martedì 30 giugno 2009

SE IL MONDO FOSSE GUIDATO DA DONNE, CI SAREBBERO LE GUERRE?


La mia risposta è «forse sì». Ma, visto che, per ora gli uomini ne hanno fatte ben molte, varrebbe la pena provare. Ce le vedete? (Fonte: Distanti Saluti )
Tutte le facce della rivoluzione . Su questa pagina del Guardian c’è una piccola biografia, e per i pochi per cui c’è una foto, di tutte le persone arrestate o uccise durante le rivolte di queste settimane.La prima, ovviamente, è Neda .
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"IRAN: TERRA DI SOLLEVAZIONI" di Nonie Darwish

Mentre guardavo la Sollevazione iraniana in TV, non potevo far altro che ricordare i tanti Anni di Dimostrazioni da parte di Iraniani contro lo Shah, che sono finite nella Rivoluzione del 1979. Il Regime dello Shah era accusato di essere un Burattino dell’Occidente, corrotto e non islamico a sufficienza. La Gente dell’Iran alla installò uno dei Regimi più radicali e crudeli nella Storia moderna del Medio Oriente. Il Movimento islamista iraniano ha avuto un impatto negativo sull’intera Regione e ha rafforzato i Gruppi radicali islamici quali la Fratellanza Musulmana in Egitto e la Setta saudita wahhabita. Ora, gli Iraniani hanno un’altra Sollevazione. Cosa vogliono essi realmente? Un Regime meno islamista e più moderno? Non è quello che avevano prima? Vogliono una Democrazia stile occidentale dove possono pacificamente votar fuori un Leader corrotto? Ma è autorizzato sotto la Legge islamica? Ciò certamente non lo è, poiché sotto la Shari’a un Capo di Stato islamico può prendere Ufficio attraverso una Presa violenta del Potere. Così, chi può dire ad un Leader islamico, il quale ha preso Ufficio attraverso un Golpe o un Assassinio, che ha sbagliato? Un simile Golpe sarà specialmente popolare fra gli Islamisti se il Leader assassinato è stato amichevole con l’Occidente. Ci sono Paralleli in circa tutti i Paesi islamici, specialmente in Egitto, dove la spaventosa Etichetta “Burattino dell’America” può vedere un Leader non-islamista assassinato. I Rimproveri per essere un Burattino dell’America può descrivere in Pratica: un Leader islamico che rifiuta di essere il Nemico dell’Occidente e di impegnarsi nella Jihad. Il Presidente Anwar Sadat d’Egitto e il suo Successore, Husni Mubarak fino ad Oggi, sono stati chiamati “Burattini dell’America” per quella Ragione. Prima di loro, il Leader rivoluzionario Gamal Abdel Nasser ha espulso il Re egiziano Farouk sulla Base che egli fosse un Burattino dei Britannici. La Storia continua a ripetersi nei Paesi islamici, dove molti Leaders finiscono con un Dilemma. Da una Parte, per guadagnarsi il Rispetto e il Timore della Strada araba, devono stare in Piedi contro gli Interessi occidentali e la Pace con Israele (Esempi: Nasser, Assad della Siria e Ahmadinejad). Dall’altra, diversi Regimi tentano di tenere il Coltello a metà e permettere Discorso d’Odio contro l’America ed Israele nei loro Media, mentre privatamente dimostrano mutuo Rispetto e Cooperazione con l’Occidente e Israele. Il Problema delle costanti Agitazioni e Irrequietezze nei Paesi islamici è radicato nella Legge islamica che non permette la Democrazia, mentre detta la Jihad violenta come uno dei Doveri principali del Capo islamico dello Stato, contro i Paesi non-islamici. Secondo l’Islam, gli Islamici devono vivere in uno Stato islamico, governato dalla Shari’a. Il Leader islamico deve preservare l’Islam nella sua Forma originale e prevenire ogni Cambiamento o “Bidaa”, che significa qualsiasi Idea. La Relazione ostile e non-amichevole fra i Paesi islamici e i Paesi non-islamici è chiaramente stabilita nelle Scritture islamiche. Questo lascia agli Islamici e ai Leaders islamici, che vogliono seguire la loro Religione, in un Dilemma: fare Pace con il Mondo non-islamico e violare la propria Religione oppure essere in costante Stato di Guerra con l’Occidente e Israele, ed essere Fedele alla propria Religione? Finché questo Dilemma è posto, gli Islamici vivranno in costante Agitazione. Questa Agitazione intacca il Resto del Mondo e l’Opzione per l’Occidente è: o supportare i Leaders che sono amichevoli con l’Occidente e assoggettarli all’Assassinio; oppure permettere a Regimi tirannici di impegnarsi nella Jihad contro Israele e l’Occidente e sperare di cavarsela. La Scelta per l’Occidente spesso non è fra il Bene o il Male, ma fra il Male o il Peggio. Si tratta di scegliere fra l’attuale Famiglia reale saudita o un Governo wahhabita ostile; fra il Presidente Husni Mubarak d’Egitto o la Fratellanza Musulmana. L’Agitazione nel Mondo islamico è semplicemente soltanto iniziata.

Nonie Darwish è un’Americana di prigine araba/islamica. Una Scrittrice freelance e oratrice pubblica, gestisce il Sito http://www.arabsforisrael.com/ (Arabi in favore di Israele). Il suo nuovo Libro è Crudeli e abituali punizione (Fonte: FrontPageMagazine, da Lisistrata )

E poi: Persepolis 2.0, il fumetto che racconta Neda e La generazione di Maryam . Leggi tutto ...

PAUSA. NON POSSO NON RICORDARE MICHAEL JACKSON

NB. Sento ora l'intervista a Tareq Ben Ammar: come ha detto uno voi, anche Ben Ammar ha confermato che il fatto che Michael si sia fatto "sbiancare" non era dipeso dalla non accettazione del colore della sua pelle, ma per la vitiligine. Che roba, ho sempre creduto, sentito una cosa e invece... .

Non ero una sua fan. Disapprovavo come tanti i suoi eccessi, le sue manie autodistruttive. Mi faceva rabbia ma anche una pena infinita, per il suo rifiuto di se stesso e "dell'essere nero", di cui molto si è parlato e ovviamente si parla in questi giorni. Pena e rabbia per come si era RIDOTTO, dal bel ragazzo che era, quando avrebbe dovuto pensare di aver ottenuto tutto dalla vita. Pena per quell'infanzia che il padre gli aveva negato, sfruttandolo per fare buisness.
Soprattutto ero chiaramente sconcertata per quelle accuse rimaste accuse, per ben due volte, di pedofilia... . Proprio lui, l'autore di "We are the world" assieme a Lionel Ritchie, e di "Heal the World" !!! Sono passati 5 giorni dalla sua scomparsa fisica e ammetto di aver esitato a ricordarlo sul blog, anche perchè non c'entra nulla con l'argomento che tratta. Non voglio neanche essere ipocrita, solo perchè è morto, dimostrando un attaccamento a lui, alla sua musica e alla sua danza, che non avevo, ma era pur sempre Michael Jackson e la sua scomparsa mi ha sconvolta molto più di quanto immaginassi, anche se si sapeva che era conciatissimo. E'stato "bastonato" quando probilmente non lo meritava ed esaltato per eccentricità che non avrebbero meritato di essere esaltate, ma CORRETTE IN TEMPO! Ciò che importava, era che "facessero" il personaggio e lui, non apprezzandosi e non vedendosi apprezzato altrimenti, ci ha "marciato" su alla grande!
"We are the world" resta comunque una delle mie canzoni preferite. Tra l'altro mi ricorda l'infanzia, quando con i compagni delle elementari, l'ho cantata ad una festa della scuola. Ancora adesso vado su YouTube e in particolare nei momenti di euforia, me l'ascolto. E' una canzone da "cerini accesi", che mi fa sentire in pace col mondo... .





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lunedì 29 giugno 2009

LE RAGAZZE DI TEHERAN DIVENTANO UN MODELLO PER LE DONNE ISLAMICHE


Il dibattito. Le attiviste si chiedono se non sia il caso di imitare quante hanno sfidato gli ayatollah.

"Perchè noi no?", si stanno chiedendo molti oppositori politici nel mondo musulmano, guardando le proteste in Iran che si affievoliscono sotto la dura repressione del regime, ma non finiscono. "Perchè noi no?", si domandano molte donne in altri Paesi musulmani, dove alle limitazioni generali delle libertà civili si aggiungono quelle riguardanti solo il loro sesso.
"Le iraniane sono attivissime, coraggiose, forti. In questi giorni le seguiamo mentre scendono in piazza e le ammiriamo. E ne siamo anche invidiose", ammette dal Cairo Farida Al Naqqash, storica femminista egiziana, nel direttivo politico del partito marxista Tagammu.
"Che le donne e le ragazze dell'Iran fossero più avanti di molte arabe non è una novità, basta guardare il velo. Molte di loro lo portano solo a livello simbolico, sfidando il regime con una strisciolina di stoffa colorata sui capelli. Nelle manifestazioni, ed erano tantissime, qualcuna se l'è proprio tolto. (foto da Informazionecorretta.com e da Dethita/Elly ). E poi il cinema: registe, sceneggiatrici, attrici. Brave, tante, intrepide. Un esempio per tutte. Perchè da noi è diverso: qui in Egitto, e non solo, siamo indietro".
"Vogliamo che le irachene imitino le iraniane per il coraggio che dimostrano nel far sentire la loro voce, coraggio che per altro non manca alle nostre donne", concorda Samira Musawi, deputata al parlamento di Baghdad. E dall'Arabia Saudita, la blogger-imprenditrice Khoulod Al-Fahed sostiene che "è ora per tutte le musulmane di alzare la voce e chiedere i diritti loro rubati in nome della religione e della cultura. Saudite e iraniane, siamo ugualmente oppresse, noi dalle autorità religiose, loro dal governo. E'arrivato il momento di dire basta".
L' "invidia" o per lo meno l'appello a seguire l'esempio delle sorelle di Teheran è diffuso quindi, ma soprattutto in alcuni Paesi della vasta "terra l'islam": quelli meno democratici, quelli dove tradizioni e leggi sono decisamente penalizzanti per il sesso femminile, o quelli dove l'istruzione delle donne e il loro inserimento nel mondo del lavoro sono minori. Come l'Egitto: "Il motivo fondamentale - ritiene infatti Farida Al Naqqash - sta soprattutto nel loro alto livello di istruzione, il 60 per cento degli iscritti alle università sono studentesse, nella Repubblica Islamica. Perchè la cultura crea una consapevolezza impossibile da raggiungere quando predominano invece ignoranza e povertà".
E non è un caso che un punto di vista diverso arrivi così dal Libano: "Certo che ammiriamo le iraniane per cui sentiamo una forte parentela - dice da Beirut Najwa Barakat, scrittrice e giornalista - ma qui non facciamo una grande differenza tra loro e i compagni maschi che in questi giorni sono scesi in strada, sono stati uccisi o arrestati. Le donne in politica e nelle piazze non sono una novità per il Libano, ricordiamoci le proteste del 2005 contro la Siria.
Velate o non velate, le libanesi hanno una voce che in altri Paesi non trovano ancora. Per noi il problema non è di categorie uomo-donna ma politico e regionale: e siamo tutti molto preoccupati per quanto sta avvenendo in Iran".
"E poi stiamo attenti a non romanticizzare troppo le ragazze iraniane, o a non cadere nel diffuso stereotipo occidentale per cui i "persiani sono comunque meglio perchè non sono arabi", dice con forza la sociologa Nilufer Gole", docente all'Ecole des Hautes Etudes di Parigi, specialista di rapporti islam-Occidente e di questione femminile e apertura femminista, considerata tra i maggiori intellettuali turchi. "Neda Agha Soltan è diventata un emblema importante. La solidarietà per le iraniane ovviamente c'è - continua la Gole - . Ma questo non è il momento di far classifiche tra le donne più o meno evolute della religione o di mettere le une contro le altre: in questi giorni è in corso una catastrofe immensa in quel Paese. Sono state truccate le elezioni, che se proprio vogliamo far confronti in Turchia restano libere e pulite. E quello che muove gli iraniani, anche le donne, io credo sia ormai la disperazione più che il coraggio". (Fonte: Corsera)

