domenica 31 gennaio 2010

"HADIYA NON FARA' LA FINE DI HINA"

Brescia. Stanca di soprusi e violenze scappò dalla casa di Vobarno, ora vive in una comunità protetta.

Permesso di soggiorno alla donna pachistana che denunciò il marito.

VOBARNO (Brescia) - Prima la solidarietà della comunità locale, adesso il riconoscimento dello Stato Stato italiano: Hadiya, la trentunenne pachistana che nel maggio scorso si ribellò alla sua condizione di donna segregata, facendo arrestare il marito-padrone, ha ottenuto un permesso di soggiorno in Italia. Per ora la carta le consente di tirare un sospiero di sollievo fino al prossimo giugno, ma le prospettive di una sua permanenza a titolo definitivo in Italia sono concrete.
Ufficialmente il permesso è stato accordato alla donna per tutelare e seguire i suoi figli, uno di otto anni e una bimba nata lo scorso dicembre, dopo che Hadiya aveva già portato a compimento di suo gesto di ribellione.
Ma al di là delle ragioni burocratiche, l'ok alla sua permanenza in Italia vuole essere implicitamente un "premio" al coraggio dimostrato nello spezzare le sue catene di donna oppressa e vittima di una cultura maschilista ancestrale.
La donna aveva infatti avuto il coraggio di evadere dalla casa in cui suo marito la teneva rinchiusa da mesi, picchiandola e proibendole ogni contatto con l'esterno: fuggita per strada, la donna, che ancora oggi parla a stento l'italiano e non ha alcuna conoscenza in Italia, aveva richiamato l'attenzione di un vigile urbano e da lì è cominciato il suo percorso di riscatto.
"Hadiya ancora oggi vive in una comunità protetta - conferma Alba Pavoni, l'avvocato che in questi mesi ha seguito il caso, in collaborazione con i servizi sociali del Comune di Vobarno - e sta vicino ai figli.
Non ha più avuto riavvicinamenti con il marito, la sua intenzione resta quella di separarsi e fermarsi in Italia, ma questo per certi versi è il periodo più difficile: la donna deve cominciare a costrirsi una nuova vita, a intrecciare nuove relazioni, a trovare un lavoro. (Fonte: Corsera, 28 gennaio )
Il permesso di soggiorno accordato fino a giugno consente adesso di guardare al futuro con relativa serenità, ma quella imboccata è una strada senza ritorno: Hadiya nei giorni attorno a Natale ha telefonato ai suoi familiari rimasti in Pakistan: se da un lato ha ricevuto affetto e conforto, dall'altro le è stato fatto capire che nel Paese d'origine non condividono affatto il suo gesto e dunque un suo ritorno in patria farebbe di lei automaticamente un'emarginata. Anche questa considerazione, nei prossimi mesi potrebbe pesare sulla concessione di un visto permanente per l'Italia.

Non è comunque questo l'unico elemento di cui occorrerà tenere conto. L'amministrazione comunale di Volbarno, intanto continua a pagare la retta alla comunità che ospita la donna e i suoi figli; in un primo tempo era stato impegnato buona parte dell'avanzo di ammistrazione (poco meno di 50mila euro) ma anche questa situazione - è stato fatto notare - non potrà durare all'infinito.
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sabato 30 gennaio 2010

SPAGNA/ MINACCIA DONNA PERCHE' NON INDOSSA IL VELO

Mohammed Benbrahim denunciato, rischia carcere.

Madrid, 28 gen. (Ap) - Mohammed Benbrahim, imam di una moschea nella località catalana di Cunit, è stato incriminato per aver minacciato ripetutamente una donna, la 31enne Fatima Ghailan, rea di non indossare il velo islamico; la Procura ha denunciato per gli stessi reati anche altre tre persone, fra cui la moglie e la figlia dell'imam.
Secondo il racconto della donna l'imam ha cercato di farla licenziare dal suo posto di lavoro solo perché si veste all'occidentale e ha relazioni amichevoli con spagnoli non musulmani; se condannato, Benbrahim rischia un massimo di cinque anni di carcere.

SENZA VELO, MASSACRATA. MAROCCHINO FINISCE IN TRIBUNALE: http://iltirreno.gelocal.it/dettaglio/senza-velo-massacrata-marocchino-finisce-in-tribunale/1829414 .

ISLAM: IN GIORDANIA CRESCE USO VELO INTEGRALE PER COMMETTERE REATI .

EXPO 2015: RANIA DI GIORDANIA GUIDA ADVISORY BOARD TUTTO AL FEMMINILE.

Sanremo/ Rania di Giordania ospite della serata finale .
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venerdì 29 gennaio 2010

IMAM ANTI-VELO NEL MIRINO, COMMANDO IN MOSCHEA

PARIGI - E' tensione in Francia dove Hassan Chalghoumi, l'imam della moschea di Drancy che nei giorni scorsi si era schierato a favore di una legge che vieti l'uso del burqa, è stato colpito da dure minacce. Un commando di circa 80 persone ha fatto irruzione ieri sera nella moschea di Drancy, nella regione parigina, pronunciando minacce contro Chalgoumi, grande sostenitore del dialogo interreligioso (soprattutto tra ebrei e musulmani), che si è recentemente pronunciato contro il divieto del burqa in Francia. "Un commando di 80 persone, con il volto coperto, ha fatto irruzione nella moschea dove si trovavano circa 200 fedeli", ha detto all'Agenzia France Presse un consigliere della Conferenza degli imam, presieduta dallo stesso Chalghoumi, che ha richiesto l'anonimato. "Hanno forzato il passaggio e si sono impossessati dei microfoni dopo un tafferuglio. A quel punto hanno indirizzato minacce e anatemi contro l'Imam, trattandolo da miscredente e apostata e affermando: liquideremo il suo caso, a questo imam degli ebrei...".
Lanciata nel 2009, la conferenza degli imam è un collettivo che promuove un "dialogo interreligioso e la promozione dell'Islam aperto". Hassan Chalghoumi si è detto favorevole nei giorni scorsi a una legge per il divieto del velo in Francia, dichiarando che il velo integrale è "una prigione per le donne, uno strumento di dominazione sessista e di reclutamento islamista". Oggi, una missione parlamentare ha raccomandato alla Francia di pronunciarsi solennemente per il divieto del velo islamico integrale e ha chiesto di adottare una serie di misure per bandirlo dalle amministrazioni e dai trasporti pubblici. (Fonte: http://www.ansa.it/ , 26/1)

Donna con il burqa respinta all'ingresso del tribunale ma sotto il velo si nasconde una giornalista di Repubblica . Leggi tutto ...

martedì 26 gennaio 2010

ISLAM : IMAM DI PARIGI, NIQAB NON E' SIMBOLO RELIGIOSO E VA VIETATO

Parigi, 25 gen. - (Aki) - "Il niqab e il burqa non sono simboli religiosi nell'Islam e per questo è giusto vietarli". E' con queste parole che l'imam e capo della comunità islamica di Drancy, nel dipartimento parigino Seine-Saint-Denis, il tunisino Hasan al-Shalghumi, si è inserito nel dibattito aperto in Francia dopo la presentazione di una proposta di legge per vietare l'uso del velo integrale nel Paese. Ripreso dal giornale marocchino 'l'Hespress', l'imam, che predica in uno dei più antichi luoghi di culto islamici della Francia, ha precisato che il niqab "non è un indumento religioso" e ha annunciato di sostenere la proposta di legge contro il burqa.
"In realtà l'uso del niqab e del burqa non ha alcun fondamento islamico, ma è la conseguenza di tradizioni portate avanti da una minoranza che influisce in modo negativo sullo sviluppo del pensiero islamico - ha spiegato la guida religiosa - utilizzano questo indumento come strumento per imprigionare la donna e dominarla sfruttando l'estremismo islamico". L'imam ha concluso il suo intervento chiedendo alle donne francesi musulmane "che intendono coprirsi completamente il volto di andare a vivere in Paesi come l'Arabia Saudita dove il niqab è effettivamente una tradizione del luogo". (Fonte: Movimento dei Musulmani Moderati Italia-Europa )

Dopo la Francia anche la Danimarca vuole vietare il velo integrale Leggi tutto... .

Islam, Sbai (Pdl): Sdegno per pdl firmata da Turco e Pollastrini Leggi tutto... .

India: niente carta di identità a donne con burqa o niqab Leggi tutto... . Leggi tutto ...

