque. La scelta delle autorità di non infierire, in un momento difficile per la regione e lo stesso Paese, può fare ora sperare che almeno su questa battaglia si possa ottenere qualcosa. Re Abdullah lo dice da anni alle donne: «Abbiate pazienza, arriverà il momento». Ieri gli è stato risposto che il momento è ampiamente arrivato. (Fonte: http://www.corriere.it , 18/6)
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mercoledì 8 giugno 2011

LIBERA LA DONNA CHE HA OSATO GUIDARE: L'ARABIA SAUDITA LA COSTRINGE A PENTIRSI



Manal Sharif in un comunicato:mi impegno a non violare la legge

La giovane attivista saudita Manal Sharif (nella foto), che ha trascorso nove giorni in carcere per aver guidato un’auto nel regno saudita, ha deciso di rinunciare alla battaglia che l’ha vista protagonista per consentire a tutte le donne del regno di guidare l’automobile. Con un comunicato pubblicato sul giornale arabo "al-Hayat", la Sharif spiega di «non essere altro che una donna musulmana e saudita impegnata nell’accontentare il suo Signore e ascoltare il proprio paese». «Continuerò a fare solo questo - aggiunge - e chiedo ad Allah di permettermi di seguire saldamente la strada del Corano, della Sunna e del monoteismo». La giovane era stata arrestata dopo essere stata trovata alla guida di un’auto nella città di al-Khobar, nell’est del regno saudita. Il suo caso ha fatto scalpore perchè prima dell’arresto aveva diffuso un video su "Youtube" e aperto una pagina "Facebook" nella quale chiedeva alle donne del suo paese di fare altrettanto il 17 giugno, mettendosi tutte alla guida delle loro auto per spingere la famiglia reale ad abrogare il divieto di guida delle auto per le ragazze.
La Sharif, scarcerata due giorni fa, aveva fatto sapere subito dopo aver lasciato il carcere che non avrebbe partecipato alla protesta del 17 giugno e nel comunicato di oggi promette di «non commettere più altri errori». (Fonte: http://www.lastampa.it/ , 1/6)
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IN IRAN

TEHERAN: L'ATTIVISTA HALEH SAHABI PICCHIATA A MORTE DURANTE I FUNERALI DEL PADRE.



http://www.articolo21.org/3302/notizia/teheran-lattivista-haleh-sahabi-picchiata-a.html

IRAN, CALCIATRICI CON L'HIJAB: LA FIFA LE SQUALIFICA



http://www.leggonline.it/articolo.php?id=125851 Leggi tutto ...