E a proposito di Neda: Il medico amico di Coelho«Così Neda mi è morta tra le mani» .
Poi ancora sui "veli": Sul mercato delle "Minguettes" a Venissieux (Lione) link e Nessuna persona libera e sana di spirito farebbe la "scelta" di portare il burqa link .

Intanto l'indottrinamento all'odio di bambini musulmani, continua. La preoccupazione della scrittrice saudita Fawzia al-Nasir Naeem : Gli uccelli del paradiso - la nuova onda dell'indottrinamento jihadista per i bambini link .
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UNA DONNA CONTRO AHMADINEJAD: LA FOTO SIMBOLO DELLA PROTESTA IN IRAN


IL VIDEO POSTATO DOMENICA DALLA OLNLUS SECONDOPROTOCOLLO.ORG

Lo scatto ritoccato, scovato su YouTube, racconta la protesta a Teheran. E ricorda piazza Tienanmen .

MILANO -
È un fotomontaggio ma ha tutti i requisiti per essere un'immagine simbolo dell'Iran di oggi. Ritrae una donna con il velo nero ed una leggera maglietta verde sui jeans. La giovane ha un tascapane a tracolla. Il braccio destro allungato. Il polso sottile che spunta dalla manica. Il pugno è chiuso. Il dito medio è alzato. È sola, a piedi. Davanti a lei, enorme nella foto schiacciata dal teleobiettivo, il muso di un suv grigio. Dal tetto spunta il presidente Mahmud Ahmadinejad, sorridente, quasi benedicente. Alle sue spalle le sagome di due guardie del corpo. Ricorda lo studente di piazza Tienanmen davanti al carro armato (guarda). Nella foto originale (ma non vi è al momento alcuna conferma di autenticità), postata su Twitter, la donna è davanti alla macchina blindata del presidente e sembra fargli segno di fermarsi ma senza insultarlo, senza alzare cioè il dito medio. Non si conosce la data in cui la foto è stata scattata, né l'occasione.
SU YOUTUBE - La foto ritoccata è emersa invece da YouTube, pubblicata domenica da un utente con nickname "secondoprotocollo", in una selezione di immagini montata con una toccante colonna sonora e firmata «www.secondoprotocollo.org», una onlus italiana con contatti in Gran Bretagna e che sul suo sito dichiara di avere «come obiettivo la difesa dei Diritti Umani in qualsiasi parte del mondo». Guarda il fotomontaggio .(Fonte: Corsera) Leggi tutto ...

domenica 28 giugno 2009

UN TERRORISTA DI GUANTANAMO DIETRO L'UCCISIONE DELLE TRE RAGAZZE IN YEMEN


Obama il bravo, Obama il caritatevole, Obama il bello ha deciso di chiudere Guantanamo, fumo negli occhi degli stolti perché ha mantenuto la pratica delle "extraordinary rendition" ossia il rapimento tramite servizi segreti di presunti terroristi e la loro consegna ai paesi d'origine, dove vige tortura e pena di morte. La chiusura di Guantanamo, lungi dall’apportare qualcosa di concreto al rispetto dei diritti umani, ha prodotto solo di liberare feroci fanatici terroristi che tornati uomini liberi si sono rimessi in attività, certo davanti alla commissione americana che li doveva giudicare i terroristi islamici, che scemi non sono, “giurin giuretta” mano sul cuore, hanno dichiarato di voler tornare a zappare l’orticello al paesino natio. Come ha fatto Said Ali al Shihri, il saudita liberato dalla base cubana nel novembre 2007 perché considerato “non più pericoloso” dalla suddetta commissione e oggi vicecomandante di al Qaida nello Yemen. Said Ali al Shiri sarebbe quindi dietro al rapimento e al massacro delle due giovani Anita Gruenwald e Rita Stumpp (a sinistra in alto, Rita, ndr) rapite in Yemen, come ha rivelato il settimanale Der Spiegel. Le due giovani di 24 e 26 anni erano studentesse di una scuola di teologia e stavano effettuando un tirocinio come infermiere in un ospedale dello Yemen. Con loro é morta anche Eom Young Sun, la sudcoreana che faceva parte della Worldwide Evangelization for Christ, un’organizzazione inglese cristiana presente in molti paesi islamici. Secondo il giornale Yemen Times, l’imam di Saada Hafith al Baani avrebbe tenuto poche ore prima del sequestro un sermone estremista nei confronti degli stranieri. Avrebbe incitato i fedeli all’odio contro i cristiani stranieri che operano in quell’area, perché a suo dire sarebbero “agenti dei servizi segreti stranieri giunti nel paese per diffondere il cristianesimo. Queste organizzazioni diffondono copie del Vangelo e libri cristiani tra i cittadini di Saada, città che soffre per una guerra che dura da anni”. Contro quest’odio folle ed estremista a nulla valgono le buone intenzioni i sentimenti d’amore verso il prossimo ispirati dal cristianesimo, siamo come gli agnelli alla festa dell’ id-al-adha, destinati ad essere sgozzati. (Fonte: Orpheus )

Ikram Goldman . Articolo in inglese sulla stilista di Michelle Obama. Si tratta di Ikram Saman Goldman, una 41enne araba-israeliana nata a Gerusalemme est e moglie di un filantropo ebreo.

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STRAGE DI ERBA, AZOUZ SI E' SPOSATO IN TUNISIA

La moglie conosciuta a Lecco. «Così ricomincio».

MILANO — Azouz Marzouk si è risposato. In Tunisia, il 18 giugno, ha preso in moglie Michela Lovo, la ragazza che aveva conosciuto un anno fa in un bar di Lecco. Il racconto della cerimonia è un’esclusiva dell’ultimo numero di Gente. «Me lo sono venuta a riprendere — racconta Michela all’inviata di Gente —. Sono pronta a seguirlo ovunque. Voglio una vita normale, una famiglia, dei figli. Vorremmo un maschio e ovviamente lo chiameremo Youssef». Dopo il matrimonio davanti a un notaio del Comune di Zaghouan, 50 chilometri a sud della Capitale, Azouz e Michela per la legge tunisina sono marito e moglie. Ma non per quella italiana, almeno finché il matrimonio non verrà registrato.
Le nozze, forse, potrebbero accelerare la procedura per la richiesta della cittadinanza italiana per Azouz, che in questo momento è colpito da decreto di espulsione in quanto «soggetto socialmente pericoloso». L’espulsione è stata decisa il 29 maggio dal gup dopo una condanna per droga, e resa definitiva dalla Cassazione. Marzouk, che ha perso la moglie Raffaella e il figlio Youssef nella strage di Erba il 21 dicembre 2006, aveva patteggiato a settembre del 2008 una condanna a 13 mesi di reclusione per 360 episodi di spaccio di stupefacenti. Il patteggiamento prevedeva anche la pena accessoria dell’espulsione in quanto la sentenza del 2008 si è cumulata con una precedente pena inflitta a Marzouk nel 2005, sempre per droga. (Fonte: Corsera)


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BELGIO: UN IMAM CHIAMA I MUSULMANI A BOICOTTARE LA SCUOLA


Più di 300 allievi musulmani minacciano di abbandonare la loro scuola.

Un imam di Anversa ha chiamato "tutti i genitori musulmani a non mandare più i loro figli a scuola fin dal rientro" nel caso in cui il divieto di portare il velo deciso martedì 23 giugno da due istituti universitari della città fosse mantenuto. Nordine Taouil l' imam che ha lanciato quest'appello, minaccia i due atenei di boicottaggio da parte degli allievi musulmani. Ha del resto chiesto a questi allievi abbandonare le iscrizioni dalle due scuole messe in causa per il prossimo rientro scolastico: "se non potete portare più la velo a scuola, restate a casa, non rientrate a settembre", ha detto loro. Il responsabile religioso afferma volere "una scuola armoniosa dove è possibile vivere la propria religione". Questo imam belga d'origine marocchina ritiene che "in una democrazia, ciascuno debba essere il benvenuto nella scuola di sua scelta" e che indossare del velo è dunque un diritto che non si può negare alle allieve musulmane.