I MARTIRI DELLA LIBERTA'

Noi, musulmani moderati, siamo indignati per il gravissimo episodio di violenza e discriminazione avvenuto da parte di tre albanesi di fede islamica ai danni di alcuni ragazzi di religione diversa, due sorelle anch’esse albanesi e un terzo ragazzo italiano. Bastonati perché cattolici. La notte di Capodanno. Provincia di Treviso, Cappella Maggiore per la precisione.
«Siete infedeli. Se foste mie figlie vi avrei già uccise. Prostitute!». La prima minaccia alle ragazze. «A te taglierei la gola – la seconda rivolta all’amico – ma avremo presto la resa dei conti. Finirete male! Uno di noi è di troppo sulla terra». Giunte in Italia da piccole, Rica e Lorena sono cattoliche e ora abitano da sole. Una scelta inaccettabile per i vicini, sempre albanesi ma musulmani. «Ci giudicano male – spiegano le sorelle – perché ci siamo adeguati alla cultura italiana», raccontano le vittime.
La forma più deteriore, più violenta, più abietta di jihad sta sbarcando in Italia. Dobbiamo denunciare con forza e senza indugi questa onda di violenza pronta ad abbattersi sul nostro Paese da parte di individui turpi e ignoranti che pretendono di imporre la loro brutalità travestita da religione.
Sono solo bestie! E resteranno tali. La violenza non ha religione, né colore, né etnia. Non si possono sopprimere i diritti delle persone, annullare le coscienze, discriminare gruppi sociali o comunità etnico-religiose, edificare il potere della violenza in qualsiasi forma o colore. Il carattere perverso e orribile dell' ideologia armata di violenza che si fa regime è proprio questo: l'autoinganno, più o meno consapevole ,dei carnefici che si sentono costruttori del bene e del male, progresso e giustizia.
Questa vicenda disegna una identità barbarica, aggressiva, esasperata, fondata sui miti ingannatori della razza che vogliamo condannare in nome della libertà e dei diritti universali e che siamo pronti a difendere a qualsiasi costo.
Andrè Glucksmann diceva:che cosa hanno in comune l'uomo di ferro bolscevico,il teschio delle SS, il khmer rosso, il folle di dio in versione islamica, il folle di rabbia in versione hutu, l'assassino xenofobo serbo, il kontrakty collezionista di orecchie cecene? Condividono l'unanime sicurezza di credere che tutto è permesso. Ma ora il tramonto del permessivismo è alle porte perché la libertà sta diventando matura, adulta, solida anche in quei paese lontani come l'Albania.

Gjergji Bushaj - Membro Movimento Musulmani Moderati e Vicepresidente di ARCOBALENO Associazione albanesi all'Aquila

(Fonte: Movimento dei Musulmani Moderati Italia-Europa )

Sgozza la moglie e si costituisce. Teramo, probabile movente è la ... Leggi tutto ...

domenica 24 gennaio 2010

YOUTUBE/VIDEO - LO SPOT DI LIASON DANGEREUSE FA INDIGNARE IL MONDO ISLAMICO

SPOT SEXY LIASON DANGEREUSE - NIQAB - REAZIONI MONDO ARABO (non sarebbe stato meglio dire "islamico, visto che solo una minoranza di musulmani è araba? ) :

Il provocatorio spot sexy di Liaison Dangereuse, azienda d'intimo tedesca, rappresenta il niqab, il velo arabo che copre completamente il corpo delle donne, in maniera provocatoria e sensuale. Tornano le polemiche che già avevano accompagnato la sua prima comparsa in rete. Protagonista dello spot pubblicitario Miriam Wimmer, famosa modella tedesca. "Erotismo per tutti. Ovunque" è lo slogan.
La modella dopo essere uscita dalla doccia e dopo essersi truccata allo specchio indossa il niqab che le copre velocemente il corpo. Non si sono fatte aspettare le polemiche, da parte del mondo arabo. Ma anche Hanne Nabintu Herland, esperta di religioni, ha dichiarato: «E' sbagliato associare il vestito arabo alla sessualità e non alle virtù e alla morale». Su internet gli utenti discutono animatamente. (Fonte: http://www.ilsussidiario.net/ , 22/1)

Il video: http://www.youtube.com/watch?v=6wvds6Gk3s8 .

Poi : Islam. La Francia bandisce l'uso del burqa nei luoghi pubblici l'Occidentale .

ARABIA SAUDITA – FILIPPINE Riyadh: filippina vittima di uno stupro, rischia una condanna a 100 frust .

E non dimenticate di guardare Per la pace e l'amicizia tra i popoli : ci sono post interessanti anche per quanto riguarda il ns. argomento... ma anche volendo non posso postare tutto !!! Leggi tutto ...

PORDENONE. FIGLIA UCCISA DAL PADRE: LA MAMMA DI SANAA RISCHIA L' ESPULSIONE

Ha chiesto al comune di Azzano contributi per bollette e figlie,potrebbe restare vittima dell'ordinanza anti-sbandati.

PORDENONE (23 gennaio) - L'ordinanza anti-sbandati di Azzano Decimo dell'agosto del 2008 rischia di fare una vittima "illustre": la mamma di Sanaa Dafani, la ragazza uccisa nello scorso settembre in un bosco a Montereale Valcellina, potrebbe essere espulsa. La donna, Fatna Charuk, e le due sorelle di Sanaa hanno chiesto un aiuto al Comune di Azzano – che segnalerà il caso alla Questura – per il pagamento delle bollette di luce, gas, mensa e trasporto scolastico. Della questione si è occupata la giunta (assente il sindaco, Enzo Bortolotti, sospeso dalla carica). Con il capofamiglia in carcere, le tre rischiano il ritiro del permesso di soggiorno e il rimpatrio in Marocco, perché qui non hanno sufficienti mezzi di sussistenza. Per il sindaco reggente, Vittorino Bettoli, «la giunta all’unanimità ha deciso di approvare quei contributi per garantire i bisogni delle due bambine. Umanamente non potevamo fare altro e non credo che la mamma di Sanaa sarà rimpatriata». Ma Bortolotti va all’assalto. «Io credo che in giunta abbiano preso un abbaglio al quale ora dovranno rimediare. Io ero favorevole al contributo per le due bambine, il Comune del resto ha già detto che se ne farà carico, ma per l’altro sussidio dovrà scattare la segnalazione alla questura per evitare omissioni». (Fonte: http://www.gazzettino.it/ , 23/1)

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sabato 23 gennaio 2010

RAGAZZA PACHISTANA RAPITA: PADRE AI DOMICILIARI E MADRE LIBERA

Nell'ordinanza il gip ha sottolineato che il fatto si è ridimensionato.

PESARO (22 gennaio) - Akatar Mahmood ha ottenuto gli arresti domiciliari; la moglie Almas è libera, con l'obbligo di recarsi a firmare presso la Caserma dei carabinieri d Senigallia tre volte alla settimana. Sono queste le decisioni del gip di Pesaro Raffaele Cormio sulla coppia pachistana che lunedì scorso ha rapito la figlia diciassettenne Almas da una comunità di accoglienza di Fano, ma il giorno dopo è stata bloccata dai carabinieri mentre stava per riconsegnarla. Il giudice ha convalidato l'arresto per il sequestro della giovane, ma nella sua ordinanza sottolinea che il fatto si è «ridimensionato» perché quando Almas ha ribadito ai suoi di non voler tornare a vivere in famiglia, i genitori hanno rinunciato ad altri «atti di costrizione», mostrando «una condotta di ravvedimento». Testimoniata dalla telefonata fatta da Akatar ai carabinieri di Senigallia per annunciare che stavano tutti tornando nelle Marche. Dagli atti istruttori non sono emersi elementi che facessero ipotizzare una fuga in Pakistan o l'intenzione di costringere Almas ad un matrimonio combinato. E, o direttamente alla comunità Cante di Montevecchio di Fano, o alle forze di polizia, i genitori-sequestratori erano pronti a riconsegnare Almas. (Fonte: http://www.ilmessaggero.it , 22/1)
Il viaggio di ritorno da Roma ha avuto una puntata imprevista nel Bolognese solo perchè Akatar «ha sbagliato strada» imboccando l'A14. Le spiegazioni rese dalla coppia durante l'interrogatorio di oggi sono state evidentemente ritenute esaustive dal gip. I genitori volevano soprattutto parlare con la giovane, come non avevano mai potuto fare prima per gli ostacoli frapposti al colloquio dai Servizi sociali, nonostante le indicazioni in tal senso della Corte d'Appello. Venuto meno il pericolo di fuga, anche la pericolosità sociale dei due pachistani esce «significativamente attenuata» dalla ricostruzione della vicenda. «Siamo molto, molto soddisfatti. Il gip Cormio è stato coraggioso, firmando un'ordinanza che sicuramente non piacerà ad una parte dell'opinione pubblica, ma che è pienamente coerente con la verità dei fatti». L'avvocato Mauro Diamantini, difensore di Akatar e Aslam Mahmood, non sperava una conclusione così favorevole per i suoi assistiti. «Ero fiducioso che la madre di Almas ottenesse gli arresti domiciliari - spiega -, ma non speravo più di tanto in una scarcerazione, nè tantomento nella detenzione domiciliare per il padre della ragazza». La pressione dei media e dell'opinione pubblica «era notevole», e senz'altro, prevede il legale, «ci sarà chi storcerà il naso e lamenterà un eccesso di comprensione e buonismo nei confronti degli immigrati musulmani».
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mercoledì 20 gennaio 2010

IN ITALIA 2 MILA SPOSE BAMBINE OGNI ANNO. E MOLTE SONO COSTRETTE A RIMPATRIARE

IL DOSSIER - LE STIME DEL CENTRO DI DOCUMENTAZIONE SULL' INFANZIA.

Nozze imposte soprattutto tra indiani e pachistani. «Salvata» una giovane a Novara.

MILANO — «Viviamo con il cervello a metà. Una parte nel Paese della nostra famiglia. Una parte con i nostri amici. Che ci dicono di restare qui, di inserirci in questa società». La vita spezzata delle adolescenti straniere inizia a tredici, quattordici anni. È a quell’età che (secondo i sociologi che hanno intervistato queste ragazze) si vedono i primi segni di conflitto. Fino all’anno prima potevano portare i loro compagni in casa. Poi, diventa proibito. Oppure: non vanno in gita con la classe. E iniziano le liti sui vestiti, il trucco, le magliette troppo corte. Situazioni comuni, a Milano, Roma, Brescia. Le ragazze con il «cervello a metà» crescono su due binari, senza sapere quale seguire. Dicono: «Per noi è impossibile progettare il futuro». Si trovano in mezzo a due forze. E non sanno come metterle in equilibrio. «Poi ogni tanto qualcuna sparisce dalle scuole superiori — racconta Mara Tognetti, docente di Politiche dell’immigrazione all’università di Milano Bicocca— oppure non rientra dalle vacanze. Le famiglie le hanno riportate nel loro Paese, per farle sposare». In un solo anno, nella città inglese di Bradford, sono «scomparse» 200 ragazzine tra i 13 e i 16 anni, figlie di immigrati. In Italia non esistono statistiche dettagliate. L’unica stima è del Centro nazionale di documentazione per l’infanzia, Secondo cui le «spose bambine» nel nostro Paese sarebbero 2 mila all’anno.
MATRIMONI SOMMERSI - In Italia i minorenni non possono sposarsi. Esiste però una deroga. Per «gravi motivi», dai 16 anni in poi il tribunale per i minori può autorizzare le nozze. Il Centro di documentazione per l’infanzia registra da anni questi casi: nel 1994 erano 1.173, poi sono via via diminuiti, fino ai 209 del 2006 e i 156 del 2007 (ultimo dato disponibile). La Campania è la regione in cui ne avvengono di più, 77. Per la maggior parte si tratta di matrimoni tra stranieri, con in testa le comunità di immigrati da Pakistan, India e Marocco.Questi numeri descrivono però solo l’aspetto legale, che secondo gli esperti è minimo rispetto a tutti i legami imposti all’interno delle famiglie, a volte suggellati con un rito in qualche moschea, più spesso con unioni celebrate nei Paesi d’origine. «Le seconde generazioni delle ragazze sono e saranno una vera emergenza— spiega Mara Tognetti —. Se non si interviene con politiche più incisive, i contrasti tra l’idea di famiglia imposta dai genitori e il modello delle adolescenti diventerà inconciliabile».
CONFLITTI LATENTI - Altri dati definiscono questa situazione di rischio potenziale. Le ragazze immigrate di seconda generazione nel nostro Paese sono circa 175 mila. «Il matrimonio combinato — racconta la ricercatrice — riguarda però solo alcune comunità, quella indiana e quella pakistana più delle altre, in misura minore la marocchina e l’egiziana».

Daniela Santanchè: 'Togliamo la cittadinanza al padre di Almas ... .

E a proposito Quei padri padrone che l'Occidente non può tollerare di M. L. Agnese .

Immigrati, Carfagna: la galera per chi ferma integrazione donne.

Sono considerate oggetto di proprietà .

E figurati se 'ste cose non succedono in ARABIA CHOC: NOZZE FRA UN 80ENNE E UNA BIMBA !! il 20 Gennaio 2010 di Stella Mari e ancora http://mangoditreviso.blogspot.com/2010/01/tredicenne-condannata-90-frustate.html .
Le nozze imposte sono il male estremo. Il pericolo dei prossimi dieci anni rischia di essere la «conflittualità latente», incarnata da ragazze che studiano e si integrano, ma che vivono in famiglie attaccate alle tradizioni. «Molti genitori non hanno un grado di istruzione elevato— racconta Fihan Elbataa, della sezione bresciana dei Giovani musulmani d’Italia (ma com'è che li interpellano sempre ?! ) — e quindi di fronte a situazioni in cui vedono un pericolo non sanno come reagire. Si chiudono, diventano severi e impongono le regole con l’aggressività. Noi cerchiamo di spingerli al dialogo, a lasciare spazi di libertà (noi chi? )». A Brescia alcuni ragazzi sono scappati, o si sono allontanati da casa per qualche tempo, proprio per sfuggire alle «leggi» dei genitori: «Sono convinta che le famiglie cerchino il bene dei propri figli— conclude Fihan Elbataa —. Le intenzioni sono buone (certo, ottime !), ma purtroppo rispetto alla loro educazione si trovano in un contesto nuovo, e quindi devono cambiare i loro metodi».
RICERCA DI AUTONOMIA - Venerdì scorso, su segnalazione dell’associazione Donne marocchine in Italia, è stata salvata una ragazza a Novara. Diciassette anni, una figlia di 4 mesi, moglie maltrattata di un «matrimonio combinato». Ora si trova in una comunità di Roma. A denunciare la situazione è stata una vicina di casa. Lei non era riuscita, non sapeva neppure a chi rivolgersi. La ribellione è complicata. E allora, per trovare un equilibrio, le promesse mogli adolescenti cercano uno «spazio di negoziato». È un rimedio estremo, scoperto dalla ricerca che la sociologa Tognetti pubblicherà il prossimo mese. Contiene interviste a ragazze che hanno cercato di trattare sulla loro condanna. Queste sono le loro voci.Una giovane marocchina che vive a Milano: «Ho accettato la richiesta di mio padre, sposerò un uomo del mio Paese. Ma ho chiesto di poter scegliere tra più di un possibile marito, di vederne almeno tre o quattro». Ragazze che non possono, o non vogliono, scardinare il sistema di regole della famiglia. Ma cercano di ricavare spazi minimali si sopravvivenza. Altro racconto, di un’adolescente egiziana, anche lei studentessa «milanese» : «Hanno scelto l’uomo per me, non mi oppongo. Ma ho chiesto due cose. Prima del matrimonio volevo vederlo. E poi ho ottenuto una garanzia, una specie di "contratto" non scritto: dopo il matrimonio potrò continuare la scuola e poi andare all’università, per laurearmi».
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martedì 19 gennaio 2010

RITROVATA LA RAGAZZA RAPITA A FANO: "SI RIBELLAVA ALLE NOZZE COMBINATE"

La diciasettenne è in buona salute.In manette il padre e la madre: nontolleravano lo stile di vita occidentale.

PESARO - È stata ritrovata poco fa vicino Pesaro, in buone condizioni di salute, Almas Mahmood, la ragazza pachistana di 17 anni rapita ieri dal padre da un centro di accoglienza di Fano, al quale era stata affidata dal Tribunale dei Minori. Il padre, Akatar Mahmood, 40 anni, è stato arrestato insieme alla madre della ragazza. Secondo le prime informazioni raccolte, all’origine del rapimento c’era la volontà dei genitori della giovane di costringerla a sposare un connazionale, contro la volontà di lei. Subito dopo il sequestro, Almas era stata portata a Roma e da lì ricondotta nel Pesarese, dove stamani, nei pressi di Casinine, è stata ritrovata. (Fonte: "La Stampa")
La famiglia sembra fosse diretta nel Bolognese, nel tentativo di far perdere le proprie tracce. In questo momento, Almas, Akatar Mahmood e la madre si trovano presso la caserma dei Carabinieri di Pesaro. Ieri mattina attorno alle 13,30 la ragazza era stata caricata a forza sull’auto di famiglia, una Chevrolet-Daewoo station-wagon dal padre e da un’altra persona. La vettura l’aveva attesa nei pressi della comunità "Fenice" della Onlus Cante di Montevecchio di Fano (Pesaro-Urbino), dove la ragazza si trovava dalla primavera scorsa per disposizione della magistratura minorile. Almas stava rientrando da scuola, l’istituto commerciale "Cesare Battisti", ed era sola. Aveva tentato di chiedere aiuto ma i suoi rapitori erano stati più veloci ed erano riusciti ad allontanarsi prima dell’arrivo dei soccorsi. Alla scena aveva assistito un consigliere comunale che aveva dato l’allarme. La diciassettenne era stata vittima di ripetuti maltrattamenti e imposizioni da parte del genitore, che non accettava il suo modo di vivere «troppo occidentale». Nell’aprile scorso il padre l’aveva picchiata fino a mandarla in ospedale. Era scattata una segnalazione ai servizi sociali e il Tribunale dei Minori aveva affidato la ragazzina ad una comunità di accoglienza. Akatar Mahmood aveva fatto ricorso in Corte d’appello ma la diciassettenne aveva implorato i magistrati di trovarle una sistemazione alternativa alla famiglia. E così era stata affidata alla "Fenice", dove si era subito ambientata, riprendendo anche la scuola.
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lunedì 18 gennaio 2010

ISLAM, POLITICI PD PROVANO (E BOCCIANO) IL BURQA

A Imola, alcuni consiglieri comunali indossano il burqa prima di discutere un odg sull'argomento. alla fine, documento approvato: "Donne umiliate, difendere i loro diritti".

IMOLA - E' una sorta di lenzuolo appena sagomato sulla figura umana, con una fessura ricamata all'altezza degli occhi, e lungo abbastanza da coprire interamente anche la corporatura di un uomo. Come quella del capogruppo Pd al Comune di Imola, Davide Tronconi, che assieme alla presidente del Consiglio comunale, Paola Lanzon, e alla presidente della commissione Sanità, Carla Govoni, prima di votare un ordine del giorno presentato dalla minoranza sull'esclusione dalla città di chiunque si copra col burqa, ha voluto verificare di persona cosa si prova ad indossarlo. "Potevamo limitarci a una bocciatura in Consiglio, ma abbiamo ritenuto giusto fare una riflessione che non restasse chiusa nell'aula", spiega Tronconi. E così, per saperne di più, lo scorso novembre alcuni consiglieri del Pd si sono rivolti all'associazione "Trame di terre", che da circa dieci anni è il punto di riferimento delle donne straniere che arrivano a Imola, e hanno fissato un incontro. In quest'occasione, la presidente dell'associazione, Tiziana Dal Pra, dopo aver riportato le testimonianze di alcune donne musulmane provenienti da diverse nazioni, ha messo a disposizione dei consiglieri un burqa in tutta regola, di tessuto azzurro.
"Io quando l'ho provato non respiravo- racconta il capogruppo Pd- è una sensazione di costrizione, anche perché ti obbliga a non avere le mani libere. Non c'è neanche un centimetro scoperto, è fatto per impedire qualsiasi rapporto col mondo". E Govoni è ancora più scossa: "Ti sembra di essere dentro una prigione. Vedi il mondo attraverso questi forellini, e non hai neanche la percezione del pavimento né dei laterali". Senza contare, spiega la presidente della commissione Sanità, che "a lungo andare provoca problemi alla vista, irritazioni alla pelle e agli occhi". (Fonte: Unpoliticallycorrect, 14/1)

Diciamo "no" al burqa in Italia: http://www.firmiamo.it/noalburqainitalia, Segnalazioni di Burqa a Sassuolo: la nota dell’assessore Claudia Severi e Donna in burqa all’ospedale. Pdl: vietarlo .