Segni religiosi vietati in due istituti scolastici di Anversa

Occorre sapere che in Belgio, la questione dell'indossare il velo da parte delle allieve è lasciata alla valutazione delle scuole. In pieno dibattito sul burqa in Francia, la polemica sui segni religiosi è stata rilanciata in Belgio martedì in seguito alla prestazione del giuramento a Bruxelles da parte di Mahinur Özdemir, una deputata che porta il velo islamico. I due istituti che hanno deciso di modificare il loro regolamento per stabilire il divieto di ogni simbolo politico e religioso sono gli atenei reali di Anversa e di Hoboken. Basata sul principio del pluralismo attivo, questa decisione intende garantire la libertà e l'uguaglianza necessarie all'espressione di ogni allievo.
I due istituti contando una percentuale elevata di allievi d'origine immigrata, hanno ritenuto che alcuni tra-loro rischiassero di essere sottoposti ad una pressione sociale che li inducesse a esibire simboli politici o religiosi. Come i loro vicini del sud del paese, le autorità di Anversa intendono lasciare ad ogni scuola il compito di gestire queste questioni in perfetta autonomia.
Fin dall'avviso della modifica del regolamento, numerosi allievi hanno protestato. Una seduta d'informazione ha avuto luogo mercoledì in serata e la tensione sembrava un po' attenuata fino a che Nordine Taouil chiama tutti i genitori musulmani perché non iscrivano i loro figli in queste scuole al rientro. Un'uscita giudicata "irresponsabile" dal mondo politico fiammingo. Il presidente del N-VA Bart de Wever ritiene che "le direzioni abbiano il diritto di intervenire nell'interesse dell'armonia delle loro scuole". (Fonte: Scettico , da Enseignons)

E poi leggete anche Crimine d'onore in Germania: Un padre pugnala sua figlia di 15 anni - l'Europa affronta finalmente il problema link . Dal '96 sono stati registrati una 50ina di casi di "delitti d'onore" all'interno della comunità turca in Germania.
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AFGHANISTAN, SPERANZE DELUSE


Intervista a Sima Samar: dalla legge che legalizza lo 'stupro coniugale' alle torture nelle carceri.

Sima Samar è minuta, gli occhi dolci e profondi. I suoi capelli, che spuntano da sotto l' hijab, sono ingrigiti. Per entrare nel suo ufficio si deve passare al vaglio delle sue guardie armate, poi di un metal detector. Gli uomini della sicurezza controllano la macchina fotografica, la accendono. "Non è un'arma", dico loro. La prudenza non è mai troppa. Sima è stata minaccia di morte più volte. Presidente della Commissione afghana per i diritti umani, negli anni ottanta, esule in Pakistan, ha fondato l'ong Shohada. Dodici cliniche in Afghanistan, un ospedale in Pakistan, corsi per ostetriche e operatori sanitari di base, maestre e infermiere. Una vita spesa combattendo contro le discriminazioni e un marito sparito sotto l'occupazione sovietica. Sima combatte ancora, contro una legge creata appositamente per regolare la vita privata delle donne musulmane sciite di questo Paese e che reintroduce lo 'stupro coniugale', ovvero l'obbligatorietà della donna ad avere rapporti sessuali con il proprio marito anche se non consenziente. La sua approvazione, in seguito alle proteste della Comunità Internazionale, è stata per il momento rimandata.

Dottoressa Samar, che legge è questa?

È una legge discriminatoria contro le donne che va contro gli elementari diritti umani e la libertà stessa delle donne. Una legge che va contro la stessa Costituzione afghana, la quale garantisce gli stessi diritti tra uomo e donna. Una legge che va anche contro le consuetudini non scritte e contro le convenzioni internazionali.

Una legge che colpisce un quarto della popolazione, ma che sembra fatta per colpire in generale tutte le donne...

Ci sono articoli in questa legge che non dovrebbero esserci. Le faccio un esempio tra i più stupidi: in questa legge è contemplato il fatto che una moglie è obbligata a mettersi il trucco. Nel caso non lo faccia, che succede? Il marito va dalla polizia? La pena conseguente è una multa o il carcere. Come possiamo spiegare una cosa del genere? E questa è una delle cose meno gravi presenti in questa legge.

Quindi non ha nessun riferimento al mondo islamico?

Penso che non sia questo il problema. Io sono musulmana sciita. L'Afghanistan è un paese islamico, su questo non c'è nessun dubbio, come non c'è nessun dubbio sul fatto che esistono molti altri Paesi islamici nel mondo. Ebbene, nessuno di questi Paesi ha una legge del genere. Questo non c'entra niente con la sharìa o con il Corano. C'entra con la mentalità delle persone che a gran voce dicono di difendere la legge coranica. La fiqh, ovvero la scienza giurisprudenziale, rappresenta lo sforzo esercitato per individuare la legge di Dio, ma non è la legge di Dio.

Lei è stata anche ministro nel governo di transizione Rabani. Che successe?

Lo sono stata per sei mesi. Poi mi sono dovuta dimettere in seguito a una serie di false accuse solo perché avevo chiesto la fine per le impunità e giustizia per le donne. In questo Paese molti non credono alla giustizia perché se ci credessero si dovrebbero rimettere ad essa per le proprie colpe. Dissero che non ero una buona musulmana. Sembrava un film, io stavo seduta in parlamento e c'era un gruppo di parlamentari che urlava minacciandomi di morte. Io rimasi seduta e sorrisi, dicendo loro che non avevano nessun diritto di gridare e di addossarmi delle false accuse. Ma non c'era bisogno di provarle. Non c'è libertà di espressione quando usano la religione per colpirti. Non ho mai dato retta a nessuno prima e ancora meno adesso, che sono il presidente di questa commissione indipendente. E' un lavoro rischioso, questo, e pieno di stress. Devi confrontarti con tanta gente potente, ma sono felice perchè so di essere sempre dalla parte delle vittime.

Cosa è cambiato dal 2001?

Nel 2001 c'è stata la caduta del regime dei talebani e molto è cambiato, sia negativamente che positivamente. In modo positivo per la maggiore presenza delle donne nella politica, nel lavoro e nella attività sociali, nelle città ma anche nelle aree rurali, e per la libertà di stampa dei media. Ma sfortunatamente c'è stato anche un deterioramento della sicurezza. La violenza è aumentata in molte province. Penso che uno dei motivi di tutto ciò sia la mancanza di una visione chiara e strategica su cosa si debba fare, sia da parte governativa che da parte della comunità internazionale. Secondariamente penso che il nostro sia un caso particolare e che non ci sia un approccio originale per la soluzione dei problemi dell'Afghanistan. In ultimo gli sforzi non si stanno focalizzando nel promuovere le istituzioni sul territorio. In un Paese come questo serve prima costruire l'apparato statale che qualsiasi altra cosa.

La comunità internazionale quindi, secondo lei, non sta facendo abbastanza...

E' una situazione difficile questa, perché non sta portando realmente la pace. C'è come dicevo la mancanza di una visione chiara sul futuro del Paese. Quali obbiettivi? Quali risultati? Dicono che a noi non interessa la democrazia perché la nostra è una società tribale, religiosa e che non capiamo che significhi la parola democrazia. Ma questa è una percezione sbagliata. Probabilmente la gente che sta al governo ha la stessa percezione...

E la situazione dei diritti umani?

Prima la tortura era molto comune nei centri di detenzione. Nessuno veniva imprigionato e poi rilasciato senza essere prima torturato. Oggi la situazione è migliorata ma la tortura non è di certo sparita. Rimangono tante prigioni private gestite dai comandanti delle varie milizie. Ognuno di essi ha la sua prigione, spesso nei sotterranei delle loro case fortezza.

Un suo sogno e una sua speranza?

Il mio sogno è avere un vero sistema educativo nel nostro Paese che riesca a cambiare la mentalità delle nuove generazioni. La mia speranza è la fine delle discriminazioni. Di qualsiasi tipo. Dobbiamo raggiungere questo obiettivo. Dobbiamo farcela. (Fonte:Peace Reporter )

E da Unpoliticallycorrect Islam in Italia, permalink .
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sabato 27 giugno 2009

VOCI DI DISSIDENTI IRANIANE

Lila Ghobady è una giornalista e scrittrice iraniana in esilio in Canada dal 2002. Ecco cosa scrive, tradotto per voi, sulle recenti elezioni e sul suo paese. Mi ha commosso e profondamente colpito.

"Perché non ho votato nelle ultime elezioni per il presidente del mio paese di nascita, l'Iran? Perché non importa chi è il presidente iraniano, mi avrebbero lapidato!
Come donna iraniana, ci vorrebbero grandi cambiamenti, per convincermi che un cambiamento di presidente significherebbe un miglioramento dei miei diritti fondamentali di essere umano in Iran. Sono stata tra i tanti iraniani che hanno deciso di non votare alle recenti [s]elezioni. Abbiamo boicottato le elezioni farsa nella mia patria e non siamo stati sorpresi dai risultati pubblicati dai media, sia in Iran che altrove. Questo regime fantoccio non ha mai considerato i desideri del popolo e ha sempre agito nell'interesse dei pochi che sono responsabili del carcere chiamato Iran. Inganni, menzogne e ipocrisia sono le specialità dei demagoghi religiosi che sostengono la farsa secondo la quale l'Iran sarebbe uno Stato democratico.
Ecco alcune semplici fatti che dimostrano che a prescindere da chi è presidente, verrei lapidata a morte in Iran:
1. Come una donna a cui il marito ha rifiutato di divorzio, anche se sono fuggita dal paese e arrivata in Canada come rifugiata, verrò considerata la moglie di questo uomo finché sarò in vita. Non importa se vivo separata da lui da anni, se ho divorziato da lui nel mio nuovo paese e ho una relazione con un altro nuovo. Secondo le leggi e la Costituzione iraniana, che sono basate su una rigorosa interpretazione della legge islamica, sono considerata la moglie e sono a rischio di lapidazione per "adulterio", se mai tornassi in Iran. Di fatti, in quanto donna, non ho alcun diritto di divorziare da mio marito secondo le leggi del paese, mentre lui ha il privilegio di sposarsi altre tre volte senza divorziare da me. E' così, non importa chi è il presidente iraniano; Ahamdinejad o Mousavi.
2. Come giornalista e regista, sono invitata dalla Repubblica islamica d'Iran a rispettare le linee rosse. Queste "linee rosse" includono credere e rispettare il Leader Supremo e le norme selvaggiamente ingiuste della legge islamica. Ci si aspetta che io non scriva o domandi la parità di diritti. Non sono autorizzata a fare i film che ho fatto sulla situazione della tratta di persone a fini sessuali e sulle altre piaghe sociali che dilagano in Iran, come ho fatto segretamente 12 anni fa. In realtà, non sono autorizzata a fare qualsiasi film senza il permesso e senza censura del Ministro della Cultura dell'Iran. Se facesso apertamente tutte queste cose in Iran, sparirei, sarei torturata, verrei violentata. Verrei uccisa, come hanno fatto con molte altre giornaliste, registe e attiviste. Tra le vittime anche Zahra Kazemi, la foto-giornalista iraniano-canadese, che è stato brutalmente torturata e uccisa per aver tentato di fotografare e denunciare le brutalità commesse dal regime iraniano.
3. Verrei considerata una infedele se fossi nata in una famiglia musulmana e successivamente mi fossi convertita ad un'altra religione o non avessi seguito rigorosamente la morale islamica. Il mio marchio come infedele si tradurrebbe nel mio assassinio in pubblico, probabilmente per lapidazione. Non importa chi è il presidente iraniano.
4. I would be lashed in public, raped in jail or even executed or stoned to death for selling my body in order to bring food to my family, as so many unfortunate Iranian women have been forced to do secretly including many single mothers who have no access to social assistance in a rich but deeply corrupted country like Iran.
Verrei frustata in pubblico, violentata in carcere o addirittura uccisa a sassate se vendessi il mio corspo per portare cibo alla mia famiglia, come tante donne iraniane sono costrette a fare di nascosto, tra cui molte madri sole che non hanno accesso all'assistenza sociale in un ricco ma profondamente corrotto paese come l'Iran. Anche il semplice fatto di avere una relazione extra-coniugale o ancora peggio, partorire un figlio al di fuori del matrimonio è considerato un crimine contro l'umanità! Il prodotto di questa unione sarebbe considerato un bastardo e mi verrebbe portato via, riceverei 100 frustate immediatamente dopo il parto per il mio bambino. Non importa chi è il presidente iraniano.
5. Non importa chi è il presidente iraniano, mi sarebbe negata un'educazione universitaria, un posto nel governo e una voce in politica e sarebbe come se in fondo non esistessi, come se fossi un Baha'i. Verrei considerata una sciita a metà se fossi cristiana, ebraica, zoroastriana o anche sunnita da parte di tutti i livelli della società, non importa chi è il presidente iraniano.
6. Scomparirei e potrei essere ritrovata morta se scrivessi o sostenetti il mio impegno per i diritti fondamentali in quanto donna e intellettuale che non ha voce in capitolo nella politica (non c'era neanche una donna ministro nel cosiddetto "governo riformista" di Mohamad Khatami). Questo sarebbe stato il mio destino se avessi continuato a sostenere e sfidare le le autorità per il fatto che, sebbene l'Iran è uno dei paesi più ricchi del pianeta, in quanto a di risorse, il 70% del mio popolo vive in povertà a causa della corruzione dei leader e delle loro generose contribuzioni alla causa dei fanatici musulmani di Hezbollah in Libano, al governo comunista del Venezuela, attraverso le quali costruiscono alleanze in tutto il mondo. Un enorme numero di bambini vanno a dormire a stomaco vuoto. Bambine piccolissime sono costrette a vendere i loro corpi sulle strade di Teheran, Dubai e della Cina, anche solo per sopravvivere. Verrei essere imprigionata o fatta sparire non importa chi è il presidente iraniano. (Fonte: Esperimento . Preso da qui )

Poi guardate un video-omaggio a Neda e al coraggio delle donne iraniane: http://www.youtube.com/watch?v=QzUDyL1RTk8 .

E su Il blog di Barbara , Senza parole permalink .

E ancora sui "veli": Boicottaggio e fatwa contro la Francia in India link e Sondaggio: Chi invidia il coraggio di quelle donne che non temono di portare il velo,il niqab o addirittura il burqa? link Leggi tutto ...

LETTERA IMMAGINARIA DI NEDA A HILLARY CLINTON

Roma, 25 giu (Velino) - Gentile signora Clinton. – A nome di tutte le vittime dei massacri che ormai da più giorni stanno insanguinando le strade e le piazze di Teheran, mentre il regime degli ayatollah continua a sparare sui manifestanti (tutti, sia detto fra noi, pericolosi sovversivi come me), e il capo supremo dell'Iran, Seyyed Ali Hoseyni Khamenei, ha rivelato che quei farabutti, me compresa, sono semplicemente prezzolati burattini dei servizi occidentali, soprattutto inglesi e americani, la prego di farmi sapere al più presto se il presidente degli Stati Uniti – che lei, naturalmente, nella sua veste di Segretario di Stato, ha modo di incontrare e consultare quando vuole – desidera ancora invitare al “dialogo” i teocrati del mio paese.


Purtroppo fra un mese tutto il clamore sui media mondiali suscitato dalla sanguinosa repressione di questi giorni, si spegnerà e il regime iraniano comincerà la persecuzione dei dissidenti politici, e sarà una terribile mattanza come quella del 1988, quando nell'arco di un'estate furono giustiziati 33.000 detenuti politici colpevoli semplicemente di aver sostenuto, simpatizzato o aver fatto parte dell'Organizzazione dei Mojahedin del Popolo iraniano.Per questo é vitale che l'interesse dei media e dei governi mondiali non si spenga, ma anzi la pressione sul regime iraniano aumenti d'intensità. (via Orpheus che ha fatto il commento in corsivo)
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DOVEROSA RETTIFICA

La notizia riportata nel post LA FIRST LADY INDONESIANA ROMPE IL "VELO DELL'IPOCRISIA" è sbagliata, perciò è doverosa una rettifica come titolare del blog. Grazie a Poerio per la correzione. Si vedano i commenti al post per la notizia corretta... .
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LA FIRST LADY INDONESIANA ROMPE IL "VELO DELL'IPOCRISIA"


In Indonesia "scoppia" il caso del velo. La first lady sfida la pressione della società musulmana che, di fatto, impone l' hijab.

La decisione della sposa del presidente uscente Susilo Bambang Yudhoyono, di non portare più il velo potrebbe compromettere l'impegno politico del marito, in occasione delle elezioni presidenziali indonesiane del prossimo 8 luglio 2009. Paese musulmano più popolato del pianeta, l'Indonesia vanta una lunga tradizione di tolleranza religiosa. L'uso del jilbab, il velo islamico, è così in grandissima parte lasciato alla discrezione di ogni donna e delle sue convinzioni. Tuttavia, all'approccio dell'elezione presidenziale dell'8 luglio 2009, la questione è emersa nella campagna. Il capo della principale formazione islamica, il partito della giustizia e della prosperità (PKS), accreditato dall' 8% dei suffragi alle elezioni legislative d'aprile e membro della coalizione condotta dall'attuale presidente Susilo Bambang Yudhoyono, si è pubblicamente interrogato sul rinnovo del suo sostegno al presidente uscente. Sotto accusa l'abitudine presa dalla first lady, Ani Yudhoyono, di apparire in pubblico senza l'hijab. Una scelta che appare ancora più stridente per il fatto che la moglie di Jusuf Kalla, vicepresidente uscente ed altro candidato alla presidenza scelga, invece, di apparire in pubblico sempre coperta dal velo. Anche se il PKS è abituato alle polemiche religiose, non ci é voluto molto per rilanciare il dibattito. I partiti laici e nazionalistici, che rappresentano il 70% dell'elettorato, hanno vivamente chiamato a conservare la questione religiosa nella sfera privata ed a non utilizzare l'islam a fini politici. Molte musulmane eminenti hanno anche ricordato che il jilbab "copriva la loro testa, non il loro cervello". (Fonte: Kritikon , da Scettico )
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venerdì 26 giugno 2009

BAGNO CALDO - LE GIOIE DELLA POLIGAMIA

Il Corano autorizza ai musulmani di sposare fino a 4 donne (o schiave): "E se temete di essere ingiusti nei confronti degli orfani, sposate allora due o tre o quattro tra le donne che vi piacciono ; ma se temete di essere ingiusti, allora sia una sola o le ancelle che le vostre destre possiedono , ciò è più atto ad evitare di essere ingiusti ". (sura 4 versetto 3)


MALI: due cospose del marabù in ospedale dopo essersi scottate.


La poligamia è una pratica molto corrente nella società maliana. Al punto che in alcuni ambienti, l'importanza di un uomo si giudica col metro del numero delle sue mogli. Per essere rispettato, un uomo deve avere il massimo di donne. La legge ha limitato il numero di coniugi a quattro per i musulmani. Per quanto riguarda gli animisti, nessun limite è stato fissato.
Avere molte mogli è un segno esterno di ricchezza. Siamo "arrivati a buon porto" (è l'espressione locale), quando si possiede una casa, un'automobile, un giardino e che si hanno i mezzi per sposare una giovane donna che ha l'età della propria prima o seconda figlia.
L'islam non proibisce di prendere più di 1-2-3- mogli, a carico del marito e esige trattare tutte le sue mogli con equità. Non facile da mettere in pratica, tanto più che il poligamo ha spesso la sua preferita, generalmente la più giovane o l'ultima sposata. Ciò che non è senza destare risentimenti alle cospose trascurate.

Le donne del marabù

Un predicatore di età avanzata, ben noto dagli ascoltatori della radio islamica di Bamako, ha aperto la sua casa alle donne ritornate a Dio dopo un lungo percorso nella vita. Vengono da lui per incontrarsi, per imparare la religione ed assolvere così i loro peccati.
Qualche tempo fa, S.D. convola a nozze per la quarta volta con una giovane donna che, si dice, è molto bella. Il predicatore l' avrebbe scelta per la sua assiduità ai corsi d'apprendistato del santo Corano ed il suo comportamento apparentemente esemplare. Una volta celebrato il matrimonio religioso, la giovane sposa si stabilisce in un appartamento messo a disposizione dal marabù.
La corte è riempita di bambini e di nipoti dell'uomo di Dio. S.D. dispone di una camera per lui solo come ogni poligamo. È una sorta di stanza attigua, nel quale passa la maggior parte del suo tempo. E' raggiunto ogni sera dalla moglie di servizio.
Rissa tra la quarta e la terza coniuge

La settimana scorsa, una giovane donna, amica della nuova moglie si trovava fra gli allievi del marabù. Dopo il corso, la giovane donna riaccompagna la sua amica. Ignorava certamente che non era permesso dal predicatore. Esiste a casa sua una norma non scritta che tutte le sue mogli rispettano alla lettera: nessuno fra esse ha il diritto di uscire senza il suo permesso, anche se i genitori vengono a rendere loro visita.
Al suo ritorno, la giovane donna ha avuto dunque un rimprovero, che non è stato di suo gradimento. Venuta la sera, ha rifiutato di avere rapporti intimi con suo marito. Inoltre, il giorno dopo, dopo avere preparato la colazione, anziché portarla a lui, l'ha fatta portare da un bambino della famiglia. Il marabù non ha reagito immediatamente poiché quest'atteggiamento coincideva con il giorno in cui doveva soggiornare da un'altra delle sue mogli. Decise di attendere il giorno dove la donna irriverente sarebbe stata ancora di servizio per mettere le cose in chiaro. Ma nel frattempo un evento si è verificato nella famiglia.