Poi: ilGiornale.it, Fano, diciassettenne pakistana rapita da padre-padrone. Era affidata a un'Onlus-Il Messaggero e infine Lei non vuole. E gli morde il labbro - Corriere Fiorentino .
Lanzon dice di "non essere riuscita a indossarlo più di due minuti" per via del "senso di soffocamento". Mettere il burqa anche solo per pochi secondi, racconta, "è stata un'esperienza orribile, che anche propando a immaginare non si può capire". Ma Tronconi ci tiene a precisare che hanno voluto indossarlo non per un motivo folkloristico, ma perché è giusto che la politica, quando si approccia a certi temi, abbia l'umiltà e anche la curiosità di avvicinarsi il più possibile. Da qui è nata la prova del burqa". E dopo averlo provato, Govoni non ha dubbi: "Sicuramente per una donna non può essere una scelta libera e consapevole".
La questione è poi stata portata in commissione Pari opportunità del Consiglio comunale di Imola, dove se ne è discusso per tre mesi. Infine, ieri sera, il Pd ha presentato in aula una serie di emendamenti al testo del capogruppo della lista civica Ucd, Riccardo Mondini, in cui si dichiarava che "la città di Imola non è disponibile ad accogliere persone con burqa e chador", e si stabiliva di "affiggere un cartello alle entrate della città" con questa scritta, "escludendo da ogni beneficio comunale le persone che si vestono con tali paludamenti". Passaggi, questi, "da rigettare", secondo Tronconi, il cui gruppo, il Pd, infatti, ha riformulato quasi tutto il testo con tre emendamenti. Il risultato è stato un odg votato da tutta la maggioranza, in cui si dice che "il burqa umilia la donna e la discrimina" e si manifesta l'impegno dell'amministrazione a difendere i diritti delle donne e l'integrazione.
Intanto, la Consulta degli stranieri fa sapere che a Imola c'è un'unica donna che lo indossa. "Ma questa è una questione di frontiera- afferma Tronconi- e in futuro dovremo misurarci con altre quantità".
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CONVERTITI



NB. DOPO IL "LEGGI TUTTO", ALCUNI LINKS !!!

(…) Testi di fiqh [giurisprudenza] sono chiari ed espliciti nell’affermare che la testimonianza di una donna non verrà accettata in materie di divorzio, matrimonio ed hudūd (le pene stabilite dal Corano, come il taglio della mano di un ladro). (…) Le donne generalmente possiedono emozioni estremamente delicate, sentimenti premurosi ed una predisposizione alla sollecitudine ed all’amore nei confronti degli altri membri della famiglia. Ciò rende la donna pienamente capace nelle sue naturali mansioni di gravidanza, allattamento, cura dei lavori domestici, etc. In base a queste caratteristiche emotive femminili, una donna potrebbe facilmente seguire le sue inclinazioni emotive e deviare dalla dura realtà dei fatti per via del suo coinvolgimento emotivo in un avvenimento; i sentimenti buoni e amorevoli di una donna potrebbero sopraffare la realtà di ciò di cui lei è stata testimone, e perciò potrebbe travisare la storia cui ha assistito e la sua testimonianza. Allo stesso tempo, le mutazioni biologiche che hanno luogo nel suo corpo a causa di mestruazioni, gravidanza, parto e condizioni post-parto, riducono la nitidezza della sua memoria e potrebbero determinare la sua dimenticanza di dettagli della storia. (…) La posizione del Madhhab Hanafi è che in ḥudūd e qiṣāṣ, la testimonianza delle donne non è accettata affatto, ciò a prescindere dal numero di donne testimoni. In ambito di matrimonio e divorzio, la testimonianza di un uomo e due donne verrà accettata, non la testimonianza di soltanto due donne. qui (Fonte: Unpoliticallycorrect, 14/1 )

E a proposito di vignette: http://coranix.org/stephbergol/images/platre.jpg .

In Inghilterra (non in Afghanistan o a Gaza, come quelle foto di spose-bambine...) spose a 9 anni: http://wpop2.libero.it/cgi-bin/vlink.cgi?Id=lxb1xh7GizIHC20U3Cg6kX0mzH8tRp5O2UTHkYwZ3IhOzTwQtTYeCLKHlrKSeNWc&Link=http%3A//frontpagemag.com/2010/01/14/muslim%2Dchild%2Dbrides%2Din%2Dbritain%2Dby%2Dhege%2Dstorhaug/ .

E a proposito di SANAA: CARFAGNA, PARTE CIVILE CONTRO UCCISIONE MAROCCHINA e ClubRadio » Sanaa: concluse indagini, padre annuncia volonta' suicidio .

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venerdì 15 gennaio 2010

E' SUCCESSO ANCORA: MARITO TUNISINO RAPISCE LE FIGLIE AD UNA DONNA ITALIANA

Qui un altro video-appello: http://www.youtube.com/watch?v=WIETjrremac .

Per la storia nel dettaglio Per Saida & Amira e su Facebook, per chi lo usa c'è un omonimo gruppo.

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mercoledì 13 gennaio 2010

"ATTACCANDO ROMA MUBARAK GIUSTIFICA IL SUO MURO A GAZA"

«Attaccando Roma Mubarak giustifica il suo muro a Gaza» Farida Al Naqqash è una dei leader storici della sinistra laica egiziana. Membro del direttivo politico del partito Tagammu` (Raggruppamento), compare spesso in tv e partecipa al dibattito sui giornali, nonostante il semimonopolio governativo dei media. Attualmente è direttore del settimanale Al Ahali, dopo aver guidato per anni la Federazione delle donne progressiste egiziane. Le abbiamo chiesto come si spiega la pesante dichiarazione nei confronti dell`Italia rilasciata ieri dal ministro degli Esteri egiziano Ahmed Abul Gheit. «La ragione va cercata soprattutto nella nostra politica interna - risponde dalla capitale egiziana -. Nelle ultime due settimane la decisione del governo Mubarak di costruire un muro al confine con la Striscia di Gaza ha suscitato fortissime reazioni, qui e negli altri Paesi arabi. Qualcuno, è vero, la difende sostenendo che la priorità dell`esecutivo dev`essere la sicurezza del Paese, ma molti pensano che ormai Mubarak si stia comportando come gli israeliani, che i palestinesi siano stati traditi». (Fonte: http://www.rassegna.governo.it/ )



E a proposito di Palestinesi, video di un'apologeta del terrorismo: #2332 - Dr. Kifah Al-Ramali on Hamas TV: The Real Palestinian Beauty Queen Is the Jihad-Fighting Mother .
In altri termini, precisa Al Naggash, «con quel messaggio all`Italia il nostro governo sta in realtà cercando di dirci: "vedete, ogni Paese ha problemi di sicurezza con le sue minoranze, con chi cerca di entrare illegalmente dai suoi confini. Non siamo i soli ed è inevitabile"». Un secondo motivo dell`inedita sortita di Abul Gheit, ritiene Al Naqqash, può essere visto nell`«orrore e preoccupazione» espressi solo pochi giorni fa dal ministro degli Esteri Franco Frattini, dopo la strage di fedeli copti nel Sud dell`Egitto. «Il messaggio all`Italia potrebbe essere una risposta a quella dichiarazione», anche se poi si dice Direttrice Farida perplessa per il fatto che «il Al Naqqash dirige il presidente Hosni Mubarak ha sempre tenuto molto agli "ottimi rapporti" settimanale Al Ahali che corrono tra lui e Silvio Berlusconi, ostendandoli ad ogni occasione». E lascia perplessi, aggiunge, che ad accusare altri Paesi sia proprio l`Egitto, viste le violenze contro la sua minoranza più importante, la comunità cristiana. «I copti d`Egitto - dice - sono discriminati, su questo non ci sono dubbi. La recente strage, su cui le autorità sostengono di non aver ancora concluso le indagini, è stata gravissima ma ogni anno il Dipartimento di Stato Usa condanna nei suoi rapporti le violenze e le angherie contro i cristiani, purtroppo non è una novità». Ma non sono gli unici ad essere discriminati in Egitto: «Ci sono le donne, e ci sono i poveri, sempre più colpiti dalla crisi internazionale ed interna. Anche la classe media è in difficoltà, la sua relativa solidità si è deteriorata.
E il potere politico, tutti i poteri politici sono in crisi.
Perfino i Fratelli Musulmani si sono scissi recentemente tra conservatori e riformisti. Il partito di Mubarak ha forti divisioni interne». «La gente - conclude - non ne può più di un regime che continua ad imporci le leggi speciali varate nel 1981. Quel messaggio all`Italia ha almeno due destinatari: il vostro governo e la nostra gente».
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"ZINAT KARZAI" di Ivano Pasqualino