Una storia di bollitore

Nel giorno 11 giugno scorso, uno dei numerosi figli del capo di famiglia si è svegliato in ritardo. Senza pensarci due volte, ha preso il primo bollitore alla sua portata e si è pulito il viso. Era il bollitore della quarta moglie del marabù. Lei l'ha presa male e si è messa a colpire così violentemente il ragazzo che la madre di quest'ultimo, occupata in cucina, è uscita per sapere le ragioni della rabbia della sua "sorellina". Ha chiesto spiegazioni alla sua cosposa che, come risposta, l' ha riempita di parolacce. La madre del bambino picchiato è rientrata in cucina cucina e ha continuato ad occuparsi della sua marmitta.
La nuova moglie del marabù ha continuato ad insultare la sua "sorellona" fino ad entrare in cucina davanti a lei ferendola con insulti più gravi. Sotto l'effetto della rabbia, la terza moglie pende un mestolo, lo riempie d'acqua bollente riversandolo sulla quarta cosposa. Questa è stata bruciata dal petto fino al pube.
Nonostante il dolore intenso, l'ultima arrivata nella famiglia afferra brutalmente la pentola e versa tutto il contenuto sulla sua rivale. La "sorellona" è stata dalla testa a piedi. Le sue grida di dolore hanno dato l'allarme agli altri membri della famiglia ed ai vicini accorsi per constatare i danni. Hanno tolto i vestiti delle due donne e tentarono di curare le gravi ferite.
Uno dei curiosi ha avvertito la polizia. I presenti hanno condotto le due donne e loro marito al commissariato. Dinanzi all'ispettore Maky Sissoko detto Lynx, il predicatore ha dato spiegazioni e ripudiato sul posto la sua ultima moglie. Si è impegnato a fare curare le due donne prima di prendere una decisione per quanto riguarda la terza. (Fonte: Scettico, da Essor )
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LIMBIATE, PESTAGGIO A SFONDO RAZZISTA CONTRO IL PADRE DELLA SCRITTRICE GHAZY

L'AUTRICE 22ENNE HA SCRITTO UN LIBRO SUGLI IMMIGRATI DI SECONDA GENERAZIONE.

Per una banale questione di parcheggio una famiglia di cinque persone si è accanita ferocemente sull'egiziano.
LIMBIATE (Milano) - Chi ha visto quanto accaduto qui, in un’officina all’ombra di una chiesa, lo definisce un linciaggio. Un linciaggio iniziato con le parole «Tornatene al tuo Paese»: perché la vittima, Ibrahim Ghazy, cuoco 64enne e padre della 22enne scrittrice Randa Ghazy, in Italia da oltre vent’anni, è di origini egiziane. Un linciaggio del quale ora si stanno occupando i carabinieri della stazione di Limbiate e compiuto, a causa della lite per un parcheggio, da tre generazioni di una stessa famiglia – dai nonni al nipote 17enne. Ibrahim Ghazy è finito all’ospedale di Garbagnate Milanese con due costole fratturate, una vertebra scheggiata e una prognosi di almeno 45 giorni («ma dovrà stare a riposo almeno tre mesi» dicono i medici). Una certezza: «Quella che mi ha colpito è una rabbia razzista. Un odio a sangue».
Tutto è cominciato lo scorso venerdì, quando Ghazy ha portato la sua auto a riparare all'officina di via San Bernardo 4, a Limbiate. Aveva appena parcheggiato di fronte al cancello dell’autofficina quando si è trovato di fronte un residente nelle vicinanze, Roberto Genovesi. «Mi ha detto che non potevo posteggiare lì - racconta Ghazy dal letto d’ospedale - nonostante sia una strada pubblica, di fianco a una piazza pubblica». Peraltro, la casa di Roberto Genovesi non è accanto all’officina, ma almeno una ventina di metri più in là. «Mi ha tirato un pugno, ma ho lasciato correre. Avevo di fronte una giornata piena di lavoro, c’era da cuocere il pesce, in pizzeria. E ho pensato: se mi metto a litigare ora, non combino niente».
Quanto accaduto, però, non era che il preambolo di quanto sarebbe accaduto il lunedì successivo. «Erano le cinque, avevo appena chiuso l’officina», ricorda il titolare, Paolo Genovesi (cugino dell'uomo che aveva iniziato la lite, ma i due non hanno rapporti da anni). Ghazy è arrivato in auto con un parente per recuperare la sua macchina. È entrato nel garage, e una volta uscito ha trovato Roberto Genovesi ad aspettarlo con tutta la famiglia: padre, madre, moglie e figlio. «Scattavano foto alla macchina dove c’era il mio parente. Quando sono arrivato, la signora più anziana, che per camminare usa un bastone, ha iniziato a usarlo per picchiarmi. "Tornatene al tuo Paese", urlava. Le ho risposto: "Signora, sono italiano come lei". Quando ho chiesto che cosa ci fosse da fotografare, ho ricevuto un altro pugno. E a quel punto ho capito che erano lì per farmi del male. E ho tirato un pugno anch’io». Un pugno che ha rotto il setto nasale del Genovesi – che, in attesa di rilasciare dichiarazioni ufficiali, tiene però a smentire «per intero» le dichiarazioni di Ghazy. (Fonte: Corsera )

Video intervista a Randa Ghazy: «L'intolleranza aumenta» . Randa, a 15 anni, ha scritto il libro "Sognando Palestina" (Fabbri Editori) . Come pensavo, scrive su "Yalla, Italia", mensile su cui scrivono ragazzi immigrati di seconda generazione .
A quel punto è scattata la furia dei cinque membri della famiglia Genovesi. «Ho visto Ghazy rientrare di corsa nell’officina, inseguito da tutte quelle persone - ricorda il meccanico . Ha tentato di afferrare un attrezzo per difendersi, ma è stato colpito con un bastone alla schiena. E quando era a terra, contro il muro, è stato colpito di continuo, a calci. Finché non è rimasto immobile». Mentre lo picchiavano, la madre del signor Genovesi – ben oltre i 70 anni – è andata dal titolare dell’officina, urlandogli: «Ma che gente porti qui…?». «Ero senza parole: tutto è accaduto in pochissimi secondi», spiega il meccanico, ancora incredulo. «Un linciaggio, ecco cos’è stato. Una violenza simile l’ho vista solo in tv, solo nei film. E per di più contro un uomo come Ibrahim, sempre gentile, sempre a modo: uno che non alza mai la voce, figurarsi le mani. Ma sono sicuro che a scatenare la rabbia c’è stato il fatto che fosse egiziano». Non si tratta del primo gesto ostile della famiglia. C’erano state dispute territoriali, persino l’incendio di un pezzo di terreno. Sono convinti che quella strada, quel pezzo di terra, sia cosa loro.
Senza parole è pure Randa Ghazy, 22 anni, figlia di Ibrahim e autrice di tre libri, l’ultimo dei quali – «Oggi forse non ammazzo nessuno. Storie minime di una giovane musulmana stranamente non terrorista» (Fabbri editrice) – è un romanzo dedicato alle difficoltà di integrazione degli immigrati di seconda generazione. «Un accanimento del genere lascia scioccati. Mio padre è una persona onesta e pacifica, rigorosa nel rispettare i diritti degli altri, non si meritava una cosa del genere, e oltre al dolore fisico ora si porta dietro un senso di offesa e umiliazione. La nostra identità non cambia, siamo sempre italiani. È la fiducia nei confronti degli altri ad essere profondamente danneggiata. Ora spero che la giustizia faccia il suo corso e punisca severamente questa ferocia. Altrimenti lo sconforto e il senso di ingiustizia minano gravemente le persone che la subiscono e la loro fiducia e il loro amore per il Paese in cui hanno scelto di vivere».
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QUESTO E' L' ISLAM "ITALIANO"?


qui . Il titolare di questa pagina di YouTube è nato in Italia nell' '87 da genitori di origine egiziana. Per chi non riuscisse a leggere chiaramente l'insulto alla parlamentare Souad Sbai, il tizio la definisce "una musulmana nemica di tutti i musulmani" : e sappiamo benissimo cosa questo significhi per i fanatici islamici. Sul suo canale fa allegramente apologia di terrorismo anche in altri video, che circolano tra i convertiti italiani, ineggianti a Bin-Laden, Al-Zarqawi ed altri figuri morti nel loro jihad. E non è l'unico. (via Unpoliticallycorrect )
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IRAN: "COME LA MORTE DI NEDA HA DIVISO LA MIA FAMIGLIA"

Guarda la GALLERY: Neda, fiore della libertà .