KABUL – Ricordate le principesse imprigionate nelle torri dei castelli? Nascoste dietro sbarre di ferro, protette dalla solita parola d’ordine segreta e da un drago che sputava fuoco. All’ombra del XXI secolo tutto cià sembra fantasia. Ma non è così. Esiste una principessa che ha passato tanti anni all’ombra del suo principe, oggi diventato il “re” dell’Afghanistan chiamato Hamid Karzai. Una principessa diventata regina nel 1999 con un matrimonio combinato: lo sposo Karzai è infatti un suo lontano parente. La moglie del re risponde al nome di Zinat Karzai, è una ginecologa di 39 anni che ha lavorato in Pakistan tra i profughi durante il regime talebano. La regina inoltre ha già regalato al marito un figlio di due anni. Eppure pochi conoscono la sua storia.
Nascosta – Siamo abituati a vedere le regine vestite di diamanti e abiti di gala. Per Zinat la questione è differente. Si fa fatica persino a vederla questa donna. Molti dubitavano addirittura che Karzai fosse realmente sposato, talmente poche sono le apparizioni in pubblico di Zinat. Un articolo firmato da Viviana Mazza su Sette racconta: «Un’attivista che la conosce bene ha detto alla Bbc che la first lady le avrebbe confessato: “Non posso uscire senza permesso, a mio marito non piace”». Parole che forse suoneranno strane, soprattutto se si considera che Karzai è l’uomo su cui l’Occidente punta dal 2001 per “liberare” le donne in Afghanistan portando la democrazia. E se si prova a interrogare la regina fantasma sull’argomento, lei risponderà che la loro «è una cultura conservatrice, non possiamo esagerare o offenderemo la gente». Eppure Zinat domenica 8 marzo ha preso parte alla cerimonia International Women’s Day 2009, proprio a Kabul.
Cucina –A Zinat piace distrarsi leggendo tomi di medicina. O inventando in cucina: qui infatti i ruoli sono invertiti. Lì è la regina fantasma che comanda, anche perché “passa” molto del suo tempo in casa. «Mi ha fatto giurare che non preparerò più di due portate a cena. Se ne cucino tre si arrabbia e non mangia: sono troppe col Paese in questo stato», confida Zinat. E se le cucinasse lui le portate? (Fonte: http://www.lafinestrasulfronte.wordpress.com/ , 29/11/2009)
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martedì 12 gennaio 2010

AFGHANISTAN: DIVENTA LEGALE IL RAPPORTO SESSUALE IMPOSTO ALLA MOGLIE

(Fonte: http://www.ilsole24ore.it/ , 10/1)

Il presidente afghano, Hamid Karzai, ha firmato una legge che modifica il diritto di famiglia sciita legalizzando lo stupro della moglie da parte del marito e proibendo alle donne sposate di uscire di casa senza il permesso del coniuge. A denunciarlo fonti delle Nazioni Unite e diverse associazioni per i diritti delle donne che operano in Afghanistan. La riforma riguarda solo gli sciiti, per lo più appartenenti all'etnia hazara, la terza del Paese, il cui voto Karzai ha voluto probabilmente corteggiare in vista delle presidenziali di agosto. All'articolo 132 la nuova legge stabilisce che le mogli devono assecondare i desideri sessuali dei loro mariti e prevede che un uomo possa aspettarsi di avere rapporti con la moglie «almeno una volta ogni quattro notti», a meno che la consorte non sia indisposta. C'è inoltre un tacito consenso per i matrimoni con bambine e si proibisce alla donna di uscire di casa senza il permesso del marito.
Il progetto di legge giaceva in parlamento da più di un anno e solo a febbraio è stato fatto dibattere da Karzai, in cerca di alleati nel braccio di ferro con l'opposizione sulla sua proroga in vista delle presidenziali. «Abbiamo detto a Kabul pubblicamente che questa legge deve essere modificata o che comunque ci aspettiamo un segnale chiaro che smentisca la possibilità che una legge del genere possa vedere la luce», ha commentato il ministro degli Esteri, Franco Frattini dall'Aja, dove ha preso parte alla Conferenza internazionle sull'Afghanistan. Sulla questione femminile in Afghanistan si è espressa in giornata anche il segretario di Stato americano Hillary Clinton che - nel corso di una conferenza stampa tenutasi all'Aja - ha parlato dei diritti delle donne in quel Paese come di un motivo di «assoluta preoccupazione» per gli Usa. «Non si può sviluppare un paese - ha aggiunto ancora la Clinton - se metà della sua popolazione viene oppresso».
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FEMMINISTE E RELIGIOSI UNITI CONTRO IL "CLUB DEI POLIGAMI"


LA STORIA. L'ORGANIZZAZIONE ISPIRATA DAL "PROFETA IMPRENDITORE" MOHAMAD ASHAARI, GIA' CONDANNATO ANNI FA PER ERESIA.

Malaysia, nel mirino setta islamica legata a un impero commerciale.

Che dopo una certa età «tutti gli uomini decenti sono sposati o sono gay» è cosa che le single dicono spesso nel mondo. Che nell' Arabia del profeta Muhammad la poligamia fu legalizzata (anche) perché molti uomini erano morti in battaglia e troppe donne rimaste sole è cosa nota, come lo è che l' Islam l' ha poi sempre accettata, fino a quattro mogli contemporaneamente. Ma la recente nascita del «Club di poligami» in Malaysia, dove la maggioranza è musulmana e la pratica è poco diffusa ma permessa, sta sollevando una vera tempesta. Nonostante l' organizzazione dichiari di voler «aiutare le donne ancora sole a crearsi una famiglia» e sostenga di osservare l' Islam, femministe, laici, politici e imam sono scesi in campo per chiuderla, e non solo in Malaysia. Il Club si sta infatti estendendo oltre i confini nazionali: oggi, dichiarano i suoi capi, è presente anche in Indonesia, Australia, Singapore, Thailandia, nonché in Medio Oriente e in Europa. Gli aderenti sono più di mille e in crescita. A dirigere il Club non è infatti una persona qualsiasi: Hatijah Aam, 54 anni, è la moglie (una delle quattro, ovviamente, con 37 figli in totale) di Mohamad Ashaari (foto). Ovvero del «profeta-imprenditore» più discusso della Malaysia. Fondatore nel 1968 della setta Al Arqam, nel 1994 fu condannato come eretico, costretto a chiudere il gruppo, fece due anni di carcere, ufficialmente rinunciò alla missione profetica e a ruoli pubblici. Ma ora, sospettano le autorità, dietro la facciata del Club dei poligami e con l' aiuto della numerosa famiglia sta ricostituendo l' organizzazione illegale. A parte la moglie, il figlio 40enne Mohamad Ikram Ashaari (anche lui con quattro consorti, 17 figli) dirige la multinazionale di cui l' organizzazione pro poligamia è un' emanazione. La Global Ikhwan controlla centinaia di società, con un giro d' affari stimato in miliardi di dollari: call center, supermarket, cliniche, case editrici, agenzie turistiche e di pubblicità, negozi di mobili, ristoranti e quant' altro. (Fonte, 7/1)

Su Liberali per Israele : permalink, ricordiamo che in Arabia permalink, poi permalink, permalink e permalink .

E non smettete di visitare Per la pace e l'amicizia tra i popoli .
Migliaia di persone vi lavorano gratis, proprio com' era successo per Al Aqram. Tutti contenti (pare) di mettere il proprio lavoro e spesso i propri risparmi al servizio dell' uomo che si fa chiamare Abuya (padre nostro) e sostiene di parlare direttamente con Allah, di esserne un profeta, di saper resuscitare i morti o far cadere un aereo puntandoci il dito, di potere perdonare i peccati dei suoi seguaci e di sapere che il Mahdi (il messia) arriverà dall' Est per salvare il mondo. Ma non solo: feroce nemico degli ebrei e dei cristiani, Ashaari predica l' inferiorità delle donne, le obbliga a indossare il velo integrale. E ad accettare la poligamia. La crociata contro Ashaari e il suo Club ha così una doppia anima in Malaysia e nei Paesi vicini, soprattutto in Indonesia dove il gruppo si sta imponendo. Da una parte i laici e le femministe, comprese quelle musulmane praticanti come le Sisters of Islam, che combattono la poligamia perché la ritengono lesiva dei diritti delle donne (secondo il Corano!, ndr). E che sostengono (insieme a moltissimi altri musulmani) che il fatto di permetterla nel Corano non significhi che nel mondo di oggi vada necessariamente difesa, anzi. «Soprattutto per le prime mogli e i loro figli - sostiene la sociologa dell' organizzazione, la professoressa universitaria Norani Othman - i matrimoni plurimi sono una disgrazia, anche se molte donne colte e con ottimi lavori che non si sono sposate da giovani accettano poi di dividere il marito con altre». Le quattro mogli del figlio del «profeta-imprenditore» sono un esempio di questo fenomeno: una è medico, una insegna studi islamici, la terza è avvocato, la quarta professoressa di arabo. Accanto alla società civile, preoccupata perchè la poligamia sta aumentando, ci sono poi i vertici politici e religiosi. Preoccupato per l' eresia della setta e per il potere di Ashaari, che nelle sue profezie ha previsto che «un giorno guiderà l' intera Malaysia». Ma non contrari al fatto che un uomo possa prendersi quattro donne legalmente. Anzi: convinti che, in fondo, questo sia sempre meglio del diffondersi di unioni «promiscue» e di stuoli di donne senza marito.
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domenica 10 gennaio 2010

UN PENSIERO PER DUE MAMME

PAVIA. Imane Qaous, marocchina di 26 anni era alla 33° settimana di gravidanza e le due gemelline che aspettava sono morte con lei. Aveva già un bimbo di 3 anni. Sono state aperte le indagini per valutare se si tratta di malasanità, ma per ora risulta avesse un tumore.

MANTOVA. Fathia Fakri, 43 anni, marocchina. viene vegliata per circa 5 ore dalla figlioletta di 5 anni. Il marito l'ha abbandonata perchè la credeva sterile. Si pensava che si fosse trattato di un'aggressione (caduta battendo il volto sul pavimento), invece il decesso è stato dovuto a un malore. Gli amici hanno riferito che da giorni Fathia, non si sentiva bene, ma non voleva stare a casa per timore di perdere il posto di lavoro in una cooperativa di pulizie. Leggi tutto ...

EGITTO UCCISA UNA DONNA CRISTIANA


Nuovi scontri fra comunità musulmana e copti.

(ANSA) - IL CAIRO, 9 GEN - Una donna cristiana ha perso la vita a Bahgorah, in Egitto, in nuovi scontri tra cristiani e musulmani. Lo dicono fonti di sicurezza.Dopo la strage della notte di Natale a Nagaa Hamady, dove otto cristiani sono stati uccisi da colpi sparati da una vettura, gli scontri si sono accesi in due villaggi vicini, con l'incendio di case e negozi di entrambe le comunita'. La vittima era una cristiana e cristiani sarebbero anche la maggior parte dei feriti, che sarebbero almeno cinque.
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PROFANATA LA TOMBA DEL SIMBOLO DELLA RESISTENZA IRANIANA

La morte di Neda Teheran, 08-01-2010

Per la seconda volta e' stata profanata la tomba di Neda Soltan, la studentessa iraniana uccisa durante le proteste anti-regime dello scorso giugno e divenuto il volto-simbolo nel mondo dell"onda verde'.Immagini ottenute dal Times mostrano che la lastra nero su cui e' inciso il volto della giovane e' stato crivellato di proiettili. La profanazione e' avvenuta nonostante agenti iraniani montino la guardia tutto il giorno accanto alla tomba per evitare che diventi il sacrario di un martire.La famiglia di Neda aveva messo in loco la nuova pietra tombale il 14 dicembre scorso, dopo che la precedente lastra era stata distrutta a meta' novembre.I genitori hanno scoperto il nuovo danno il 31 dicembre, cinque giorni dopo che il quotidiano britannico aveva nominato la ragazza "Persona dell'Anno". (Fonte: Iran Democratico , 9/1)

IRAN: ARRESTATE LE MAMME IN LUTTO DI LALEH PARK


L'infame regime iraniano L'infame regime iraniano non ha rispetto nemmeno del dolore di una madre. (Fonte: Orpheus, 10/1)
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sabato 9 gennaio 2010

ESCLUSIVA.PARLANO I MUSULMANI MODERATI: "NO A CITTADINANZA FACILE PROPOSTA DA FINI"


«Sarebbe una bomba atomica nelle mani degli integralisti (foto, la preghiera in Piazza Duomo il 3 gennaio dell'anno scorso. E no a nuove moschee nel nostro Paese: o presto saranno più delle Chiese». Lo dice Gamal Bouchaib, leader degli islamici moderati in Italia. Nel giorno in cui affrontiamo il tema dell’immigrazione, e domani torneremo ad alimentare il dibattito con un intervento di grande prestigio, il giornale della politica italiana è in grado di proporvi la voce di quella parte di Islam (del nostro Paese) che non ci sta a passare per terrorista, e che nemmeno accetta forme di penetrazione troppo invasiva della nostra società. Che vuole «un’Italia e un’Europa forti e aperte», a dispetto di chi le vorrebbe «distruggere».

Gamal Bouchaib, quando e perché è nato il movimento dei Musulmani Moderati?

«Il movimento è in studio da anni e riunisce molte persone, religiosi e laici, studiosi, professionisti e associazioni. È aperto a tutti e per tutti, trova aderenti in Europa, nei paesi del nord Africa e del Mashreq. Addirittura abbiamo avuto delle iscrizioni dal Canada. La nostra corrente è cresciuta nell’ultimo decennio, da quando i tragici eventi dell’11 settembre 2001 hanno aperto uno scenario infernale: il terrorismo di matrice islamica ha chiuso l’Islam in una vera e propria gabbia, le cui chiavi sono nelle mani dei fondamentalisti, che remano contro l’Occidente. Il progetto sovversivo dell’Islam integralista si è già inserito e cresce indisturbato in tutta Europa. La nostra è una battaglia contro ogni forma di neo-tribalismo e di fondamentalismo, una lotta per riformare l’Islam in senso moderato, che abbia come base di partenza i diritti e i doveri stabiliti dalla Costituzione italiana e dai trattati internazionali».

La scrittrice e giornalista Oriana Fallaci, subito dopo l’attacco alle Twin Towers parlò di “fandonia dell’Islam moderato” e di “bugia dell’integrazione”, concetti spesso espressi anche da politici ed intellettuali. Quanto c’è di vero in queste affermazioni?

«Essere moderati significa misurare le proprie scelte, ossia sentirsi responsabili. Gli integralisti si sono insinuati in Europa, nascondendosi dietro i diritti e le libertà garantite dalla civiltà occidentale, e nel frattempo hanno costruito un tunnel oscuro e pericoloso, in cui hanno gettato la religione islamica. È compito dei musulmani moderati dare un contributo fattivo nel processo d’integrazione degli immigrati. Pochi giorni fa, l’esponente di destra Daniela Santanché, in uno dei suoi interventi sul terrorismo e le politiche d’integrazione, ci ha chiamato in causa, chiedendosi dove fossero i musulmani moderati in Italia. Ebbene, noi ci siamo, siamo tanti, viviamo e siamo inseriti in questo Paese, stiamo crescendo giorno dopo giorno ed è nostra intenzione dare una svolta alla storia della cultura islamica. Ci stiamo giocando una battaglia importante».

Quale battaglia?

«Una grande battaglia, quella contro l’Islam fondamentalista. E questa lotta passa attraverso piccole, ma grandi battaglie: non possiamo più accettare pratiche come l’infibulazione, oppure l’obbligo per le donne di indossare il burqa. Esistono delle leggi, e vanno rispettate. Si parla di battaglie per i diritti umani. Crediamo in questa battaglia perché stiamo assistendo ad una regressione preoccupante: se fino a qualche anno fa era difficile incontrare donne totalmente coperte dal burqa, oggi ne troviamo tante, in giro per le nostre città. Non è tollerabile: quelle sono donne in pericolo, che devono essere salvate, è la loro salute a non essere tutelata prima di tutto. E poi c’è la battaglia contro la poligamia, una pratica che sembra un’eccezione, ma non lo è. Esiste invece il fenomeno, in crescita, della poligamia clandestina, praticata tranquillamente in Italia».

Nel manifesto che avete pubblicato il 29 dicembre chiedete alle massime autorità dello Stato di poter vi “esprimere liberamente” al fine di “condividere un’Italia più forte e aperta”. Ciò significa che le istituzioni italiane non mostrano una reale apertura verso i cittadini e gli immigrati di religione musulmana?

«Noi musulmani moderati proponiamo semplicemente il dialogo istituzionale e interculturale, per dare un senso al futuro. Non è accettabile il clima di paura che regna il tutto il pianeta; solo per prendere un aereo dobbiamo stare ore ed ore in attesa dei controlli antiterroristici. E non possiamo permetterci di diventare come l’Olanda, dove l’islam integralista ha avuto campo libero e oggi ci sono dei luoghi pubblici e religiosi in cui addirittura è vietato l’ingresso ai non credenti. Non è con la cittadinanza facile che si risolvono i problemi legati all’immigrazione: mi dispiace per Gianfranco Fini, che aveva avanzato l’idea, ma sarebbe come dare una bomba atomica nelle mani di un folle. Sono questioni che vanno al di là della politica. Tuttavia ci sembra che il ministro Maroni abbia dato il via ad una grande battaglia contro il terrorismo, che in ogni caso supera l’esagerazione leghista».

Tra le polemiche esplose negli ultimi mesi c’è quella delle moschee. Il dibattito ha visto città come Milano e Genova al centro della diatriba tra chi vuole nuove moschee e chi è contrario. Qual è la posizione dei musulmani moderati?

«Siamo contrari. A MILANO ci sono circa 80 mila musulmani, ma di questi solo il cinque per cento prega in moschea. È una follia chiedere altre moschee. Nel 2000 nel territorio italiano c’erano 380 moschee, nel 2008 sono diventate 785, cioè più del cento per cento. Vuol dire che presto avremo più moschee che chiese, ed il gioco sarà fatto. A quel punto saranno gli imam ignoranti, che non hanno neanche la terza media, che non sanno nulla in materia, che vanno avanti con fatwa e intimidazione, ad avere la meglio. È proprio in questi luoghi che cresce l’islam radicale. Ci sono dirigenti di associazioni islamiche che sono stati condannati all’espulsione e vivono ancora in Italia. Ecco perché noi non ci sentiamo rappresentati da nessuna delle associazioni islamiche nel Paese. Bisogna cambiare la gestione delle moschee: i sermoni devono essere in italiano, occorre sapere da chi prendono i soldi gli imam e dove vanno a finire e, se pagano le tasse e occorre stabilire un albo degli imam, fatto di persone capaci e ben intenzionate. Penso all’imam di Torino, che sta lottando per ripulire la sua comunità di fedeli dalle scorie fondamentaliste. Nelle moschee ci dovrebbero essere centri per la formazione religiosa e culturale e avvocati che tutelino i diritti delle donne».