Una blogger iraniana, Telmah Parsa, racconta oggi sul Daily Beast come ha reagito sua madre, una donna pia e devota alle istituzioni, dopo aver visto il video della morte di Neda (uccisa il 20 giugno, in Karekar Avenue, all'angolo tra Khosravi Street e Salehi Street, ndr) la ragazza di Teheran uccisa dai tiratori scelti delle milizie del Basji. La domanda che ci facciamo ora, dopo aver letto questo post, è: quante madri di Telmah Parsa ci sono in Iran? E la risposta, probabilmente e purtroppo, è: molte di più di quanto si creda. Ed è su quelle come lei - donne religiose che non farebbero mai male a una mosca ma che rappresentano forse la maggioranza silenziosa del Paese - che fa affidamento il regime degli Ayatollah per spazzare via la rivolta giovanile che in questi giorni sta infiammando Teheran.
Ecco cosa scrive Telmah Parsa Dopo aver visto il video, gli occhi di mio fratello erano pieni di lacrime. Ero anch’io tentata di piangere. Ma non tutti (nella mia famiglia ndr) erano infastiditi da quel video. “Ecco quello che accade a scendere in piazza” ha buttato lì mia madre mentre le mostravo il video. Mia madre non è una cattiva persona, anzi. Venerdì, quando la Guida Suprema Khamenei ha dichiarato nel suo sermone che è disposto a morire pur di difendere l’Islam, mia madre, come la maggior parte delle persone che lo stavano ascoltando, ha pianto, di lacrime vere. Senmplicemente non era commossa dal video della morte di Neda perché quelle immagini erano incompatibili con quello cui aveva creduto per tutta una vita. Non poteva credere, ad esempio, che un miliziano Basj possa uccidere una ragazza innocente. Secondo lei i Basji impersonificano quanto di più ammirevole ci sia nella società iraniana: la religiosità profonda e la devozione alla Guida suprema. Il loro atteggiamento pieno di contegno ricorda a lei, e quelli come lei, il sacrificio dei martiri uccisi durante la guerra Iraq-Iran. Non riesce a credere che qualcuno come suo fratello possa uccidere una ragazza innocente. Ci doveva essere un’altra spiegazione - secondo mia madre - per quello che era accaduto a Neda. E siccome le risultava difficile trovarne una, ha risolto il problema dicendo: “Ecco quello che accade a scendere in piazza”.
La sua reazione mi ha profondamente offesa e turbata, comunque. Ma lei è stata rapida a stoppare la mia indignazione. “Figlia mia, tu e tuo fratello avete subito un lavaggio del cervello dei media occidentali. Perché credete a tutto quello che scrivono?” Questo dicono i nostri genitori quando la pensiamo diversamente. Ed è completamente inutile controbattere discutendo con loro su chi abbia veramente subito il lavaggio del cervello. Loro, a differenza di quelli della nostra generazione, non hanno formato le loro convinzioni in un giorno soltanto, a conclusione di un dibattito libero e aperto. Io e mio fratello dimentichiamo spesso che la tv di stato ha rappresentato per decenni, per i nostri genitori, l’unico canale attraverso cui ricevono le informazioni. Lo Stato, tutto questo, lo sa bene. E non è un caso che il palazzo della televisione pubblica sia uno dei più fortificati di tutto Teheran (un tank è parcheggiato stabilmente lì davanti)…
Continua a leggere qui.

Iran in rivolta. Cosa dovrebbe fare l’Amministrazione americana?

(Fonte: "Panorama")

E riguardando il video di Neda, che non aveva 16 anni, bensì 26, viene proprio il dubbio che NON le abbiano "solo" sparato... .
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AVER PAURA DI UNA RAGAZZA UCCISA (E MINACCIARE E RICATTARE LA SUA FAMIGLIA)

La famiglia di Neda e' stata costretta a lasciare l'appartamento in cui viveva, in via Meshkini, nella parte orientale di Teheran. La polizia, hanno detto i vicini, non ha restituito il corpo, il funerale e' stato cancellato, lei e' stata sepolta senza che la famiglia stessa lo sapesse e il governo ha vietato le cerimonie per ricordarla. Un giornale filogovernativo ha addirittura scritto che il corrispondente della BBC in Iran, poi espulso, aveva assunto dei "criminali" per ucciderla e fare cosi' uno scoop contro il governo. La famiglia della ragazza, in ossequio alla tradizione persiana, aveva messo un annuncio di lutto e appeso una striscia nera all'edificio. La polizia non lo ha permesso, il giorno dopo ha ordinato loro di andare e ai vicini ha intimato di non parlare. Per giorni, hanno raccontato i vicini, l'isolato e' stato praticamente assediato dai volontari basiji. "Abbiamo paura", ha detto un vicino al Guardian, "in Iran quando qualcuno muore, i vicini vanno a visitare la famiglia. Ma loro sono stati costretti alla solitudine. Nessuno ha potuto consolarli, la loro figlia era stata appena uccisa e nessuno ha potuto essere loro vicino". (Fonte: Esperimento , da Agi )

Un video dall'Iran:

Teheran, manifestanti picchiate e commento di Mona Eltahawy: The Sounds of Silence on Iran . Leggi tutto ...

ERGASTOLO ALL'ASSASSINO DI PIPPA BACCA

L' AVVOCATO: C'ERANO ALTRI DUE COMPLICI.

Condanna a vita per Murat Karatash, 38 anni, il turco reo confesso dello stupro e dell'omicidio.

MILANO - È stato condannato al carcere a vita Murat Karatash, 38 anni, il turco reo confesso dell'omicidio di Giuseppina Pasqualino di Marineo, in arte Pippa Bacca, l'artista milanese di 33 anni violentata e uccisa in Turchia ai primi d'aprile dell'anno scorso. Pippa Bacca, nipote dell'artista Piero Manzoni, era partita in autostop l'8 marzo dell'anno scorso da Milano insieme con un'amica - entrambe vestite da sposa - per realizzare una performance artistica che avrebbe dovuto portarle in Israele attraversando Paesi dei Balcani e del Medio Oriente. Il 31 marzo, dopo essersi divisa dalla compagna di viaggio, Giuseppina era scomparsa dopo aver accettato un passaggio dall'uomo che ha poi confessato di averla violentata e strangolata. Il cadavere della giovane era stato rinvenuto l'11 aprile seguente, senza vestiti e nascosto sotto un sottile strato di terra e rami in un'area disabitata presso l'autostrada Istanbul-Ankara.
ALMENO 40 ANNI - «Grande soddisfazione» per la «severa» sentenza è stata espressa dalla madre della vittima, Elena Manzoni, presente in aula insieme con la sorella di Pippa, che dice: «Probabilmente in Italia l'imputato non avrebbe avuto questa condanna, sono soddisfatta della giustizia turca». (Fonte: Corsera, 25/06)
La sentenza di condanna di Murat Karatash è venuta al termine dell'ottava e ultima udienza di un processo cominciato lo scorso 7 ottobre davanti ai giudici della Corte d'Assise della città di Kocaeli, circa 100 km a est di Istanbul, territorialmente competente per il caso di omicidio. Da parte sua, l'avvocato Eke ha sottolineato che i giudici hanno condannato l'imputato non solo per l'omicidio, ma anche per i reati di sequestro di persona, limitazione della libertà personale, violenza carnale e furto. «Il calcolo complessivo degli anni che Karatash dovrà scontare in cella non è stato ancora fatto - ha detto l'avvocato - ma non sono meno di 40».
GLI AMICI-COMPLICI - Murat Karatash in tutta probabilità non è il solo colpevole. La presenza di una seconda e, probabilmente, di una terza persona che hanno partecipato allo stupro e all'uccisione è confermata dai mozziconi di sigarette ritrovati sul furgone sul quale Pippa Bacca salì, per quell'ultima tragica tappa in autostop, il 31 marzo 2008 a Istanbul.
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giovedì 25 giugno 2009

SBAI (PDL): VIETARE IL BURQA ANCHE IN ITALIA

Roma, 24 giu (Velino) - “Nonostante le televisioni nazionali non abbiano dato rilevanza alla notizia, lo scorso giovedì è successo qualcosa di importante, qualcosa che forse può cambiare la pericolosa deriva verso il relativismo di cui è preda tutta l’Europa: i giudici del Tribunale di Bologna hanno dichiarato Akrane H., cittadino marocchino 46enne, colpevole per le minacce rivoltemi. Detta così potrà sembrare cosa da poco, ma, di fatto, la fatwa (condanna a morte) lanciatami è stata riconosciuta come reato”. Inizia così l’intervento di Souad Sbai, deputata del Popolo della libertà e presidente dell’Associazione donne marocchine in Italia, pubblicato oggi da Ffwebmagazine, periodico online della Fondazione Farefuturo presieduta da Gianfranco Fini. Questa “è la prima volta che in Italia accade una cosa del genere, e questo crea un precedente molto importante nell'ordinamento giuridico del nostro paese. Quanto successo a Bologna - prosegue Sbai - dimostra diverse cose: innanzitutto che anche nel nostro paese esistono certi pericoli in grado di sconfinare in azioni di odio e di aggressione; poi, che chi si batte contro questi pericoli rischia la propria vita; che non bisogna abbassare la guardia contro un fenomeno dilagante che in Gran Bretagna è riuscito a istituire i tribunali sharitici; e che bisogna effettuare una riflessione ponderata sul modello multiculturale che vogliamo costruire in un’Italia in cui di integrazione si è appena cominciato a parlare. Questa è la sola via per mettere un po’ di ordine in un melting pot che troppo spesso si nutre di ideologie strumentali, e che le istituzioni, al di là degli slogan strillati, dovrebbero dirigere, coordinare e regolamentare”. Dunque, “mentre in Francia il presidente Sarkozy dichiara che il burqa, in quanto segno di avvilimento e di asservimento umano e non religioso, non è il benvenuto sul territorio francese - prosegue Sbai -, in Italia abbiamo posto il primo gradino perché certe derive non possano essere messe in atto: l’istigazione alla violenza e la sua pratica non possono trovare ragioni o scusanti in alcuna origine etnica, tradizione o cultura religiosa. Per quanto mi riguarda - conclude la deputata del Pdl - non finisce qui! Lo scorso 6 maggio ho presentato in Parlamento una proposta di legge che integra la legge antiterrorismo del 1975 e che impedisce di indossare in luoghi pubblici o aperti al pubblico il burqa e il niqab che, non solo impediscono l'immediato riconoscimento dei cittadini, così ponendo problemi di sicurezza, ma che ledono la dignità dell'essere umano e delle donne. Il mio obiettivo è fare in modo che l'estremismo e la violenza non possano né trovare facile terreno, né tantomeno attecchire nella nostra Italia, un paese di tradizione liberale, democratica e repubblicana in cui ho scelto di vivere”. (Fonte: Souad Sbai )

E sempre a questo proposito e sulla deputata velata appena eletta al Parlamento regionale di Bruxelles: Una donna col velo al parlamento regionale di Bruxelles.Difesa dalla stampa araba che attacca anche Sarkozy per le sue dichiarazioni sul burqa .