L’islamofobia e fondamentalismo allontanano sempre di più il Paese dalla civile e pacifica convivenza. Secondo quanto affermato nel manifesto, sarebbe necessaria un’opera d’informazione e di educazione sulla cultura islamica. Chi e in che modo potrà contribuire a questo proposito?

«Parto da un esempio. Pochi anni fa il giornalista Magdi Allam aveva tentato di intraprendere un’esperienza simile alla nostra, ma era fallita perché era mancato lo sguardo dei media. Penso ai programmi televisivi pomeridiani, un esempio fra tutti quello condotto dalla D’Urso: sono chiamati ad intervenire su tematiche estremamente delicate imam che non rappresentano in alcun modo la realtà musulmana italiana. Noi stiamo entrando nella società, attraverso internet e la stampa nazionale, e l’interesse per le nostre istanze è notevole. C’è bisogno di capire meglio l’Islam, di conoscere per costruire una società forte, sentirsi finalmente parte di una comunità laica. Noi musulmani moderati non scenderemo mai ad un tavolo di dialogo, di fronte a persone sospettate di terrorismo. È questo che i media devono dire».

Lei, in prima persona, negli ultimi mesi è stato vittima di atti intimidatori, che ha denunciato alle autorità. Il suo progetto moderato non è piaciuto a qualcuno?

Sono stato minacciato due volte da quando sono portavoce di questo movimento. E tutte e due le volte ho trovato sul cofano della mia automobile un Corano, segno che qualcuno mi accusa di apostasia. Chiunque sia stato, di certo non è un buon musulmano, ma soltanto un vigliacco. Non ho paura, è solo un atteggiamento mafioso, che mi spinge al contrario a continuare la battaglia che abbiamo intrapreso. Per i miei figli, per la mia famiglia, per la libertà».

Sarà davvero il moderatismo a cambiare le sorti dell’integrazione?

«Sì, è l’unico modo per ritrovare un Islam degno del popolo arabo. Penso non soltanto ai musulmani del Maghreb e del Mashreq, ma anche alla numerosa comunità di musulmani macedoni e albanesi, che restano nell’ombra. Le dirò di più, non sarebbe male riportare alla luce l’idea del contratto di integrazione, che scandalizzò non poco. Io dico, perché no. Si tratta di accettare e condividere delle regole, delle leggi, per fare dell’Italia e dell’Europa un’area forte e aperta. Per questo serve una formazione culturale degna dell’Islam, un’intelligence forte e una corretta gestione delle moschee. Non facciamo come l' INGHILTERRA che in nome dell’integrazione ha permesso i tribunali islamici, la sharia, che ormai ha preso piede ed è fuori controllo. Non facilitiamo il gioco di chi vuole distruggere l’Europa e l’Occidente». (Fonte: http://www.ilpolitico.it/ , 8/1) Leggi tutto ...

giovedì 7 gennaio 2010

IRAN - DA ROMA LA SFIDA DELLE DONNE IRANIANE. "LA DITTATURA STA PER FINIRE"

C'è solo da augurarsi che sia vero... .

La manifestazione c'è stata nel pomeriggio: purtroppo ho visto questo pezzo in ritardo... .

Affariitaliani.it, Mercoledí 06.01.2010

Madre e figlia, due donne che lottano per la stessa causa da Roma. Shahrzad Sholeh è rifugiata politica in Italia, da dove continua a battersi per la libertà del suo popolo con suo marito, Davood Karimi, presidente dell'Associazione Rifugiati Politici Iraniani in Italia. Azar l'Iran non l'ha mai visto, ma sogna di andarci presto. In una rinnovata atmosfera di libertà. E come loro migliaia di donne nelle piazze di Teheran sfidano i cecchini per la democrazia. Azar Karimi (foto) ha 23 anni, è nata a Roma, studia giurisprudenza e l'Iran non l'ha mai visto, eppure ogni giorno sogna di andarci. E' il paese da cui 30 anni fa, sotto la dittatura dello Scià Reza Pahlavi, sono fuggiti i suoi genitori, oggi rifugiati politici in Italia. E' il paese in cui, dallo 12 giugno scorso, quando c'è stata la contestatissima rielezione presidenziale di Ahmadinejad, migliaia di suoi coetanei stanno animando le piazze di Teheran e di altre città contro "i dittatori". E' il paese per il quale Asha lotta organizzando manifestazioni, conferenze, dimostrazioni, insieme all'Associazione dei Giovani Iraniani in Italia, di cui è diventata presidente. E' preoccupata ma nello stesso tempo felice perché "siamo arrivati finalmente ad un punto cruciale per la storia iraniana. C'è la speranza che la dittatura finisca al più presto" dice ad Affaritaliani.it.Sua madre Shahrzad, presidente dell'Associazione delle Donne democratiche in Italia, qui ha una vita felice, perché "c'è libertà" spiega ad Affaritaliani.it. Aveva più o meno la sua stessa età quando ha cominciato a fare attività politica in Iran. Quando nel 1976 la monarchia cominciò a vacillare, fu una delle tante donne che si unirono al movimento anti-Scià. Accanto ai Mojahedin ed i loro simpatizzanti fu tra le prime a partecipare alla lotta per la libertà per i prigionieri politici. Rischiava il carcere. "Ed una volta entrati in carcere - racconta- nessuno sapeva se sarebbe uscito". Ma anche dopo la caduta dello Scià, ben presto gli iraniani si resero conto che nulla era cambiato. Il 7 marzo 1979, meno di un mese dopo la caduta della monarchia, Khomeini ordinò l'imposizione del codice di abbigliamento obbligatorio per le donne negli uffici e nei luoghi pubblici. Le donne iraniane lo sfidarono e tennero una grande dimostrazione a Tehran l'8 marzo, il giorno della festa della donna. "La repressione dura da più di 30 anni- spiega Shahrzad - Dopo l'ultima falsa elezione, la gente non ce l'ha fatta più. E' stato il pretesto per uscire dalle case e dire basta. Le accuse di brogli si sono trasformate in occasione per manifestare contro un regime repressivo, oppressivo e autoritario". Sharzad e Azar, due donne, madre e figlia che oggi dall'Italia lottano per la stessa causa: denunciano gli arresti e le uccisioni in Iran, chiedono il rilascio dei prigionieri politici (impossibile stabilire con esattezza il numero), sono convinte che la resistenza del popolo iraniano farà cadere il regime, per il quale le donne valgono metà degli uomini, non hanno diritti di proprietà, hanno poche possibilità di lavorare e sono obbligate a coprire i loro corpi per non "corrompere uomini virtuosi e morigerati". Donne come Neda Soltani, volto e simbolo della Rivoluzione verde, colpita a morte dai cecchini durante una manifestazione. I suoi ultimi istanti di vita, ripresi da un telefonino, hanno fatto il giro del mondo tramite You Tube e i siti di informazione. Ed è una donna anche il presidente del Consiglio Nazionale della Resistenza iraniana, Maryam Rajavi, esule e rifugiata politica a Parigi dal 1982 a causa della repressione khomenista. Anche Maryam, laureata in ingegneria metallurgica all'università di tecnologia di Teheran, ha iniziato la sua attività politica contro lo Scià già negli anni '70 ed è diventata rapidamente una dirigente del movimento dei Mojahedin del popolo, un'organizzazione musulmana, democratica e nazionalistica che mirava all'instaurazione di un governo democratico, pluralistico e laico in Iran. Nel 1980 si è presentata alle elezioni legislative a Teheran ottenendo più di 250.000 voti. "Le ragazze giovani, le donne e le signore anziane con la loro sorprendente presenza in prima linea, garantiscono il progresso della rivolta, nei confronti di un regime che sta giungendo al capolinea e sempre di più alla resa dei conti. Il popolo iraniano è ancor di più pronto per tutti i giorni della rivolta da qui alla vittoria finale" ha detto da Parigi la Rajavi. Ne sono convinte anche Azar e Sharzad, che dall'Italia chiedono ai Governi occidentali di non appoggiare il regime o, quanto meno di rimanere neutrali: il popolo iraniano - dicono- ha bisogno di questo aiuto dell'Occidente perché sta morendo sotto la dittatura del regime iraniano".
LA PROPOSTA. L'Associazione rifugiati politici iraniani si rivolge a tutti i partiti e le organizzazioni politiche italiane per proporre l'oganizzazione di una grande manifestazione di protesta di fronte all'ambasciata del regime dei mullah contro il massacro del popolo iraniano e per la solidarietà con le donne e gli uomini che sacrificano le loro vite per portare la libertà e la democrazia in Iran. (Fonte: Iran Democratico )
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mercoledì 6 gennaio 2010