Invece in Egitto: Cantante libanese uccisa: condanna a morte per assassini .
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DIPLOMATICO PALESTINESE: FA SPARARE AL RAGAZZO DELLA FIGLIA

BRUXELLES — Fathi, che per una vita intera ha procla­mato il diritto alla libertà del­la sua Palestina, è finito in cella per aver voluto schiac­ciare la libertà della figlia, perfino con il sangue. Lei, Dalan, voleva sposare Zaka­ria, il suo ragazzo marocchi­no (e l’ha sposato ieri), ma il padre aveva scelto un altro, un palestinese che riteneva più degno e che Dalan non aveva mai incontrato. A Zakaria, il «suocero» mandava sul cellulare mes­saggi come questi: «Hai di­strutto la vita di mia figlia. La vita è un dettato, il dizio­nario è il Corano». L’altro ie­ri è finita a colpi di pistola. E ora quella che sembrava so­lo una storiaccia di strada è diventata un caso politi­co- diplomatico che imbaraz­za la grande e civile comuni­tà musulmana di Bruxelles: perché Fathi El Mohor, accu­sato di aver ordinato l’omici­dio del futuro genero, è sta­to per anni il portavoce e il direttore vicario della Dele­gazione palestinese presso il Belgio e presso l’Unione Eu­ropea, non proprio un’amba­sciata ma qualcosa di molto simile. Lo hanno arrestato come presunto mandante: sarebbe stato inviato da lui il giovane sicario che l’altra se­ra ha sparato tre pallottole contro il fidanzato sgradito, per essere poi arrestato po­che ore più tardi. Il sicario non aveva una mira da cecchino: un proiet­tile ha fratturato la mano di Zakaria, gli altri hanno colpi­to solo di striscio. Quasi un miracolo. E ieri a mezzogior­no, nel quartiere di Schaer­beek abitato in maggioranza da immigrati musulmani, è stato celebrato il matrimo­nio, con lo sposo ben fascia­to: sotto l’occhio della poli­zia e fra strette misure di si­curezza, perché la questione ha riattizzato le tensioni in­terne alla comunità. Tutta la storia è stata rico­struita da due tenaci cronisti di Le Soir, il principale quoti­diano belga, che sono riusci­ti a penetrare la cortina del riserbo. E hanno portato alla luce alcuni risvolti sconcer­tanti. Per esempio, la denun­cia fatta da Zakaria sugli in­fluenti contatti del «suoce­ro », che avrebbero spinto al­l’azione perfino il consolato del Marocco. Nel 2007, se­condo il racconto del giova­ne, il console lo avrebbe con­vocato e gli avrebbe chiesto di brutto: «Perché, tu maroc­chino, ti vuoi prendere una palestinese con tante maroc­chine che ci sono qui a Bru­xelles?». Non solo: disperato per le asserite intimidazioni del «suocero», che lo avrebbe anche ingiustamente (a suo dire) denunciato come im­migrato illegale e spacciato­re di droga, Zakaria si sareb­be rivolto al re e alcuni parla­mentari.Ma come sempre, non c'è una sola versione delle cose. E la versione che circola in alcuni ambienti vicini alla Delegazione palestinese è un po' differente. Rifuggen­do dalle dichiarazioni uffi­ciali, dicono per esempio che Fathi era da almeno un anno in pensione, lontano da ogni frequentazione poli­tica. E che era, ed è, un si­gnore posato e colto, appas­sionato di libri e non di pi­stole, non certo un folle. Mentre Zakaria sarebbe un tipo opposto. Toccherà ora ai giudici, giudici belgi e cat­tolici, decidere chi ha ragio­ne. (Su "Informazionecorretta" dal "Corsera" http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=29952, con un commento di Antonio Ferrari). Leggi tutto ...

NEDA


Neda era cristiana?

(Fonte: Unpoliticallycorrect via Dolomitengeist)

E poi leggete la toccante lettera della sorella della ragazza uccisa (come tanti) dai Baji in questi giorni: “Neda era mia sorella" Leggi tutto... . Leggi tutto ...

mercoledì 24 giugno 2009

STORIA DI NAZLI SABRI, LA REGINA D' EGITTO CONVERTITA DALL' ISLAM AL CATTOLICESIMO


Nazli Sabri è stata Regina d'Egitto dal 1919 al 1936, come seconda moglie di Re Fuad I dal quale ebbe 5 figli.
Era la madre di Re Farouq I, ultimo sovrano egiziano (cacciato dal colpo di Stato di Nasser nel '52) e la secondogenita Fawzia fu la prima moglie dello Shah Reza Pahlavi, dal quale venne ripudiata poichè gli aveva dato solo una figlia femmina, la principessa Shahnaz (stessa sorte toccata alla cognata Farida).
Confinata al Palazzo Reale per quasi tutta la durata del regno del marito, alla Regina era consentito mostrarsi in pubblico solo in occasione di eventi culturali importanti. Accompagnò Re Fuad durante il viaggio che intraprese nel 1927attraverso l'Europa, e rimase molto colpita dalla Francia. Con l'introduzione del Parlamento nel 1924, la Regina fu tra i partecipanti per l'apertura della sezione speciale della Camera.
Alla morte del marito nel 1936 ( ... ) dopo una lunga rottura dei rapporti con il figlio, Nazli decise di lasciare l'Egitto e andare negli Stati Uniti .
Si convertì poi al cattolicesimo e, nel 1950, in conseguenza del battesimo, assunse il nome di Maria Elisabetta. A causa di questo gesto, ritenuto intollerabile per una ex Regina di un Regno musulmano, Nazli venne privata di ogni onoreficenza e titolo nobiliare dal figlio nell'agosto dello stesso anno. (Fonte: "Wikipedia" e io :-) ).
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IL TAJ MAHAL, MONUMENTO D'AMORE (DA UN IMPERATORE MUSULMANO ALLA MOGLIE)


« La vista di questo palazzo provoca tristi sospiri e fa versare lacrime dagli occhi del sole e della luna. Questo edificio è stato costruito per mostrare, attraverso di esso, la gloria del Creatore » (Shah Jahan, imperatore Mogul, 1592 - 1666 )

Il Taj Mahal, situato ad Agra, nell' India settentrionale, è un meraviglioso e celeberrimo mausoleo fatto erigere dall'imperatore Shah Jahan in memoria della defunta moglie Arjumand Banu Begum, che sposandolo assunse il nome di Mumtaz Mahal . Ella divenne la sua seconda consorte ma ben presto fu la sua favorita per tutto il resto della sua vita.
Non si sa molto della sua figura e della sua vita, tranne che era una donna di straordinaria bellezza ma dotata anche di molte virtù morali e che fu amata profondamente da Shah Jahan e che fu da lei sempre ricambiato devotamente. Anche prima della sua morte precoce, la bellezza di Mumtaz Mahal venne celebrata da numerosi poeti ed artisti ma anche la sua grazia e la sua pietà nei confronti dei poveri e dei derelitti. Si dice che persino la luna si vergognasse di comparire in onore della sua bellezza. (... )
La leggenda vuole che Mumtaz in punto di morte, dopo aver dato alla luce il suo quattordicesimo figlio, la Principessa Gauhara Begum, chiese come ultimo desiderio a suo marito di erigere un monumento come simbolo del loro amore, e di non sposare mai nessun'altra donna. L'Imperatore, disperato, giurò solennemente e dopo la morte della sua amata restò recluso in assoluta solitudine per un intero anno, e quando apparve nuovamente in pubblico si mostrò un uomo emaciato con la faccia scavata e i capelli completamente bianchi. Shah Jahan mantenne la promessa fatta alla sua favorita e ordinò la costruzione del mausoleo di Mumtaz, appunto il Taj Mahal, che richiese ben venti anni e l'impiego di gran parte del tesoro imperiale per la sua costruzione. ( Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Mumtaz_Mahal )
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HUMAN RIGHTS WATCH (HRW) PRO "BURQA"


L'organizzazione internazionale per i diritti umani Human Rights Watch (Hrw) critica la presa di posizione del presidente francese Nicolas Sarkozy contro il burqa, il velo islamico che copre il volto e il corpo intero delle donne. "Vietare il burqa non porterà all'uguaglianza per le donne", avverte Jean-Marie Fardeau, direttore dell'ufficio parigino di Hrw. "Non farà altro che stigmatizzare e marginalizzare le donne che lo portano. La libertà di esprimere la propria religione e la libertà di coscienza sono diritti fondamentali", aggiunge. Secondo Hrw il bando del velo integrale "invierebbe un nuovo segnale a molti musulmani francesi sul fatto che non sono i benvenuti nel loro stesso Paese" e sarebbe "probabilmente discriminatorio" perché prenderebbe di mira esclusivamente le donne islamiche. (Fonte: Apcom e Unpoliticallycorrect )

E da Scettico : Nicolas Sarkozy chiama ad un dibattito nazionale sul burka, particolarmente dinnanzi al Parlamento. link , Belgio: la prima deputata velata, presta giuramento sotto gli applausi link e Convertite link .
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martedì 23 giugno 2009

CONVERTITE : ALLA MOGLIE DI PAUL JOHNSON


Paul Johnson, ingegnere americano rapito e decapitato dai terroristi di Al-Qaeda a Riyad il 18 giugno del 2004

"(…) La mia consolazione risiede nel fatto che i Mujâhidîn furono capaci di raggiungere il loro obiettivo con precisione, e di uccidere suo marito. Giuro per Allah che fui molto contenta quel giorno, poiché il vero terrorista era stato ucciso, dopo aver succhiato il sangue dei nostri bambini Musulmani. Non so se siate coscienti del fatto che noi vi detestiamo, Blasfemi. Vi odiamo fino all’osso."qui (Fonte: Unpoliticallycorrect , 22/'09 )

E a proposito di convertiti all'islam: «JINN E UOMINI POSSONO SPOSARSI TRA LORO?» permalink . Leggi tutto ...

MARRAKECH, PRIMO SINDACO DONNA

Fatima al-Mansouri vince le elezioni: «Cercherò di ascoltare le richieste dei miei cittadini» .

RABAT - «Non ho la bacchetta magica, ma certamente a differenza di quanto avvenuto in passato cercherò di ascoltare e dare risposte alle richieste dei miei cittadini». È con queste parole, riprese dal giornale arabo 'al-Hayat', che Fatima al-Mansouri, avvocato, si è presentata come sindaco di Marrakech nella sua prima intervista. La politica marocchina si è appena insediata come sindaco di una delle più importanti città del Paese, ottenendo in consiglio comunale 54 voti contro i 33 conquistati dal rivale, il sindaco uscente Omar al-Jazuli dell'Unione costituzionale.
LE DONNE - La novità di queste ultime elezioni comunali, svoltesi lo scorso 12 giugno, è quindi l'elezione per la prima volta di un sindaco donna. Sin dalla presentazione delle liste era evidente che le donne sarebbero state protagoniste di questa tornata elettorale se si considera che sono stati eletti più di tremila consiglieri comunali donna. CARRIERA - La Mansouri, 33 anni, non è nuova alla politica. Figlia dell'ex Pasha di Marrakech, con un ex ambasciatore in famiglia, ha studiato in Francia. Pur essendo legata al "partito dell'Autenticità e modernità" (Pam), creato nel 2008 da Fuad Ali El Himma e molto vicino al sovrano marocchino Mohammed VI, è stata eletta anche con i voti del partito islamico di "Giustizia e sviluppo". L'elezione del primo sindaco donna in Marocco è da considerarsi come una vittoria del "partito dell'Autenticità e modernità". Il risultato, infatti, è l'esito di una lunga trattativa con gli altri partiti ai quali è stato assicurato l'appoggio per l'elezione di altri sindaci, come ad esempio quello di Casablanca. L'elezione del primo sindaco donna in Marocco rientra all'interno di un lungo lavoro avviato dal re Muhammad VI per consentire una maggiore partecipazione delle donne alla vita pubblica ed è stata preceduta dalla nomina di una donna alla carica di prefetto di Casablanca. Alle elezioni comunali del 12 giugno, il Pam si è aggiudicato 6.015 seggi su un totale di 27.795, superando con il 21,7 per cento dei voti l'Istiqlal, il partito del primo ministro Abbas El Fassi.