DA AGOSTO NON VEDE LA FIGLIA INES. GENITORI IN TRIBUNALE

Non ha visto né sentito sua figlia Ines nemmeno il giorno di Natale. Il calvario per Saloua El Amri prosegue nella vita e nelle aule del tribunale, sia in Marocco che in Italia. L'ultima udienza si è tenuta una settimana fa a Vicenza. Il marito della donna, Ait El-Madi, doveva rispondere di sottrazione di minore: la piccola, infatti, venne fermata all'aeroporto di Casablanca mentre tornava in Italia con la madre il 18 agosto scorso, grazie ad una sentenza del tribunale marocchino che affidava al padre la bambina. Dispositivo che di fatto rovesciava quanto aveva stabilito il tribunale in Italia e anche in Marocco in primo grado. Senza contare che la madre ha richiesto l'affidamento della figlia alla luce del fatto che Ines ha sempre frequentato le scuole a Vicenza con un ottimo profitto integrandosi totalmente in tutte le attività scolastiche. Al riguardo, nei mesi scorsi, ci fu anche una raccolta di firme tra i genitori e le insegnanti dell'elementare Fraccon dove Ines, quest'anno, avrebbe dovuto frequentare la quarta elementare, affinchè la giustizia riportasse in Italia la bambina indipendentemente dalle questioni riguardanti i genitori. Il giudice Oreste Carbone ha sentito entrambi i coniugi, accompagnati dai loro avvocati, e si è riservato di prendere una decisione per quanto riguarda l'affidamento della minore, anche in attesa che vengano tradotti tutti i documenti della sentenza del tribunale di Casablanca, mentre ha fatto presente al padre che la minore è sempre vissuta in Italia con la madre e che pertanto non può essere strappata dalla vita condotta finora. «Il giudice - racconta Saloua - aveva intimato il mio ex marito a darmi anche un numero di telefono con il quale potevo mettermi in contatto con Ines, ma mi sono consumata le dita a forza di comporlo, e nessuno ha mai risposto... È stato un Natale terribile. Sono mesi allucinanti - continua la mamma -. Almeno, ora, ho trovato un lavoro alla mensa della questura, mia madre è rimasta in Italia per confortarmi. Piango molto, vorrei vedere la piccola. Sono disposta a tutto, non ho alcuna intenzione di mollare. Sto combattendo una battaglia per riavere mia figlia, per dieci anni è vissuta con me e ora non so nemmeno dove sia. E questo è assurdo e insensato, almeno per una madre. Mi mancano i suoi occhi e non solo». Intanto, il padre di Ines non ha alcuna intenzione di perdere l'affidamento della bambina, che a suo dire studia in Marocco vivendo con la nonna e la zia, e promette battaglia in tribunale, come aveva affermato in una recente intervista rilasciata sul nostro giornale. (Fonte: http://www.maroc.it/forum , da http://www.ilgiornaledivicenza.it , 27/12) Leggi tutto ...

RAJA'A AFROUD: DA PAPERETTA A CORTEGGIATRICE


La pretendente di Federico non è nuova in tv: scopri dove ha già lavorato... .

La puntata di Uomini e Donne del 16 dicembre ha visto l'ingresso di una nuova corteggiatrice per Federico D'Aguanno: si tratta della 28enne Rajàa Afroud. Il suo volto non è nuovo al mondo dello spettacolo: è il 2007 quando partecipa a Miss Italia con la fascia di Miss Sorriso LeiCard Friuli VG. Non vince però riesce a trasmettere un messaggio importante: "Dimostrare a tutte le ragazze chiuse in casa dai genitori per motivi religiosi che possono sognare". Infatti, Rajàa è nata a Tamara (Marocco) il 14 marzo 1981 e risiede a Lido di Jesolo: "Sono musulmana, ma non praticante. Osservo solo il Ramadan e il digiuno. Mi sento al 50% italiana e al 50% islamica". Nel 2008 partecipa ai casting di Veline arrivando alle finali: l'anno è quello di Federica Nargi e Costanza Caracciolo. Il passo successivo è Paperissima, dove è una delle Paperette. Ora è arrivata a Uomini e Donne: in cerca di notorietà o di un vero amore? Certo è che Federico deve fare i conti con il fatto che Rajàa è già mamma di Jasmine, una bella bimba di tre anni avuta da una precedente relazione. E con la sua voglia di spettacolo. Come detto in un'intervista, lei ha un modello: "Michelle Hunziker". (Fonte: http://www.tv.mediaset.it/ , 17/12)
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"QUESTO E' IL MIO PAESE, QUESTA E' CASA MIA" di Layla Joudè

Per la prima volta qualche giorno fà mi sono sentita domandare da una signora, incuriosita dal mio nome, se mi trovo bene in Italia. Dopo aver risposto che sono nata e cresciuta nel Bel Paese mi è stata riproposta la domanda. Alquanto sconcertata ho risposto "grazie signora mi trovo benissimo nel suo Paese, come potrebbe essere altrimenti". Era soddisfatta.

Chissà, forse il mio nome non è abbastanza italiano, e figuriamoci la mia religione! Veri italiani, itegrati e non, o addirittura integrabili. Una classificazione triste ma reale. Dovrebbero inventare un test di ammissione alle varie categorie, e magari degli esami che permettano il passaggio da un grado all'altro. Inanzitutto bisognerebbe verificare chi di noi conosce e applica veramente la nostra Legge fondamentale, fondativa dello Stato Italiano, la Costituzione. Magari scopriremo che forse dovremmo un pò tutti rispolverarla.
Sono nata in Trentino , e giuro, ne conosco il dialetto; ho il passaporto italiano; la bandiera nazionale Italiana, il Tricolore, è la mia bandiera. Ecco i primi tasselli della mia "italianità". Ricordo che qualcuno non molto tempo fà aveva fatto dichiarazioni piuttosto fastidiose sulla nostra bandiera, confondendone l'uso. Questo qualcuno oggi è un nostro Ministro,membro del Parlamento. Speriamo che gli si siano schiarite le idee quando ha visto il tricolore issato all'entrata di Montecitorio e non della toilette.
Forse è inutile girarci intorno, il problema è sempre lo stesso: la mia Fede. Sono musulmana, o forse è meglio dire islamica, visto che ultimamente questo termine va tanto di moda. Mio padre non mi maltratta e sono libera di vestire come voglio, mia madre è cattolica e non è stata costretta a convertirsi o a non andare più in Chiesa. Frequento l'università e pago le tasse puntualmente. Mi impegno in iniziative in cui credo per dare un contributo alla mia società. Mia, si lo ripeto, ne sono convinta.
Spesso mi sento ripetere: "Ma veramente sei musulmana?? non sembra!" . Rimango allibita e non comprendo mai il senso di questa domanda. Mi è capitato di leggere un articolo in cui veniva dichiarato che "L'Islam non è una religione domestica, ma un invasivo monoteismo teocratico. Integrarlo italianizzandolo è un rischio da non rischiare." (Si riferisce all'articolo di Giovanni Sartori L'integrazione degli islamici - Corriere della Sera, ndr) . Mi dispiace per chi ha queste convinzioni, ma io rappresento l'esempio dell'italianizazione dell'Islam, in carne ed ossa, senza bisogno di processi di integrazione grazie, lo sono già, e ve lo assicuro, ho anche il certificato di autenticità. Lo ammetto, ci sono giorni in cui la diplomazia non fa per me, e vorrei semplicemente urlare "Questo è il mio Paese,questa è casa mia, che vi piaccia o meno". Sono musulmana, integrabile, integrata come volete voi, sicuramente fiera della propria identità, composta sia dall'essere italiana che nel credere in Allah e nel suo Profeta Muhammad. Nessun dubbio, è una realtà , che esistano le Moschee o i minareti, che porti il velo o meno, questa sono. E' un fatto da accettare, mettetevi il cuore in pace. (Fonte: BLOG Gli altri siamo noi, 20/12)
E lui non è musulmano, eppure: Zuma poligamo: terza moglie per il leader africano .
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martedì 5 gennaio 2010

L' ANCHORWOMAN AFGANA NAJIBA AYUBI: "VOGLIAMO LA SCUOLA OBBLIGATORIA PER TUTTI"

Se c'è una sola cosa migliorata dal 2001 in Afghanistan è la condizione delle donne. Reduci dall'oscurantismo talebano ora vanno all'università, occupano un quarto dei seggi in Parlamento, comandano nei media. Come Najiba Ayubi, direttore del Killid Group che controlla sei radio e due settimanali. Secondo lei Karzai ha ancora il potere di cambiare le cose.


Dopo i brogli elettorali, gli afgani si fidano ancora del presidente?

"Afghanistan vuol dire tanti Paesi assieme 34 province, una miriade di etnie, lingue, religioni. Le opinioni su Karzai variano, spesso anche per motivi geografici. Ma anche al netto dei brogli elettorali, con il 48% delle preferenze aveva 20 punti di vantaggio sul rivale Abdullah. E' un presidente legittimo".

Quali dovrebbero essere le priorità del suo mandato?

"Combattere con ogni mezzo la corruzione. Gli americani, gli hanno dato sei mesi, non c'è tempo da perdere. Poi deve circondarsi di persone capaci di realizzare il suo manifesto politico, finora compromesso dai corrotti. Un'altra priorità è l'istruzione obbligatoria per tutti".

Crede che Obama alla Casa Bianca e la sua revisione strategica possano aiutare?

"Penso che il presidente americano sia davvero determinato a cambiare le cose. Il mio popolo lo apprezza, c'è tanta speranza.
Ma per gli afgani è difficile accettare che siano gli stranieri a guidare la stabilizzazione. Obama deve aiutarci a essere protagonisti del nostro stesso cambiamento". (Fonte: "Sette", nuovo settimanale del "Corsera", 3/12/'09 )

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