E ancora su Fatima al-Mansouri: Le donne emancipate scelgono di non mettere il velo.Come il sindaco donna di Marrakech . Leggi tutto ...

TUCHIA: PICCHIA LA MOGLIE, CONDANNATO DAL GIUDICE A REGALARLE FIORI PER 5 MESI

Picchiava sua moglie e lei lo ha denunciato. E il tribunale di Diyarbakir, nel sud-est della Turchia a maggioranza curda, ha deciso che il colpevole dovrà regalare alla sua consorte fiori per cinque mesi, con cadenza settimanale. La strana e in qualche modo romantica (sic!) sentenza viene resa nota del quotidiano Zaman. Il reo si chiama Hayrettin Cetintas, accusato di percosse ai danni della consorte. In tribunale il marito poco virtuoso si era difeso dicendo che picchiava la moglie perché non adempiva ai suoi obblighi coniugali. L'uomo era così poco soddisfatto dal suo matrimonio che aveva anche preso una seconda moglie, sposata con rito religioso in moschea (imam Nikahi) che in Turchia non ha alcun valore legale, ma solo simbolico. «Non sarei stato sposato con la mia seconda moglie per molto -ha sostenuto Cetintas - Nelle famiglie a volte ci sono problemi. Ma la mia seconda moglie è una persona molto aperta e affabile, invece la prima era diventata veramente insostenibile. Lavoro come portinaio, la sera torno a casa stanco. Chiedevo a mia moglie di aiutarmi e lei mi rispondeva che se ne voleva andare. Sì, posso avere usato violenza nei suoi confronti e in quelli di nostro figlio». L'uomo ha poi ammesso che non ricordava quando era convolato a nozze con la prima moglie. Da qui l'idea del giudice di condannarlo a comprare dei fiori alla sua sposa legittima almeno una volta alla settimana per cinque mesi. Al figlio invece dovrà regalare cinque libri.

Di nuovo grazie a Stefania di Unpoliticallycorrect per la segnalazione.
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"L' ISLAM INTEGRALISTA CI E' ENTRATO IN CASA. LE DONNE LO SANNO" di Magdi Cristiano Allam

Violenze a Milano, francesi anti burqa: l'islamizzazione silenziosa tra le mura domestiche fa più male degli attentati .

In Europa è in atto una islamizzazione strisciante e inarrestabile del nostro territorio e delle nostre menti che si realizza principalmente tramite la sottomissione delle donne musulmane al potere di gruppi estremisti che, da un lato, dissimulano spregiudicatamente la loro ideologia di conquista e radicamento, dall’altro, strumentalizzano cinicamente le nostre leggi e le nostre consuetudini. E noi, inconsciamente e irresponsabilmente, li lasciamo perlopiù fare, come se fintantoché il loro comportamento non crea problemi alle “nostre” donne possiamo tranquillamente far finta di niente. Non ci rendiamo conto che tutto ciò che accade dentro casa nostra in termini di violazione della dignità e della libertà della persona, prima o dopo finirà per incidere nella nostra carne e per corrompere la nostra anima. Che desolazione lo spettacolo di quest’Europa materialista e senz’anima che non è più padrona in casa propria, che si sottomette all’arbitrio degli estremisti islamici come se si trattasse di una fatalità inoppugnabile e che pertanto finisce per esultare, considerandola alla stregua di una vittoria, quando riesce ad affermare il primato della legge, delle regole e dei valori non negoziabili che dovrebbero valere per tutti, ma che noi stessi consentiamo loro di disattendere nel nome del rispetto di una presunta specificità religiosa o culturale. E’ sufficiente seguire le cronache di un giorno qualsiasi per cogliere il riproporsi di fatti in cui, all’interno delle nostre città, le donne musulmane vengono picchiate a sangue dai loro stessi genitori e familiari, al punto da essere costrette a ricorrere al pronto soccorso dell’ospedale, semplicemente perché vestono come le loro coetanee europee, rincasano tardi dopo aver consumato una pizza con gli amici o si sono spinte fino al limite dell’infedeltà islamica fidanzandosi con un cristiano. E’ quanto ad esempio è successo giovedì scorso a Samira, una marocchina di 17 anni, portata all’ospedale San Carlo di Milano dai genitori-aguzzini con ferite sul viso e alle gambe. Nello stesso giorno in Francia il governo ha reso noto l’intenzione di mettere al bando il burqa o il niqab, il velo integrale islamico che avvolge interamente il corpo della donna con un’unica fessura all’altezza degli occhi, sostenendo a viva voce - come se si trattasse di una verità da spiegare e giustificare - che è una palese lesione della dignità e della libertà della persona, aggiungendo, come un surplus di motivazione che dovrebbe far pendere il piatto della bilancia a suo favore, che il burqa non sarebbe contemplato dal Corano e che è invece lo strumento principe degli estremisti islamici per sottomettere al loro potere le donne. Tornando a casa nostra abbiamo accolto con immensa gioia la sentenza di un tribunale di Bologna in cui, per la prima volta nella storia italiana, un giudice ha riconosciuto la fatwa quale condotta penalmente rilevante, avallando l’istanza sostenuta dall’avvocato Loredana Gemelli che difendeva l’onorevole Souad Sbai, di fatto condannata a morte da un estremista islamico marocchino che l’aveva qualificata come una infedele. “Finora in Europa, in Paesi come Germania e Inghilterra, la magistratura ha sempre teso a comprendere i musulmani per le minacce lanciate o violenze inflitte, in nome di un multiculturalismo di stampo relativista, adducendo come motivazione la loro differente cultura”, spiega la Gemelli, “questa sentenza ha ribadito che le basi della convivenza civile, sociale ed economica in Italia sono stabilite dai principi della Costituzione repubblicana, impermeabile a indirizzi e precetti culturali e comportamentali estranei, di cui la fatwa è una espressione”. Chiunque di noi accettasse di accogliere a casa propria un ospite perché animato da un amore autentico per il prossimo, gli chiederebbe di rispettare le regole in cui noi stessi ci riconosciamo e che ci hanno consentito di essere a tal punto civili e con una disponibilità materiale da poterlo accogliere a braccia aperte. (Fonte: Libero, 21/6 )

E precisamente sul divieto del velo integrale, che si pensa di introdurre in Francia: Sarkozy, stop al burqa: «Segno di avvilimento» .

Invece in Belgio, prima deputata con il velo: http://www.libero-news.it/pills/view/14418 .

Poi, per chi sa l'inglese, un bell'articolo di Mona Eltahawy, giornalista egiziana che vive negli USA (ancora sul velo e il discorso di Obama al Cairo): Headscarves and Hymen .
Ebbene ciò non accade quando accogliamo degli ospiti nella “casa comune”, la nostra società territoriale di riferimento, la nostra Italia e la nostra Europa. In questo secondo caso ci comportiamo in modo sostanzialmente contrapposto da chi è animato dal bene comune, che è una categoria etica che si fonda sull’equilibrio e sulla sintesi di diritti e doveri che valgono per tutti senza alcuna eccezione, scadendo nel buonismo che è un ideologismo che immagina che il nostro rapporto con il prossimo debba limitarsi ed esaurirsi nel concedere ciò che l’altro esige. Il buonismo è la trasposizione sul piano delle relazioni personali del relativismo sul piano della concezione generale della vita, che considera tutte le religioni, le culture, i valori e le conoscenze pari a prescindere dai loro contenuti. L’approccio ideologico del relativismo è tangibile nella negazione dell’uso della ragione, affinché non si assumano delle valutazioni critiche dal momento che aprioristicamente si afferma che si deve attribuire pari valore e pari dignità a tutto e al contrario di tutto. Così come il relativismo, sul piano dell’amministrazione delle nostre società che sono indiscutibilmente multietniche, multiculturali e multiconfessionali in quanto constano di persone originarie di altri paesi e con culture e religione diverse, ha partorito il mostro ideologico del multiculturalismo che s’illude che il governo della diversità debba limitarsi a elargire a piene mani diritti e libertà a tutti senza un comune collante identitario e valoriale. In questo contesto assistiamo ad un’accentuazione del laicismo che è la degenerazione ideologica della laicità, dove la chiara separazione della sfera secolare da quella religiosa ben espressa nelle parole di Gesù “date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quel che è di Dio”, è sprofondata nel pregiudizio se non nell’odio nei confronti del cristianesimo, della Chiesa e del Papa, fino a voler negare qualsiasi presenza della spiritualità e della fede dall’insieme dell’attività pubblica. Con il tragico risultato di aver trasformato la nostra Europa in una landa deserta, che nega e si vergogna della verità storica delle radici giudaico-cristiane della nostra civiltà, e che finisce per essere sempre più percepita come una terra di conquista. Ebbene il parametro inequivocabile di questa conquista in atto è proprio l’inarrestabile sottomissione delle donne musulmane che qui, nella patria dei diritti dell’uomo e nella culla della democrazia, vengono segregate , schiavizzate e imprigionate dentro le mura domestiche, picchiate nella loro fisicità, violentate nella loro dignità e private della loro libertà. Non mi stupisce affatto l’ipocrisia ideologica delle nostre femministe che si infervorano e riempiono le piazze soltanto quando devono scagliarsi contro i cristiani che difendono la sacralità della vita e del matrimonio, ma che sono del tutto latitanti con gli islamici che trattano la donna come un essere inferiore da sottomettere e sfruttare. Ma rivolgo un appello a tutte le persone di buona volontà: mobilitiamoci in fretta per emancipare le donne musulmane che qui in Europa vengono costrette a sottomettersi all’arbitrio degli estremisti islamici, se vogliamo salvare la nostra anima, preservare la nostra dignità e difendere la nostra libertà.
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